mercoledì 5 febbraio 2025

Lucifero - Angels before Men

  • Titolo: Lucifero - Angels before Man
  • Titolo originale: Angels before Man
  • Autore: Rafael Nicolas
  • Traduttrice: Naomi Toffalori 
  • Lingua originale: inglese 
  • Codice ISBN:
  • Casa editrice: Giunti
Trama


In un paradiso eterno, l'angelo più bello e giovane di tutti, Lucifero, lotta con la vergogna e la timidezza, in cerca della sua vera identità. La compagnia degli altri angeli e la vicinanza del Creatore sono sterili palliativi per la sua anima incerta, in una pace solo momentanea. Fino a quando l'amicizia speciale che instaura col potente arcangelo Michele scombina inesorabilmente l'ordine di ogni cosa: le dolci carezze, la complicità esclusiva e la devozione impura che nutrono l'uno per l'altro scateneranno le ire di un Dio geloso e vendicativo .
Lucifero, punito nella carne e nello spirito, comprende allora una verità fondamentale: se è riuscito a creare qualcosa di nuovo – il peccato – significa che esiste del divino anche in lui. E che il potere può essere sovvertito. Anche a costo della sua condanna.


Recensione e commento

DISCLAIMER: POTREBBE URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ SE CREDETE IN DIO

Stravolgente completamente le vostre aspettative su questo libro, perché Lucifero - Angles before Man non è il libro che credete. Non è un romantasy e non contiene i trope che pensate, anzi, è un romanzo coraggiosissimo che affronta temi spinosi in cui la storia d’amore è abbastanza marginale e funzionale a raccontare altre cose.

Ma andiamo con ordine. Tutta la prima parte di Lucifero è estremamente esistenzialista, parte dalla sua creazione da parte di Dio che gli realizza un corpo e lo manda poi a vivere tra gli altri angeli nel Paradiso. In questa fase, Lucifero pone domande, si interroga sulla sua natura, su quella degli angeli e del Paradiso stesso, non ricevendo mai risposte e sentendosi dire che si preoccupa eccessivamente perché il Paradiso è perfetto e deve solo goderselo. In effetti, per tutta questa frazione di libro, il Paradiso è praticamente un’utopia, dove non ci sono mai problemi veri, gli angeli lavorano per hobby, poiché l’eternità è lunga da affrontare, e nessuno di loro ha dei difetti caratteriali insopportabili pur avendo delle psicologie chiare e delineate. Solo che quando si scrive di un’utopia, allora il conflitto deve necessariamente rientrare dalla finestra. La finestra è proprio Lucifero, perché il conflitto non è fuori, ma interiore al personaggio, che cerca lo scopo della sua esistenza, che non si accontenta della monotonia e che è sempre alla ricerca di qualcosa. In questa fase noi che leggiamo non proviamo antipatia per Lucifero, bensì tenerezza, perché la sua irrequietezza non è quella del giornalista d’inchiesta che con convinzione va all’assalto, ma quella di un bambino impaurito che cerca conferme e poi di un adolescente che insegue la sua strada e non trova una guida.

Man mano che si procede con la lettura, poi, ci si sente via via più a disagio nel Paradiso, perché, come in tutte le utopie, a un certo punto si sente che qualcosa non va. In Paradiso esiste l’esperienza del dolore. Gli angeli si feriscono, si tagliano, possono subire danni fisici e tuttavia guariscono sempre. Eppure, proprio questo fa sorgere delle domande al protagonista: perché esiste il dolore? Da qui parte una catena di considerazioni, anche inconsce, di Lucifero che attribuisce la maggior parte di questa sofferenza al corpo. Dio poteva lasciare che gli angeli fossero puro spirito, invece li dota di un corpo che è soggetto al dolore e non riesce a darsi una spiegazione. Mentre portavo avanti la lettura mi sono accorta, inoltre, che in questo Paradiso esiste il contrappasso. Infatti, Lucifero è l’angelo più bello di tutti, viene ammirato e apprezzato per la sua bellezza, spesso in modo superficiale, ma lui non riesce a sopportare il suo corpo, non solo non apprezza la sua bellezza, ma fa fatica anche solo a guardarsi allo specchio, così come non apprezza nemmeno l’esperienza dei corpi degli altri. Come il suo caso, ci saranno altri contrappassi, sempre piccoli, quasi nascosti, proprio perché sono quella scheggia di crudeltà che è stata celata nel creato in modo che non ci si possa mai godere pienamente quel che si ha.

La relazione d’amore, sulla quale il marketing ha fatto leva, è funzionale alla crescita personale di Lucifero e a mostrarci un rapporto che non sia disfunzionale. Michele, ci viene detto appena appare in scena, è orgoglioso e questo ci viene raccontato come un difetto. Ma cosa dovrebbe essere l’orgoglio se non consapevolezza del proprio valore? Grazie alla relazione con lui, Lucifero impara ad apprezzare sé stesso e smette di odiarsi. A questo proposito, penso sia doveroso fare una precisazione, perché probabilmente da quanto ho scritto finora non è comprensibile: in tutta questa parte del libro c’è solo pura innocenza, non esiste il sesso e non esiste l’amore romantico come lo intendiamo noi umani. Tutto è estremamente pulito e vissuto in modo tenero, quasi infantile, tanto che per quattrocento pagine non c’è nemmeno una parolaccia.

