venerdì 26 agosto 2022

Cuori, Vampiri e altre Promesse infrante

  • Titolo: Cuori, Vampiri e altre Promesse infrante
  • Titolo originale: Vampires, Hearts and other dead Things
  • Autrice: Margie Fuston
  • Traduttrici: Alice Casarini, Barbara Ronca
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804753001
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Victoria e suo padre condividono la passione per i vampiri dal giorno in cui uno di loro si è dichiarato in diretta TV. A oltre dieci anni da quella rivelazione, le creature della notte sono tornate a vivere nell'ombra e molti mettono in dubbio la loro esistenza. Non Victoria e suo padre, che continuano a sognare di poterne incontrare uno. Quando però al padre viene diagnosticata una malattia terminale, il viaggio che avrebbero dovuto fare insieme alla caccia di vampiri si trasforma in una missione disperata, in cui l'unico obiettivo di Victoria è quello di diventare un immortale per poterlo salvare. Armata delle informazioni raccolte in anni di lettura dei blog di appassionati e accompagnata dal suo ex-migliore amico Henry, va a New Orleans, il luogo dell'ultimo avvistamento di un vampiro. Lì incontra Nicholas, un giovane misterioso che potrebbe darle ciò che desidera, a condizione che lei gli dimostri di amare la vita abbastanza da voler vivere per sempre. Ma vivere davvero, mentre il padre sta morendo, sembra il più grande dei tradimenti e Victoria può solo sperare che Nicholas mantenga la sua promessa... perché l'alternativa è davvero impossibile da immaginare. Età di lettura: da 12 anni.

Recensione e commento

In qualche modo, Cuori, Vampiri e altre Promesse infrante è un titolo che mi ha chiamata, mi sono sentita attirata non appena l’ho visto e la trama in quarta di copertina mi ha incuriosita perché sembrava andare in una direzione che avrei molto apprezzato.

Questo romanzo per ragazzi racconta la storia di Victoria, una ragazza che sta perdendo il padre a causa di un brutto male e che per questo motivo si mette alla ricerca di un vampiro che possa donargli la vita eterna. Il viaggio di Victoria, per grossissima parte del libro, va esattamente nella direzione che mi aspettavo: mostra come il dolore possa far perdere la razionalità alle persone, come la sofferenza possa tirare fuori il nostro egoismo e di come davanti a situazioni tanto tragiche siamo disposti a tutto pur di non perdere chi amiamo. Se pensate che cercare vampiri sia così irrazionale da essere inverosimile, pensate a tutti i santoni smascherati da programmi come Striscia la Notizia, che promettono guarigioni complete con la sola imposizione delle mani, o quante persone smettano la chemio per darsi a cure alternative, assolutamente antiscientifiche e spesso bizzarre, nella speranza di arrivare alla salvezza. Fino ad almeno due terzi del libro è stato proprio questo ciò che ho visto: Victoria è disposta letteralmente a tutto pur di salvare suo padre, anche se lui stesso ha già accettato la sua morte. La protagonista di questo libro non è buona e brava, ma è assolutamente credibile proprio perché chiunque di noi potrebbe trovarsi nella sua situazione. Il dolore la acceca, anche se lei lo chiama speranza, e finisce col ferire le persone attorno a lei e che quanto lei stanno soffrendo. È in questo senso che il dolore la rende egoista, perché pensa di essere la sola a essere (o essere stata) in quella situazione e che nessuno possa comprenderla, quando non è affatto così. Anche se in modo credibile, perché ripeto, chiunque potrebbe essere al suo posto, è egoista anche nei confronti del suo stesso padre, che per tutto il libro resta sempre e solo “papà”, mai individuo, mai altro dal rapporto che esiste con lei; non ci dice mai il suo nome nemmeno quando ha l’occasione di farcelo sapere e questo, sottilmente, fa capire quando la tragedia riguardi lei più di chiunque altro. Il suo viaggio, sia fisico che interiore, la porta spesso a mentire a sé stessa riguardo a quanto volentieri rinuncerebbe a qualcosa che tanto ama, come la luce del sole, i colori, il cibo gustoso, per avere l’immortalità da donare a suo padre che poi nemmeno la vuole. Victoria crede che valga la pena rinunciare a vivere per poter sopravvivere. I vampiri stessi sono, all’inizio, una passione che accomuna lei e suo padre, un interesse che condividono, ma finisce per diventare un’ossessione che rischia di distruggerla, per quanto lei pensi di essere la persona forte della famiglia, l’unica che non vuole arrendersi. Credo che nonostante tutto, nessuno sia nella posizione di giudicarla, perché queste storie sembrano assurde solo quando sono viste da fuori, molto più difficili è quando le si vive. 

