martedì 28 febbraio 2023

Promesse vane

  • Titolo: Promesse vane
  • Titolo originale: These hollow Vows
  • Autrice: Lexi Ryan
  • Traduttrice: Vanessa Valentinuzzi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804756144
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


POTREI GODERMI L'OSCURITÀ, MA NON SPRECHERÒ IL MIO TEMPO.

QUESTE ORE APPARTENGONO A SPIE E LADRI.

APPARTENGONO A ME.

Se c'è una certezza nella vita di Brie è che odia i Fae con tutta se stessa e che preferirebbe morire di fame per strada piuttosto che avere a che fare con loro. Quando però la sorella Jas viene venduta come schiava a Mordeus, il sadico re Fae di Unseelie, per ripagare un debito, non può che rivedere la sua posizione. Per riportarla a casa, infatti, è costretta a stringere un patto proprio con il sovrano delle ombre: dovrà introdursi nella corte nemica, la corte del Sole, e, una volta dentro, rubare tre oggetti magici che un tempo gli erano appartenuti.

Accedere al palazzo dorato è un'impresa tutt'altro che semplice, però, tanto che l'unica possibilità per riuscirci sembra essere spacciarsi per una delle pretendenti del principe Ronan, erede al trono. Determinata a portare a termine la sua missione senza farsi distrarre dal cuore, decide infine di accettare l'aiuto di una banda di disperati, di cui ignora però le vere intenzioni. A mano a mano che la conoscenza con il loro capo Finn si approfondisce, Brie si ritrova a combattere con se stessa per resistere al suo fascino seduttivo. In bilico tra due corti ugualmente pericolose, Brie sarà costretta a decidere di chi fidarsi e a chi offrire la propria lealtà. E quindi il proprio cuore.


Recensione e commento

Promesse vane è il primo romanzo di una dilogia che contiene un cliché dietro l’altro: protagonista mascolinizzata overpowered impegnata in un triangolo amoroso con poteri non sempre ben spiegati super intelligente (ma che è sempre l’ultima a capire le cose) e gli immancabili capelli rossi. Ma c’è un ma…

Per quanto questo primo libro sia un agglomerato di tutti i fantasy romance young adult…non mi sono arrabbiata durante la lettura e per quanto io non l’abbia amato, non l’ho nemmeno odiato, che già vuol dire tanto.

La copertina UK
Non l’ho odiato per il semplice motivo che Promesse vane non si presentava come il libro della vita e quantomeno nella mia cerchia di conoscenze non è stato circondato dall’hype. Per questo, al netto della lettura, posso dire che tesse una trama sul già visto e ribadisce molti trope, ma è comunque perfetto per spezzare da letture più pesante, dato che almeno non ci sono problematiche di messaggio di fondo.

Infatti, per quando l’interpretazione del messaggio di fondo venga sempre molto suggerita dall’autrice, si parla comunque di schiavitù, di critica al regime e di sorellanza. Anche le scene spicy non mi hanno dato fastidio, sia perché questo genere di libri si rivolge giustamente a chi cerca questo tipo di intrattenimento, per cui sarebbe stato strano non trovarne, ma anche perché arrivano dopo un climax e non sono trattate in modo volgare o troppo esplicito (personalmente apprezzo che non ci siano descrizioni di liquidi corporei altrui, quindi grazie Lexi).

Parlando della trama, invece, posso dire che un pubblico avvezzo alla lettura di fantasy non troverà colpi di scena degni di essere chiamati tali, la trama va avanti per mezze verità, dei ex machina e coccole alla protagonista che è chiaramente la cocca dell’autrice che fa il tifo per lei. Inoltre, si sente un po’ la mancanza di un vero antagonista per tutto il libro e la battaglia finale è forse un po’ tirata per i capelli.

Per quanto riguarda l’ambientazione, ci troviamo in un mondo fae che ricalca un qualche tipo di medioevo fantastico romanticizzato, quindi non storicamente accurato, con tanto di docce e biancheria intima moderna. A mio avviso non è questo il grande problema dell’ambientazione, quanto che non sia stata del tutto approfondita. A volte sarebbe davvero bastato soffermarsi leggermente di più su qualche elemento marginale per creare l’atmosfera, invece purtroppo è rimasta un po’ sul superficiale e lo stesso si può dire dei poteri della protagonista, che non vengono mai raccontati fino in fondo, mostrando abilità utili  quando alla trama serve un punto di svolta per proseguire. Il finale, forse un po’ frettoloso, ha anche lo scopo di porre le basi per il secondo volume, vedremo come andrà.

Tirando le somme, Promesse vane non è il libro della vita e non intendeva esserlo, ma è una buona lettura per spezzare da libri più impegnativi. Non l’ho amato, ma nemmeno mi ha fatto uscire il sangue dal naso, se cercate una lettura disimpegnata, questo libro potrebbe fare al caso vostro.

mercoledì 22 febbraio 2023

Ragazze Infrante

  • Titolo: Ragazze Infrante
  • Titolo originale: The Broken Girls
  • Autrice: Simone St. James
  • Traduttrice: Alessia Lini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8866884934
  • Casa editrice: Fanucci
Trama


Vermont, 1950. C’è un luogo per ragazze che nessuno desidera ospitare, troppo intelligenti, ribelli, illegittime... Si chiama Idlewild Hall ed è un collegio. E nella piccola città in cui si trova, girano voci che sia infestato da fantasmi. Le paure sussurrate di quattro coinquiline gettano le basi per una profonda amicizia, fino a quando una di loro scompare misteriosamente... Vermont, 2014. Per quanto ci abbia provato, la giornalista Fiona Sheridan non può fare a meno di ripensare agli eventi che gravitano intorno alla morte della sorella maggiore, avvenuta vent’anni prima nei pressi delle rovine di Idlewild Hall. Quando viene ritrovato un altro cadavere durante i lavori di ristrutturazione del collegio, Fiona scoprirà segreti che dovevano rimanere sepolti e sentirà una voce che le sarà impossibile ignorare. Cos’è successo veramente a sua sorella?


