mercoledì 27 ottobre 2021

La Mano Sinistra del Buio


  • Titolo: La Mano Sinistra del Buio
  • Titolo originale: the left hand of darkness
  • Autrice: Ursula Le Guin
  • Traduttrice: Chiara Reali
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804732051
  • Editore: Mondadori

Trama

Sul pianeta Inverno, coperto di ghiacci perenni e dominato da una struttura semi-feudale, l'Ecumene ha inviato un emissario, Genly Ai, incaricato di convincere gli indigeni a unirsi alla Lega. Non sarà facile per lui entrare in contatto con gli abitanti di quel mondo alieno, ancora ignoto, che trascorrono i cinque sesti della loro esistenza in uno stato ermafrodito neutro, per poi essere maschi o femmine solo nei giorni del kemmer. Per riuscire nel suo intento, l'Inviato dovrà superare differenze biologiche, culturali, psicologiche, sociali e comprendere articolate organizzazioni politiche, oltre che affrontare condizioni estreme in un attraversamento del grande Nord degno di Jack London. Opera rivoluzionaria per i suoi aspetti concettuali e stilistici, "La mano sinistra del buio" descrive - nota Nicoletta Vallorani - «la progressiva costruzione di un rapporto di amicizia tra diversi che oltrepassa con spontaneità struggente ogni genere di differenza, e ogni differenza di genere». La nuova traduzione di Chiara Reali riesce a restituire tutti i colori di un testo complesso e delicato, un romanzo dallo stile fluido e composito, che mostra come categorie da noi ritenute determinanti non lo siano affatto, e come sia possibile progettare una cultura che da esse prescinda. «E questo che insegna la creazione immaginaria,» conclude Vallorani «ipotizzare mondi che potrebbero insegnarci qualcosa sul nostro.»

Recensione e commento

 Quindi, ricapitolando, Ursula Le Guin nel 1969 (MILLENOVECENTOSESSANTANOVE) ha parlato in un unico libro di:
  1. Persone genderfluid/agender con relativa questione linguistica,
  2. Macchine a motore elettrico non alimentato da fonti non rinnovabili,
  3. Riscaldamento globale.
La recensione potrebbe anche fermarsi qui, anche perché da un lato ci sono troppe cose da dire, dall’altro non si sa da quale parte cominciare, quindi proviamo ad andare con ordine.

Partiamo col dire che se state cercando una lettura per passare il tempo, che vi intrattenga senza essere eccessivamente impegnativa e che rispetti i canoni della letteratura contemporanea, questo libro non fa per voi. La Mano Sinistra del Buio è un fantascientifico vecchio stile, di quelli pieni di descrizioni, in cui spesso il flusso di coscienza ha la meglio sull’azione e il linguaggio è talmente aulico che a volte sembra di leggere un testo sacro come la Bibbia, tanto la prosa è altisonante. Nella costruzione del mondo si vede che Le Guin è avvezza a scrivere fantasy, perché l’ambientazione, dal punto di vista dell’approfondimento della mitologia e della cultura dei vari popoli che abitano il pianeta Inverno, è più vicina a quella di un high fantasy che a uno scifi come lo si intende comunemente. Non ci sono battaglie interstellari con navi armate fino ai denti o sfoggio di particolari marchingegni tecnologici: la modernità avanguardistica di Le Guin si vede da altre cose, una su tutte l’immaginazione di una società in cui non esistono generi e sessi (e Le Guin non fa MAI confusione tra le due cose, nel 1969. Direi che fare confusione nel 2021 ha pochissime scuse…) se non nel periodo che corrisponde all’estero, in cui chiunque ha diritto alle ferie pagate. Quindi nel 1969 Le Guin ha piazzato in punta di piedi anche un riferimento a un fenomeno che ancora oggi, ben 52 (CINQUANTADUE) anni dopo è ancora dibattuta e ignorata. È quasi spaventoso vedere quante cose abbia indovinato e quante, purtroppo, non siano cambiate rispetto al suo tempo.
La mancanza di generi binari, poi, produce una serie di effetti a cascata nell’organizzazione sociale, tanto che al protagonista, un maschio terrestre, sembra totalmente impossibile da ricreare nelle società bigenere. Egli stesso si domanda in diverse occasioni se le differenze che conosce tra sé stesso e le donne della sua specie siano biologiche o dovute da ruoli sociali imposti e non se ne sa dare risposta. Per lui la società agender di Inverno è totalmente incomprensibile, al punto che in base alla persona che si trova davanti decide di volta in volta se sia uomo o donna a seconda alle qualità individuali (neanche a dirlo, spesso gli individui pieni dì difetti sono considerati donne o ragazze) e si rivolge a loro utilizzando il maschile perché più generico per antonomasia, proprio in virtù del fatto che la società terrestre è basata su un dualismo privo di vie di mezzo. Solo con il tempo e il suo viaggio, fisico e interiore, capirà che in natura esiste anche il neutro, esistono il tutto e il nulla. Le Guin è stata semplicemente geniale anche nella gestione delle dinamiche interpersonali in una società in cui non esiste la guerra eppure esistono i rancori, l’omicidio, l’orgoglio. Utilizza, inoltre, un protagonista di colore e una popolazione autoctona non bianca, in un periodo in cui la letteratura era popolata da maschi bianchi etero e soltanto negli ultimi anni si sta cominciando a parlare di letteratura fantasy inclusiva. Ebbene, lei è stata una precorritrice ed è forse questo il motivo per il quale la prima edizione di questo libro in italiano, pubblicata nel 1971, non è stata poi portata avanti fino ai giorni nostri e questo libro è sparito dagli scaffali. Le Guin era troppo avanti in un Paese in cui il fantastico è visto come un genere (non) letterario di serie B e le sue menzogne al servizio della verità non sono state apprezzate. Ma forse adesso i tempi sono maturi per questa storia vecchia di cinquant’anni eppure straordinariamente contemporanea! 