Eppure, nonostante questo, la loro relazione, innocente e dolce, è comunque un rapporto favorito rispetto a quello che i due hanno con Dio. Qui casca l’asino. Dio è un personaggio che appare in scena, non ci viene raccontata la sua fisicità, ma sappiamo quasi tutto su alla sua psicologia. Dio vuole che gli angeli siano modesti, quindi non va bene che siano consapevoli dei propri pregi, e vuole essere adorato sopra ogni cosa, ne deriva che sia molto contrariato dal fatto che Lucifero e Michele si amino in modo privilegiato. Alla sua prima apparizione, e per molto tempo ancora, Dio sembra il leader di una setta, si fa versare da bere, imboccare il cibo, gli angeli cantano per lui e vuole essere adorato. L’amore che Lucifero, in modo apparentemente spontaneo ma in realtà frutto di una manipolazione emotiva, gli dona va in una sola direzione, in contrapposizione a quello con Michele, che invece viaggia su un doppio binario, orizzontalmente, poiché è un dare e avere. Dio appare manipolatorio, narcisista, a tratti sfuggente. Dà e toglie a suo piacimento, è il genitore che rinfaccia al figlio di averlo messo al mondo, è il mentore che parla con frasi criptiche, è il padrone consapevole che il cane non lo morderà perché gli dà da mangiare. Dio è il manipolatore insicuro che usa il pugno di ferro appena sente che sta perdendo la presa sulla sua vittima eppure ha una reputazione tale che tutti lo definiscono infinitamente buono, anche quando è lui per primo a compiere il male. Perché è lui che lo ha creato.

La sua figura, comunque, si presta a varie stratificazioni di significato delle quali quella letterale non è sicuramente da sottovalutare, perché ci fa domandare perché Dio venga considerato buono quando lui ha creato tutto, incluso il male, e quando non esita a punire in modo agghiaccianti quelli che lo contrariano, come succede numerose volte anche le Vecchio Testamento. Le domande continuano, perché viene mostrata anche l’assurdità di proibire cose che sono possibili proprio perché i mezzi per compierle ci sono stati forniti da lui, tipo il libero arbitrio. Perché avere la possibilità di disobbedire se quando succede arriva il diluvio universale? Quanto sono effettivamente libere le nostre scelte e quelle degli angeli se la dicotomia è lasciare la gabbia aperta ma uscirne equivale a morte certa? In questo senso, sicuramente Dio può rappresentare anche semplicemente i dettami religiosi e i suoi dogmi. Del resto la Bibbia è un testo pieno di contraddizioni scritto nel corso di migliaia di anni da centinaia di uomini diversi, per cui, dato che la volontà di Dio è inconoscibile (ammettendo che esista), allora queste contraddizioni sono della religione, più che sue. Infine, Dio rappresenta chiunque detenga un enorme potere: lui può letteralmente togliere la voce a chi dice cose che non gli piacciono o che lo danneggerebbero, e che se venissero raccontate comunque, la sua reputazione è ferrea al punto che tutti faranno victim blaming. “Lo conosciamo, lui è infinitamente buono, non farebbe mai una cosa del genere! Sicuramente sei tu che lo hai provocato, devi averlo portato all’esasperazione, prima di te non era mai successa una cosa simile, per cui la colpa è per forza tua”. Sostituite il nome“Dio” con quello di qualsiasi uomo potente dalla facciata intonsa accusato di molestie e il gioco è fatto.

E infatti, proprio dopo un terribile evento che Lucifero subisce per mano di Dio, la sua psiche si spacca definitivamente. Lucifero si dissocia e c’è dissonanza tra le sue azioni e il modo in cui lo fanno sentire, tra quello che vuole e che crede di volere. A supporto di questo, anche la prosa comincia a diventare frammentata, la sintassi si distrugge via via e il flusso di coscienza dice tutto e il contrario di tutto. Alla fine, Lucifero non inventa niente: non inventa i peccati, quelli esistevano già, il suo merito è quello di renderli evidenti e dare un nome a ciascuno di loro, mostrando il fondo di crudeltà che è sempre esistito, perché alla fine per chi è un Paradiso, se non per Dio, affinché sia lui a fare ciò che vuole?

Lucifero è il libro che non vi aspettate, è coraggioso e fuori dagli schemi. Nell’approcciarvi a questa lettura stravolgete completamente le vostre prospettive e date un’occhiata ai trigger warning. È sicuramente una lettura divisiva, ma mai gratuitamente blasfema. Gli sarebbe bastato veramente poco per essere sfacciato e sopra le righe, ma Nicolas Rafael ha preferito un approccio morigerato che degenera solo alla fine, quando la vittima mette in atto un circolo vizioso da cui non riesce a uscire per dare senso al suo trauma. 

mercoledì 29 gennaio 2025

Orfeo - Musica e Tenebre

  • Titolo: Orfeo - Musica e Tenebre
  • Autore: Luca Tarenzi
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 978880909930520
  • Casa editrice: Giuntici
Trama


Orfeo compie la sua discesa nelle tenebre alla ricerca di Euridice, superando tutti gli ostacoli e arrivando fino al Signore dei Morti, che gli concede di riportarla sulla Terra a patto che Orfeo stesso non si volti mai a guardarla finché non saranno tornati nel mondo dei vivi. Ma durante la risalita (che si rivela una battaglia continua) il giovane arriva a comprendere la vita innaturale a cui costringerà la sua amata nel farla tornare tra i vivi. Decide dunque di lasciarla andare, pur senza abbandonare l'ossessione di ricongiungersi a lei in qualche modo. Nel suo viaggio negli Inferi, inoltre, scopre che gli dei non sono altro che anime umane mai passate oltre, e divenute talmente potenti da proclamarsi padroni del destino degli uomini. Contro questa tirannia, che ora gli sembra inaccettabile, comincia a progettare la ribellione definitiva. Il secondo libro di una trilogia fantasy potentissima e coinvolgente.

Recensione e commento

 
Il retelling mitologico non è mai semplice da scrivere, perché il rischio è sempre quello di banalizzare un’opera universale scritta da un genio letterario. Per Tarenzi non era semplice mantenere alto il livello della storia, in questo secondo capitolo della trilogia dedicata a Orfeo, eppure c’è riuscito.