Recensione e commento


Il binomio poliziotto-giornalista è un po’ come il trope dell’orfano prescelto nel fantasy e assieme a questo elemento, ce ne sono stati altri che, all’apertura di Ragazze Infrante mi hanno fatto storcere un po’ il naso, facendomi credere che sarebbe stata la fiera della banalità.

Ma dopo il primo quarto di libro ogni mio dubbio si è totalmente dissipato e non sono più riuscita a posarlo fino a che non l’ho terminato, perché Ragazze Infrante non è solo un thriller che contiene elementi di paranormale, ma è soprattutto un romanzo sul trauma generazionale, sul dolore non affrontato e ciò che ne deriva.

Questo romanzo utilizza quattro punti di vista diversi nella linea temporale passata e uno solo in quella presente, rendendo impossibile mettere assieme tutti i pezzi disseminati qua e là nella trama finché non si arriva alle ultime pagine. Ciò avviene grazie allo stile dell’autrice che è riuscita a rendere interessante una struttura narrativa (quella dell’alternarsi di passato e presente) apparentemente inflazionata.

Un libro sul trauma generazionale e sul dolore, dicevo, perché saranno moltissimi i segreti che verranno coperti e che poi verranno a galla nella narrazione al passato, ambientata durante il secondo dopoguerra, in cui le persone cercavano di andare avanti con le loro vite fingendo che la guerra non ci fosse mai stata e senza mai liberarsi del peso che quell’evento ha lasciato su di loro, facendo ricadere il trauma alle loro famiglie durante un periodo storico in cui rivolgersi a uno psichiatra era uno stigma sociale. Eppure, un modo di pensare tanto rigido non appartiene solo al passato: anche il racconto al presente ci racconta di persone che hanno vissuto all’insegna del pregiudizio e di dinamiche sociali prestabilite che le hanno portate a non voler mai guardare in faccia la realtà, cosa che condurrà da un lato a cercare di trasmettere ai propri figli un ideale di durezza desueto, dall’altro a coprire due crimini che non sarebbero mai avvenuti se ci fosse stata un po’ di compassione in più. La protagonista stessa e le persone che le sono più care dovranno cominciare un percorso di guarigione da tutto ciò che fa loro paura, che non è l’ignoto, ma il già conosciuto passato che va definitivamente sepolto affinché smetta di ripresentarsi.

La narrazione mi ha completamente assorbita e ho dovuto concludere Ragazze Infrante in due tirate dato non riuscivo a metterlo giù, perché l’autrice è magistrale nel creare mistero e nel far crescere la tensione. Eppure, per dovere di cronaca, devo ammettere a malincuore che il libro perfetto non esiste, anche questo ha i suoi difetti. Ad esempio, all’inizio c’è qualche scivolone nell’uso un po’ dilettantesco delle descrizioni, ma è un po’ come se Simone St. James si fosse pian piano riscaldata e fosse migliorata con il procedere della storia. 

Altro problema: Fiona, la protagonista del flusso temporale al presente, è una giornalista, ma pur conducendo delle inchieste, sono spesso gli indizi ad andare da lei e non viceversa, così come diverse volte alcune persone le si presentano per fare dei lunghi spiegoni su cosa sia successo e raccontare la loro parte della storia. In un certo senso, St. James è riuscita a fare funzionare tutto grazie alla tensione che ha creato, ma se analizzo la cosa a mente fredda mi rendo conto che forse esistevano modi più eleganti di gestire alcune dinamiche. 

In conclusione, Ragazze Infrante è un libro scorrevolissimo da leggere quando si ha voglia di una storia breve, ma intensa e coinvolgente. Non mi aspettavo di legarmene tanto emotivamente, eppure è successo e spero che accada anche a voi. 


martedì 21 febbraio 2023

Carne da Macello

  • Titolo: Carne da Macello
  • Titolo originale: Meat Marker
  • Autrice: Juno Dawson
  • Traduttrice: Tiffany Vecchietti
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804754244
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Jana Novak è una sedicenne alta e allampanata, da sempre a disagio con il suo aspetto androgino. Un giorno, però, mentre è in un parco divertimenti insieme ai suoi amici, viene notata da un talent scout che le propone di iniziare a lavorare come modella per una prestigiosa agenzia di Londra. Da quel momento, la vita di Jana subisce un brusco cambiamento: dalla periferia londinese dove vive con la famiglia entra a far parte di un mondo sfavillante e attrattivo che sembra prometterle un futuro straordinario fatto di ricchezza, viaggi, feste, incontri con creativi e celebrità. Ben presto, però, Jana comprende che dietro alla spessa e frastornante patina glam della fashion industry si nascondono un lato sudicio e orde di insospettabili predatori pronti ad azzannare a ogni passo le loro giovani prede. E che la fiaba di cui pensava di essere protagonista si sta rapidamente trasformando in un vero e proprio incubo. Con Carne da macello, Juno Dawson ci accompagna nel ventre oscuro dell'industria della moda nell'era del #MeToo, e lo fa con una scrittura potente che non teme di essere cruda e spietatamente onesta. Un romanzo, questo, che non potrà lasciare indifferenti.


Recensione e commento


Provo sentimenti ambivalenti nei confronti di Carne da Macello, un romanzo che si è presentato come denuncia del mondo della moda e che a conti fatti, parla di tutt’altro.