L’accuratezza scientifica, che poi è ciò che rende questo romanzo un fantascientifico, si spinge a dei livelli che fanno quasi paura e a tratti suonano come delle profezie, come nei riferimenti alle macchine alimentate a batteria o all’anidride carbonica che nel giro di qualche generazione farà aumentare la temperatura del pianeta. Considerando che Inverno è coperto di ghiacciai che sciogliendosi in primavera creano dei torrenti, un fenomeno globale e permanente creerebbe degli effetti catastrofici a lungo termine, eppure tutti se ne lavano le mani perché il problema sarà delle generazioni successive. Vi suona familiare?

La Mano Sinistra del Buio è senza dubbio un libro a tratti ostico e dotto per stile di scrittura, ma è una lettura necessaria, bellissima e arricchente nel bagaglio di chi ama la fantascienza e/o ha a cuore i temi femministi che tratta.

sabato 23 ottobre 2021

Intervista a Liuba Gabriele - Quattro Chiacchiere con l’Autrice

Vi era stata promessa una sorpresina ed è quello che avrete oggi! Ecco qui un’intervista alla dolcissima e talentosa Liuba Gabriele, che non solo si è prestata per rispondere alle nostre domande, ma abbiamo anche avuto la fortuna di incontrare di persona al Salone del libro di Torino. Per leggere la recensione della graphic novel cliccate qui, se invece volete solo leggere l’intervista, andate pure avanti con la lettura!




Per prima cosa vorremmo chiederti: come mai hai scelto proprio la figura di Virginia Woolf come soggetto per il tuo secondo lavoro? 

Volevo rendere omaggio alla scrittrice che ha suscitato le emozioni più intense durante le mie letture di ragazzina prima e le cui parole continuano a risuonare oggi, con la stessa forza, nella donna che sono.
La prima volta che lessi un suo romanzo, la sua poeticità, la sua capacità di recepire la vita e di averne esperienza con quella sensibilità straordinaria, con quella profondità, m’impressionarono, fu un “incontro” che condizionò definitivamente la mia concezione di letteratura.

C’è un aspetto della vita di questa complessa autrice che ti ha colpito di più e che filo conduttore hai usato per la scelta delle opere che vengono citate nella graphic novel? Tra queste, c’è un’opera della Woolf che preferisci o che più ti rispecchia?

Ci sono molti eventi della sua vita che mi hanno colpito e sono legati soprattutto al dolore che ha dovuto attraversare nella forma di lutti familiari, di abusi, di disturbo psichico.
Ho trovato appassionante la sua relazione d’amore e parole con la scrittrice Vita Sackville-West, fonte d’ispirazione e turbamento.
Nella graphic novel m’interessava puntare l’attenzione su ciò che accadeva nella vita, nel cuore, nella mente di Virginia (eventi ed emozioni documentate e descritte nei diari, nelle lettere della scrittrice e nelle testimonianze di chi gli è stato accanto) nel periodo più fecondo della sua produzione letteraria, cercando di cogliere quali furono le scintille, quali i bisogni che la portarono a creare le opere più sublimi.
I romanzi che amo maggiormente sono La signora Dalloway e Al faro, ne ammiro profondamente la costruzione e l’introspezione psicologica dei personaggi.

Hai studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera e, oltre che fumettista, sei anche un’artista. Nelle tue tavole abbiamo ritrovato artisti illustri come Monet, Van Gogh e Cézanne; per questo motivo ci piacerebbe sapere se ci sono degli artisti che ti hanno influenzato e ti influenzano nella stesura delle tue opere.

Sicuramente la pittura influenza tantissimo tutto ciò che realizzo graficamente, per molti anni è stata la mia attività principale, mi piacerebbe permetterle di invadere sempre più le tavole a fumetto e imparare a lasciarmi andare. Amo molto gli artisti che avete citato, me ne vengono in mente altri che per caratteristiche diverse hanno modellato il mio gusto estetico come Ernst Ludwig Kirchner, Max Pechstein, Emil Nolde, Giovanni Segantini, Piet Mondrian, André Derain, Karl Schmidt-Rottluff, James Ensor, Antonio Ligabue, David Hockney.