Devo dire, però, che il finale mi ha un po’ delusa, perché prende una sterzata inaspettata e che per certi aspetti, a mio parere, vanifica un po’ il percorso interiore fatto dalla protagonista e un altro elemento che non ho particolarmente apprezzato è stata la narrazione secondo cui quella con il cancro è una battaglia da combattere. Ci sono spesso frasi quali “papà sta perdendo la sua battaglia contro la malattia”, ma se di guerra si tratta, lo è a livello scientifico: è la ricerca che sta combattendo, non l’individuo in sé, perché il cancro non si mette i guantoni per salire sul ring, non segue regole e non sopravvive chi è più bravo e combatte meglio. Chi muore non è un pappa molle che non sa incassare un destro o non sa prendere bene la mira: chi muore ha solo sfortuna, o comunque la si voglia chiamare. Quindi sì, questa narrazione per me è un po’ tossica e avrei preferito farne a meno (ci tengo a sottolineare questo concetto perché per alcune persone potrebbe essere un trigger). 

Cuori, Vampiri e altre Promesse infrante è un libro dallo stile molto scorrevole, che si legge molto velocemente, nonostante qualche difetto. Non posso che ringraziare Mondadori per la copia omaggio, ma comunque mettervi in guardia per gli argomenti sensibili che tratta.

venerdì 5 agosto 2022

Maybe Someday

  • Titolo: Maybe Someday
  • Titolo originale: Maybe Someday
  • Autrice: Colleen Hoover
  • Traduttrice: Laura Liucci
  • Codice ISBN: 978-8833751856
  • Casa editrice: Leggereditore
Trama

Sydney Blake, ventenne aspirante musicista, ha una vita invidiabile: frequenta il college, ha un buon lavoro, è innamorata di Hunter, il suo meraviglioso ragazzo, e convive con la sua migliore amica Tori. Eppure tutto sembra andare in frantumi quando scopre che Hunter la tradisce proprio con lei. Mentre cerca di rimettere insieme i tasselli della propria esistenza, Sydney capisce di essere attratta da Ridge Lawson, il suo misterioso vicino di casa. Non può staccargli gli occhi di dosso e non può fare a meno di starsene ad ascoltarlo mentre suona la chitarra sul balcone della sua stanza. La sua musica le regala armonia e vibrazioni. E anche Ridge, malgrado il carattere schivo, non può far finta di ignorare che c’è qualcosa in Sydney: avrà finalmente trovato la sua musa? Una storia appassionata e romantica, di amicizia e amore, che vi farà vibrare il cuore come una musica ammaliante.

Recensione e commento

Era da un po’ di tempo che meditavo di allargare le mie vedute come lettrice e approcciarmi alla lettura in modo meno elitista. Sto cercando, insomma, di mettere un po’ in discussione quello che credo di sapere sui miei gusti e di non partire dal presupposto che qualcosa non mi piace solo perché è diverso da quello che leggo di solito. 

Tuttavia, devo dire che in questo caso, forse avevo ragione su quello che pensavo all’inizio, perché Maybe Someday, come romanzo in sé, mi è rimasto abbastanza indifferente. Eppure, mi rendo conto che con tutta probabilità è un mio problema. Non sono riuscita a empatizzare con i due protagonisti, Sidney specialmente, a mio parere avrebbe potuto essere tranquillamente Maria Rita da Cinisello Balsamo e sarebbe stata la stessa cosa. Ciò su cui, invece, mi sento più sicura nello spendere due parole, è la rappresentazione della disabilità in questo romanzo, dato che è qualcosa che mi tocca molto da vicino.