In Orfeo - Musica e Tenebre seguiamo il protagonista e i suoi compagni nei regni terreni per quasi metà libro, li vediamo interagire con popoli diversi, districarsi in intrighi di corte e ciò che è più avvincente è proprio l’inserimento della vicenda di Orfeo in un contesto mitologico più vasto, dove anche altre storie leggendarie, come quella di Giasone e Medea e quella di Ercole, si dipanano fornendo dei pretesti credibili e di più ampio respiro per cui gli eventi accadono.

E in questo clima di complessità, nel senso buono del termine, che le psicologie dei secondari vengono approfondite, mostrandoci dei lati nascosti di figure che spesso percepiamo come macchiettistiche. Medea non è “la donna che ha ucciso i suoi figli”, non ancora e non solo quello: è una persona con grande forza d’animo, sicuramente machiavellica ma armata solo per la propria libertà.

“Quel gelido pezzo di marmo che è mio padre può tenersi tutti i suoi cuscini assieme a qualunque altra cosa mi abbia dato perché era suo dovere darmela. Ringrazio gli dèi per l’istruzione che ho ricevuto, perché è solo grazie a quella se posso lottare, ma non ringrazio per nient’altro al mondo.”

Così come Ercole, personaggio che viene spesso percepito con la superficialità riservata a chi  viene giudicato solo per il proprio aspetto, si dimostra non un energumeno senza cervello, ma un uomo pieno di rimpianti, diventato saggio grazie a tutto ciò che ha passato e che mostra il rovescio della medaglia, ovvero tutto ciò che di negativo le sue imprese gli hanno lasciato. Anche Persefone, spesso associata allo stereotipo della vittima, non è solo quello, e riesce a trovare un modo per essere attiva anche nella bruttezza del regno di Ade, trovando, per citare Calvino, ciò che Inferno non è.

Poi, finalmente, arriva la parte dell’oltretomba. Era facile che questa parte assomigliasse a una copia dei viaggi ultraterreni di Dante (ma anche in questo caso, indubbiamente Tarenzi sapeva già il fatto suo per ovvi motivi), invece è stato fatto un ottimo lavoro. Ci sono gli elementi della catabasi, come l’agnizione (e non solo una) ma il racconto è ancora più incalzante rispetto alla prima metà del libro, non un attimo di respiro, tantissimi elementi da mettere assieme e altrettanti eventi a cui stare dietro. 

La parte nel regno dei morti è la più emotiva, Orfeo incontra molte persone che hanno perso la vita mentre lui compiva il suo percorso e, finalmente, arrivano anche le domande sul suo scopo. Perché la morte di Euridice è stata ingiusta, certo, ma c’è stata, e comincia a domandarsi se sia giunto il momento di accettarla e andare avanti, perché nel mito originale “avanti” è l’unica direzione possibile. Voltandosi indietro si perde tutto. 

“Un’ipotesi, niente di più, ma così assurda che prima di quel momento il terreno che avrebbe potuto farla spuntare nemmeno esisteva in me. L’inconcepibile idea di rinunciare e andare avanti con la mia vita”.

Dopo un finale con cliffhanger non rimane che aspettare il capitolo conclusivo della trilogia. Se per Orfeo - Musica e Tenebre c’era scetticismo dovuto alla possibilità che la storia venisse stiracchiata, ora questi dubbi sono dissipati, perché l’incastonarsi della trama in un contesto più ampio e l’attualizzazione del messaggio di fondo sono abbastanza forti da giustificare una serie di libri. Non ci resta che aspettare. 

 

mercoledì 22 gennaio 2025

The Great When

  • Titolo: The Great When - Il Grande Quando
  • Titolo originale: The Great When
  • Autore: Alan Moore
  • Traduttrice: Tessa Bernardi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834745892
  • Casa editrice: Fanucci
Trama 


Quando Dennis Knuckleyard, giovane apprendista della feroce Ada ‘Cicca’ Benson, viene incaricato dalla rantolante datrice di lavoro di recuperare un lotto di libri da un collega che vuole disfarsene, e si ritrova per le mani un volumetto che in realtà non dovrebbe esistere, tutto potrebbe immaginare tranne che diventare il protagonista impotente e privo di risorse di una serie di disavventure che lo porterà suo malgrado a esplorare una Londra nascosta e pericolosa, di cui quasi nessuno conosce l’esistenza. Tra venditori ambulanti, maghi, pittori surrealisti, boss della malavita e prostitute dai capelli rosso fuoco, lo sventurato diciottenne si ritrova catapultato in una dimensione parallela alla sua, una Londra onirica che trascende il tempo e lo spazio, dove incontra personaggi in grado di trasformare la sua triste e squallida esistenza nella trama di uno strampalato romanzo da incubo dal quale dovrà cercare di uscire indenne. 
Con The Great When: Il Grande Quando, Alan Moore inaugura una pentalogia dove la Londra che conosciamo lascia il posto alla meraviglia di una città ricca di mistero, magia e pura follia.

Recensione e commento

Se c’è una cosa che si capisce bene di Alan Moore da come scrive è che sicuramente non è una persona che ama i compromessi. Dopo aver apprezzato la sua opera forse più famosa, V per Vendetta, mi sono buttata su The Killing Joke e sono poi approdata sulla narrativa, non appena è stata pubblicata in italiano. La sua raccolta di racconti, Illuminations, uscita sempre per Fanucci, mi aveva già mostrato quanto potesse essere strana e fuori da ogni canone la fantasia di un autore tanto prolifico quando assertivo.

