mercoledì 21 dicembre 2022

Il Ministero per il Futuro

  • Titolo: Il Ministero per il Futuro
  • Titolo originale: The Ministry for the Future
  • Autore: Kim Stanley Robinson
  • Traduttore: Francesco Vitellini
  • Codice ISBN: 9788834742679
  • Casa editrice: Fanucci editore 
Trama


In un prossimo futuro, un’ondata di caldo insopportabile uccide in una sola settimana quasi tutti gli abitanti di una città indiana. Il governo decide di inviare aerei per spruzzare anidride solforosa nell’atmosfera imitando l’effetto di attenuazione delle prime eruzioni vulcaniche. Una scelta che non incontra l’approvazione assoluta in tutto il mondo. Nasce dunque un nuovo organismo per la difesa di "tutte le creature viventi presenti e future”, il ministero per il Futuro, guidato dalla protagonista Mary Murphy. Tra una rete terroristica che abbatte aerei carichi di passeggeri e navi portacontainer per protesta contro le emissioni di carbonio, e scienziati che tentano di mantenere stabile il livello dei mari, il mondo sembra sull’orlo del collasso. Ma forse, appellandosi alla scienza e al sacrificio, non tutto è perduto...


Dal leggendario autore di fantascienza, Kim Stanley Robinson, un romanzo immediato e di grande impatto, disperato e pieno di speranza in egual misura, che è uno dei libri più potenti e originali mai scritti sui cambiamenti climatici.


Recensione e commento

Quando leggo un libro ben fatto, mi capita spesso di pensare che chi lo ha scritto abbia “fatto i compiti a casa”. Ecco, probabilmente Kim Stanley Robinson (sembra il nome di un pugile. Io ve lo dico, ne avrà per tutti) ha preso il concetto molto alla lettera e ha infilato cinque o sei esami universitari nel suo romanzo. Lui non voleva solo fare i compiti, voleva prendersi una laurea magistrale. 

Se volete approcciarvi alla lettura di Il Ministero per il Futuro sappiate che il vostro stato mentale è importantissimo: questo libro vi farà infuriare, quindi occhio se avete la pressione alta, perché l’autore stesso è fuori di sé dalla rabbia. Dimenticate la fantascienza con le astronavi che combattono nello spazio, qui siamo alla fantascienza in senso semantico, nel senso che la scienza viene applicata alla lettera e la parte fantastica consiste semplicemente nell’immaginare un mondo che non esiste ancora. Ancora, appunto, perché Il Ministero per il Futuro è una profezia di come andranno le cose sulla Terra tra trent’anni tenendo conto del fatto che adesso non stiamo facendo assolutamente nulla per salvaguardarla. Il modo in cui Robinson affronta il tema del riscaldamento globale è realista ai limiti dell’ossessivo, oserei dire che è praticamente giornalismo d’inchiesta; non ci sono mai risposte facili quando i problemi sono complessi, anzi, spesso le cause sono molteplici e difficilmente si riesce a risolvere un problema che si presenterà nel futuro senza causarne altri dieci nell’immediato. Kim Stanley Robinson si dimostra un disilluso esperto conoscitore dell’animo umano, perché non si fida di nessuno: non si fida dei politici che dovrebbero prendere provvedimenti efficaci, ma non lo fanno, non si fida degli economisti che comandano il mercato e che se ne lavano le mani perché risolvere questo problema non spetta a loro, e soprattutto non si fida dell’Occidente, che non ha fatto altro che razziare risorse, sfruttare e schiavizzare i Paesi in via di sviluppo. La sua amarezza viene rivolta in maniera particolare agli Stati Uniti, sua madrepatria e mi domando genuinamente come faccia quest’uomo, che ha tutta la mia stima, a girare tranquillo per le strade della sua città dopo aver scritto a chiare lettere che il comunismo è una cosa buona e che gli Stati Uniti non sono di sicuro il miglior Paese del mondo. Non dico questo perché ho un pregiudizio nei confronti degli statunitensi, ma perché lui stesso mostra tantissima afflizione nel raccontare di quanto gli USA siano ipocriti e indottrinati al consumismo di massa, ma non siano in grado nemmeno di salvaguardare i propri cittadini con l’assistenza sanitaria o con l’istruzione. 