Ma andiamo con ordine. La protagonista è Jana, una ragazza di sedici anni che viene scovata da uno scout mentre si trova in gita scolastica con la sua classe. I problemi sono iniziati proprio a questo punto, al principio della storia, perché è esattamente qui che la trama comincia a inanellare stereotipi: il mondo della moda raccontato in Carne da Macello è molto più simile a come lo immaginiamo noi profane che a come effettivamente è. L’essere reclutata in una situazione quotidiana, le feste prima delle sfilate e i vestiti portati via dal set dopo gli shooting sono solo alcune delle situazioni considerate non professionali e che non avvengono nella realtà. Non sono un’esperta di moda, questo è vero, ma mi piacciono i documentari, di qualsiasi argomento trattino, e ricordo chiaramente due puntate del programma Il Testimone di Pif dedicate alla supermodella Bianca Balti in cui si mostra davvero una panoramica di questo mondo che dall’esterno sembra tutto luccichii e glamour. In quelle puntate, sia Bianca Balti che altre modelle hanno più volte sfatato alcuni degli avvenimenti di Carne da Macello, come le feste prima delle sfilate: durante la settimana della moda non hanno il tempo di andare alle feste, se hanno decine di sfilate al giorno. Chiariamoci, non intendo fare un elenco di cose che so e che sono diverse rispetto al libro solo per fare la maestrina e fare sfoggio di cultura, intendo solo puntualizzare che questo libro si apre con un elenco di trigger warning proprio perché voleva raccontare una storia veritiera, realistica e far venire a galla i comportamenti disfunzionali di un intero sistema, ma per me non è stato possibile credere al racconto proprio perché è andato avanti per cliché di varia natura, inclusi quelli legati alla nazionalità. Se mi seguite su Instagram, forse avrete visto nei giorni scorsi le mie storie che contenevano alcuni screenshot riguardanti le descrizioni di personaggi tedeschi, italiani, francesi. Tutti loro erano perfettamente aderenti allo stereotipo: tedeschi uguali a Schwarzenegger (che è austriaco, ma a quanto pare per l’autrice non c’è differenza), italiani unti, abbronzanti, grassocci e coperti di catene d’oro, più somiglianti allo standard del camorrista della domenica nei film di gangster americani che ai fashion addicted milanesi, autisti francesi con cappelli piatti, odore di sigaretta addosso e barba sfatta. 

La fiera del luogo comune viene riservata anche alle descrizioni delle città: Milano (MILANO!) è piena di gelaterie artigianali in zona Duomo (Burger King, McDonald, Starbucks e gli all-you-can-eat hanno lasciato la chat), l’appartamento per modelle in affitto a Parigi durante la settimana della moda in quella città è guarda caso su una salumeria, e le città asiatiche più disparate sembrano uscite direttamente dai videogiochi. Sarei potuta passare sopra moltissime di queste cose, se prese singolarmente, ma messe tutte assieme no, anzi, sono abbastanza arrabbiata, dato che complessivamente tolgono credibilità alla storia e poi perché scrivere un libro di denuncia presuppone un certo grado di ricerca che qui manca. Penso che narrazioni come questa facciano molto male sia al pubblico che alle vittime, perché semplicemente cavalcano l’ondata di fama di movimenti come il #MeToo per monetizzare. È irrispettoso e da un’autrice che si è a più riprese dichiarata a favore della figura del sensitivity reader non mi aspettavo una tale sfilata di stereotipi, tra l’altro espressi consapevolmente, poiché non mancano frasi che esordiscono con “so che è un cliché, ma…”. Avere la consapevolezza di star scrivendo un luogo comune trito non lo rende meno grave, anzi, forse peggiora addirittura la situazione, perché fa prendere alla storia, che voleva presentarsi come realistica, un taglio inadeguatamente caricaturale.

Tralasciando il mio momento di rabbia, posso dire che il libro è diviso in due macroparti: nella prima, la narrazione si focalizza esclusivamente sui drammi adolescenziali di Jana che fa fatica a conciliare impegni scolastici e vita privata con il suo nuovo lavoro. Non mancheranno punti alla Il Diavolo veste Prada con tanto di fidanzato che si lamenta di non riuscire più a vedere Jana perché sempre impegnata o amiche del cuore che improvvisamente non sopportano un po’ di distanza. Non lo so, raga, a me questa gestione dei rapporti umani è sembrata fintissima. Molte delle persone che ho più care al mondo abitano a migliaia di chilometri di distanza da me e non litighiamo certo per questo (anzi, forse proprio in virtù di questo litighiamo meno).

Tuttavia, la seconda parte è quella che si concentra sugli abusi e lo fa anche benino. Ma anche qui, ho da ridire su alcune cose, perché, nonostante l’abusatore fosse una persona protetta a più riprese da chi sapeva e non ha fatto nulla, il suo ci viene comunque fatto passare come un caso isolato, come una singola persona, più che un sistema che ti mastica e ti risputa quando ha finito con te. Si tratta, insomma, di una sola persona che commette azioni abbiette, più che di un sistema fatto di persone che ti dicono di dimagrire e prendere droghe per dormire o stare sveglia, o ancora che sessualizza ragazzine dodicenni (vedi intervista a Sara Merlotti nel link a fine pagina), tutti comportamenti che sappiamo esistano nel mondo della moda, ma che qua vengono mostrati solo sullo sfondo delle vicende adolescenziali di Jana, in modo molto annacquato, o non vengono mostrate affatto. Leggere questo libro dopo lo scandalo Balenciaga è un po’ come guardare rai YoYo dopo un documentario su Chernobyl. La parte degli abusi, dicevo, è anche raccontata bene, verosimile e credibile, ma accade troppo velocemente e quasi di punto in bianco, senza alcun climax che ci faccia arrivare al punto di rottura. Un vero peccato, perché era questa la vicenda importante e l’autrice ha anche saputo raccontarla con delicatezza, pur con qualche scivolone dettato dalla fretta. 

La prima parte del romanzo, poi, oltre che dilungarsi in patemi adolescenziali anche legittimi per un libro riservato a questo target, si sofferma su qualcosa che mi è via via più indigesta man mano che invecchio: le scene di sesso tra persone minorenni. No, non prendete i forconi e lasciatemi spiegare. So che gli adolescenti sono sessualmente attivi e non c’è nulla di male, ma è davvero necessario che una donna adulta si metta a scrivere delle scene così esplicite che riguardano dei ragazzini che alla fine non sono finalizzate a raccontare qualcosa di importante ai fini della storia? Poiché non servono a narrare o spiegare nulla nella trama e non fanno parte di un quadro più ampio, ho sinceramente fatto fatica a capire il motivo per cui fosse stato riservato loro tanto spazio e dopo aver letto il finale del libro sono rimasta ancora più perplessa, proprio perché speravo che servissero per andare a parare da qualche parte, ma così non è stato. La narrazione si è soffermata tantissimo su dettagli di nessuna rilevanza per poi affrontare in modo sbrigativo le questioni davvero importanti della storia. Secondo Cěchov, se nel primo atto inserisco una pistola lo faccio perché arriverà il momento in cui dovrò sparare; qui no, non c’è un motivo per cui molte cose accadono e se fossero state tagliate le parti inutili, le pistole che non sparano, per intenderci, ci sarebbe stato più spazio per il vero tema del libro, che sarebbe arrivato prima, invece che dopo 200 pagine. 