Per quanto riguarda the Great When, si vede la sua natura ferma e rigorosa perché secondo me è un libro che autoseleziona il suo pubblico: moltissime persone abbandoneranno la lettura dopo i primi capitoli e altrettante lo faranno prima della metà, prima che le cose si facciano davvero interessanti e il ritmo cominci a incalzare. Questo è dovuto più che altro allo stile dell’autore che non usa mai poche parole per esprimere un concetto, anzi, forse arzigogola la prosa per compensare tutti gli anni di sintesi estrema del fumetto. Infatti è ricchissima di arcaismi e intricate metafore e per di più i personaggi non sono sempre simpatici per chi legge. Tutte queste caratteristiche messe assieme possono rendere il romanzo meno fruibile, ma ripeto: non sembra che all’autore la cosa interessi più di tanto, anzi sembra essere il suo intento. Proprio per questo è comprensibile l’eventualità che il romanzo possa sembrare pesante o poco piacevole e il pensiero di affrontare altro quattro libri potrebbe scoraggiare.

Tutte queste caratteristiche sono quelle che vi faranno amare oppure odiare il romanzo, perché appunto è tutto così estremo che viene difficile trovare una via di mezzo e un parametro che sia oggettivamente valutabile in The Great When: o lo si ama, o lo si odia.

Eppure, sotto l’aspetto dell’originalità ci si aspettava qualcosina in più da Alan Moore, che nella sua raccolta di racconti aveva ideato delle storie così folli, psichedeliche, blasfeme e disturbanti (ma avevano anche dei difetti) che l’idea di un protagonista che viaggia per una Londra parallela appare già stanca e sfruttata. Sono sicura che vi vengono in mente almeno due o tre romanzi con alla base questo concetto e purtroppo Moore non aggiunge granché alla discussione, se non il fatto che questa volta è la nostra Londra a essere un pallido riflesso di quella reale e autentica, che viene descritta in modo onirico e folle, a volte difficile da seguire. Infatti, è proprio lo stile a essere l’elemento più interessante, dato che traina tutto e perdersi nella prosa corrisponde a perdersi nella Londra immaginata dall’autore. 

Come sempre, Alan Moore si dimostra un personaggio divisivo che non apprezza le mezze misure nemmeno in materia di narrativa. The Great When è un’opera che amerete o odierete ma che è meglio affrontare con la consapevolezza che potrebbe anche non essere una lettura nelle vostre corde.

mercoledì 15 gennaio 2025

L’ultima Ora tra i Mondi

  • Titolo: L’ultima Ora tra i Mondi
  • Titolo originale: The last Hour between Worlds
  • Autrice: Melissa Caruso
  • Traduttrice: Veronica La Peccarella
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9791259676290
  • Casa editrice: Fazi
Trama 


In questo gioco nulla è come sembra e neppure la morte è la fine di tutto. Il tempo scorre inesorabile.
Chi farà la prossima mossa?
È la vigilia del nuovo anno e, dopo settimane passate in casa con la figlia appena nata, Kembral Thorne, membro in congedo della gilda dei Segugi, si prende una serata libera per andare a uno sfarzoso ballo, a cui parteciperanno tutte le personalità più in vista della città di Acantis. Nonostante la stanchezza per le notti insonni, Kem tenta di godersi la festa e di ignorare la presenza di Rika, attraente spia dagli occhi grigi e penetranti e sua acerrima nemica. Quando però gli invitati iniziano a morire e i rintocchi di un antico orologio a pendolo fanno precipitare la realtà Alfa in una serie di dimensioni parallele sconosciute e pericolose, Kem sarà costretta a prendere in mano la situazione. E per salvare la città dall’imminente catastrofe e sconfiggere lo spaventoso cavaliere dagli occhi d’argento dovrà contare proprio sull’aiuto di Rika.
Con il ritmo incalzante di una spy story, in L’ultima ora tra i mondi Melissa Caruso ci trascina tra inquietanti mondi paralleli e sontuosi balli dalle atmosfere vittoriane, costruendo un meccanismo diabolico e misterioso che terrà il lettore incollato fino all’ultima pagina.

Recensione e commento


Nella scorsa recensione, quella che riguardava A Dark and Drowning Tide, avevo posto la domanda “che cosa rende tale un romanzo per adulti?”, proprio perché quel titolo non aveva delle caratteristiche particolari che lo differenziassero da un target diverso. Non si può dire la stessa cosa di L’ultima Ora tra i Mondi.

Questo romanzo, che mi è capitato tra le mani per caso, dato che mi è stato regalato, ha saputo stupirmi con una rappresentazione ben fatta (cosa nient’affatto scontata) di una delle categorie più sottorappresentate del fantasy: quella delle madri. Kembral, infatti, è da poco diventata madre, ha una bambina di due mesi ed è comprensibilmente in debito di sonno e già qui le cose si faranno interessanti, dal momento che nella narrativa fantastica sono poche le opzioni per le madri: possono essere angeli del focolare, assenti, matrigne, molto più spesso muoiono di parto con il solo scopo narrativo di portare alla luce chi salverà il mondo, oppure in ultima istanza la maternità determina la fine delle avventure. Per Kembral, invece, non sarà così, perché per quanto il suo intento sia quello di passare una serata rilassante a una festa senza sua figlia, sarà proprio questo il teatro della vicenda. Kem non si sente a suo agio nel suo nuovo corpo, cambiato dalla gravidanza, e nonostante abbia deciso di uscire senza la sua neonata, il pensiero va sempre a lei: ogni decisione che prende è finalizzata a tenerla al sicuro e assicurarle la presenza di sua madre, quando le circostanze la porteranno a combattere per la sua vita, completando perfettamente l’arco di formazione dell’eroina.