L’Occidente che lui non manca di bacchettare a ogni piè sospinto (e a ragione) è lo stesso che, per citare De Andrè, quando accadono le stragi di massa causate dal riscaldamento globale, si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità. Perché se milioni di persone muoiono in un Paese lontano e povero allora non interessa a nessuno, non è successo davvero, perché loro sono “gli altri”. Ai bianchi, nel mondo occidentale, che hanno un tenore di vita medio-alto di sicuro non succederà mai niente del genere. Giusto? Sbagliato. Ed è proprio nel portare alla luce quanto gli esseri umani facciano schifo che l’autore mostra quanto abbia capito tutto dalla vita, perché a prendere la situazione in mano devono essere sempre quelli che ci perdono di più, che non possono permettersi di aspettare chi preferisce mantenere lo status quo. 

Non è un caso che la protagonista della storia sia una donna, Mary Murphy (ditemi se anche questo nome non è estremamente studiato) che deve prendere delle decisioni che non siano solo di facciata, che debbano effettivamente fare la differenza, pur trovandosi in mano solo delle armi spuntate. I capitoli dedicarti a lei rappresentano la trama del romanzo, sono raccontati tramite narratore extradiegetico con focalizzazione fissa e discorsi diretti legati. Questi si alternano a dei capitoli-saggio, in cui il narratore si dilunga in digressioni a carattere scientifico, economico, sociologico o tecnico in generale, e ad altri in cui il punto di vista interno, con narratore intradiegetico, focalizzazione fissa e discorsi diretti slegati liberi, è quello di personaggi che raccontano in quale modo le decisioni prese dall’alto di ripercuotono sulle loro vite, che esse siano comuni, svantaggiate o privilegiate. All’inizio è un po’ difficile abituarsi a questa struttura ibrida proprio perché l’autore ci butta direttamente nella storia con tutte le scarpe, senza troppe spiegazioni e tanti calci nel sedere (come in effetti era il suo intento).

Soltanto a un certo punto, molto in avanti, mi sono resa conto di una cosa che mi ha traumatizzata, ovvero che Mary, una donna di mezza età…sono io. Non avrò mai il ruolo di prestigio che ha lei, ma mi sono resa conto che siamo più o meno coetanee e che abbiamo un sacco di cose in comune. Il senso di immedesimazione che ho provato per lei da quel momento in poi è stato quasi doloroso, mi sono vista crescere (dai, Fra’, di’ la verità, ti sei vista invecchiare) in un battito di ciglia, eppure mi sono sempre sentita arrabbiata per gli stessi motivi di adesso. Che cavolo, ancora? Tra trenta o quarant’anni ancora a prendermela per gli stessi motivi? È stato come guardare nella palla di vetro ed essere disillusa ancora una volta, cosa che in effetti è negli intenti dell’autore, e per questo non posso che togliermi il cappello per la sua maestria.

