mercoledì 26 aprile 2023

Once more upon a time

  • Titolo: Once more upon a time - C’era ancora una volta
  • Titolo originale: Once more upon a time
  • Autrice: RoshaniChokshi
  • Traduttrice: Laura Molinari
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834743430
  • Casa editrice: Fanucci
Trama

C’era una volta, in una terra chiamata Fortezza dell’Amore, un re e una regina che si amavano, ma ahimè non più. Se, dopo un anno e un giorno, non avessero ritrovato l’amore che li univa, il loro destino li avrebbe portati a essere banditi dal regno. E così fu. Imelda e Ambrose non ricordano il motivo del loro matrimonio perché, un anno e un giorno prima, Ambrose si è recato da una strega barattando il loro amore per la vita di Imelda. Nel giorno in cui sono costretti ad abbandonare il regno, quella stessa strega fa loro visita chiedendo a sua volta un favore. In cambio, promette di realizzare tutti i loro desideri. Non avendo più nulla da perdere, Imelda e Ambrose accettano e si avventurano in un viaggio incantato durante il quale recuperano la memoria e ricordano cosa li fece innamorare la prima volta. Con la fine del viaggio sempre più vicina, una nuova decisione li attende: Imelda e Ambrose inseguiranno i loro sogni o sceglieranno di amarsi, ancora una volta?


Recensione e commento

Ho letto Once more upon a time in un paio d’ore durante un viaggio in treno ed è stata una lettura che mi ha piacevolmente tenuto compagnia.

Questo breve libro racconta una fiaba con un tono vivace e frizzante, a tratti con un’ironia che sfocia nel sarcasmo, mi ha a momenti fatto pensare a una ipotetica versione Shrek di Se mi lasci ti cancello, proprio per il tono pop utilizzato dalla voce narrante e per il pastiche di personaggi di varie fiabe che si incontrano e si ibridano. Ibrida è anche la psicologia dei due protagonisti, che infatti non hanno la piattezza di un archetipo, ma non sono neanche a tutto tondo. Nonostante ciò, ho apprezzato tantissimo la figura di Imelda, una damigella molto poco indifesa, scaltra e sveglia (per una volta per davvero, non solo perché lo dice lei), non disposta a farsi ingabbiare dalle regole sociali o da chi dice di volerla proteggere per poterla tenere sotto una campana di vetro. Quindi, sebbene lo spazio sia poco, sia Imelda che Ambrose sono personaggi credibili, non abbiamo il tempo di conoscerli a fondo, ma tanto ci basta. 

Per quanto riguarda l’ambientazione, come ci si potrebbe immaginare, è magica e ricca di oggetti incantati, buoni o cattivi che siano, in grado di spezzare o lanciare maledizioni, e alcuni di questi sono da una modernità anacronistica che in realtà è molto divertente (come in Shrek!) più che disturbante, così come i luoghi inventati dall’autrice sono il frutto di una fantasia sfrenata che rende tutto possibile come nei sogni. 

Once more upon a time è la lettura perfetta se avete bisogno di qualcosa di davvero leggero e fresco, che vi catapulti in un mondo fiabesco e ricco di magia per un paio d’ore. 

martedì 18 aprile 2023

Una Virtù crudele

  • Titolo: Una Virtù crudele
  • Titolo originale: This vicious Grace
  • Autrice: Emily Thiede
  • Traduttrice: Irma Versari
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804770687
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Tre matrimoni. Tre funerali. Alessa china la testa per nascondere gli occhi asciutti mentre si inginocchia davanti alla bara tempestata di gioielli sull'altare. Avrebbe pianto. Dopo. Lo ha sempre fatto. Restare vedova a diciotto anni è senza dubbio una tragedia. Ma è difficile trovare le lacrime quando la si vive per la terza volta. Il dono che gli dei hanno concesso ad Alessa, in effetti, avrebbe dovuto amplificare la magia del suo Dorgale, non ucciderlo al minimo tocco. E ora, a un soffio dall'arrivo di uno sciame affamato di demoni che divorerà tutto ciò che incontrerà su Sansaverio, la giovane Lumera non ha più tempo per trovare un altro compagno e insieme opporsi all'avanzata delle forze maligne. Inoltre, influenzati da un predicatore, i suoi stessi soldati tentano di assassinarla, convinti che ucciderla sia l'unica speranza di salvezza per l'isola. Nel disperato tentativo di sopravvivere, Alessa decide di assoldare Dante come guardia del corpo personale, un emarginato cinico e con la fama di essere un assassino. Ma con la ribellione ormai alle porte, i segreti che nasconde l'uomo potrebbero condurre al più terribile dei tradimenti. Si tratta di un alleato o di un nemico? Da questa risposta dipende sia la vita della giovane sia il destino del suo Paese