Rimanendo sull’aspetto artistico di “Virginia Woolf”, quali tecniche hai utilizzato durante la realizzazione delle tavole?  Ci sono dei motivi precisi per cui hai usato determinati colori per descrivere alcuni personaggi o situazioni?

Ho realizzato i disegni a mano e utilizzato le matite per eseguirli aggiungendo in alcuni casi ulteriori dettagli con pennelli digitali.
Ho cercato di scegliere i colori in base all’emozione che caratterizzava ogni capitolo della vita di Virginia, passando da toni più vivaci e morbidi nei momenti più gioiosi e coinvolgenti come negli attimi in cui è a contatto con Vita, a tinte più cupe in quelli più tormentati.
 
 
Possiamo immaginare quanto tempo si impiega per portare a termine opere di questo tipo. In media quanto tempo riservi per tavola o, in generale, per un’opera?
Ci sono tavole che hanno richiesto più tempo rispetto ad altre perché più ricche di particolari e sfumature, indicativamente direi che mi occorrono due giorni pieni di lavoro per tavola.

Nelle tue graphic novel ci hai parlato prima di Amy Winehouse e adesso di Virginia Woolf. C’è un’altra figura nel panorama artistico e culturale a cui vorresti dedicare un’opera?

Mi piacerebbe raccontare la vita di un’artista, per scaramanzia preferisco non rivelarne l’identità.
Le sue opere mi affascinano fortemente, le trovo anche molto sensuali e mi sento vicina al suo modo di osservare il mondo, alla sua maniera di esprimersi e al suo spirito avventuriero.

Stai già lavorando al tuo prossimo lavoro, cosa ti attende nel nuovo anno? Puoi dirci qualcosa o è ancora tutto top secret?

Ho scritto un libro di poesie, s’intitola Paesaggi ed è stato appena pubblicato dalla casa editrice Nulla Die. Lì c’è la mia musica.
Rispetto al fumetto ho diversi progetti per la testa e vorrei realizzarli cominciando da ciò che avverto come più urgente. Mi piacerebbe raffigurare alcune storie che ho scritto, nella mia mente le ho già disegnate, non vedo l’ora di dare loro vita.

venerdì 22 ottobre 2021

5 Cose che…5 Romanzi d’Esordio

 Salve, bella gente! La puntata di 5 Cose che…di oggi riguarda cinque romanzi d’esordio. Non ho letto tutti i libri di cui vi parlo, ma vi spiegherò man mano perché ho deciso di includerli.



1) Tenebre e Ossa

Se anche solo per sbaglio avete provato a parlare di Leigh Bardugo con me, saprete che per me è una queen assoluta. Questo è il suo romanzo d’esordio e, sebbene non sia universalmente accettato come un buon libro, perché ci sono dei problemi oggettivi, tuttavia mostra tantissimo margine dì crescita che l’autrice ha poi colmato con il passare degli anni.


2) Tolas - L’amuleto

Ebbene, questo è uno di quei libri che ho incluso pur non avendolo ancora letto e ho deciso di farlo perché è il primo non solo dell’autore, ma anche della casa editrice, che si è davvero impegnata per creare una solida e affezionata fanbase che ha preordinato il libro pur non sapendo praticamente nulla della trama. È stata una strategia vincente, dato che il secondo romanzo dello stesso autore sta riscuotendo successo e La rosa di titoli dell’editore si è allargata.


3) Il Circo della Notte

Qui si entra nel campo dei libri d’esordio che entrano nella leggenda, perché Il Circo della Notte è uno dei libri più belli e tecnicamente complessi che abbia mai letto. È un libro che non mette d’accordo tutto il lettorato, ma non se ne può discutere la qualità, che deve essere stata difficile da eguagliare per l’autrice stessa, dato che ha impiegato otto anni a far uscire il suo secondo romanzo, Il Mare senza Stelle.


4) Dreamdark - Blackbringer

Il libro d’esordio della mia autrice preferita: Laini Taylor. Perché non ho ancora letto questo libro? In parte perché lo stile di Taylor è molto complesso e ricco di metafore evocative, con un worldbuilding fuori da ogni schema molto dettagliato e difficile da descrivere, in parte perché il seguito è introvabile, se non a prezzi assurdi. Spero di avere la possibilità di recuperarlo presto



5) Dio di Illusioni

Come nel caso del Circo della Notte, anche Dio di Illusioni è uno dei romanzi più belli che abbia mai letto e mette paura pensare che sia stato scritto da un’autrice appena ventenne che ha raccontato una storia con uno stile tutto suo che lo ha reso un classico moderno. Di questo libro risulta quasi superfluo parlare, se non per dire che va assolutamente letto.

lunedì 18 ottobre 2021

5 Cose che…5 Libri che mi sono stati consigliati

 Bentornatɜ sul blog, carɜ lettorɜ!
Il post di oggi sarebbe dovuto uscire qualche giorno fa, ma, come ormai ben sapete, sono una pagliaccia e, se mi seguite un po’ su Instagram, saprete che in questi giorni mi sono data alla pazza gioia al Salone del Libro a Torino, indi per cui questo post è slittato per forza di cose.