Da un lato, la rappresentazione è fatta bene, sotto certi aspetti, perché Ridge non è circondato da un’aura di pietismo e di infantilizzazione a cui spesso la società costringe le persone disabili. Lui è un ragazzo normale, autosufficiente, con un lavoro e perfettamente in grado di provvedere a sé stesso, con degli amici sinceri e una relazione romantica anche prima di conoscere la protagonista del libro. Non ci sono retoriche su quanto debba essere tragico trovarsi nei suoi panni, o di quanto gravi sulla famiglia (anche perché si mantiene da solo) .

Sotto altri aspetti, invece, ci sono delle problematiche: questa cosa che con la forza dell’ammmmore lui riesce ad agire da normodotato non mi è andata giù (è uno dei cliché tipici delle storie che hanno un* disabile come protagonista, sia nei libri che a Hollywood). Nella trama viene detto che lui è sordo eppure potrebbe parlare, ma decide di non farlo per motivi suoi. Ma alla fine parlerà solo per Sidney, perché lei è quella giusta e bla bla bla. Anche sul modo in cui Sidney si comporta con lui avrei qualcosa da dire: quando si sta assieme a una persona disabile è vero che non bisogna trattarla “da disabile”, eppure non ci si può dimenticare che quella persona ha delle esigenze diverse. Non si può trascurare la sua disabilità perché la sua disabilità è parte di quella persona ed è il motivo per il quale non si può pretendere che si conformi a degli standard stabiliti da una società che non è fatta a misura di disabile. Ebbene, Sidney è a conoscenza del fatto che Ridge sia sordo, eppure aspetta fino alla fine del libro per imparare qualche segno della lingua dei segni per poter comunicare con lui. In qualche modo, ci si aspetta sempre che sia lui a fare un passo verso la “normalità”, usando la voce, o gli sms per comunicare. Qualsiasi relazione umana presuppone un certo livello di interdipendenza, anche se si tratta di semplice supporto emotivo, eppure quando si parla di disabilità, quindi di una persona con bisogni diversi da quelli a cui si ha l’abitudine, si ha subito la percezione di trovarsi davanti a un’anomalia (vi lascio il link alla pagina Witty Wheels se volete saperne di più). Eppure, il migliore amico di Ridge, un personaggio che mi è piaciuto solo fino a un certo punto, ma che comunque si dimostra un ottimo amico, riesce a trattare Ridge in modo normale, avendo con lui una conversazione in LIS mentre vocalizza per le altre persone presenti. Quella tra i due coinquilini, forse è la relazione più sana all’interno del romanzo. Ok, non ci sono disfunzionalità di altro tipo, come rapporti abusivi o soverchianti, ma ho trovato il discorso sulla disabilità un po’ troppo disinformato, specialmente se devo prendere in considerazione la relazione che Ridge ha con Maggie, la sua ragazza precedente. Anche Maggie è disabile e nei suoi confronti Ridge si comporta esattamente nel modo in cui non ci si dovrebbe mai comportare con una persona disabile, esattamente nello stesso modo in cui lui dice più volte di non voler essere trattato (perdonate le ripetizioni, ma è un discorso complesso). A un certo punto della storia, salta fuori che lui ama sia l’una che l’altra ragazza (e personalmente avrei risolto con una relazione poli, ma sono gusti), ma a Maggie si sente legato soprattutto per via della sua malattia, perché lei ha bisogno di lui, manco fosse il suo infermiere e non il suo ragazzo. Nel loro rapporto, l’interdipendenza non è un riflesso del loro essere coppia, ma Ridge cerca di riversare del pietismo su Maggie. Pietismo che lei rifiuta.