Recensione e commento

Dal web
Personalmente, non riesco mai a godermi una storia “senza pretese” se questa mi provoca sentimenti di rabbia e indignazione per abusi, romanticizzazione di problemi sociali di varia natura o buchi di trama che reputo offensivi per la mia intelligenza. Ecco, Una Virtù crudele riesce a raccontare una storia apparentemente già vista, ma ripulita da tutte le problematiche dei romanzi rivolti allo stesso target.

Tanto per cominciare, la protagonista, Alessa, ha un quoziente intellettivo nella media, non è una che ciondola e si fa mettere i piedi in testa da tutti, anzi, è una protagonista molto attiva e disposta a lottare per la propria sopravvivenza, sempre alla ricerca di soluzioni. Inoltre, a un certo punto del l’intreccio accade qualcosa che un’altra autrice avrebbe utilizzato (fallendo) per mantenere la tensione, qualcosa che per chi legge è subito ovvio, ma che in altri romanzi sarebbe stato tirato per le lunghe e utilizzato come colpo di scena anche se colpo di scena non era. Per fortuna non qui: ciò che è ovvio per chi legge, lo è anche per Alessa che non si perde in chiacchiere e non si fa tirare scema più a lungo del necessario. 

Per quanto nel complesso la trama possa sembrare prevedibile, in realtà è riuscita a convincermi anche dei cliché perché non vengono semplicemente presentati come dei dati di fatto di punto in bianco, ma introdotti comunque con un crescendo che nella cifra totale del libro li rende credibili e contestualizzati e anche nelle situazioni in cui il risultato finale era quello che ci si aspettava, la strada percorsa per arrivarci potrebbe non essere altrettanto scontata. Ad esempio, la protagonista è una chosen one, ma noi lo sappiamo dall’apertura del romanzo, non assistiamo al momento in cui viene scelta e ci viene risparmiata tutta la parte precedente. Alessa è sì una prescelta, ma solo l’ultima di una lunghissima serie e pertanto neanche poi così speciale, e in effetti assistiamo alle sue difficoltà più che alla sua ascesa, infatti le cose non le stanno affatto andando bene ed è tutto fuorché un’eroina overpowered. Oltre che essere un personaggio credibile, Alessa ha anche una psicologia approfondita e penso che i suoi dilemmi interiori siano qualcosa in cui il pubblico adolescente possa effettivamente rispecchiarsi: la sua solitudine, le schiaccianti resposabilità, la paura e al tempo stesso la voglia di contatto fisico e umano sono tutti elementi tangibili e mostrati nel profondo, non solo spiegati. Anche la scena di sesso, che è sempre la mia croce perché spesso e volentieri fuori dai mie gusti, fuori contesto e messa a caso solo per accontentare il pubblico, qui è riuscita a convincermi innanzitutto perché, come tutto il resto, arriva dopo una serie di eventi introduttivi, non è volgare e fa intuire ciò che accade senza sfociare nei dettagli morbosi che troppo spesso trovo disturbanti. Insomma, Una Virtù crudele si contraddistingue per il suo impeccabile senso della misura. Ce ne fossero.


Un altro elemento che ho trovato apprezzabile è la presenza di un conflitto narrativo non violento, ovvero: non c’è un cattivo da annientare, poiché la minaccia da combattere è esterna come potrebbe esserlo una catastrofe naturale tale per cui l’intera cittadinanza è chiamata a collaborare, sebbene la maggioranza delle aspettative venga riposta nei poteri magici della protagonista. Per quanto la tensione narrativa costruita senza un nemico in questo primo romanzo, che funziona anche come autoconclusivo, sia stata ampiamente apprezzata, ho l’impressione che verrà meno nel secondo capitolo della dilogia, anche se spero vivamente che la qualità generale resti uguale o vada a crescere.