Nota di demerito alla traduzione. Non me ne vogliate, non ho nulla di personale contro Tiffany, la stimo molto come content creator, ma questo è il secondo libro che leggo tradotto da lei e per la seconda volta la traduzione per me è peggiorativa del contenuto. In Una Dote di Sangue c’erano problemi con i congiuntivi, le consecutio temporum erano spesso e volentieri sbagliate. Qui ci sono problemi sintattici di varia natura e troppi periodi che sembrano tradotti con Google Translate. Spero che questo mio pensiero non causi una shitstorm ma per onestà intellettuale non mi sento di soprassedere su un aspetto tanto importante.

Un elemento che ho trovato pregevole, invece, è la prosa: Carne da Macello è scritto in prima persona dal punto di vista dell’adolescente Jana e devo ammettere che lo stile di scrittura ricalca in modo credibile quello di una sedicenne. Ci sono elenchi puntati, gergo giovanile e stralci di chat, che aiutano decisamente a calarsi nella storia e nella psicologia di Jana, per quanto una prosa del genere potrebbe non essere facilmente digeribile per un pubblico più adulto. Forse sono stata un po’ disfattista nell’ elencare i difetti, ma Carne da Macello non è completamente da buttare via, è comunque un romanzo scorrevole e gradevole, per quanto non esente da problemi. È un libro che scivola via velocissimo e intrattiene a dovere, quindi se questo tipo di lettura è ciò che cercate al momento, allora questo libro fa per voi.

In conclusione, non penso che Carne da Macello sia un libro intrinsecamente brutto, solo che non mantiene le promesse iniziali. Come libro per spezzare, da leggere per piacere, va benissimo, ma non se cercate una lettura dal taglio giornalistico, dato che sotto certi aspetti si tramuta involontariamente in una sfilata di stereotipi caricaturali.  



martedì 14 febbraio 2023

Le Sorelle Hollow

Ciao, bellezze! La recensione di oggi riguarda un libro chiacchieratissimo edito Rizzoli, che ringrazio per la copia digitale. Nel banner trovare i nomi delle altre fanciulle che partecipano all’evento. Senza ulteriori indugi, cominciamo.
  • Titolo: Le Sorelle Hollow
  • Titolo originale: Hose of Hollow
  • Autrice: Krystal Sutherland
  • Traduttrice: Cristina Proto
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788817163200
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama 


Iris Hollow, diciassette anni, è sempre stata una ragazza strana. Quando lei e le sue sorelle erano bambine è accaduto qualcosa che non ricordano ma che ha lasciato a tutte e tre un’identica cicatrice alla base del collo. I loro capelli scuri sono diventati bianchi come il latte. Gli occhi, da azzurri, lentamente sono diventati neri. Le persone le trovano intossicanti, insopportabilmente belle e inspiegabilmente pericolose. Le maggiori, Grey e Vivi, hanno abbracciato il potere del loro fascino e la mondanità, mentre Iris ha vissuto la sua vita da adolescente cercando di sfuggire alla stranezza che le si incolla addosso come catrame. Ma quando Grey scompare in circostanze sospette, ricordi spaventosi e immagini inquietanti cominciano ad affiorare alla memoria di Iris. Mentre cerca di ripercorrere le ultime tracce della sorella seguendo il bizzarro sentiero di briciole che la ragazza ha lasciato dietro di sé, diventa evidente che il solo modo per ritrovarla è decifrare il mistero di quanto accadde loro quando erano bambine. Ma più Iris si avvicina alla verità, più intuisce che la risposta che cerca è oscura e pericolosa, e che il mondo sovrannaturale che le ha lasciate tornare apparentemente illese dieci anni prima, ora sembra deciso a richiamarle a sé…


Recensione e commento

Presentato come una fiaba dark, Le Sorelle Hollow non è un libro universale, ma se il genere vi piace sarà sicuramente nelle vostre corde.

L’elemento che mi ha catturata sin dal principio è la prosa, bellissima ed evocativa, fuori dal comune per certi aspetti, perché ha come obiettivo quello di suscitare spaesamento, quindi spesso accade che, come con una cinepresa che si concentra su un dettaglio, anche la narrazione si focalizzi su una minuzia per poi allargare il campo dell’ inquadratura e rendere la scena più chiara solo a posteriori. Per questo motivo, la narrazione non sempre lineare e incentrata sul mostrare, non spiegare, rende un po’ difficile ambientarsi nella storia, ma sul lungo termine è uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato, così come ho trovato davvero gradevole l’ispirazione tratta dalla mitologia celtica, con i suoi miti e le sue leggende. Inoltre, anche il rapporto morboso tra sorelle, in grado di sentire l’una il battito del cuore dell’altra, contribuisce a costruire il clima inquietante. 

L’alternarsi di passato e presente è funzionale alla soluzione di un mistero contingente, con la pecca, però, che tutto viene chiarito a metà del romanzo, o quantomeno, per me è stato tutto comprensibile a quel punto, mentre la protagonista preferisce negare l’evidenza in più situazioni. In questo modo, la seconda parte di Le Sorelle Hollow risulta più lenta e meno incalzante rispetto alla prima parte. Nonostante ciò, il finale arriva inaspettato, anche grazie alla psicologia delle protagoniste che sono davvero grigie, non eroine o cattive, ma mosse da interessi personali come qualsiasi essere umano. Personalmente, ho trovato la conclusione in linea con l’atmosfera e le intenzioni iniziali dell’autrice.

