mercoledì 30 luglio 2025

Gli straordinari fallimenti di Leopold Berry

  • Titolo: Gli straordinari Fallimenti di Leopold Berry
  • Titolo originale: The extraordinary disappointments of Leopold Berry
  • Autore: Ransom Riggs
  • Traduttrice: Linda Martini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788817189088
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


A Los Angeles si vedono molte cose strane. Eppure le visioni di Leopold Berry, nerd diciassettenne orfano di madre e con un padre con cui non riesce a parlare, sono molto, molto più strane: un procione con la coda in fiamme, un uomo che infila un dente nel parchimetro... Ogni allucinazione sembra rimandare alla sua grande ossessione, "Le avventure di Max a Sunderworld", una serie tv che guardava da bambino. Ma quelle stranezze annunciano una verità molto più grande e spaventosa di un vecchio programma. Perché Sunderworld non solo è reale. Ma è anche in grave pericolo. Dall'autore della serie culto "Miss Peregrine. La casa dei ragazzi Speciali".


Recensione e commento

In genere, durante l’infanzia, ma anche dopo, c’è un periodo in cui a chi ha talenti artistici viene rinfacciato il fatto di non avere capacità immediatamente spendibili, come le abilità tecniche. Quando si è bravi in educazione artistica o negli sport ci si sente spesso dire “pensa a studiare la Storia e la Geografia, quelle sono cose utili!”.

Gli Straordinari Fallimenti di Leopold Berry parla di questo: di come il mondo degli adulti schiacci i nostri sogni, la nostra personalità, per farci diventare ingranaggi di un sistema che non premia l’unicità, ma il conformismo. Ransom Riggs ha, non serve nemmeno dirlo, una penna matura al punto che riesce a farci catapultare in una storia apparentemente già vista e ampiamente esplorata perché ribadisce tutti i cliché di questo tipo di narrativa per poi scardinarli uno dopo l’altro. Infatti, il romanzo si apre con Larry, orfano di madre, che vive con un padre castrante, l’equivalente moderno della matrigna cattiva delle fiabe, che non fa altro che dargli del perdente solo perché non ha il tipo di abilità osservabili a scuola. Eppure, guardandoli da fuori, è proprio il padre del protagonista a essere un perdente: è un uomo per cui il denaro è l’unico e solo valore, niente ha valore se non viene permutato in denaro. Valuta il successo nell’ottica del potere e di come questo lo collochi in una posizione sopraelevata, ma nel farlo si perde tante cose belle della vita, incluso il suo rapporto con Leopold, che lui vive non come un individuo a sé, che deve conoscere e amare per chi è, ma come un’estensione di sé e che pertanto non può fare altro che deluderlo, dato i figli non sono a immagine e somiglianza dei genitori. 

Il processo di affrancamento di Larry sarà necessario, ma doloroso, si tratterà di una crescita che per un periodo dovrà fare in solitaria. Larry è un vincente non per il potere che acquisisce, ma perché nonostante i modelli che gli sono stati propinati riesce comunque a fiorire e diventare chi è. In questo consiste il vero successo, non nell’applicarsi delle etichette e deformarsi per aderire a esse.

I trope ribaditi uno per uno per poi essere scardinati, dicevo. Abbiamo la matrigna cattiva, che qui è invece il padre biologico, poi abbiamo quello del prescelto, perché Leopold, a poche pagine dall’inizio, riesce a entrare in una Los Angeles parallela non visibile a chi non ha poteri magici. A questo punto ho pensato “A posto, adesso si scopre che lui è l’eletto e combatte a mani nude una minaccia inaffrontabile per chiunque altro” e lo pensa lui stesso. Invece no, altro ribaltamento, perché Larry anche qui, ancora una volta, crudelmente, è mediocre e si ritrova a fare i conti con la sua mancanza di straordinarietà anche nell’ambito dello straordinario. Ma del resto tutte le sue capacità sono sempre state sminuite, schiacciate sotto il peso delle aspettative sociali di chi non ha mai creduto in lui e non lo ha mai incoraggiato. Il suo viaggio interiore consiste in questo: comprendere nel profondo che i suoi sogni vanno inseguiti anche se non sono come se li era immaginati. Nessuno gli stenderà il tappeto rosso e gli consegnerà le chiavi magiche per aprire le porte che lo porteranno al luogo in cui appartiene, perché la realtà, per quanto magica, è sempre meno scintillante e patinata delle nostre fantasie. Ma è così che Leopold vince: suo padre lo accusa di essere un perdente, ma lui non perde, lui fallisce ancora e ancora, fallisce di nuovo e fallisce meglio, imparando dai suoi errori e non arrendendosi davanti alle difficoltà, perché la sua abilità consiste nel lavorare sodo per fare parte del luogo a cui sente di appartenere, non nell’essere il Neo di Matrix della situazione.

