giovedì 17 ottobre 2024

The Cartographers - I Cartografi

  • Titolo: The Cartographers - I Cartografi
  • Titolo originale: The Cartographers
  • Autrice: Peng Shepherd
  • Traduttrice: Sara Marzullo
  • Lingua originale: inglese 
  • Codice ISBN: 9791281777095
  • Casa editrice: ne/on
Trama 

La vita di Nell Young ruota da sempre intorno alle mappe. Suo padre, il dottor David Young, è stato uno dei cartografi più rispettati al mondo: almeno fino a quando non viene trovato morto – o assassinato? – nel suo ufficio all’interno della New York Public Library. Lei e suo padre non parlavano da anni – da quando l'uomo l’aveva licenziata dopo un’accesa discussione su una mappa stradale apparentemente senza valore: la stessa che Nell trova nascosta nella scrivania dell’uomo. Nell non può fare a meno di indagare, e con grande sorpresa scopre che la mappa in realtà è incredibilmente preziosa e molto rara. Unica, forse, perché ogni altra copia sembra essere stata distrutta da un misterioso collezionista. Nell si ritroverà quindi a intraprendere un viaggio pericoloso che la porterà a scoprire una cospirazione inimmaginabile, i segreti della sua famiglia e il vero potere delle mappe.

Recensione e commento

Questo libro mi ha fatto pensare alla geologia. Avete presente quando una persona è appassionata di minerali, che per la maggior parte della gente sono solo sassi e pertanto noiosi, ed è così innamorata della sua materia che riesce a trasmettere entusiasmo per le pietre anche a voi? Ecco, per me The Cartographers - I Cartografi è esattamente così, un romanzo d'avventura per adulti in cui il fantasy appare solo dalla metà in avanti, in cui la geografia è movente narrativo, sistema magico e worldbuilding al tempo stesso. È una materia che spesso a scuola studiamo con poca convinzione, mentre in questo romanzo diventa ambiente prolifico per tagliagole senza scrupoli pronti a tutto per recuperare una mappa speciale.


Questa volta non penso di poter suddividere l'analisi di questo romanzo in "pregi" e "difetti", perché alcune volte si sovrappongono. Da un lato è pregevole che si tratti di una lettura leggera, non particolarmente difficile da seguire, eppure incalzante e serrata, dall'altro però è anche vero che è subito intuibile chi siano gli antagonisti nascosti nell'ombra in maniera neanche troppo astrusa. Questo può sia essere un difetto, per chi cerca una lettura più impegnativa, ma anche qualcosa di rassicurante per chi è in vena di una lettura leggera.

Per una volta ci troviamo davanti a personaggi abbondantemente adulti: la protagonista stessa ha trentacinque anni e si ritrova a indagare nel vissuto del padre e dei suoi amici dopo lungo tempo. Affrontiamo, quindi, i problemi di una generazione di adulti che però non sono pienamente appagati, che fanno lavori poco soddisfacenti per sbancare il lunario e questo si traduce in una generale voglia di evasione, nella ricerca di “qualcosa in più”, proprio ciò che Nell desidera e troverà nel suo percorso.

The Cartographers - I Cartografi è un romanzo che ci trasporta nelle atmosfere dei libri di avventura della nostra infanzia, ma se l’atmosfera è rimasta la stessa noi e le protagoniste che agiscono siamo cresciute. È un storia piacevole e molto autunnale, con le sue librerie traboccanti, la luce soffusa e le ampie aule dei musei. Potreste rifarlo prevedibile, ma non è un libro che punta a sorprendere, quanto a cullarci e coccolarci un pochino.

mercoledì 16 ottobre 2024

I cento Amori di Giulietta

  • Titolo: I Cento Amori di Giulietta
  • Titolo originale: The Hundred Loves of Juliet
  • Autrice: Evelyn Skye
  • Traduzione di: Martina Calvaresi & Dafne Calgaro 
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804773269
  • Casa editrice: Mondadori
Trama 


È una gelida, incantevole serata invernale in una piccola città dell'Alaska quando Helene e Sebastien si incontrano per la prima volta. Peccato che non sia veramente la prima volta. La loro storia la conoscono tutti, ma non è andata proprio come l'ha raccontata Shakespeare.