In conclusione, Le Sorelle Hollow è un libro adatto a voi se cercate una storia in stile fiaba dei Fratelli Grimm, un po’ fuori dai canoni dello young adult di questo periodo.

venerdì 10 febbraio 2023

Intervista a Giulia Reverberi, autrice di Zombie Friendly

 Pensavate che con Zombie Friendly avessimo finito? Invece no, perché l’autrice Giulia Reverberi, in arte @giuliabifrost, è stata così gentile da accettare di rilasciarci una piccola intervista. Godetevi questa chiacchierata.


Buongiorno, Giulia! Ti va di presentarti e di parlarci un po' di te come persona e come content creator? 


Buonsalve! Questo è quel momento in cui non sai mai cosa dire, non importa quanto interessante sia la tua vita. In breve sono una persona che ama le storie, fin da bambina ho studiato scrittura, prima sotto la guida dei miei genitori e poi ho proseguito da sola con manuali di narratologia e corsi. Mi sono appassionata anche al cinema e alle serie tv e ho condiviso il mio percorso su youtube. Da lì mi si è aperto un mondo, ho iniziato a parlare di libri su instagram, di scrittura su tiktok e le live su Twitch mi hanno permesso di condividere il mio percorso nella creazione e produzione di Zombie Friendly. E alla fine eccomi qui. Attualmente lavoro sia come content creator che come scrittrice (per ora solo self, si spera in futuro di diventare ibrida) e editor. Non vedo l'ora di aiutare qualcuno con i suoi personaggi!


 Non esiste tantissima letteratura italiana dedicata agli zombie, come mai hai deciso di esordire con un libro proprio su di loro? 


Gli zombie sono un argomento molto difficile. Mi sono sempre piaciuti in letteratura, sul grande schermo e nei videogiochi ma non avrei mai pensato di utilizzarli per qualcosa di mio. Sembra un clichè ma è stata la storia a venire da me mentre lavoravo in un'azienda di videogiochi. Doveva essere un'avventura giocabile ma alla fine il progetto non mi ha convinta e me ne sono andata con un protagonista ansioso in un'apocalisse zombie e ben poche idee sul suo futuro. Ho deciso di crederci e di autoprodurmi, conscia che gli zombie abbiano un mercato limitato e volendo sfruttare questa occasione per rendermi editorialmente indipendente e consapevole di come funziona il 'produrre un libro'. Sono gli zombie ad aver scelto me, in sostanza.


 Esiste una ragione per la quale hai optato per l'autopubblicazione? Hai fatto tutto da sola, inclusi i curatissimi inserti, deve essere stato faticoso! 


Sì assolutamente, ho recentemente scritto un articolo sul mio blog per spiegare quanto questo processo di produzione sia stato voluto ma anche difficile. Ho pensato che sarebbe stato interessante mettermi alla prova in tutte le fasi di produzione, un'esperienza che mi avrebbe resa più consapevole di come funziona il mercato editoriale e di come nasce un libro, dalla storia all'oggetto fisico. Non sono contraria alla pubblicazione tradizionale, anzi, spero in futuro di poter continuare entrambe le vie ma trovo che spesso, quando si parte, le condizioni che molte case editrici offrano siano svantaggiose. Partire è un problema, ti accontenti spesso di quello che ti viene concesso pur di farlo e a me questa cosa mi ha sempre messa a disagio, mi sembrava di non avere scelta. Ora con il percorso in self so come funziona il mercato e, qualora mandassi un manoscritto ad una casa editrice, so che posso rifiutare una situazione che non mi sembra adatta perchè ho sempre un'altra strada a disposizione. 


In Zofri si denota una certa quantità di ricerca, quanto hai dovuto studiare per scriverlo? 


Molto. Solo per la storia ho dovuto fare un mese di ricerche, alcune serie come quelle scientifiche sulle epidemie e sull'ansia patologica o quelle di antropologia che hanno mi permesso di comprendere i meccanismi sociali delle piccole comunità, fino a quelle più strampalate come 'I cervi sentono gli ultrasuoni?'. Però gli studi più grandi sono stati quelli per la produzione di Zofri, dal marketing all'impaginazione o quelli per creare lo stile del protagonista, piuttosto diverso da quello che ho sempre adottato nei miei romanzi fantasy. Però sono molto contenta di averlo fatto, è stato faticoso ma mi ha aiutata molto a migliorare. 


Ci parli un po' del tuo processo di scrittura? Hai una routine quotidiana o hai un approccio istintivo? 


Il mio processo di scrittura si è consolidato con Zofri, prima era molto più caotico: dedico un primo mese alle ricerche fondamentali, uno a creare una scaletta di tutti gli eventi chiave, con le loro connessioni, e poi svolgo la storia per i tre mesi successivi. Dedico un mese alla sola riscrittura e uno all'editing. Scrivo ogni giorno ma non è un pensiero fisso, se salto qualche settimana per impegni o mancanza di voglia non è un dramma; ho la fortuna di produrre almeno una decina di pagine A4 ogni volta che ho un pomeriggio (o notte) da dedicargli e non soffro del blocco dello scrittore quindi cerco di non forzarmi. Mi piace godermi il processo. 


Sei un'autrice italiana, eppure Zofri è ambientato negli Stati Uniti, è una scelta precisa o è un caso? 


Sì, è stato un omaggio alle storie di zombie, in maggioranza ambientate negli Usa con centri commerciali e armi da fuoco. Volevo prendere l'immaginario tradizionale e cambiare le carte in tavola, per farlo dovevo mantenerne intatti alcuni riferimenti tra cui, appunto, la geografia. Ho preferito inserire una discendenza italo americana nel protagonista, per presentare la componente italiana. Questo mi permetteva anche di mostrare quanto multiculturale può essere anche il posto più sperduto, con immigrati di generazioni diverse. Mi piace pensare che Zofri sia una vicenda che, con piccoli cambiamenti, possa essere trapiantata in molti luoghi diversi. 