Brava l’autrice, tutto ben dosato e godibile ma se c’è un elemento che mi ha comprata senza nemmeno doversi impegnare è stata una delle scelte della traduttrice: in questa ambientazione ispirata all’Italia, in lingua originale è proprio l’italiano a essere utilizzato come lingua morta nei testi sacri e classici, un po’ come il greco e il latino, ma chiaramente in traduzione non avrebbe funzionato. Irma Versari ha tradotto in sardo le parti originariamente in italiano. E da quel momento ha avuto il mio cuore. Anche se una noticina di demerito, a onor di obiettività, gliela devo dare: un po’ troppi “disse, disse, disse” in dialoghi dove ci sono più personaggi e a volte si fa fatica a capire chi è che “disse”, perché il soggetto non viene quasi mai esplicitato. 

In sostanza, nel caso non si fosse capito, Una Virtù crudele ha saputo convincermi in ogni sua parte. Non è un capolavoro e non partiva con il presupposto di esserlo, ma sembra un po’ un misto di tanti altri young adult ripuliti dai loro difetti peggiori e a mio avviso è la dimostrazione del fatto che un romanzo può essere leggero e godibile senza dover necessariamente sfociare nel problematico o nel trash minimizzando determinate dinamiche tossiche. Aspetto il secondo libro con timore e trepidazione in egual misura.


mercoledì 5 aprile 2023

Le Impure

  • Titolo: Le Impure
  • Titolo originale: The Grace Year
  • Autrice: Kim Liggett
  • Traduttrice: Sara Brambilla
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804744498
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Nessuno parla mai dell'anno di grazia. È proibito. Nella Garner County, tutte le ragazze, al compimento del loro sedicesimo anno, vengono bandite dalla comunità e obbligate a vivere nella foresta per un anno, affinché sfoghino la loro magia nella natura selvaggia per poi tornare nella civiltà, sempre che sopravvivano, purificate e pronte per il matrimonio. Nella società patriarcale in cui sono cresciute, infatti, si è convinti che a quell'età le ragazze abbiano il potere di persuadere gli uomini ad abbandonare i loro letti coniugali, di far perdere la testa ai coetanei e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la loro stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l'essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne. Tierney James, però, non si sente potente. Né si sente magica. Ma, questo sì, sente che dietro l'esperienza che la attende si cela qualcosa di più spaventoso dei pericoli nascosti nella foresta o dei bracconieri pronti a rapire lei e le altre ragazze per ucciderle, farle a pezzi e venderle al mercato nero. La minaccia più grande e terribile potrebbe arrivare proprio dalle sue compagne di sventura, ma Tierney non è disposta a subire passivamente la sorte che le è stata assegnata... Con prosa tagliente e crudo realismo, "Le impure" racconta i complessi legami che uniscono tra loro le ragazze – e le donne che saranno – e la necessità di opporsi con forza a una società troppo spesso ancora misogina e patriarcale che impedisce loro di esprimere in totale libertà i propri talenti.


Recensione e commento

Ho letto Le Impure ben quattro volte per cercare di essere in grado di rendere l’idea di questo libro e ancora non sono sicura che riuscirò a inserire in questa recensione tutto quello che vorrei dire, ma farò del mio meglio.

In maniera preliminare, mi viene da dire che se Hunger Games e Le Streghe in eterno avessero fatto un figlio, sarebbe Le Impure, una distopia di stampo femminista con numerose stratificazioni di significato, una trama fuori dal comune e l’immancabile simbologia presente in ogni romanzo di qualità.

Partendo da quest’ultima, infatti, va detto che ci troviamo in una società con dei rigidissimi costumi e convenzioni sociali impossibili da aggirare, per cui, spesso, si fa affidamento ai fiori per comunicare in modo più efficace. Eppure, i fiori, presentissimi dall’inizio alla fine del romanzo, non hanno solo la funzione simbolica più diretta di mandare un messaggio specifico, ma nel loro complesso rappresentano anche ciò che ci si aspetta dalle donne: avere un aspetto gradevole, ma un’utilità limitata. Infatti, uno dei momenti più catartici di Le Impure ha al centro proprio dei semi di piante da frutto, da cui nasce qualcosa che nutre, più che qualcosa che ha funzione decorativa (antropologicamente parlando). Alle ragazze, costrette a lasciare la scuola intorno al decimo anno di età, viene consentito di imparare il linguaggio dei fiori, spesso velenosi più che curativi, ma non di avere conoscenze pratiche che sarebbero invece utili durante l’anno di grazia. Su questo aspetto non ho intenzione di dilungarmi più di così, perché la mia copia del libro sta ormai scoppiando di post it per tutti i piccoli simboli i significati metaforici utilizzati dall’autrice per raccontare qualcosa oltre il letterale, ci vorrebbe un articolo a parte per spiegarli tutti, sappiate solo che ci sono metamorfosi e catarsi raccontate nel modo tipico della narrativa classica e delle fiabe.