Maggie è il personaggio che sono riuscita a comprendere di più: non vuole qualcuno che stia con lei per i motivi sbagliati, qualcuno che non supporti le sue scelte. Avendo lei una durata di vita probabilmente ridotta a causa della sua malattia, intende comunque laurearsi, avere una carriera, viaggiare (rifiutando la retorica che prevede che le persone disabili di successo siano l’eccezione da cui prendere ispirazione), ma se fosse per Ridge vivrebbe sotto una campana di vetro, starebbe a casa a godersi la gioia delle piccole cose, facendosi soffocare dall’amore di lui, che dovrebbe essere abbastanza per farla felice. Questa cosa ha un nome e si chiama negazione del diritto all’autodeterminazione, fenomeno di cui le persone disabili sono spesso vittime perché la loro voce non viene mai ritenuta adatta a parlare per sé: Maggie sa cosa vuole e lui non la sta a sentire perché il suo rapporto con lei ruota attorno al fatto che lei è una ragazza malata, non attorno ai sentimenti che prova. Ridge ha un bias cognitivo: per lui tutte le persone disabili sono uguali, ma alcune sono più disabili degli altri (a Maggie tutta la mia stima, vai ragazza, ti meriti di meglio).

So di aver scritto tantissimo riguardo a questo tema, ma in realtà è l’unica cosa che ho da dire su questo libro e ci tenevo a farlo perché per alcune persone potrebbe essere un trigger e perché ho letto diverse recensioni in buona fede definire ottima questa rappresentazione. Ma personalmente, non posso farmela andare bene solo perché in genere l’asticella è posta persino più in basso di così.

Mi sarebbe piaciuto anche poter spendere qualche parola sul tema della musica, che assieme ai libri, è l’elemento attorno a cui ruota la mia vita, ma non è approfondito o tecnico come avrei pensato e temo, anche qui, di aver pagato il peso delle aspettative.

Per il resto credo di non avere davvero altro da dire. Mi è stato detto che si tratta di un classico del romance, ma essendo il mio primo non ho metro di paragone per valutarlo. Credevo che mi sarei sentita rappresentata da questa lettura, che avrebbe ritratto una parte di me, ma così non è stato. Al tempo stesso, temo che non sia davvero la mia tazza di tè, tema della disabilità a parte, sfortunatamente è una lettura che mi è rimasta indifferente e non ha lasciato segni nel mio cuore, forse proprio perché devo abituarmi di più al genere e temo di essere io il problema, quindi non credo di poter definire questa una recensione negativa, perché penso che il libro non sia da bocciare in toto e oggettivamente, penso di non fare parte del target per cui è stato scritto. Darò al romance un’altra possibilità con It Ends with us, che forse è più nelle mie corde, vi aggiornerò qui sul blog.


mercoledì 3 agosto 2022

Un Bagno di Sagria

  • Titolo: Un Bagno di Sangria
  • Autrice: Titania Blesh
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 9788832198904
  • Casa editrice: Acheron Books
Trama

Mediterraneo, 1600. Condannato dall'Impero Spagnolo e braccato dai suoi vecchi compagni inquisitori, Ambrosio De Los Reyes è combattuto tra il comando del suo galeone e il suo nuovo stato di fuorilegge. La convivenza sulla Rivincita con Fiammetta e la sua ciurma di piratesse minaccia infatti di farlo impazzire. Nonostante i suoi consigli di pazientare, Fiammetta vuole passare subito all'azione razziando ogni nave che incontri la loro rotta. Ed è proprio durante un abbordaggio a un mercantile iberico che la verità sugli spagnoli viene a galla: ci sono Zipa a bordo, che, anziché essere mandate al rogo, viaggiano in catene verso una destinazione ignota. L'unico modo per liberarle consiste nel rubare l'oro del Nuovo Mondo. Oro che si trova nel luogo più inespugnabile di tutta Spagna. A Fiammetta non serve sapere altro, e quando è sbronza nemmeno il buonsenso di Ambrosio è in grado di trattenerla. Un piano si sta già formando, a base di barili di cannonau e una innaffiata di magia, ma quando Zipa usate per esperimenti terribili si scateneranno contro di loro... sarà Un Bagno di Sangria!

Recensione e commento

Quando Titania Blesh, l’autrice di A Colpi di Cannonau, mi ha contattata per chiedermi di recensire il seguito, non ho potuto che accettare, dal momento che avevo adorato il primo libro.