Come ho già detto, è molto probabile che questa lettura vi faccia uscire fuori dai gangheri, perché di riscaldamento globale si parla praticamente dalla fine del XIX secolo, ma ogni generazione pensa che tanto sarà un problema di quella successiva, quindi, invece di apportare minimi e graduali modifiche alle infrastrutture per renderle via via più sostenibili, si arriva al punto di non ritorno sull’orlo di una catastrofe annunciata. Si pensa sempre al mondo che si sta lasciando in eredità ai propri figli invece di pensare di averlo in prestito da loro. Ma non è solo questo: l’elefante nella stanza è indissolubilmente legato ad altri macroproblemi che vanno a loro volta risolti se si vuole sperare di venirne a capo. Non si può venire fuori dalla catastrofe imminente se prima non si appianano le ingiustizie sociali, i divari salariali, lo schiavismo, le discriminazioni di genere…decine di enormi problemi che sono concause del problema ancora più enorme, perché figli di una società votata al consumo e quindi allo sfruttamento delle risorse per la produzione di oggetti che non ci servono, a spese dei più deboli, della biosfera, degli animali, dei figli e delle figlie che ancora non ci sono e che, pertanto, non possono difendersi. Il Ministero per il Futuro nasce proprio per dare una voce a chi non ne ha una e di cambiare i disequilibri che hanno causato solo problemi a cascata. Eppure, il diritto internazionale insegna che spesso organizzazioni di questo tipo hanno solo un ruolo di facciata, pertanto arrivare a un punto di svolta non sarà facile, proprio perché non esiste una polizia del pianeta che costringa i cattivi a comportarsi bene. Quando dicevo che dovete dimenticarvi le battaglie spaziali nell’approcciarvi a Il Ministero per il Futuro mi riferivo anche al fatto che non ci saranno eserciti da schierare per stabilire chi sia più forte o chi abbia la supremazia: l’intento è andare esattamente nella direzione opposta, ovvero fare in modo che nessuno sia superiore a nessuno e che si tenti di ottenere, in qualche modo, una parvenza di giustizia riparativa. E per riparare il mondo verranno utilizzati gli stessi strumenti che sono stati usati per distruggerlo, ma invertendone la tendenza, anche se devo dire che l’autore ci crede più di me: lui, per quanto sia caustico, tagliente e sarcastico, a un certo punto crede che possa esserci una via d’uscita perché faremo la nostra parte. Io personalmente no, ma staremo a vedere e spero vivamente che abbia ragione lui.

L’unica perplessità che questo libro mi ha causato è del tutto personale e indotta dal mio vissuto più che essere un reale difetto del libro: nonostante sia uno scrittore e il suo mezzo sia la parola, Robinson mostra molta più fiducia nelle scienze dure rispetto alle scienze umane. E se da una parte ne capisco la concretezza dall’altro lato ho avuto la sensazione che questo fosse un po’ denigratorio verso lo stesso mezzo che veicola il suo messaggio. Inoltre, quale persona attualmente in terapia, non sono una fan del modo in cui ha trattato la questione dei problemi mentali: da un punto di vista puramente accademico è tutto perfetto, la terapia cognitivo comportamentale di cui parla sembra uscita direttamente da un manuale, eppure non fa altro che sottolineare quanto sia inutile e quanto non funzioni. Insinua sempre velatamente che, nonostante ci siano fiumi di studi, sia qualcosa di totalmente inefficace. Io ve lo dico, anche perché potrebbe essere un argomento sensibile per voi che leggete.

In conclusione, posso dire che Il Ministero per il Futuro è uno dei libri di qualità più alta che abbia mai letto, ho apprezzato tantissimo il taglio realistico, quasi giornalistico e molto disilluso di un autore a cui non piacciono le risposte facili, ma che vuole ancora dare una chance all’umanità.

mercoledì 14 dicembre 2022

Creature dell’Assenza

  • Titolo: Creature dell’Assenza
  • Autrici: Gloria Bernareggi, Sephira Riva
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN:
  • Casa editrice: Eris edizioni
Trama


Estate 1996: è trascorso poco meno di un anno dal termine della guerra che ha portato all’indipendenza della Croazia. Nel paese di Preko, l’anziana Petra tenta di superare il lutto per la morte della suocera, sentendosi però isolata e incompresa, anche dal marito Joso. Ad alterare la loro routine, la nipote Marina: una giovane donna traumatizzata dalla morte prematura dei suoi amici durante il conflitto. Marina entrerà in contatto con una creatura dall’aspetto di bambina, Jadranka, l’incarnazione dell’assenza, che rappresenta il vuoto lasciato dai defunti ed entra con delicatezza nella quotidianità di chi sta cercando di imparare a gestire il proprio dolore e stabilire un nuovo equilibrio. Una scrittura limpida senza retorica e melodrammi: non una tragedia ma un delicato realismo magico che si coniuga con un vissuto storico e personale doloroso, fatto anche di atmosfere trasognate e sospese.