Ma bando alle ciance e andiamo a cominciare. Oggi vi parlo di cinque libri che mi sono stati consigliati.



1) Hunger Games

Ebbene sì, Hunger Games, uno dei libri che più mi hanno formata come lettrice, è un libro che ho letto su consiglio di un’altra persona. In quel periodo andavo ancora a scuola e una mia compagna di classe era in fissa con questo libro, tanto che prestò la sua copia a tutte noi compagne. Nel giro di un pomeriggio l’avevo già letto dall’inizio alla fine e nella mia scuola non si parlava d’altro.



2) Chaos
 
Chaos, di Patrick Ness, è uno sci-fi che mi è stato consigliato dalla mia sis Giorgia, con cui condivido spesso le letture e di cui mi fido ciecamente. Nonostante non abbia ancora avuto il tempo di leggere questo libro, sono molto curiosa di farlo al più presto, anche perché Ness è l’autore di Sette Minuti dopo la Mezzanotte (trovate qui la recensione), un libro che tutti dovrebbero leggere.



3) Annientamento

Se bazzicate sul mio blog o sulla mia pagina Instagram da un po’, sapete che sono una lettrice difficile da accontentare e che sono poche le recensioni in cui sono carina e coccolo sa. Dopo molti anni da lettrice, mi sto accorgendo sempre più spesso che mi riesce difficile stupirmi delle trame e degli stili di scrittura, motivo per cui un paio di colleghe blogger (Alessandra e Silvia) mi hanno consigliato Annientamento, il primo libro della Trilogia dell’Area X, che promette di essere una lettura strana e fuori dagli schemi. Non vedo l’ora di affrontarla (ovviamente voi sarete aggiornatɜ costantemente).

4) Anima

Altro libro che, sfortunatamente, non ho ancora letto. Da un lato questa casa editrice difficilmente mi delude perché anche nei libri che non apprezzo a livello personale, riconosco comunque della qualità, dall’altro anche questo libro mi è stato consigliato da una bookblogger con cui condivido molti gusti e con cui difficilmente ho delle discordanze in campo letterario. Anima è un libro a cui mi approccerò a scatola chiusa, proprio perché non voglio sapere nulla per rimanere ancora più stupita quando finalmente lo leggerò. Ringrazio Flavia di avermelo consigliato.


5) Il Posto Magico

Non poteva mancare un libro per ragazzi, in questa lista! Il Posto Magico (trovate qui la recensione) è un libro verso cui in principio nutrivo un po’ di diffidenza, non so bene perché, ma dopo aver seguito i consigli di Chiara, questa lettura si è invece rivelata molto dolce, poetica e molto adatta a me.

mercoledì 13 ottobre 2021

Virginia Woolf


Ciao, bellissima gente! La recensione di oggi mi sta particolarmente a cuore perché tratta di una graphic novel che parla di una delle mie autrici preferite. Ringrazio Valeria per aver organizzato l’evento e la casa editrice per la copia omaggio.


  • Titolo: Virginia Woolf
  • Autrice: Liuba Gabriele
  • Codice ISBN: 9788833141800
  • Editore: Becco Giallo

Trama

Inghilterra, marzo 1941. Virginia Woolf cammina sulle sponde del fiume Ouse.

Raccoglie una pietra da terra, la soppesa sul palmo della mano e guarda l’acqua scorrere. Pensa alla battaglia feroce che si sta svolgendo nel mondo e dentro di lei.

Tutto ciò che l’ha accompagnata fino a quella riva rivive in fulgide immagini che rappresentano l’estrema forza dei suoi sentimenti, come la passione per l’amante Vita Sackville-West, la tenerezza per il fondamentale marito Leonard e il dolore per i tremendi lutti familiari. Sentimenti riversati nelle sue opere, con cui ha rivoluzionato la letteratura, passando alla storia come una delle più importanti scrittrici del mondo.

Recensione e commento

Questa graphic novel è una vera e propria opera d’arte, il che significa che va oltre la semplice esperienza estetica e decorativa, ma  riesce anche a veicolare un messaggio forte e in modo diretto. Queste poche pagine trattano in modo estremamente incisivo la vita della grande scrittrice Virginia Woolf e lo fanno in modo narrativamente interessante: si parte quasi dalla fine per ricongiungersi verso la conclusione delle tavole, in modo pressoché circolare, narrando gli episodi salienti della vita dell’autrice, quelli che hanno segnato la sua vita e, soprattutto, che hanno ispirato le sue opere. Questi sono spesso raccontati tramite la tecnica del flusso di coscienza della stessa Virginia, espediente letterario innovativo che lei, assieme a Joyce e altr*, fu tra le prime persone a sperimentare.