L’anno di grazia, appunto, è un periodo di tempo nel quale avviene un rito di passaggio da ragazze a donne, in cui viene chiesto alle giovani di “espellere la loro magia” in un luogo isolato e lontano dal resto della comunità. L’intera permanenza nell’accampamento sarà fonte di avventure, disavventure e riflessioni di varia natura. 

Partendo ancora prima del momento in cui comincia l’anno di grazia vero e proprio, noi conosciamo la protagonista, Turney, che ha un atteggiamento molto da “io non sono come le altre ragazze”, ma a differenza di molti altri young adult, il suo comportamento viene fortemente problematicizzato all’interno del romanzo e l’arco di crescita consisterà, fra le altre cose, anche nel prendere coscienza che sì, lei è come le altre e le altre sono come lei. Infatti, Turney deve rendersi conto che tra le oppresse lei è quella più privilegiata, poiché la sua famiglia le ha tarpato meno le ali, dandole la possibilità di percepire sé stessa ben oltre i canoni imposti, ha un padre che le insegna “cose da maschi” come aggiustare oggetti e andare a pesca, abilità che si riveleranno utili durante l’anno di grazia, e le ha anche fornito un’educazione basata sulla razionalità e sulla scienza fuori dalla portata delle altre che, come già detto, hanno smesso di andare a scuola a dieci anni. Inizialmente per lei è difficile considerarsi al pari delle sue simili, che spesso, con sufficienza, considera frivole e non abbastanza intelligenti da rendersi conto della propria condizione, ma con il tempo si renderà conto che lei stessa rispetto alle “altre” è “l’altra” e che quindi deve smettere di considerarsi di una pasta diversa. Molte di queste critiche, legittime, le verranno mosse da una delle sue antagoniste nel romanzo, una delle ragazze che le creeranno maggiore difficoltà durante l’anno di grazia, ma che a conti fatti è solo una ragazza spaventata e non altrettanto privilegiata, più che una nemica in senso stretto. Anche il rapporto con sua madre all’inizio ha delle criticità, perché per quanto Turney si consideri più sveglia delle altre nel rendersi conto della sua condizione di oppressa e pensi di aver capito tutto dalla vita (ma diciamocelo, quale adolescente non lo pensa?) tiene comunque maggiormente in considerazione ciò che dice suo padre, a discapito della madre che valuta, come al solito, frivola e di vedute ristrette. Chiariamoci, non è che Turney abbia torto, anzi, dato che è circondata da persone che decidono per lei e che pensano sempre di sapere cosa sia meglio per lei anche imponendo la loro volontà sulla sua, schiacciando la sua autodeterminazione, ma spesso manifesta le sue ragioni con delle modalità cieche e che sul lungo termine non porteranno a nulla, se lei stessa non è disposta a fare autocritica.

In questo contesto, in quanto più illuminata delle altre (o almeno così pensa) è difficile per Turney presentarsi come voce fuori dal coro e portare un’idea diversa di convivenza, basata sulla sorellanza e sulla collaborazione, perché anche quando è per il meglio, il cambiamento viene sempre ostacolato. Serviranno numerosi tentativi perché non venga ostracizzata e azzittita quando cercherà di porsi come guida e mostrare che no serve essere le une contro le altre. Infatti, il pensiero generale che vige sia all’interno del villaggio in cui vivono, ma che verrà amplificato ed esasperato all’ennesima potenza durante il periodo nell’accampamento, è quello di doversi guardare le une dalle altre e che sia giusto che vivano le stesse identiche difficoltà delle ragazze che le hanno precedute e che verranno vissute da quelle che succederanno. Non esiste, insomma, il concetto di rendere la vita un po’ più semplice per chi verrà dopo, anzi, è un costante perpetrare lo circolo vizioso di abusi perché così è stato e pertanto così deve essere e sarà. Ciò avviene anche a causa del fatto che gli errori della singola ricadono sull’intera famiglia, specie dalle sorelle minori che vengono esiliate e destinate alla prostituzione, in modo che le ragazze si controllino a vicenda. Perché in effetti, esiste anche un modo sbagliato persino per morire: chi devia dal percorso, sia quello letterale che metaforico, non riceve onore e l’onta verrà pagata dalle sue sorelle, mentre morire in modo onorevole, soffrendo le pene dell’inferno come vittima sacrificale in nome del bene comune, porta onore e nessuna colpa da pagare. In questa società di stampo quasi castale basata sul meccanismo predatore-preda, in cui la mobilità tra una casta e l’altra è possibile solo andando verso il basso, non c’è da stupirsi che i pochi privilegi ottenuti siano guadagnati letteralmente sul sangue delle altre ed è anche per questo motivo che dall’anno di grazia si esce (se se ne esce) incattivite e infelici.