Recensione e commento

Quando ho acquistato questo libriccino di 79 pagine, l’ho fatto totalmente a cuor leggero: ero sicura che mi sarebbe piaciuto. Nei tre anni in cui ho tenuto il blog e la pagina Instagram attive ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere le autrici, Gloria Bernareggi e Sephira Riva, sia digitalmente che personalmente. Da loro ho imparato sulla narrativa più di quanto mi sarei aspettata mai di apprendere (clicca qui per i loro saggi sulla narrativa fantastica) e qualora nella qualità delle mie recensioni ci sia stato un incremento, sicuramente una parte del merito va a loro.

Non dico questo per ruffianeria, sapete che qui non si fanno sconti, lo dico semplicemente perché è vero: mi piace pensare di condividere con queste due donne straordinarie una visione sulla narrativa e pertanto sono andata su sicuro. E non sono rimasta delusa.

Creature dell’Assenza è un libro breve, un racconto, ma chiunque abbia detto che in letteratura la brevità è spesso sinonimo di qualità aveva sicuramente in mente qualcosa del genere, perché in questa piccola storia non ho trovato difetti. Partendo dallo stile e dalla prosa, mi sento di dire che in nessuna parte su sente la scrittura a quattro mani, le parole scorrono fluide, non si percepiscono blocchi o tentennamenti. Il punto di vista alternato è gestito benissimo, nel modo in cui piace a me, ovvero con gli stessi punti di vista dall’inizio alla fine del libro, senza introduzioni di nuovi pov quando fa comodo. No, qui la struttura regge, è ben pensata fin dall’inizio e la trama non viene tirata per le lunghe.

Nonostante Creature dell’Assenza sia ambientato in Croazia, luogo in cui non sono mai stata, quando ho cominciato a leggerlo mi sono sentita a casa, perché la scrittura mi ha ricordato quella di Grazia Deledda in Canne al Vento. Sì, lo so, può sembrarvi pretenzioso, può sembrarvi troppo, ma il modo in cui vengono descritti i paesaggi e il racconto di una festa religiosa di paese, in cui nonostante le celebrazioni aleggia un costante strato di malinconia che durerà fino alla fine, ha ricordato proprio Canne al Vento e la sua disperazione ed è qualcosa che mi ha emozionata tanto, perché mi ha fatto vivere in modo familiare dei luoghi che non conosco affatto. Anche l’arrivo di una nipote al paesello, per cui è necessario un certo quantitativo di preparativi e la descrizione dei monti in lontananza, che significano sempre casa, potrebbero aver contribuito a formare nella mia mente il parallelismo deleddiano, ma posso assicurarvi che l’atmosfera sarebbe ampiamente bastata a questo scopo.

La Croazia di cui si parla nel racconto è quella che sta uscendo da una guerra civile e sta tentando di ricostruirsi, soffrendo immensamente, ancora ferita e spezzata, ma con enorme dignità. Quella delle due protagoniste è una una sofferenza personale, ma anche collettiva e universale, perché i loro punti di vista sono inizialmente opposti proprio per il loro modo contrapposto di vivere il dolore e devono per questo imparare a convivere venendosi in contro e comprendendosi a vicenda, rappresentando, di fatto, vari spettri della sofferenza umana. Le due donne, Petra e Marina, stanno entrambe vivendo un lutto, come chiunque in Croazia in quel periodo, come chiunque su questo pianeta, in realtà, e devono fare i conti con l’assenza, che non è semplicemente una mancanza, ma uno spazio negativo, una creatura di cui si sente il peso ogni giorno sul proprio cuore. Con l’assenza bisogna confrontarsi, non negarla, ma nemmeno farsi trascinare da lei, guardarla in faccia e parlarle, ascoltarla, se chiede di essere ascoltata, perché è una cosa vive e mutevole, per poi imparare a ricostruirsi, come in effetti deve fare tutto il Paese.