Trattandosi la graphic novel di un mezzo letterario che unisce la scrittura al disegno, il messaggio non viene veicolato solo dalla parola, ma anche dalle bellissime illustrazioni, in cui è spesso il colore a rappresentare lo stato d’animo della protagonista, ad esempio nella tavola in cui incontra Vita per la prima volta e le due donne sono rappresentate da colori complementari, o ancora, quando la loro felicità viene rappresentata da una cornice di fiori attorno alla tavola. Anche il bianco e nero rotto dalla singola luce del faro sono molto significativi, così come la guerra rappresentata con un rosso pienissimo che descrive benissimo la sofferenza e il rumore dentro la testa di Woolf, o ancora il bianco che rappresenta il suo vuoto interiore. Non mancano, tuttavia, paesaggi prospetticamente perfetti e altre illustrazioni ricche di dettagli, non prive di ispirazione da quadri famosi di pittori come Monet o l’immortale Van Gogh, spesso utilizzati come preludio per far capire a chi legge cosa succederà dopo.

Virginia Woolf è una graphic novel estremamente commovente perché va al di là della semplice descrizione della vita dell’autrice: ne mostra la sofferenza e la fragilità attraverso due dei più potenti mezzi artistici che l’umanità abbia prodotto. Imperdibile.

martedì 12 ottobre 2021

La Corte dei Miracoli


Bentornat* sul blog, carissim*. La recensione di oggi, riguarda una nuova uscita per Mondadori, che ringrazio per la copia omaggio, così come ringrazio la mia amica Beatrice che ha organizzato questo review party. Sarà un articolo frizzantino, ormai avrete capito che più citazioni trash ci sono e meno il libro mi è piaciuto. E allora, senza indugi…

  • Titolo: La Corte dei Miracoli
  • Titolo originale: The Court of Miracles
  • Autrice: Kester Grant
  • Traduttrice: Sara Brambilla
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804721482
  • Editore: Mondadori
Trama

Dopo il fallimento della Rivoluzione e l'uccisione di tutti i rivoluzionari, Parigi è una città divisa in due. Accanto al reticolo di viali severi, fiancheggiati da bossi e frequentati dall'aristocrazia, prospera infatti una giungla tenebrosa popolata da sciami di mendicanti, ladri ed emarginati, teatro di crimini e miseria, un luogo oscuro e senza leggi. Qui il potere è gestito dai Miserabili, una formidabile corte di criminali divisi in nove corporazioni, chiamata la Corte dei Miracoli. Membro della Corporazione dei Ladri, Nina Thénardier può rubare qualunque cosa a chiunque. La ragazza, soprannominata la Gatta Nera, ha sfidato la sorte così tante volte da essere quasi diventata una leggenda tra i Miserabili. Eppure questo non sembra contare molto quando, ancora una volta, la sua strada si incrocia con quella di Lord Kaplan, detto Tigre, feroce capo della Corporazione della Carne. L'uomo ha messo gli occhi sulla sorella della giovane ladra e, si sa, nessuno è mai riuscito a impedirgli di ottenere ciò che vuole. Non ci è mai riuscita la Corte dei Miracoli, come potrebbe farlo Nina, sveglia certo, ma comunque una ragazza, minuta per di più? Di due cose, però, Tigre non ha tenuto conto. La prima è una regola inviolabile per tutti i Miserabili: mai, mai rubare a una ladra. E la seconda è che, quando si tratta di proteggere chi amano, le gatte sono capaci di mostrare denti e artigli e di diventare decisamente pericolose... Ispirandosi a due capolavori della letteratura di tutti i tempi, "I miserabili" di Victor Hugo e "Il libro della giungla" di Rudyard Kipling, Kester Grant tesse un'ammaliante storia di crudeltà, passione e vendetta che, attraverso le vicende della protagonista, condurrà i lettori nel ventre più oscuro di Parigi, passando per la sfavillante corte di Francia per abbracciare l'alba di una nuova rivoluzione.

Recensione e commento

Citando Bruno…scusate, lo CHEF Bruno Barbieri, questo libro è un grande mapazzone: ambisce a essere un retelling dei miserabili, il titolo è preso da Notre Dame de Paris e prima di ogni parte in cui è suddiviso il libro ci sono delle citazioni del libro della giungla. Oltre al fatto che tecnicamente è ambientato nell’Ottocento, ma si vedono eventi successi nel Sei e Settecento, in una cornice storica completamente inventata. Se questa recensione l’avesse scritta Bastianich avrebbe detto subito “È come film di ororeh” perché veramente non si sa da quale parte cominciare a elencare i difetti.