Lerry cerca di tenere intatta dentro di sé la passione infantile che lo anima e che nei suoi coetanei, anche ragionevolmente, si spegne piano piano per affacciarsi alla vota adulta in modo in disilluso ma ragionevole. Per questo il suo viaggio è quasi (quasi) tutto in solitaria: perché non sempre viene capito anche da chi gli vuole bene ed è sempre stato al suo fianco. La passione, però, per fortuna, può anche essere riaccesa e non tutto è perduto quando si tratta di tenere viva la propria creatività.

In questo romanzo che mescolo lo urban al portal fantasy, Riggs ci regala una storia da cardiopalma, senza mai un tempo morto, emozionate e commovente al tempo stesso, in cui l’ambientazione cittadina si incastra perfettamente con la sua parallela magica: le due Los Angeles sono diverse sul piano fisico, ma molto simili per quanto riguarda la popolazione pittoresca che le occupa e nella ricerca della magia Leopold incontra la realtà, in un posto che custodisce al suo interno Hollywood, il luogo dove i sogni prendono vita, ma che simboleggia anche la finzione, la facciata, l’ipocrisia dietro il luccichio. 

Gli Straordinari Fallimenti di Leopold Berry è un romanzo che ha saputo abbracciare e guarire una piccola parte della mia bambina interiore. È un libro che mi ha fatta sentire compresa e accolta. Si adatta bene a essere letto a qualsiasi età grazie al suo messaggio e alla straordinaria capacità di Ransom Riggs di comunicare efficacemente un messaggio ribaltando tutte le nostre convinzioni narrative.

mercoledì 16 luglio 2025

Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina

  • Titolo: Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina
  • Autrice: Francesca Albanese
  • Codice ISBN: 9788817195324
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


Dieci storie che si legano alle vite di molte altre, ponendoci le domande a cui è doveroso dare risposta: quali sono le conseguenze dell'occupazione? Dov'è la casa di una persona rifugiata? In che condizioni vive il popolo palestinese? Fino a che punto può arrivare la crudeltà di un genocidio? Domande a cui non possiamo sottrarci, legate a personaggi e luoghi che ci permettono di capire cosa è stata la Palestina fino al 7 ottobre 2023 e cosa è adesso.
«È quando il mondo dorme che si generano i mostri. Di mostri ne abbiamo già parecchi, tra noi. Prima di tutto, la nostra indifferenza.»
Lo spirito di un luogo è fatto dalle persone che lo abitano, dalle storie che si intersecano nelle sue strade. E questo vale in modo particolare per la Palestina, custode di passaggi storici epocali e teatro di una delle più dolorose pagine di storia contemporanea. Francesca Albanese, la Relatrice speciale ONU sul territorio palestinese occupato, una delle persone più competenti e autorevoli sullo status giuridico e sulla situazione dei palestinesi - amata (o odiata) in tutto il mondo per l'integrità e la passione con cui si batte in favore dei diritti di un popolo troppo a lungo vessato - qui ci offre storie che intrecciano informazioni, riflessioni, emozioni e vicende intime. Un viaggio scandito da dieci persone che hanno accompagnato Francesca a comprendere storia, presente e futuro della Palestina. Hind Rajab, morta a sei anni sotto le bombe che hanno distrutto Gaza, ci apre gli occhi su cosa significhi essere bambini in un Paese dove i bambini non hanno un nido che li protegga e che rispetti le loro radici. Abu Hassan ci guida tra i luoghi di fatica e sofferenza ai margini di Gerusalemme; e George, amico stretto, di Gerusalemme ci mostra meraviglia e insensatezze. Alon Confino, grande studioso dell'olocausto, ci aiuta a comprendere i contrasti che possono albergare nel cuore di un ebreo che vede l'apartheid e ne vuole la fine. Ghassan Abu-Sittah, chirurgo arrivato da Londra per entrare nel vivo dell'orrore più inimmaginabile, ci racconta ciò che ha visto; e Malak Mattar, giovane artista che ha fatto il percorso inverso, condivide la storia di chi ha dovuto lasciare Gaza per potersi esprimere o per sopravvivere. E poi Ingrid Jaradat Gassner, Eyal Weizman, Gabor Maté fino a una delle persone più vicine a Francesca nella vita, così come nella ricerca di una consapevolezza capace di tradursi in azione.