In un libro scritto da Gloria e Sephira, che tengono una rubrica sulle ricette letterarie sul loro sito, non poteva di certo mancare una certa presenza di cibi e pietanze, che fanno parte sia del contesto culturale e calano chi legge nell’ambientazione, ma sono anche un avvenimento comunitario, un’occasione per unirsi e avere qualcosa da festeggiare dopo tanta perdita e distruzione. Non leggete questo libro mentre avere appetito, perché peggiorerebbe la situazione, ma se vi piace sperimentare in cucina, allora non dovete farvelo scappare. 

Se dovessi descrivere Creature dell’Assenza con una sola parola sarebbe “delicatezza” e non soltanto per il modo che ha di raccontare il lutto e la perdita: anche la parte fantasy entra sottovoce e non diventa soverchiate rispetto alla storia, perché, classificandosi come realismo magico, Creature dell’Assenza ci trasporta in un mondo in cui le creature del folklore locale si sono ibridate con la popolazione locale, fino a marcarne i tratti somatici. Non sarà raro trovare tra le persone comuni mani palmate da kappa o tritoni palustri, peluria irsuta da orsi o capelli verdastri ereditati da orchi. Sarà qualcosa parte del popolo esattamente quanto il cibo, la lingua o il paesaggio e sarà trattato in maniera così naturale e pulita da non dare nell’occhio. 

Insomma, Creature dell’Assenza mi è proprio piaciuto perché parla di una sofferenza autentica e malinconica, ma dignitosa e che si rifiuta di buttarsi sul melodramma. Tutto fila liscio sino al finale, che non è una conclusione, ma una ripartenza, un nuovo inizio. Le loro parole saranno un rifugio per me, quando avrò bisogno di tornare a casa. 

mercoledì 7 dicembre 2022

Pax - Il Viaggio verso Casa

  • Titolo: Pax - Il Viaggio verso Casa
  • Titolo originale: Pax. Journey Home
  • Autrice: Sara Pennypacker
  • Illustratore: Jon Klassen
  • Traduttore: Paolo Maria Bonora
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN:
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


È passato un anno da quando Peter e la sua volpe Pax si sono visti l'ultima volta. Un tempo erano inseparabili, ma ormai conducono vite molto diverse. Pax e la sua compagna Peloritto hanno avuto una cucciolata, che devono accudire e proteggere dai pericoli del mondo. Nel frattempo Peter, ormai orfano di guerra, lascia Vola, la donna che l'aveva accolto in casa sua, perché intende arruolarsi nei Soldati dell'Acqua, un corpo di volontari chiamati a ripulire fiumi e laghi dagli inquinanti che vi sono stati riversati durante la guerra. Il ritorno verso casa porterà Peter e Pax a riannodare quel legame che avevano intrecciato tanto tempo prima e che sembrava ormai reciso... L'atteso seguito di Pax non è solo la storia mozzafiato di una grande amicizia tra una volpe e un ragazzo, ma è anche la celebrazione del potere curativo dell'amore, e della forza che ognuno di noi può trovare in sé per uscire dalla propria solitudine. Età di lettura: da 9 anni.


Recensione e commento


Quando decido di protrarvi la recensione i un libro sul blog, in genere mi piace mettere il libro sotto un microscopio, fare a pezzi il testo, indagarlo il più possibile per capirlo fino in fondo. Ma questa volta non me la sento, perché se in genere percepisco lo sviscerare un testo come la massima manifestazione di stima verso la storia e chi l’ha scritta, in questo caso sarebbe quasi un crimine, perché Pax - Il Viaggio verso Casa non è un esercizio di stile dell’autrice per farci vedere quant’è brava, non è una storia da capire: questa è una storia che si vive. E non ha bisogno di troppe spiegazioni.