In ordine sparso, la protagonista, Nina, diminutivo di Éponine (perché diminutivo? I francesi mica li usano così. Boh..*), figlia del locandiere Thénardier, che in realtà è un ladro, diventa ladra a sua volta per potersi salvare da una vita in schiavitù. Definire Nina overpower è un eufemismo, dal momento che ogni singola volta riesce al primo tentativo e con una facilità che manco Oscean’s 11 in imprese e furti considerati impossibili fino a prima che arrivasse lei. Ad esempio, riesce a rubare un gioiello dal collo dell’erede al trono mentre lui dorme e non trova una guardia sulla porta manco a pagarla oro. Alla faccia del dormire sonni tranquilli perché ci sono i soldati che vigilano e ci proteggono! Questa mancanza di verosimiglianza viene trascinata per tutto il romanzo e, unita a un editing da mettersi le mani nei capelli, rende la narrazione molto scadente: ci sono dei passaggi spesso poco chiari, in cui, per esempio, la protagonista è dapprima sdraiata e poi si trova in piedi a lanciare coltelli senza che chi legge abbia la minima idea di cosa sia successo nel frattempo, oppure in una riga sta facendo un bagno e in quella dopo è vestita e si fa abbracciare da una folla adorante. Il susseguirsi degli eventi, inoltre, è un’accozzaglia di deus ex machina, deus ex machina, come se piovesse.
“Un pizzico, che so che a voi piace”. Di fatto, ogni incastro della trama avviene per via di qualche evento convenientemente studiato in modo tale da far andare avanti una storia con una protagonista mossa da motivazioni opinabili e senza reali abilità se non quella di essere overpower. Che poi una cosa bisogna dirla: l’idea della corte dei miracoli presa da Notre Dame de Paris è anche interessante, eh, solo che questi hanno più regole di un codice civile, alla faccia della vita ai margini della società e al di fuori della legge…Ma al di là di questo, perché è comunque relativamente vero che anche tra i delinquenti c’è un codice di condotta, questi prima dichiarano che le leggi della corte sono assolutamente inviolabili e non si possono rompere al fine di non inimicarsi i membri delle altre corti. Salvo poi infrangere le suddette regole proprio quando serve per esigenze di trama, facendo venire meno quel poco di coerenza interna che rimaneva. Un altro punto che avrebbe potuto essere pregevole, se adeguatamente sviluppato, è il rapporto tra le sorelle, Éponine e Azelma, solo che purtroppo non succede, dato che Nina si dimentica di Azelma non appena le fa comodo e agisce in modi che francamente non hanno senso cambiando spesso idea in maniera repentina pur avendo molto riflettuto (se così si può dire) sulla prima decisione presa. La traduzione, poi, non ha di sicuro aiutato: per qualche arcano motivo, i signori di ciascuna corte vengono chiamati “Lord” o “Lady”, il che non è un problema se si legge in lingua originale, poiché significano semplicemente “signore” e “signora”. Ma allora perché non tradurre appunto con “signore” e “signora” ed evitare che dei titoli inglesi non diano nell’occhio in una trama sviluppata a Parigi? Chi è che ha detto “sì, perrrrrrrrfetto, andiamo in stampa!”. Sembra di sentire il grande maestro René Ferretti che urla “SIGNORI, LA SCRIVIAMO”. Oppure sono stati gli sceneggiatori degli Occhi del Cuore a scrivere questo romanzo? Forse è più probabile quest’ultima opzione.

L’impressione generale che si ha, dopo aver terminato questa lettura, è che l’autrice abbia visto solo il film dei Miserabili poiché vi sono numerose inesattezze, anche storiche (non ha senso dire che la Rivoluzione Francese sia fallita, dato che siamo in periodo di Restaurazione, manco la Storia delle superiori, mamma mia…) che non sono imputabili a un normale stravolgimento della trama dovuto appunto alla stesura di un retelling. Ci si domanda, a questo punto, cosa sia un retelling e quando abbia senso scriverne uno. Di fatto, La Corte dei Miracoli avrebbe potuto avere qualsiasi altro titolo, poiché i nomi dei personaggi sono il solo richiamo al capolavoro (e qui possiamo dirlo) di Victor Hugo. Nemmeno i legami di parentela sono rispettati, a parte Azelma, Nina e il loro padre. Il messaggio di fondo di questo retelling è che sia giusto cercare vendetta, mentre Hugo, che era uno che, forse più di Orwell, credeva davvero nel potere della letteratura per avere un mondo migliore, utilizza I Miserabili per mostrare quanto la miseria e la povertà siano spesso la causa della delinquenza e che la redenzione non è fuori portata per nessuno, né per la prostituta Fantine (che qua non compare nemmeno), né per il galeotto Valjean e nemmeno per lo spietato Javert. Forse un retelling dovrebbe avere il compito di rinnovare e rinfrescare il messaggio di fondo che un capolavoro del genere aveva l’intento di fare arrivare, anche se forse in questo caso, la penna dell’autrice non era all’altezza dell’opera a cui si accostava. I personaggi creati nel retelling sono macchiettistici, piatti e nessuno di loro è insostituibile, anzi, spesso se mancassero, la trama non ne risentirebbe. Hugo, invece, aveva la capacità di parlare persino di una figura come Napoleone e di umanizzarla, di renderla una persona più che una riga su un libro di Storia, di descrivere la battaglia di Waterloo come un un’esperienza umana più che come un’azione meccanica avvenuta nel passato. Ecco, un’opera del genere, forse dovrebbe scoraggiare chiunque dal voler provare a migliorarla o a scriverci una specie di fan fiction.