Hai intenzione di comunicare un messaggio di fondo o preferisci che ti legge prenda dal testo ciò che vuole? 


Ci sono molti messaggi o spunti di riflessioni, di livelli diversi e argomenti diversi, lascio che i lettori scelgano quali cogliere e fare propri. La storia di Andy è quella di un ragazzo che vive, solo, in un mondo ostile che non riconosce più, pieno di pericoli e di situazioni traumatiche, faticando a gestire il rapporto con gli altri; è una situazione che molti di noi si trovano ad affrontare. Molti lettori mi hanno detto che si riconoscevano nei suoi limiti e nelle sue debolezze, lo hanno supportato tifando per lui e lo hanno scusato anche quando (secondo me) era in torto. Mi piacerebbe che rivolgessero questo spirito anche verso sè stessi, dandosi tregua e credendo maggiormente in sè stessi. Siamo tutti un pò come Andy, chi più chi meno, mi piace l'empatia e la positività che gli hanno rivolto, è questo che vorrei per ogni persona che soffre di problemi di salute mentale, comprensione e affetto. 


La tua dedica è per i cani e uno dei personaggi è proprio un bassotto. Alcune persone sono indecise se leggere il tuo romanzo per paura che gli accada qualcosa di male. Vuoi esprimerti a riguardo? 


Posso capire la perplessità ma è difficile per me rispondere a questa domanda: è un'apocalisse, tutto può succedere, se dicessi che Woody starà bene qualsiasi cosa avvenga purtroppo minerei il realismo del mio testo (anche perchè non avendo scritto i seguiti dovrei rispondere comunque in modo molto limitato). Non posso promettere che al cane non succederà niente, in questo testo o nei prossimi due, o che sopravviverà, posso promettervi però che sarà amato fino alla fine dei suoi giorni, che sia nel libro o fuori, e che, qualora gli succedesse qualcosa, non indugerò in dettagli di violenza esplicita e il tono della scena sarà triste, non macabro. Woody ha un suo arco di personaggio e un suo carattere, dipende tutto da lui, come per chiunque altro, diversamente perderebbe la sua tridimensionalità. Non concedo mai plot armor nei miei testi, nemmeno ai protagonisti. Quindi dipende molto da cosa preoccupa: la sofferenza di doverlo (eventualmente) salutare o la paura di rimanere traumatizzati da una scena orrida e forte. Molti lettori mi hanno detto che la mia scrittura, indipendentemente dalla siatuazione, è molto 'delciata e sensibile' quindi la seconda opzione non è proprio possibile. Sulla prima, invece, chi vivrà vedrà (scusate, battuta brutta).  


Grazie mille per averci coinvolte in questo viaggio nell'Apocalisse, attendiamo il sequel! 


Grazie a voi, davvero, non ho parole per ringraziarvi! Il prossimo testo della saga di Zofri uscirà a novembre, ma non sarà il secondo che è previsto invece per il 2024, prometto però che, quando lo vedrete, scuoterete la testa sorridendo e pensando 'Giulia è pazza, voglio leggerlo'.

mercoledì 8 febbraio 2023

La Principessa delle Anime

  • Titolo: La Principessa delle Anime
  • Titolo originale: Princess of Souls
  • Autrice: Alexandra Christo
  • Traduttrice: Sofia Brizio
  • Lingua originale: inglese
  • Casa editrice: Fanucci
  • Codice ISBN: 978-8834743331
Trama

Per sedici anni, Selestra è rimasta intrappolata nella torre sulla Montagna Fluttuante preparandosi a prendere il posto della madre come strega del re, e manifestare i poteri per predire la morte dei richiedenti alla Festa delle Predizioni. Come soldato dell’esercito reale, Nox è un candidato improbabile per la Festa, ma spinto dalla vendetta è determinato a rubare l’immortalità al re e a uccidere le sue streghe, partendo proprio da Selestra. Tuttavia, quando lei gli tocca la mano per la sua prima predizione, i loro destini si intrecciano e la morte marchia le anime di entrambi. Solo unendo le forze riusciranno a vivere abbastanza a lungo da liberare il regno dalle grinfie di re Seryth e sfuggire a un oscuro destino. Dall’autrice di "La regina delle sirene", arriva "La principessa delle anime", la storia di una strega adolescente addestrata a rubare anime per un re immortale e di un ragazzo ribelle e temerario a cui il suo destino è intrecciato.


Recensione e commento

La Principessa delle Anime è il secondo libro di Alexandra Christo, autrice di La Regina delle Sirene e rispetto al suo primo romanzo ci sono somiglianze, divergenze ma anche miglioramenti e peggioramenti. Cercherò di fare chiarezza parlandovi delle luci e ombre del libro più chiacchierato del momento.

L’autrice

Tanto per cominciare, parto subito col dirvi che se cercate un retelling di Raperonzolo temo che non sia il libro giusto, perché i riferimenti alla famosa fiaba sono più delle microcitazioni e degli omaggi che delle vere e proprie dinamiche nella trama. Tuttavia, personalmente lo considererei sì un retelling, ma di un’altra storia: quella dell’oracolo di Delfi. Selestra, infatti, è in grado di predire la morte delle persone, ma si imbarca assieme a Nox in un viaggio per affrancarsi da un destino che sembra inevitabile. Questo è uno degli aspetti che La Principessa delle Anime condivide con La Regina delle Sirene: nel libro precedente, la protagonista era di fatto la cattiva della storia che viaggiava verso la redenzione; qui, invece, Selestra si ferma a un passo dal diventare la matrigna della storia, riesce a prevenire la malvagità a cui è stata destinata ed è uno degli aspetti del romanzo che ho più apprezzato. Tuttavia, non sono rimasta molto convinta dalla bidimensionalità dell’antagonista, che è cattivo perché è cattivo, senza un movente narrativo davvero convincente, e dalla figura materna della protagonista, che a mio avviso è una matrigna un po’ desueta. Un passetto indietro rispetto a La Regina delle Sirene è anche il movente della storia che ruota tutta attorno alla vendetta e all’annientamento del nemico, invece che sul venirsi in contro e unire due mondi all’apparenza inconciliabili.