Ora, se bazzicate sul mio blog da un po’, saprete che non mi metto grossi problemi a fare recensioni negative anche quando si tratta di collaborazioni. Ebbene. Un Bagno di Sangria mi è piaciuto persino di più di A Colpi di Cannonau, non soltanto per l’avvicendarsi serrato e ritmato, dato che non si riesce mai a riprendere fiato per tutto quello che accade, ma l’elemento che più di tutti ho adorato è l’approfondimento della psicologia dei personaggi.

Non ha senso tenere la cosa segreta: Ambrosio è il mio preferito e abbiamo bisogno di più personaggi come lui. Riflessivo, idealista, non autoindulgente e sensibile si trova sull’estremo diametralmente opposto rispetto a Fiammetta nella gamma di emozioni umane, visto che la capitana è istintiva, pragmatica e indulgente verso i piaceri terreni. Ambrosio e Fiammetta si ritrovano, dopo il primo libro, a dover convivere e condividere spazi vitali e ciurma. Con i due caratteri agli antipodi non è facile che imparino ad apprezzarsi a vicenda, ma il cambiamento di intenzioni dell’uno verso l’altra avverrà in modo credibile e graduale, tramite eventi scatenanti e flussi di coscienza, che delineano in modo assolutamente vivido le loro interiorità. Fiammetta è una donna indurita da tutti i maltrattamenti subiti nella vita, che ha molta paura di guardarsi dentro e di confrontarsi con la sua interiorità, ma che avrebbe tantissimo amore materno da dare, anche a costo di riversarlo sulle persone sbagliate. Ambrosio, invece, è un uomo prostrato e che vive il proprio dolore ripiegandosi su sé stesso, senza riuscire a perdonarsi per i propri errori, con la conseguenza di cercare di tenere sempre sotto controllo il suo lato oscuro, anche se è una parte di lui che non potrà mai rinnegare. Entrambi hanno molte caratteristiche tradizionalmente associate al genere opposto, ad esempio, Ambrosio è molto legato alle buone maniere e alla cura nel vestire, mentre la capitana Fiammetta è una persona molto fisica, dedita all’alcol e diciamocelo, spesso incline alla violenza. Da parte della mia immaginazione è decisamente un volo pindarico associare le due figure, ma nella mia testa Ambrosio de Los Reyes e Gomez Addams, con la loro attenzione al proprio aspetto, la passione per i tessuti, i baffi, le buone maniere e l’onore, sono molto vicini.

Per quanto mi riguarda, autrici della fama di Bardugo avrebbero solo da imparare dalla costruzione di questo libro, sia per come viene sviluppata la psicologia dei personaggi, senza cambi di atteggiamento repentini e inspiegabili (ok, La Legge dei Lupi mi è rimasto decisamente sul gargarozzo e non glielo perdono), ma soprattutto per come vengono inseriti i camei: quando in Un Bagno di Sangria è entrato in scena una delle mie figure storiche preferite credo di aver decisamente perso ogni proposito di cercare i pro ma anche i difetti di questo libro, che da quel momento in poi per me è stato perfetto. 

Ho davvero tentato di capire se ci fosse qualcosa che non andasse in questa lettura, ma non mi è venuto in mente nulla: il sistema magico tiene perfettamente, le psicologie, come già detto, solo vivide e verosimili, la costruzione della trama non ha buchi ed è qualcosa di originale e mai visto, perché effettivamente Un Bagno di Sangria riesce a mescolare assieme tanti sottogeneri del fantasy, come l’intersec fantasy, fino a punte di theft fantasy (scusate, la Casa di Carta chi? El Profesor chi? Noi ci teniamo la nostra Diamante, grazie).

In conclusione, Un Bagno di Sangria decisamente non soffre della sindrome del libro di mezzo, e non solo non vedo l’ora che venga pubblicato il capitolo conclusivo della trilogia, ma penso che meriti davvero una possibilità: se quest’estate non sapete cosa leggere, seguite Fiammetta e Ambrosio nelle loro scorribande per il Mediterraneo, vi faranno visitare posti meravigliosi anche se starete a casa e non avete la possibilità di viaggiare.

A cosa servono le Persone?

Titolo: A cosa servono le Persone? Titolo originale: Leeva at Last Autrice: Sara Pennypacker Illustratore: Matthew Cordell Traduttore: Paol...