In tal senso, ho apprezzato tantissimo June, una delle sorelle maggiori di Turney, che per quanto resti molto sullo sfondo e appaia pochissimo, è invece centrale. June non si è fatta indurire, è rimasta gentile e generosa ed è colei che a conti fatti fornisce a Turney, in silenzio e in punta di piedi, protezione, rifugio e nutrimento, come dovrebbe sempre essere. E anche nei confronti della sorella Turney, inizialmente non risparmierà critiche e atteggiamento di superiorità, ma è proprio qui il bello: l’arco di trasformazione di questa eroina non ricalca quello dell’eroe. Si tratta di una crescita che esce dai canoni della protagonista mascolinizzata che deve imbracciare le armi da guerra per dimostrare il suo valore, ma anzi, che trova nella collettività e nel lasciare il mondo un posto migliore di come lo si è trovato la sua massima espressione. A piccoli passi, senza inverosimili rivoluzioni radicali dall’oggi al domani. 

Effettivamente, sul finale non tutto diventa rose e fiori, anzi, si poggia solo un primo mattone per il cambiamento del domani. Turney non solo comprende di essere parte di un mondo enorme e inconoscibibile, in cui ognuna delle persone attorno a lei contiene in sé stessa un intero universo, ma scopre anche di avere nemici dove pensava di avere amici e amici dove pensava di avere nemici, o addirittura in cui le due realtà possono coesistere nella stessa persona. 

Tengo a fare una precisazione: come ho detto all’inizio temo di non riuscire a rendere l’idea di cosa sia stato questo libro per me, per cui se vi sono sembrata fredda nell’elencarne i pregi, sappiate anche che in varie parti è riuscito a emozionarmi in modo genuino e senza mai dover vincere facile. È stata una lettura intellettualmente ed emotivamente appagante.

Il finale è andato molto vicino alla perfezione, dato che costituisce il coronamento di un arco di formazione femminile, ma a mio parere le ultime due righe (letteralmente) hanno sfilacciato una chiusura impeccabile trasformandola in un cliché, quando fino a quel momento il libro era rimasto scevro di stereotipi, unica nota dolente di un romanzo davvero unico.

Nel caso non si fosse capito, Le Impure, finito nella mia top 10 del 2022, è assolutamente da recuperare se amate le distopie e state cercando un libro dal messaggio femminista che non sfoci nel retorico, anzi, è un libro studiatissimo in ogni sua parte, tanto da essere quasi divulgativo. Vi farà male, in alcune parti, ma se lo vivrete come una lettura necessaria ne varrà la pena. 

martedì 4 aprile 2023

La Custode di Parole


  • Titolo: La Custode di Parole
  • Titolo originale: La Passeuse de Mots
  • Autorɜ: Alric Twice, Jennifer Twice
  • Traduttrice: Gioia Sartori
  • Lingua originale: francese
  • Codice ISBN: 9788804753021
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

«Non ho mai visto nessuno amare le parole come te. E quando dico "amare"' parlo di vero amore. Tu parli ai libri. Ma è ora che tu scopra il mondo fuori dalle pagine, che lo guardi con i tuoi occhi. Parti all'avventura. Il mondo ti aspetta a braccia aperte. Ma per questo dovrai spiccare il volo, assumerti dei rischi. Staccati da ciò che ti trattiene. Trova la tua strada, non solo quella che vogliono scrivere per te.» Età di lettura: da 12 anni


Recensione e commento

Niente, raga, ringrazio tantissimo la casa editrice per la copia omaggio e Alessia di Letture in Salotto per aver organizzato l’evento, ma siamo state tutte unanimi nell’affermare che in questo libro non funziona assolutamente nulla.