Non ho definito questo libro un retelling dell’oracolo di Delfi soltanto sulla base dei poteri di preveggenza della protagonista, ma anche per via dello sfondo mitologico della storia, che ricalca quello della Grecia antica, con riferimenti alla guerra di Troia, con le sue alte mura impenetrabili e il suo rifiuto di arrendersi in guerra, parallelismi con i Campi Elisi, con Atlantide, con Scilla e Cariddi. Ho apprezzato questo aspetto, ma non fino in fondo, perché in questo clima di grecità vengono inseriti marchingegni dell’età moderna, come bussole e mongolfiere, abiti corsettati vittoriani, bevande tipiche del periodo coloniale e nomi propri improvvisamente anglosassoni tra tanti appellativi greci e latini. Chiariamoci, non è che nel fantasy la commistione tra epoche storiche differenti non sia possibile, ma avrei preferito che il worldbuilding fosse maggiormente approfondito, invece mi sono sentita prima immersa in un mondo che credevo di conoscere e che improvvisamente prendeva delle sterzate tali da spaesarmi e distrarmi dalla narrazione degli eventi. 

La protagonista

Un’altra caratteristica che trovo migliorata rispetto a La Regina delle Sirene è la prosa, che qui è più matura e fluida. Il libro scorre benissimo, si legge in fretta e con piacere, ma non è esente da difetti sotto altri aspetti, perché per tutta la sua durata ho avuto l’impressione di leggere una bozza, più che una copia finita a causa di tutti gli dei ex machina di cui la trama è veramente costellata. Ci sono numerose situazioni in cui l’autrice si trova a risolvere dei problemi di trama tramite delle soluzioni che avrebbero necessitato di retroscena o di uno sviluppo più dilatato nel tempo, invece ci sono personaggi che spuntano fuori solo per risolvere una specifica situazione e poi sparire, macchinari che spuntano sempre fuori al momento giusto senza che la loro esistenza fosse stata introdotta o anche vagamente accennata in precedenza. In questa soluzione rientrano anche tantissimi personaggi secondari, che esistono solo perché la loro morte funga da movente narrativo e spesso sono anche privi di una caratterizzazione psicologica convincente.

Selestra, invece, ha un arco di formazione che ha un senso: alla fine del romanzo non è la stessa persona che era all’inizio, ha avuto una crescita ed è stata una protagonista attiva, quindi lei è promossa, assieme alla storia d’amore che è nata in modo organico e convincente e non è ingombrante rispetto al peso della trama. 

Un elemento che, invece, non mi sento di promuovere è il finale, che mi ha lasciata perplessa a causa di alcune scelte da parte dei personaggi. Non voglio farvi spoiler, ma è stata una situazione alla “Ma perché Gandalf non ha chiamato le aquile prima?” (Sì, so perché Gandalf non le abbia chiamate prima, è per far capire il mood!) perché è uno svolgersi degli eventi che presenta molti buchi e alcune contraddizioni rispetto al sistema magico che ci era stato raccontato.

In sostanza, La Principessa delle Anime è un romanzo molto leggero e gradevole, che intrattiene bene e si legge in fretta, ma presenta miglioramenti e regressioni rispetto al primo libro dell’autrice. Prima di approcciarvi a questa lettura è bene che siate consapevoli dei suoi difetti per evitare delusioni. Lo consiglio soprattutto ha chi ha voglia di una lettura gradevole e non impegnativa. 

Oggi una Donna è andata fuori di testa al Supermercato

  • Titolo: Oggi una Donna è andata fuori di testa al Supermercato
  • Titolo originale: Today a Woman went mad in the Supermarket
  • Autrice: Hilda Wolitzer
  • Traduttrice: Bettina Cristiani
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN:
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Scritti tra gli anni Sessanta e Settanta e apparsi su diverse riviste, come "Esquire" e "The Saturday Evening Post", questi stupefacenti racconti legati tra loro seguono l'altalenante matrimonio di una donna e di suo marito Howard, addentrandosi con intelligenza e umorismo nella sfera domestica per esplorare problematiche legate al sesso, al desiderio, alla maternità, alla depressione, alla quotidianità. Con grazia e candore, lo sguardo penetrante di Wolitzer mette a nudo le contraddizioni e le tensioni della vita di coppia e la fatica che comporta non saper mentire, soprattutto a se stessi. La felice riscoperta di un'autrice molto amata in America e pronta a essere apprezzata da una nuova generazione di lettori. Prefazione di Elizabeth Strout.


Recensione e commento

Durante la lettura di questo libro ho avuto molta indecisione su cosa dire a riguardo, finché non sono arrivata all’ultimo racconto, ma andiamo con ordine.

Oggi una Donna è andata fuori di testa al Supermercato raccoglie una serie di racconti che Hilma Wolitzer ha pubblicato su varie riviste a partire dagli anni Sessanta fino al 2020. Alcuni di questi racconti hanno la stessa protagonista che si evolve nel corso del tempo, altri hanno protagoniste diverse le cui vite si intrecciano, fortemente o a malapena, con quelle delle altre voci narranti. 

Potete ascoltare questo libro su Audible
Passatemi il paragone ardito, ma sotto certi aspetti Oggi una Donna è andata fuori di testa al Supermercato mi ha ricordato La Mistica della Femminilità di Betty Friedan, che precede di tre anni il racconto più vecchio della raccolta. Anche qui, in alcuni passaggi ci vengono mostrati scorci di vite infelici vissute in funzione di uomini in una società in cui la massima ambizione femminile doveva essere la cura della casa. Al tempo stesso, non tutte le vite che ci vengono mostrate sono insoddisfacenti: sono vite, con tutti gli alti e i bassi che ciò comporta. Ci sono compromessi da fare e momenti in cui accontentarsi, così come altri in cui è più giusto rimanere ferme sulle proprie pretese, ma ciò che accomuna ciascuno di questi racconti è che riescono a cristallizzare il periodo storico in cui sono scritti. Che si tratti degli anni Sessanta che si portano dietro le conseguenze di varie guerre o del terribile 2020, Wolitzer racconta la Storia e i costumi tramite le vicende personali. E in questo viaggio nel tempo, attraverso i decenni, vediamo gli usi cambiare, la società mutare, assieme alla variazioni dei desideri imposti dalla società. Ci affezioniamo alle vite che leggiamo, straordinarie nella loro normalità.