È questo che intendo dire quando affermo che L’ultima Ora tra i Mondi è un romanzo adulto: non per la sola età della protagonista e nemmeno, come viene spesso frainteso questo target, con la presenza di sesso e violenza espliciti, anche perché in questo libro non ce ne sono. No, L’ultima Ora tra i Mondi è un romanzo adulto perché Kembral parla, agisce e si comporta come un’adulta, e lo sarebbe anche se la figlioletta appena nata non esistesse proprio. I suoi problemi e il modo di affrontarli sono da persona adulta che non ha tempo per i drammi inutili, deve pensare a un’altra creatura, è divisa tra maternità e carriera, che sembrano inconciliabili, e deve al più presto risolvere una situazione che mette in pericolo la vita di molte persone, senza che in questa circostanza si faccia guidare dagli ormoni per il bel tenebroso di turno, che in questo caso non c’è affatto.

E in effetti, per una volta, ho apprezzato anche la sottotrama romantica perché anche qui mi è sembrato tutto fatto bene, la dose di dramma era adeguata al contesto e anche quella viene gestita contenendo i toni e senza degenerare, nonostante Kembral e il suo interesse amoroso, la sfuggente Rika, siano letteralmente cane e gatto.

L’originalità della storia non si ferma qui, anche il worldbuilding e il sistema magico sono dei grandi punti di forza. All’inizio ho pensato in maniera prevenuta che fossero entrambi una scopiazzatura dell’Attraversaspecchi, ma per quanto ci siano delle somiglianze, in realtà le strade intraprese nelle due storie sono completamente diverse. Melissa Caruso riesce nell’intento di creare un sistema magico così dettagliato da fare apparire le vicende estremamente logiche e sensate, anche se per arrivare a questo risultato l’inizio del libro è stato un pochino macchinoso perché alcune informazioni andavano per forza date tutte assieme. Passato quel momento, il libro scorre via senza intoppi, anche quando non era semplice. Una delle possibili difficoltà consisteva proprio nel worldbuilding, dal momento che tutta la trama, o quasi, si sviluppa all’interno della stessa stanza, sono pochissime le situazioni in cui le protagoniste escono da essa o addirittura dall’edificio. Questo espediente avrebbe potuto risultare claustrofobico, ma poiché la trama consiste nel degenerare via via sempre più in profondità di questi echi che sono livelli diversi e mutevoli della realtà, allora la stanza, la casa, la città cambiano e chi le abita assieme a loro.

Anche l’uso della violenza, che è presente, serve a risolvere un conflitto momentaneo ma non quello trainante, dato che per problemi complessi servono soluzioni complesse. In numerose situazioni, infatti, Kembral dice nel suo flusso di coscienza di avere voglia di sfoderare la spada, ma di essere consapevole che questo non risolverebbe le cose.

Sono felicissima che L’ultima Ora tra i Mondi sia stata la mia prima lettura conclusa nel 2025, senza nemmeno farlo di proposito ho cominciato con un romanzo ambientato proprio a capodanno. L’arco di formazione dell’eroina, la sua costruzione solida e il fatto che sia una storia tanto ponderata e senza buchi me lo hanno reso molto caro.

mercoledì 8 gennaio 2025

A Dark and Drowning Tide

  • Titolo: A Dark and Drowning Tide - Un’oscura marea
  • Titolo originale: A Dark and Drowning Tide
  • Autrice: Allison Saft
  • Traduttrice: Federica Beltrame
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788809920095
  • Casa editrice: Giunti
Trama


Quando Lorelei Kaskel, giovane esperta di folklore, viene coinvolta in una spedizione per conto di re Wilhelm, pensa che sia l'occasione perfetta per riscattare le sue umili origini di figlia di un ciabattino: potrà finalmente mostrare il suo talento, incoronare il sogno di diventare una naturalista e liberare il popolo degli yevi, da sempre oppresso e discriminato. La missione prevede di trovare l'Ursprung – la sorgente di tutta la magia – al fianco di sei nobili accademici, cresciuti insieme ma divisi da antiche rivalità. A capo del gruppo l'abile professoressa Ziegler, che Lorelei aiuterà nel ruolo di guida. La ricerca, però, prende d'improvviso una piega inattesa: Ziegler viene brutalmente uccisa, e tutti diventano possibili sospettati. Il re interviene per chiedere a Lorelei di scoprire il colpevole, ma anche di portare a termine l'obiettivo. Accanto a un'indagine serrata, comincia così un viaggio avvincente tra creature maligne e foreste mutaforma, tra acque dai segreti insondabili e affascinanti volte stellate. A complicare le cose c'è Sylvia von Wolff, la principessa dai capelli lunari e gli occhi d'argento, acerrima rivale di Lorelei da tempo immemore. Nessuno meglio di lei conosce e sa addomesticare gli esseri che popolano quei luoghi fumosi e, soprattutto, è proprio Sylvia l'unica in grado di testimoniare l'innocenza di Lorelei agli occhi degli altri. Le due nemiche si trovano così unite per risolvere il mistero e scovare la preziosa fonte che dovrebbe garantire la salvezza del regno intero. Ma la tensione fra loro diventerà presto febbrile: e se dietro l'ostilità si nascondesse solo l'eterna paura di amare? Tra folklore e atmosfere gotiche, degne di un magistrale dark academia, un delicato sapphic romance capace di emozionare come la migliore delle fiabe.

Recensione e commento

Cosa fa di un adult un adult? Mi sono posta questa domanda sia mentre leggevo il libro di cui vi parlo oggi, sia quando ho iniziato la mia lettura successiva, di cui vi parlerò presto.

Ho parlato di A Dark and Drowning Tide nelle mie storie su Instagram varie volte e per ciascuna di esse ho sempre ricevuto dei messaggi in privato da parte di persone che mi dicevano di non essere state in grado di portare a termine la lettura. Da persona che invece ce l’ha fatta, credo di aver trovato delle spiegazioni e hanno tutte a che fare con la sospensione dell’incredulità che traballa troppo, per una serie abbastanza vasta di motivi.