A. J. Twice

Partiamo dall’inizio: La Custode di Parole nasce in Francia su Wattpad. E voi direste che potremmo già chiuderla qui. Voglio approfondire un po’ questo aspetto, però, perché penso che non esista una persona al mondo che rifiuterebbe se la più grande casa editrice del suo Paese la contattasse per metterla sotto contratto. Il problema è che dovrebbe essere chi lavora nel settore ad affiancare autrici e autori per tirare fuori il massimo dalla loro storia, nata con intenti diversi da quelli di un romanzo, invece qui chiaramente niente è stato sottoposto a editing e probabilmente si è pensato che la fama ottenuta sul web fosse sufficiente di per sé a garantire le vendite (forse non a torto). Perciò da qui in poi, sappiate che le critiche sono equamente distribuite e non sono dirette esclusivamente alla coppia scrittoria. 

La prima cosa che posso dire facendo un’analisi generale è che La Custode di Parole si apre con una lunghissima e statica descrizione che non mette esattamente a proprio agio chi legge e questo è un po’ il mood che accompagnerà per tutta la lettura, perché il mio parere non è cambiato né in meglio né in peggio in nessuna parte del libro. Mi sarebbe bastata davvero la prima impressione per scrivere questa recensione, sebbene per correttezza sia arrivata alla fine. Complice di questo disagio nella lettura è soprattutto l’uso dei dialoghi, che sono davvero macchinosi e innaturali: l’autore e l’autrice a volte ci provano a dare le informazioni tramite i discorsi dei personaggi, ma non riuscendoci il complesso risulta estremamente rigido e poco credibile, sia perché le persone vere non parlano il quel modo, sia perché spesso il tutto sfocia in frasi fatte che cadono nel vuoto e risultano fuori contesto.

Fanart dal web. Crediti all’artista

I personaggi sono carta velina, a partire dalla protagonista, che è un agglomerato di tutti i cliché delle protagoniste di fantasy young adult: è bellissima ma ha gli specchi di legno, ha gli occhi di un colore particolare, è una predestinata ma non sa di esserlo. L’unico tropo che manca è quello dell’orfana, dato che Arya ha dei genitori e una famiglia, che viene anche fatta passare come funzionale e amorevole, ma in realtà avrei molto da ridire su questo, perché i suoi solleciti e  premurosi genitori (insert sarcasm here) le fanno spesso gaslight, la sminuiscono, la criticano velatamente, la infantilizzano. In particolare una scena mi a dato molto fastidio, ovvero quella in cui Arya confida a suo padre, uomo fatto passare per saggio e ragionevole, che ha assistito a un episodio in cui il suo migliore amico, il principe, veniva schiaffeggiato dal re. La risposta di suo padre è stata “ma tu non sai cosa è successo, non conosci i pregressi e forse lui se lo è meritato”. E ripeto: la cosa viene fatta passare come ragionevole, non viene problematicizzata. In ogni caso, Arya, come molte eroine dello ya, ha decisamente la sindrome della crocerossina, dato che va appresso a tutti i casi umani che le capitano a tiro pensando di poterli salvare, di dover sopportare i loro problemi e soprattutto che debba tollerare quando la trattano male. È irritante come tutti i suoi amici, o presunti tali, la trattino come una bambina, quando tecnicamente darebbe un’ adulta, dato che ha vent’anni, e lei sia lì a sopportare tutto come una martire senza nessun motivo. Inoltre, forse la cosa più importante da dire è che i personaggi non hanno una psicologia affidabile: una volta il principe è un liberale che vuole aiutare il popolo ad avere più diritti, nel capitolo successivo è uno snob che tratta Arya da plebea; una volta il ladro è un ombroso taciturno, in quella dopo è uno che scherza malizioso e così via. Allo stesso modo, anche il tono è confuso, perché comincia quasi come un libro per ragazzi estremamente innocente e ingenuo, poi di punto i bianco ci sono due capitoli dove si fa riferimento a orge, per quanto descritte senza scendere troppo nel greve, e salta fuori qualche parolaccia, quando sia prima che dopo questo momento l’insulto più pesante (e non scherzo) è “sciocchina”. Per cui questo “età di lettura dai 12 anni” è da prendere moderatamente, e non lo dico per fare la bacchettona, perché credo che con i dovuti termini si possa parlare di tutto, ma perché qui, appunto, non succede e la generale mancanza di direzione si riflette anche nella confusione del target.