Vedere la stessa donna evolversi nell’arco di quasi cinquant’anni ha portato inevitabilmente a conoscerla e umanizzarla e quando, nell’ultimo racconto, la ritroviamo quasi novantenne, alle prese con una pandemia che minaccia di ucciderla e la costringe a usare la tecnologia che non comprende si prova tenerezza nei confronti di questa nonnina, ma anche rabbia perché finalmente ci è stato mostrato il punto di vista di coloro che in quel periodo furono considerati non necessari al progresso sociale, in quanto non lavoratori. Certo, direte voi, non ti serviva leggere un racconto dal punto di vista di un’anziana per sapere come debba essersi sentita. Eppure la narrativa ha questo potere su di me: rende ovvie e palesi le cose che ho sotto gli occhi tutti i giorni, le analizza e le semplifica affinché le comprenda senza il filtro del rumore sociale a confondermi.

Con la sua brevità (parliamo di appena 180 pagine) Oggi una Donna è andata fuori di testa al Supermercato ha saputo regalarmi qualche ora di intrattenimento, ma anche tanta riflessione. Una delle letture più fuori dal comune che abbia mai fatto che vi consiglio specialmente per spezzare tra una lettura impegnativa e l’altra.

martedì 7 febbraio 2023

Le Guerriere che sfidano l’Oscurità

  • Titolo: Le Guerriere che sfidano l’Oscurità
  • Titolo originale: The Merciless Ones
  • Autrice: Namina Forna
  • Traduttrice: Daniela Valentina
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804756705
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Sono passati ormai sei mesi da quando Deka ha liberato da un sonno secolare le antiche divinità di Otera, scoprendo al contempo la verità su di sé e il proprio scopo nel mondo. Ora nel regno imperversa la guerra, ma la battaglia è soltanto all’inizio. Esiste infatti una forza oscura, sinistra e senza pietà, che minaccia l’umanità intera e Deka e le sue sorelle di sangue devono fermarla a tutti i costi. Ma, a mano a mano che sviluppa nuove abilità, la ragazza è costretta a fare i conti con una verità scomoda: lei potrebbe essere al contempo la chiave per la salvezza di Otera ma anche la sua più grande minaccia. E questo non è l’unico segreto che le dee le hanno tenuto nascosto


Recensione e commento


 Le Guerriere che sfidano l’Oscurità è il seguito di Le Guerriere dal Sangue d’Oro, un libro che non mi aveva convinta del tutto, ma che era armato delle migliori intenzioni.

Questo secondo capitolo, non ve lo nascondo, è stato estremamente difficile da portare a termine: ho trovato un miglioramento generale nella prosa, un po’ più esperta e meno macchinosa rispetto al primo libro, il problema risiede nella trama e nel suo sviluppo. Tanto per cominciare l’autrice cerca di inserire in questo romanzo tantissimi temi di femminismo intersezionale senza mai svilupparli in modo corretto, approfondito e rispettoso. Per esempio, a un certo punto viene inserita una persona non binaria alla quale ci si riferisce usando la schwa (in modo improprio, dato che, per quanto sia un tema dibattuto, si è convenuto che “ǝ” sia la forma singolare e “з” la forma plurale, mai correttamente usata in questo romanzo, sebbene questo aspetto sia riferito alla traduzione in italiano più che al contenuto del libro in sé). Sotto questo aspetto, mi viene da dire che in un contesto fortemente patriarcale come quello in cui si muove la protagonista, con un sistema sociale fortemente diviso per ruoli di genere e regolato dalla religione, non risulta convincente che una persona dica “sono non binariǝ” e tutte le ragazze capiscano a cosa si stia riferendo, senza battere ciglio e senza avere un minimo di conflitto interiore sul tema. Per quanto stiano cercando di combattere questo sistema, è impossibile che l’educazione repressiva ricevuta di tanto in tanto non si ripresenti alla porta. Il tema della transessualità viene trattato più o meno allo stesso modo, introducendo una persona transgender, liquidata in un paio di righe e senza approfondimenti sul tema.

Non va molto meglio per quanto riguarda la protagonista, Deka. Di fatto, è visibilissimo che sia la cocca dell’autrice, perché ogni singola cosa che le succede viene sempre risolta in un battito di ciglia. Inoltre, l’autrice risolve i problemi aumentando via via i poteri di una protagonista già overpowered, praticamente come in un videogioco a livelli. Questo, unito al fatto che i colpi di scena sono così numerosi e prevedibili da risultare poco credibili, infatti, una volta capito l’andazzo, si smette di trattenere il fiato quando accade qualcosa di potenzialmente inaspettato. 

Per il resto, ho trovato la storia abbastanza stucchevole dal punto di vista delle relazioni umane, specialmente quando si parla di perdonare i propri carnefici, per quanto le loro azioni ben oltre il limite dell’ abbietto. Consegnare la propria figlia a degli aguzzini che la tortureranno a morte non è un’azione per la quale un padre meriterebbe di essere perdonato, la devozione filiale non dovrebbe arrivare fino a questo punto e non ho capito perché l’autrice abbia deciso di inserire un simile espediente in una storia che avrebbe dovuto essere di autoaccettazione. 

In sostanza, ho trovato questo libro migliorato nella prosa ma peggiorato sotto tutti gli altri aspetti, è stato faticosissimo concluderlo. 

A Study in Drowning - La Storia sommersa

Titolo: A Study in drowning - La Storia sommersa Titolo originale: A Study in Drowning Autrice: Ava Reid Traduttore: Paolo Maria Bonora Ling...