Questo romanzo è il seguito di Pax e narra gli eventi accaduti un anno dopo la conclusione del libro precedente. Come in ogni altro suo libro, anche qui Sara Pennypacker non ci risparmia lacrime, dato che la storia è malinconica e struggente, colpisce dritto al cuore, stuzzicando e aprendo ferite nel cuore di ogni persona che legge, ma con lo scopo di prendersi cura delle piaghe e di guarirle. Perché questa storia, per quanto faccia male, è dolcissima.

Come dicevo, non ho intenzione di vivisezionare il testo, ma voglio comunque spendere due parole sul lato tecnico. Anche qui, come negli altri suoi libri, ci sono tantissimi simboli e topoi letterari, i cui significati sono stratificati in vari livelli di lettura. Non voglio dirvi troppo, potete vedere nella trama quello che volete e sentire l’abbraccio nel momento della storia che vi coinvolgerà di più emotivamente. Come intreccio, poi, contiene una tripla simmetria, sia per quanto riguarda le vicende dei protagonisti umano e animale, sia per quanto riguarda l’inizio e il finale, ma sopratutto è simmetrico rispetto al primo libro, perché se Pax era un viaggio VIA da qualcosa, dal proprio passato, questo è un viaggio VERSO qualcosa, dentro il proprio vissuto, un ritorno a casa.

Ma se casa è dove si trova il cuore, allora dov’è quando tu non sai dove sia il tuo? In questo viaggio, in cui Peter e Pax si gravitano attorno per un certo periodo senza mai incontrarsi, ci sono tantissime fasi dello sviluppo psicologico del bambino, c’è un ripercorrere le tappe importanti della propria esistenza, imparando a perdonare, lasciare andare. Ci si guarda indietro per apprezzare l’amore che si ha ricevuto e perso, sperando che il cuore si indurisca e non lasci entrare più nessuno per non avere più nulla da perdere e per cui soffrire. Eppure, uno spiraglio esiste sempre e prima o poi quell’amore di cui abbiamo paura penetra e ci mostra quanto sia importante prendersi cura delle cose, perché ancora una volta, come in ogni altro suo libro, l’autrice ci mostra il valore del costruire sulle macerie, di come in guerra siano sempre i civili a perdere tutto e a conti fatti nessuno ci guadagni niente. In effetti, il forte messaggio ambientalista dell’autrice non solo serve a evidenziare le brutture della guerra e per utilizzare dei simboli utili all’interno della trama, ma anche per mostrare quanto in natura molti esseri viventi siano in grado di raggiungere un equilibrio con l’ecosistema proprio grazie alla comunicazione, attività alla quale gli esseri umani proprio non vogliono dedicarsi. E in questo senso, spesso è la genitorialità a essere sotto indagine, in ogni sua forma, sia quando funziona, sia quando è idealizzata, sia quando è non convenzionale, ma sempre viene sottolineata l’importanza di non darsi per scontati a vicenda.

Pax - Il Viaggio verso Casa è stato catartico per me, al punto che se lo avessi letto un anno fa, in una fase della mia vita molto diversa, mi avrebbe distrutta emotivamente, avrebbe tirato fuori troppo dolore in una volta sola, mi avrebbe mostrato, ancora una volta, come il passato non sia un peso da portare in uno zaino pieno di cenere, ma sia un momento della vita con cui fare i conti e perdonare, lasciare andare, se necessario.

Non cambierei una singola virgola di questo libro, nulla, e non mi sento nemmeno di fare paragoni con il primo libro, che mi aveva fatto piangere molto di più, ma questa volta partivo preparata e ho aspettato il momento giusto prima di affrontarne la lettura e ho fatto bene, perché così facendo mi sono sentita veramente compresa e abbracciata. 

È stato veramente un ritorno a casa.


Damsel

Titolo: Damsel Titolo originale: Damsel Autrice: Evelyn Skye Traduttrice: Valentina Zaffagnini Lingua originale: inglese Codice ISBN: 98881...