Questo è probabilmente da imputare alla scrittura a puntate, infatti è chiaramente visibile la rottura tra un episodio e l’altro, è evidente che La Custode di Parole non sia stata pensata come un’opera organica, tra le altre cose perché a un certo punto il libro si trasforma in un quest fantasy, sebbene non si capisca quale sia la quest finale e Arya perda spesso di vista la missione di fondo, così come dimentichi spesso la sua famiglia, i genitori, gli amici che ha lasciato indietro all’inizio del suo viaggio, oltre al fatto che il sistema magico non venga mai spiegato in modo adeguato.

E a proposito di sistema magico, c’è una cosa inspiegabile che quasi mi ha tenuta sveglia la notte: perché tutte le persone attorno a lei la sminuiscono e la prendono in giro perché legge libri “fantasy”? In un mondo dove esiste la magia non è inverosimile che storie con draghi e folletti possano essere reali, però sia la sua famiglia, sia i suoi amici non fanno altro che dirle che lei è troppo ingenua perché legge tanto, per cui non sa nulla della vita vera. Ora, al di là del fatto che la sua passione per la lettura dura letteralmente solo nel primo capitolo e poi verrà retoricamente tirata in ballo qua e là quando fa comodo, questo espediente mi è sembrato una strizzata d’occhio al pubblico a cui la storia si rivolge, per la serie: noi sì che siamo speciali, non siamo persone meravigliose e incomprese in questo pazzo, pazzo mondo. Capita l’antifona, mi sono incattivita ancora di più, perché se pensavano di comprarmi con questa ruffianata hanno sbagliato indirizzo.

Questo riguardava il contenuto. Passando alla forma, la narrazione si volge tutta per paratassi, ve lo giuro, ho trovato la prima subordinata dopo trecento pagine, per un totale di forse cinque in tutto il libro. La paratassi in questione non è quella epica e solenne di Passavamo sulla Terra leggeri (paragone ingiusto ma sicuramente efficace), ma quella di tante frasette giustapposte senza l’utilizzo di connettivi logici o temporali e preposizioni ridotte all’osso. È sicuramente una scrittura immatura, quasi da scuole medie per struttura e sintassi, e non lo intendo con cattiveria, ma perché il testo è chiaramente una prima bozza che non è stata revisionata, con tutti i difetti che ciò comporta.

In sostanza, male malissimo, credo di aver trovato il primo candidato a libro peggiore dell’anno. Esiste la possibilità che prosegua la lettura della trilogia per vedere se i seguiti saranno allo stesso livello o miglioreranno un po’.

Poster Girl

  • Titolo: Poster girl
  • Titolo originale: poster Girl
  • Autrice: Veronica Roth
  • Traduttrice: Roberta Verde
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804760290
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Sonya Kantor conosce molto bene questo motto, visto che ha ispirato, meglio condizionato, gran parte della sua vita. In realtà queste parole hanno condizionato la vita di tutti gli abitanti della megalopoli di Seattle-Portland-Vancouver. Per anni, infatti, hanno dovuto adattarsi a un codice morale molto rigido e a una costante sorveglianza da parte della Delegazione, resa possibile da una sofisticata tecnologia. Poi la rivolta ha cambiato tutto. La Delegazione è stata rovesciata e sostituita da un nuovo governo. Tutti coloro che avevano avuto un ruolo nel regime precedente sono stati rinchiusi insieme alle proprie famiglie nell’Apertura, una vera e propria prigione alla periferia della città. Gli altri, finalmente liberi, hanno potuto proseguire con le loro esistenze. Sonya, figlia di uno dei membri di spicco della Delegazione e diventata famosa per essere stata, da adolescente, il volto dei manifesti propagandistici affissi per tutta la città, è imprigionata da anni nell’Apertura. Un giorno, un vecchio nemico si presenta da lei con una proposta: se troverà Grace Ward, sottratta alla famiglia dalla Delegazione quando era ancora una bambina, sarà libera. Per portare a termine la missione Sonya sarà obbligata a muoversi in un mondo che non riconosce, di cui ignora i meccanismi, estraneo (ed estremamente corrotto). E, soprattutto, a scavare a fondo nel passato, compreso quello della propria famiglia, anche più di quanto vorrebbe, portando alla luce verità dolorose e difficili da accettare. A più di dieci anni dal suo esordio con Divergent, Veronica Roth torna alla distopia con un mystery che esplora il ruolo sempre più pervasivo della tecnologia nella nostra società.