Commento 

È difficilissimo parlare di Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina, perché è un libro di per sé necessario, intenso e pesato in ogni sua parola. Tentare di riassumerlo non gli renderebbe onore, per cui cercherò di parlarne sulla base dei contenuti.

Cominciamo col dire una cosa: Francesca Albanese è un tesoro nazionale e internazionale. La Relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, infatti, non è solo una giurista, una docente e una studiosa, ma una persona adattissima al ruolo che ricopre non per la sua superiorità intellettuale in merito alla materia di cui si occupa rispetto a noi comuni mortali, quanto perché riesce a usare tutte le sue conoscenze accademiche al servizio di chi ne ha più bisogno e nel farlo non lascia fuori la sua emotività. È questa la cosa che colpisce di più di Albanese: non ricopre il suo ruolo con distacco e scollandosi dalla realtà, ma usando la sua sensibilità al servizio del suo lavoro e, per quanto ciò possa essere un problema nella sua vita personale, che sicuramente ne risente, è anche vero che per un compito così delicato serve una persona che ci tenga davvero. E Albanese ci tiene davvero. 

Il chiaro e dichiarato intento di questo libro, che mescola la saggistica alla narrativa biografica, è quello di calare il diritto internazionale nella vita degli individui facendosi portavoce delle storie piccole e grandi di chi non ha un megafono per poterle raccontare: parte dagli antefatti, per aiutarci a comprendere il perché di determinate azioni o reazioni, racconta di esasperazioni e ingiustizie subite per decenni dal popolo palestinese, di accordi non rispettati, di bacchettate sulle mani mai date. E soprattutto racconta di ferite non curate, da una parte e dall’altra. Perché se da un lato abbiamo il popolo palestinese che sta vivendo sulla sua pelle un genocidio inenarrabile e per il quale, francamente, non c’è più nulla da dire perché abbiamo già visto imagini impensabili anche per un film horror, dall’altro abbiamo il popolo ebraico (non tutto israeliano e non tutto sionista) e il suo trauma generazionale non curato, un dolore che è passato dai sopravvissuti alle generazioni successive e nel rivendicare una sorta di giustizia riparativa che non è mai davvero arrivata ha trasformato la propria tragedia in quella di qualcun altro, come capita spesso in chi subisce abusi. Albanese è un’idealista e non è facile restare idealisti facendo il suo mestiere, a contatto con la violenza, con il dolore e con questioni enormemente più grandi di qualsiasi piccolo essere umano. Non cede mai alla tentazione di spersonalizzare il popolo palestinese ricorrendo esclusivamente a numeri e statistiche, che vengono usati a supporto di storie vere, mai il contrario: i numeri servono a tirare le somme delle tragedie umane che vengono raccontate, ma non si sostituiscono mai a esse, così come lei stessa fa da megafono per le voci altrui, raccontandoci quello che ha imparato lei stessa, senza mai mettersi in una posizione di superiorità né verso chi le ha raccontato le storie che ci riferisce, né verso di noi che le ascoltiamo.

Last night in Gaza,

dell’artista palestinese Malak Mattar

Quando il mondo dorme è un libro necessario non solo nel senso della questione specifica che tratta, quanto perché educa alla complessità. L’autrice ci mostra l’interconnessione di tantissimi fenomeni, di eventi storici e mentalità dure a morire e si spende nell’eroico tentativo di spogliarsi del suo sguardo occidentale eurocentrico. Non parla mai con accondiscendenza, anzi, cerca sempre di mettersi, e farci mettere, dalla parte opposta e vedere che immagine ci viene rimandata, usando, ancora una volta, l’empatia come arma per la risoluzione dei conflitti, invece di viverla come una debolezza. Ciò porta inevitabilmente a criticare il sistema di cui fa parte (che è lo stesso di cui facciamo parte noi): è feroce nel criticare l’Europa che non si prende le sue responsabilità, gli Stati Uniti che appiattiscono la questione trasformandola in una tifoseria da stadio dove bianco e nero si contrappongono (per lei, Trump è un Caligola moderno. Sipario*), l’ONU stessa, per cui lei lavora, che non riesce a farsi rispettare nelle sue decisioni né a inviare dei funzionari che abbiano abbastanza contatto con la realtà e integrità da non assecondare il fenomeno che sono stati chiamati a combattere.