Tutto sommato, comunque, per quanto questo libro sia un agglomerato di difetti, quantomeno si fa leggere in fretta e in poche ore. Potrebbe piacere a chi riesce a non prendere sul personale certe grosse inesattezze storiche o stravolgimenti del messaggio originale, perché è una lettura molto leggera e veloce, per quanto non lasci il segno una volta che il libro si chiude.


*I soprannomi di Éponine e Azelma utilizzati da Victor Hugo nel romanzo originale sono “Ponina e Zelma” e sono dei nomignoli affibbiati da Cosette che, essendo molto piccola, ha difficolatà a pronunciare i nomi al completo. L’autrice, per altro, utilizza un diminutivo anche per la stessa Cosette, che è già diminutivo, dato che il suo vero nome è Euphrasie. Fate vobis.

venerdì 8 ottobre 2021

5 Cose che… 5 Libri da leggere in Autunno

 Bentornat* sul blog, carissim*, oggi inauguriamo una nuova rubrica. Avrei dovuto farlo la settimana scorsa, ma sono una pagliaccia mi sono dimenticata…stendiamo un velo pietoso…

Comunque cominciamo oggi, con cinque libri da leggere in autunno.


1) Pax

Non si giudica un libro dalla copertina ma bisogna ammettere che le tinte di questo sono decisamente autunnali, oltre al fatto che il contenuto è malinconico e adattissimo alla stagione. Il tempo che passa è significativo per la formazione dei protagonisti, che sono un ragazzino e una volpe che hanno una meravigliosa, commovente storia di amicizia. 

E poi sì, insomma, sapete che ogni scusa è buona, per me, per consigliarvi un libro di Sara Pennypacker



2) La Nona Casa

Anche per parlare di queen Bardugo mi serve solo una scusa e neanche troppo plausibile. Però devo dire che in questo caso sono giustificata: il libro si sviluppa su due diversi piani temporali, che sono appunto autunno, quando la storia comincia, e inverno, cioè quando chi legge vede le conseguenze di alcune azioni avvenute nel passato, anche se ancora non conosce i dettagli.

Le tinte cupe e oscure di questo dark academia, come se non bastasse, sono perfette nel caso voleste recuperarlo per Halloween


3) Fairy Oak - Flox sorride in Autunno

Se invece non avete voglia di atmosfere cupe, potete sempre rifugiarvi nel delizioso villaggio di 
Fairy Oak, che è sì pieno di magia, ma anche di torte lasciate raffreddare sui davanzali, mamme che fanno la marmellata fatta in casa e odore di legno antico dappertutto. Fairy Oak è quello che il lettore medio immagina quando pensa all’autunno, perché evoca immediatamente colori caldi, maglioni morbidi e cioccolata cada sorseggiata davanti a un caminetto. E non dimentichiamo…ci sono anche le streghe!




4)Le Diecimila Porte di January
Non è che questo libro sia specificamente ambientato in autunno, ma la palette di colori al suo interno e la costante voglia di un nuovo inizio per me sono tutti elementi dalle vibrazioni autunnali (sì, per me l’autunno è sinonimo di nuovo inizio e di novità molto più di capodanno) 




5) Coraline 

Autunno sinonimo di esplosione di colori caldi, di tazze du tè sorseggiate sul divano sotto una copertina mentre si gusta un buon libro sì, ok, verissimo, poi ci sono anche  nuovi inizi e siamo d’accordo. Ma autunno è sinonimo anche di Halloween e non ci si può far sfuggire l’occasione di leggere qualcosa a tema come Coraline di Neil Gaiman, garanzia di inquietudine a tutte le età. Eventualmente, potete ripiegare anche sulla versione fumetto. Io devo ancora recuperarla.


mercoledì 6 ottobre 2021

Bianco Intorno


Bentornat* sul blog, bella gente! L’articolo di oggi riguarda un graphic novel o una graphic novel. Non ho ancora deciso, al momento per me è una parola genderfluid), ovvero Bianco Intorno. Ringrazio tantissimo la mia amica Valeria per aver organizzato questo evento molto stimolante e ringrazio tantissimo anche la casa editrice Tunué per la copia omaggio. Cominciamo.