Recensione e commento

Quando Beatrice mi ha proposto un evento relativo al nuovo romanzo di Veronica Roth non ci ho pensato due volte, soprattutto perché volevo vedere se l’autrice fosse maturata rispetto ai tempi di Divergent.

L’autrice

Ebbene: sì e no. Da un lato Poster Girl è molto maturo sotto il punto di vista delle tematiche e la prosa ha avuto un indiscutibile salto di qualità. Infatti, Roth riesce a dipingere con poche parole e analogie efficaci i sentimenti della protagonista e ciò che le accade. Eppure, se da un lato questo rappresenta un pregio perché la narrazione non viene tirata per le lunghe, dall’altro mi sarebbe piaciuto avere un maggiore approfondimento del worldbuilding che invece resta appena abbozzato, specialmente per quanto riguarda la situazione politica, che rivestirebbe un ruolo centrale nelle vicende. Inoltre, devo ammettere che i primi capitoli ricordano moltissimo Hunger Games, specialmente il Forno, con i suoi baratti e la sua decadenza, anche se questo tipo di atmosfera si dirada con il progredire delle vicende. L’ambiente squallido, male illuminato e ansiogeno, in cui i personaggi sono tenuti sotto controllo tramite un dispositivo tecnologico direttamente nel cervello non poteva che richiamare alla mente la puzza di cavolo nell’incipit di 1984, libro con il quale, per sfortuna di Roth, è difficile misurarsi.

Per quanto riguarda la trama, si per sé è originale il fatto che la storia si ambientata ben un decennio dopo il rovesciamento di un regime totalitario, quando la protagonista è ormai adulta e si ritrova incarcerata a fare i conti con le azioni dei genitori lealisti, a cui non ha mai voluto pensare troppo. Deve prendere coscienza che i cattivi sono già stati sconfitti e che lei era una di loro, sebbene cerchi di dimenticarsene, la qual cosa richiederà tempo, autocritica e una buona dose di coraggio. Ho trovato questa dinamica molto originale, realistica e credibile fino alla fine, che non racconta favole in cui vissero per sempre felici e contenti. In questo senso, Poster Girl non è strettamente una distopia, perché per quanto il nuovo governo abbia dei problemi e ci siano dei disordini popolari, il regime totalitario è stato già rovesciato da dieci anni e i problemi con i quali Sonya deve fare i conti sono spesso relativi al passato, per quanto per lei sia difficoltoso avere a che fare con un mondo cambiato mentre lei era rinchiusa. 

La copertina francese

Nonostante sia nel complesso un libro breve, godibile e non banale, c’è qualche nota dolente, ad esempio il movente narrativo che talvolta traballa: la protagonista che senza alcuna competenza viene convocata per svolgere delle ricerche non è sempre credibile, così come non lo è, sul finale, il fatto che spesso riesca a trarre delle conclusioni di punto in bianco, senza avere degli indizi su cui basarsi. Traballante quanto la resa in italiano che in alcuni punti risulta confusionaria, specialmente quando in scena ci sono vari personaggi e l’utilizzo degli aggettivi possessivi non rende chiaro di chi sia cosa e chi stia compiendo o subendo un’azione (ma questo non è imputabile all’autrice). Inoltre, in vari punti l’autrice apre numerose parentesi tematiche ma non le chiude mai o non le porta a degna conclusione, specialmente per quanto riguarda il ruolo sempre più ingombrante della tecnologia nella vita dell’essere umano o i dilemmi morali posti davanti a chi deve compiere azioni orribili in nome di ciò che crede sia il bene. 

Mi sento di dire che Poster Girl sia una lettura valida se cercate qualcosa di rapido, carina ma non troppo approfondita.

A Study in Drowning - La Storia sommersa

Titolo: A Study in drowning - La Storia sommersa Titolo originale: A Study in Drowning Autrice: Ava Reid Traduttore: Paolo Maria Bonora Ling...