Il primo che mi viene in mente, per esempio, è che è tutto estremamente blando, sbiadito. Saft nella sua scrittura cerca di essere sintetica, ma purtroppo quella è una dote che appartiene a penne più esperte e profonde, per cui la mancanza di dettagli si traduce non in una scultura creata con pochi colpi di scalpello, quanto in un bassorilievo abbozzato che ci racconta di personaggi, ambientazione e sistema magico che non sono né macchiettistici, né caratterizzati. Ed è proprio questo fenomeno, secondo me, che si traduce in una serie di conseguenze a cascata: a noi che leggiamo non interessa praticamente nulla di quello che ci viene raccontato, non ci affezioniamo a nessuna delle figure in scena e non ci coinvolge emotivamente neanche in minima parte il loro viaggio pieno di peripezie. In questo romanzo che parla di acqua che scorre e del suo potere trasfigurativo manca completamente l’immersione. Non c’è un motivo che ci porti a fare il tifo per le protagoniste e per la loro causa, nonostante la situazione politica complessa e precaria del regno in cui vivono non abbiamo abbastanza ragioni per credere nella loro causa, che è quella dell’unificazione, preferendola a quella dell’indipendenza di ciascuna provincia. Anche l’antagonista non ha abbastanza carisma da catturare l’attenzione, perché anche in questo caso la pecca maggiore è proprio quella della mancanza di immersione. 

Sin dall’inizio è evidente il tentativo di creare una tensione che non solo non esplode, ma nemmeno comincia mai davvero, dato che le due protagoniste sono apparentemente rivali ma finiscono con l’ottenere immediatamente ciò che vogliono, l’antagonista si capisce in maniera quasi immediata e ci sono troppe occasioni narrative sprecate. Abbiamo una persona che si sta trasformando in un albero e la cosa viene risolta a tarallucci e vino, così come la ricerca di un’isola che si sposta e appare sempre in luoghi diversi e imprevedibili non esiste perché, per motivi che non ci vengono raccontati, la protagonista sa già dove apparirà, senza darci alcuna spiegazione su come abbia avuto certe informazioni, rendendo tutto macchinoso e inverosimile. Inoltre, alcune volte i comprimari hanno alcune caratteristiche che spiccano rispetto a Sylvia e Lorelei. La storia è narrata proprio attraverso il punto di vista di quest’ultima ma spesso è maggiormente visibile la passione di altri personaggi per il proprio lavoro che di lei per il suo. Capita, infatti, che nel flusso di coscienza vengano inseriti dei frammenti di fiabe e racconti popolari che le vengono in mente in quel momento, ma ciò molto spesso distrae, non ha un’utilità e spezza la narrazione, il tutto senza che Lorelei mostri mai di amare davvero le storie e senza mai farci comprendere o intuire un qualsiasi significato, anche solo emotivo, che potrebbero avere per lei.

La cosa più apprezzabile è stata proprio la storia d’amore tra le due ragazze, anche se mi ha convinta solo sul finale, perché lì ho iniziato a percepire la chimica di una coppia che a me pare male assortita. Si volva creare il classico mix di persone che riescono ad amarsi nonostante le differenze caratteriali e di classe, ma anche in questo caso mi è parso che Sylvia, la più privilegiata delle due, non fosse in grado di comprendere a pieno il disagio di Lorelei, letteralmente costretta a vivere in un ghetto in quanto ebrea (anche se non è questo il termine che viene usato, ma è costante il riferimento alle tradizioni ebraiche, ai luoghi di culto e al folklore), per cui anche nell’affrontare la loro love story manca qualcosa.

Tornando alla domanda che ho scritto all’inizio, l’autrice ringrazia il suo lettorato perché ha deciso di leggere il suo primo adult, ma cosa dovrebbe rendere tale questo romanzo? Credo che il solo elemento sia l’età delle protagoniste che sono a metà dei loro vent’anni, ma gli eventi e le dinamiche non differiscono molto da quelle dello young adult, specialmente nella presenza di drama non necessario, e in effetti credo di aver letto diversi libri con trama e dinamiche molto simili annoverati nel target ya (questo è un argomento che affronterò meglio in una delle prossime recensioni perché ho scovato un libro che per me è l’emblema di come si scrive davvero una protagonista adulta).

Come recensione può sembrare molto negativa, ma in realtà il peggior difetto di A Dark and Drowning Tide è quello di non avere una vera e propria identità né nei pregi né nei difetti, purtroppo è una lettura che passa inosservata, che si dimentica più che lasciare una sensazione di disappunto. Non è brutto in senso stretto, ma è un romanzo per il quale abbassare le proprie aspettative.

mercoledì 11 dicembre 2024

Il Mondo della Foresta

  • Titolo: Il Mondo della Foresta
  • Titolo originale: The Word for the World is Forest
  • Autrice: Ursula K. Le Guin
  • Traduttore: Riccardo Valla
  • Codice ISBN: 9788804757467
  • Casa editrice: Mondadori 

Trama

Il "mondo della foresta" è il pianeta Athshe, abitato da una specie umanoide di "piccoli ometti verdi" che ha dato origine a una civiltà pacifica, basata sulla conoscenza di sé e sull'armonia dello spirito. I coloni venuti da Terra lo chiamano New Tahiti, ne sfruttano la popolazione, che considerano inferiore, e ne predano le risorse abbattendo indiscriminatamente gli alberi per inviare il prezioso legname sul loro lontanissimo mondo, dal quale la vegetazione è scomparsa. I miti nativi di Athshe si scontreranno loro malgrado con il modo di vivere rapace dei terrestri, imparando cosa siano l'avidità, la violenza, la vendetta. Sesto libro del "ciclo dell'Ecumene", "Il mondo della foresta" (Premio Hugo nel 1973 per il miglior romanzo breve) parla di sopraffazione e resistenza, della perdita dell'innocenza e del potere del sogno. In una trama fantascientifica che riecheggia gli eventi del Vietnam, racchiude, con toni talora crudi, talora fiabeschi, i temi cari a Le Guin: l'eterna dialettica tra bene e male, l'incontro di culture, l'armonia con la natura, la pace.