My mother,
di Malak Mattar

Con la semplicità di chi ha fatto del tema di cui parla la propria ragione di vita, Albanese ci spiega, sempre calandole nel contesto e andando dalla storia particolare a quella generale, parole come “apartheid” e “genocidio” e mai e poi mai sminuisce le azioni dei singoli. Parla di come il boicottaggio sia l’arma migliore che abbiamo perché i regimi vanno colpiti al portafoglio per ferirli davvero e ci ricorda che la fine della segregazione in Sudafrica è cominciata proprio così: con i singoli che, una piccola azione alla volta, hanno fatto la differenza nell’opinione pubblica, costringendo la politica a porre fine a un fenomeno radicato. Pensate a quanto siano cambiate le notizie dei telegiornali rispetto al sette ottobre 2023, quando la narrazione era polarizzata, ma successivamente l’ondata di solidarietà verso la Palestina ha costretto persino i notiziari più conservatori a dare spazio anche a chi non è gradito a chi comanda. In questo senso, le parole di Francesca Albanese sono colme di dolore, di stanchezza e lutto, ma anche di speranza e voglia di lottare, perché lei stessa dice che tutti i bambini del mondo meritano le stesse cose che hanno i suoi figli, con la loro spensieratezza e i loro bagni al mare. La dolcezza di questo pensiero è ciò che ci deve spingere a continuare a fare pressione per la pace, senza scoraggiarci o farci distrarre. E se da un lato è vero che i governi non stanno facendo niente è vero anche che stanno dimostrando di non essere lo specchio dei loro cittadini, i quali non dormono più anche per merito di questa donna che è una forza della natura.

Se siete insegnanti, Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina è un libro che dovete far leggere nelle vostre classi perché ci educa alla complessità, ad andare alla radice dei problemi e a puntare il dito prima verso i potenti e anche verso di noi, spogliandoci del nostro sguardo privilegiato che è la lente che ci impedisce di vedere con chiarezza. Come si dice dalle parti di Francesca Albanese: facciamo ammuìna.

*Sto editando questa recensione nel giorno in cui gli USA hanno annunciato sanzioni contro di lei a seguito del suo report dove, senza battere ciglio, ha tirato fuori l’agendina con i nomi dei bambini monelli e ha fatto i nomi e i cognomi delle aziende che stanno facendo i soldi sul genocidio. Ineffabili artisti circensi.

mercoledì 9 luglio 2025

Il Viaggio dei Dannati

  • Titolo: Il Viaggio dei Dannati
  • Titolo originale: Voyage of the Damned
  • Autrice: Frances White
  • Traduttrice: Claudia Milani
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804791645
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Da mille anni il regno di Concordia ha mantenuto la pace tra le sue province. Per celebrare la ricorrenza, l'imperatore organizza un viaggio di dodici giorni con la sua nave fino alla sacra montagna della Dea. A bordo ci sono gli eredi delle dodici province, ognuno dotato di uno speciale e segreto dono magico chiamato Benedizione. Tutti, tranne Ganymedes Piscero, un buffoncello senza arte né parte, un totale fallimento. Quando una dei dodici, la più amata, viene uccisa, gli altri sono tutti sospettati. Bloccato in mezzo al mare, circondato da persone potenti e senza nessuna Benedizione che lo protegga, Ganymedes ha ben poche possibilità di sopravvivere. Ma mentre i cadaveri si accumulano, proprio lui si trova a dover diventare l'eroe che non è nato per essere. Riuscirà a smascherare l'assassino, prima che la nave tocchi le sponde di Concordia? O l'impero come l'ha sempre conosciuto è destinato a crollare?