  • Titolo: Bianco intorno
  • Titolo originale: Blanc autour
  • Autore: Wilfrid Lupano
  • Illustratrice: Stéphane Fert
  • Traduttore: Andrea Cresti 
  • Codice ISBN
  • Editore: Tunué

Trama

"Bianco intorno, la vera storia di Prudence Crandall e Sarah Harris" è il nuovo graphic novel di Wilfrid Lupano e Stéphane Fert. Siamo in Connecticut, trent'anni prima dell'abolizione della schiavitù, una giovane insegnante apre le porte della sua scuola alla prima alunna afroamericana: Sarah Harris. Per reagire al malcontento locale, in un gesto insieme di rivolta e volontà, Prudence Crandall apre la sua scuola a tutte le giovani donne afroamericane della città. La storia della piccola scuola femminile diventa un pretesto per parlare, ancora una volta, dei principi di eguaglianza e fratellanza su cui dovrebbe basarsi la società. Un graphic novel che ci spinge ad interrogarci su temi ancora attuali e sulla responsabilità di scelta del singolo nei confronti di comunità spesso sorde ad ogni cambiamento. L'opera si regge su due assiomi fondamentali: il rifiuto di ogni discriminazione razziale ed il riconoscimento del diritto all'istruzione. Le piccole allieve della giovane istitutrice del Connecticut diventano simbolo di tutte quelle minoranze che, negli anni passati e presenti, pagano a prezzo spropositato un'eguaglianza che dovrebbe essere garantita. La storia della giovane istitutrice porta l'attenzione sul ruolo chiave che l'istruzione ricopre nella scoperta, lotta e ripresa dei propri diritti. La battaglia al diritto di istruzione si fa scontro contro ogni forma di discriminazione e razzismo.

Recensione e commento

 È incredibile quanto certe storie, per essere incisive, non abbiano bisogno di molte pagine o troppe parole. È il caso di Bianco Intorno, in cui, riprendendo alcuni avvenimenti realmente accaduti, si parla dei diritti civili dei neri e delle varie scuole di pensiero delle persone coinvolte.

Ma andando con ordine, volendo trattare prima di tutto i disegni, va detto che ogni scena ha una palette diversa di colori pastello a seconda della luce, dell’ambientazione e dell’umore delle protagoniste.

Per quanto riguarda gli avvenimenti di questo graphic novel, essi indagano una piccolissima vittoria per gli abolizionisti della schiavitù tra il 1832 e il ‘34, con l’apertura del primo collegio femminile per ragazze di colore e mostra le difficoltà per tenere aperta la scuola, mentre tutto il paese cerca di farla chiudere per mantenere lo status quo. Da un lato ci sono i bianchi che si lamentano di quanto i neri siano selvaggi, ma allo stesso tempo, non vogliono che queste ragazze si istruiscano, manifestando uno dei tipici controsensi delle persone conservatrici, che non hanno un reale motivo per affermare quello che dicono, se non quello di perpetrare il proprio privilegio. Non sono solo gli uomini a mettere i bastoni tra le ruote alle ragazze del collegio: anche molte donne del paese si domandano a cosa serva loro l’istruzione, dal momento che non le aiuterà a sbrigare meglio le faccende di casa. In questo modo dimostrano non solo di avere un pregiudizio nei confronti delle persone di colore, ma anche che non si rendono conto della loro stessa condizione di inferiorità in quanto donne. Il doppio standard, infatti, è uno dei temi principali della narrazione: se un nero trucida qualcuno è un pazzo sanguinario, se è un bianco a farlo, come un conquistatore romano, invece ha la gloria eterna. Un uomo istruito va bene, una donna istruita, anche se bianca, non attira alcun buon partito, perché tutto ciò che in un uomo è una qualità, è un difetto per una donna. Sono poche le persone che si fanno domande, ma saranno proprio loro a migliorare sé stesse. Ad esempio, la signorina Crandall, l’istitutrice bianca che insegna nella scuola, che si rende conto di non avere i mezzi per insegnare a delle ragazze nere perché la loro prospettiva sulla Storia è molto diversa dalla sua. Vuole, inoltre, evitare di appropriarsi del loro spazio rivendicativo e quindi per fortuna in questa storia non c’è il cliché in cui cadono molti libri che parlano di diritti civili dei neri, ovvero quello del bianco “buono” che porta avanti la battaglia per i poveri neri che, poverini, non sono mica in grado di combattere le proprie battaglie da soli. Qui non esiste questo tipo di narrazione e, anzi, viene anche mostrato quando le persone che parteggiano per la stessa causa possano tuttavia avere idee molto diverse sulle questioni che le riguardano. In materia religiosa, ad esempio, dove la devozione di alcune protagoniste viene sostituita con un ritorno alla religione animistica e al culto della Dea madre, rifiutando la religione cristiana dell’uomo bianco (anche Malcom X, per questo motivo, si era convertito all’Islam mentre si trovava in prigione).

Il finale non sarà stucchevole, anzi, trattandosi di fatti realmente accaduti, la chiusura della storia fungerà in modo ambivalente da vittoria e da sconfitta, perché dalle ceneri una fenice risorge sempre e per quanto si cerchi di tenere il mondo com’è, il progresso non si ferma solo perché alcuni lo desiderano.

A cosa servono le Persone?

Titolo: A cosa servono le Persone? Titolo originale: Leeva at Last Autrice: Sara Pennypacker Illustratore: Matthew Cordell Traduttore: Paol...