Recensione e commento

Come ormai saprete, per me è sempre difficile scrivere una recensione su un romanzo di Ursula Le Guin perché qualsiasi cosa io possa dire appare superflua rispetto a tutto quello che ha detto lei da sé. Questo testo non fa eccezione, si esplica perfettamente da solo, ma come sempre cercherò di fare del mio meglio. 

I temi di ambientalismo e diversità sono quanto mai presenti in Il Mondo della Foresta, al punto che sono arrivata a capire che non era lei avanti sui tempi, ma noi estremamente in ritardo. Infatti, in questo romanzo, lei stessa ammette di non aver resistito alla tentazione del pulpito e di farci la morale, per una volta, e, senza mai sfociare nella banalità, ci racconta di un mondo in cui non puoi mangiare i tuoi soldi, una volta che hai bruciato tutti gli alberi e inquinato tutte le acque. Questo romanzo scritto e pubblicato in piena guerra del Vietnam ha sicuramente delle similitudini con la realtà, primo fra tutti l’uso del napalm, la forte presenza della foresta sia come tratto culturale che come elemento strategico in guerra, e di un popolo che in essa riesce a nascondersi al punto da considerarla il mondo intero.

Ci viene mostrato come gli umani si concentrino sempre e solo sulle differenze e mai sulle cose in comune, infatti, come spesso accade nella fantascienza di Le Guin, abbiamo esseri umani che sono stati impiantati sui vari pianeti e lì hanno seguito percorsi evolutivi diversi, ma sono sempre la stessa cosa, anche se adattata a una natura diversa. In questo contesto, l’autrice ci mostra le sfaccettature del razzismo, le sue ipocrisie e i suoi bias, perché i nativi vengono considerati umani o non umani a seconda di ciò che fa comodo all’oppressore: quando si tratta di farli lavorare come asini da soma allora sono facilmente identificabili come animali, ma quando c’è da violentare le donne allora sono abbastanza umane da andare bene. Allo stesso tempo, mentre tutto ciò che viene commesso in prima persona viene considerato legittimo, sacrosanto o quantomeno giustificabile, il pensiero che possa accedere qualcosa di simile a parti inverse diventa insopportabile e disgustoso. Al rapporto tra le due fazioni presenti nel romanzo viene attribuita moltissima della retorica ancora oggi presente nella dialettica razzista, soprattutto per quanto riguarda la cultura e le differenze fisionomiche che nulla hanno a che fare con il pensiero o le capacità.

Lo stesso tipo di traslazione viene fatta anche in ambito ambientalista. Nella prefazione Le Guin ci racconta che in quel periodo era comune per lei unirsi a manifestazioni pacifiche di protesta contro la guerra e contro lo sfruttamento dell’ambiente e che trovasse molto strano che tutto ciò venisse considerato bizzarro. Nel romanzo vediamo che l’utilitarismo verso la terra si giustifica con una indiscriminata deforestazione sul pianeta colonizzato, come se la mancanza di legno sulla Terra, causata proprio dallo stesso identico tipo di sfruttamento, giustificasse tutto. Ci viene mostrata un’umanità che non solo non ha imparato nulla, ma che continua a basare il suo modello economico sulla prepotenza e la prevaricazione, senza mai comprendere che non siamo noi contro la natura, ma noi e la natura assieme.

Sono 160 pagine davvero pregne e personalmente la cosa che amo di più di Le Guin è che non si perda in chiacchiere, perché riesce sempre a delineare anche in un solo paio di battute di un discorso diretto tutto quello che ci serve estrapolare per farci un pensiero nostro. Ed è infatti in questo modo che ci viene raccontato dell’inadeguatezza della politica, perché i politici dei vari enti internazionali e interplanetari sono lì a parlarsi tra di loro, a chiedere tregue, a dire che devono parlare prima con i loro superiori, ma nessuno si prende la briga di trattare con la popolazione locale o di fare a lei delle promesse.

Anche i personaggi sono altrettanto complessi per quanto delineati in pochissimo spazio, solo uno di loro è completamente malvagio, mentre gli altri sono umani e quindi un mix di bontà e cattiveria. Persino il personaggio più positivo è inconsapevolmente sessista, non perché intenda esserlo, quanto perché è nato e cresciuto immerso in quel tipo di società e questo è chiaro dalle cose che dice in merito al suo rapporto con le donne.

Non sono sicura di essere stata sufficientemente convincente, ma non credo che Le Guin abbia bisogno di troppe presentazioni. Non ho mai letto un suo libro pensando “Questo lo ha scritto perché aveva la rata del mutuo”, anzi, ogni sua parola, ogni sua frase è sempre necessaria e la vivo come un arricchimento. Il Mondo della Foresta non fa eccezione, è un libro efficace e all’avanguardia che dovremmo recuperare tuttɜ per sapere quanto tempo abbiamo avuto per cambiare le cose e invece non lo abbiamo fatto.