Recensione e commento

Il Viaggio dei dannati si pone come un romanzo perfetto per essere letto in questo momento di afosa calura estiva perché promette brezza marina e omicidi da risolvere sotto l’ombrellone. Le aspettative sono state in parte rispettate

Le premesse della storia erano ottime, sulla carta si prospettava una trama costellata di personaggi ricchi di diversità, ma a conti fatti ha peccato di tokenismo: ogni persona presente è un manifesto di qualcosa. Abbiamo il protagonista che è un bisessuale sovrappeso, lǝ rappresentate della provincia del Ragno che è agender e asessuale, poi ci sono province guidate da persone con disabilità o malattie croniche. Tutte queste caratteristiche non servono a tratteggiare personaggi definiti, quanto delle macchiette che rischiano di sfociare nello stereotipo. Ganymedes stesso viene ritratto come il bisessuale che si farebbe pure i muri, persino quando la situazione diventa drammatica e e ha da poco subito un lutto gravissimo. Lǝ rappresentante della provincia del Ragno, a cui non è assegnato un genere, invece ha anche la caratteristica dell’ambiguità e dell’inaffidablità. Chiariamoci, non è che le persone agender siano degli angioletti scesi dal paradiso, ma è almeno il terzo libro che leggo in cui il personaggio agender viene associato a caratteristiche di ambiguità morale, un po’ come se una persona non incasellabile socialmente avesse anche dei valori eticamente discutibili. Anche l’infanzia sortisce un po’ lo stesso effetto di appiattimento, perché per quanto Cavalletta sia adorabile e uno dei personaggi che tiene in piedi il libro, i suoi dichiarati sei anni sono più simili ai tre anni delle bambine vere.

L’ambientazione ha qualche difetto, tanto per cominciare non si sente per nulla l’atmosfera marinaresca, tutto il viaggio si svolge su una nave incantata che deve arrivare a una montagna sacra dopo dodici giorni, eppure la storia potrebbe svilupparsi in qualsiasi altro luogo, perché non c’è mai un rollio, né un’ oscillazione della nave o una virata. Questo toglie tantissimo all’esperienza e, unita al fatto che ci sono troppe intrusioni del mondo primario, nominando oggetti moderni come i bar, gli hot dog e il sushi, spesso la sospensione dell’incredulità viene meno. A contribuire a questa sensazione è anche la macchinosità dei dialoghi, che sono spesso utilizzati per dare delle informazioni a noi che leggiamo, ma che in realtà mettono i personaggi nella posizione di parlare di cose che tecnicamente dovrebbero già conoscere. L’impero di Concordia (un po’ è grottesco che un libro ambientato su una nave tiri in ballo il nome “Concordia”) è molto simile a quello di altri libri, tanto che leggendo i primi capitolo, in cui venivano gettate le basi dell’ambientazione, risuonava moltissimo nella mia testa l’ambientazione di Hunger games, con i suoi dodici distretti (Province, nel caso del libro in questione), con un tredicesimo emarginato perché si è ribellato e ciascuno di essi che deve rifornire l’impero centrale di una risorsa ben precisa è molto simile a L’Impero dei Dannati, in cui l’identità di ciascuna provincia viene soffocata fino a reprimere persino le lingue locali e viene applicato il principio del divide ed impera.

Eppure, non è tutto da buttare via, perché nonostante gli intenti seri di rappresentazione, Il Viaggio dei Dannati è un libro scanzonato che riesce a ridere di sé stesso. Nonostante il tema degli omicidi (che per la cronaca fanno immediatamente comprendere chi ne sia artefice), la prosa è ricca di battute e scene divertenti che sfociano nel cringe ed è tutto così esagerato che kitch che fa tutto il giro e diventa gradevole. È quel tipo di lettura trash che non diventa disturbante e durante la lettura si riesce a riderne in misura di gran lunga maggiore rispetto al fastidio proprio perché è tutto esagerato. Anzi, forse è un romanzo che funziona proprio in virtù delle sue imperfezioni e che forse non sarebbe stato efficace nell’ intrattenere se fosse stato perfetto.

Il Viaggio dei Dannati è un libro che parte da ottime premesse ma ha un po’ di problemi di esecuzione dovuti all’inesperienza dell’autrice. Nonostante questo riesce a essere divertente e fare divertire forse proprio perché non si prende mai troppo sul serio. Un libro da ombrellone degno di questo nome.


Not Quite Dead Yet

Titolo: Not Quite Dead Yet Titolo originale: Not Quite Dead Yet Autrice: Holly Jackson Traduttore: Paolo Maria Bonora Lingua originale: ing...