In 160 pagine è riuscita a criticare l’invasione del Vietnam, la scarsa attenzione verso l’ambiente sia dell’opinione pubblica, sia della politica, che resta indifferente anche davanti ai genocidi. Se dopo cinquant’anni dalla prima pubblicazione non è cambiato nulla allora temo che non fosse lei a essere troppo avanti ma noi troppo indietro.

mercoledì 4 dicembre 2024

Il Ritorno di Rachel Price

  • Titolo: Il Ritorno di Rachel Price
  • Titolo originale: The Reapperarance of Rachel Price
  • Autrice: Holly Jackson
  • Traduttore: Paolo Maria Bonora
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788817185998
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


Luci. Azione. Bugie. Bel, diciotto anni, ha vissuto tutta la sua vita all’ombra della misteriosa scomparsa di sua madre, Rachel. Sedici anni fa la donna è svanita nel nulla e Bel, l’ultima ad averla vista viva, era troppo piccola per ricordare qualcosa. Quel che è certo è che Rachel non c’è più, presumibilmente morta da anni. Bel vorrebbe solo poter andare avanti, mentre invece il fantasma della madre sembra non volerla proprio lasciare in pace. Quando la famiglia Price dà il consenso a girare un documentario su Rachel, il caso viene riportato alla ribalta. Bel non vede l’ora che le riprese finiscano per poter tornare alla sua vita normale, ma poi accade l’impossibile: Rachel Price riappare e addio ritorno alla normalità. La storia che Rachel racconta ha dell’incredibile, e infatti Bel non sa se crederle. Ma se sta mentendo, dove è stata per tutti questi anni? E se non fosse davvero chi dice di essere? Una ripresa dopo l’altra, Bel deve scoprire la verità su sua madre e sul perché è tornata. Una storia sconvolgente sulla ricerca della verità e sulla paura di scoprire chi è davvero la tua famiglia…

Recensione e commento

Il Ritorno di Rachel Price è considerato il peggiore libro scritto dalla prolifica penna di Holly Jackson, creatrice della saga “Come uccidono le brave ragazze”, per intenderci, per cui avendo già sentito dei pareri da chi aveva letto questo nuovo romanzo in lingua originale partivo con aspettative sotto la media, per essere un libro di un’autrice tanto abile.

E devo dire che in realtà i tre quarti del volume sono stati molto piacevoli, se si fosse fermato cento o centoventi pagine prima sarebbe stata una storia davvero gradevole e non avrei avuto molto da ridire: la struttura è agli antipodi rispetto a quella a cui siamo abituate, perché il giallo non è sulla sparizione di una persona, evento che è avvenuto sedici anni prima, ma sulla sua ricomparsa. Siamo ben oltre le ventiquattro ore decisive per la vita di una donna che viene rapita, eppure la sua ricomparsa getta molte ombre sulla famiglia Price, perché nessuno sembra davvero felice di vederla. Il sovvertimento dello status quo da parte sua non viene ben recepito dalla figlia Bel, che aveva solo due anni al momento della sua scomparsa ed era persino presente. Bel ha la certezza che Rachel stia mentendo e fa di tutto per trovare le prove. Questa è stata la parte migliore del romanzo, perché tiene davvero incollate alle pagine, non c’è un attimo di respiro e i colpi di scena sono dietro l’angolo. Gli indizi ci vengono forniti, ma l’autrice è abile a fornire delle spiegazioni che non sono quelle a cui noi lettrici avevamo pensato.

Un’altra cosa che ho apprezzato è che i personaggi non sono confondibili con quelli di un’altra dei suoi romanzi, Jackson non crea dei libri che sono la copia carbone di altre cose che ha scritto, anche se Il Ritorno di Rachel Price oggettivamente pecca un po’ di citazionismo, dato che diverse delle diramazioni della trama sono state prevedibili perché raccontate identiche in altre storie che lei stessa nomina all’interno della prosa. 

Le note dolenti arrivano quasi tutte sul finale, perché il movente che viene fornito è molto debole, un colpevole c’è e basterebbe davvero puntare il dito verso questa persona sin dall’inizio mostrando le prove, eppure questa mancanza viene giustificata con la scusa di non essere credibile, quando in realtà è tutto il teatrino che viene tirato su per tenere su la bugia che non sta in piedi. Una volta che si mette in discussione questo, l’intera trama appare improvvisamente traballante e tirata per i capelli. Inoltre, la psicologia stessa del colpevole avrebbe avuto bisogno di più approfondimento perché appare un po’ troppo all’acqua di rose, dal momento che esistono dei segnali rivelatori della sua personalità ma sono  quelli di uno stadio iniziale di un comportamento violento, non quelli che fanno pensare a un’escalation su cui si può perdere il controllo da un momento all’altro.

Un altro problema che ho riscontrato riguarda l’editing, sia in italiano che in lingua originale. Nello specifico, per esempio, c’è un indirizzo che viene nominato diverse volte e il numero civico cambia ogni volta, per cui leggendo si potrebbe pensare che sia un indizio, che vada a parare da qualche parte e invece no, è solo un errore che evidentemente non è stato corretto in fase di editing. Per quanto riguarda l’italiano, invece, l’uso dell’imperfetto dell’indicativo al posto dell’imperfetto del congiuntivo è criminale e non me lo aspetto da una delle più grandi case editrici italiane. La sensazione è quella che quando una penna arriva a un certo livello di successo e le copie vendute sono garantite venga mandato il manoscritto in stampa senza cercare di trarne il meglio possibile. Un peccato, perché molta sciatteria poteva essere tolta facilmente e il risultato sarebbe risultato ancora più piacevole.

Nel complesso, ho trovato Il Ritorno di Rachel Price gradevole e incalzante. Davvero non sono riuscita a metterlo giù fino a quando non l’ho finito, per quanto avrebbe potuto essere un libro ancora migliore con un po’ di attenzione in più. E oggettivamente, se fosse stato scritto da un’autrice che non mi avesse abituata a standard così alti, forse lo avrei persino promosso a pieni voti, ma visto che stiamo parlando di Holly Jackson sono molto consapevole che potesse fare di più, dato che l’ha già fatto.

Lucifero - Angels before Men

Titolo: Lucifero - Angels before Man Titolo originale: Angels before Man Autore: Rafael Nicolas Traduttrice: Naomi Toffalori  Lingua origi...