Recensione e commento

I cento Amori di Giulietta è un libro imperfetto. E l’ho amato tantissimo. Dall’inizio alla fine ho avuto gli occhi bagnati per la commozione.

Ma andiamo con ordine e, come sempre, partiamo dalle cose negative, dulcis in fundo.

Prima di tutto, analizzando il romanzo da un punto di vista tecnico e oggettivo, mi tocca ammettere che in alcune parti si sente un po’ l’ingenuità dell’autrice. Ho conosciuto Evelyn Skye con Damsel, che si basava sulla sceneggiatura del film omonimo ma che lo stacca nettamente per qualità prendendosi alcune licenze verticalmente migliorative rispetto alla pellicola. In quel contesto ho davvero sentito che l’autrice avesse la situazione perfettamente in mano, che avesse tutto sotto controllo, dalla prosa alle dinamiche da sviluppare e trovo che non abbia sbagliato un colpo. In I cento Amori di Giulietta, invece, l’ho sentita (giustamente) più inesperta, seppure con un grande potenziale. Ci sono alcune scene in pieno stile rom-com che sono un po’ buttate via nella cifra totale della trama che non avranno il risvolto che realisticamente avrebbero dovuto avere, ad esempio quando Helena dovrebbe occuparsi della libreria del paese ma si assenta per tre giorni come se nulla fosse e nessuno batte ciglio. Allo stesso modo, ci sono scene alla Misson Impossible, e 007 muto.

A parte questo, invece, ci sono state molte situazioni che mi sembravano inverosimili in un primo momento, ma che mi sono parse più credibili andando avanti: l’incipit del romanzo consiste nel primo incontro tra i due protagonisti con una Helena che riconosce l’amico immaginario che le ha tenuto compagnia nei suoi momenti bui, lui, d’altro canto, la allontana immediatamente in modo brusco. Mi sembrava la solita solfa dell’amore a prima vista, ma il sistema magico ha giustificato questa scelta, poiché Romeo non può morire ed è destinato ad amare e perdere Giulietta che si reincarna a ogni generazione in una donna diversa.

Per cui, per quanto il romanzo abbia sì delle ingenuità e alcune parti in cui la sospensione dell’incredulità viene meno, sono stranamente riuscita a passarci sopra perché il libro ha un messaggio di fondo e, cosa non meno importante, i personaggi sono ben caratterizzati. Romeo e Giulietta (o Sebastien ed Helena che li si voglia chiamare) sono due persone adulte, non due giovani con la corteccia prefrontale ancora da svilupparsi, e questo cambia molte cose. Sebastien-Romeo è un uomo equilibrato e ponderato, per quanto molto ferito e disilluso, mentre Helene-Giulietta è una donna ormai divorziata che sta cercando di affrontare la vita con ottimismo e tenti di cogliere la felicità appena le si presenta. È qui che si scontreranno le due personalità agli antipodi: lui non ne può più di soffrire e perdere la persona che ama, lei vuole bere ogni goccia di gioia perché la vita non si misura in anni ma in momenti. Lei stessa ha sofferto, nella vita, ma sempre con la consapevolezza che sia parte del gioco, che così è la vita. Sono state le parte dei reciproci flussi di coscienza a commuovermi, perché capivo perfettamente le ragioni di entrambi e credo che sia la paura di perdere chi amiamo, sia la voglia di vivere appieno siano sentimenti fortemente empatizzaibili anche per chi, come me, legge poco romance. I Cento Amori di Giulietta non è esclusivamente una storia d’amore, quella è sicuramente centrale, ma racconta anche di un’umanità che è sempre uguale a sé stessa, secolo dopo secolo, e non solo nelle cose negative, perché le emozioni umane sono le stesse in ogni epoca e in ogni punto della terra.

Il finale è leggermente frettoloso, ma mi ha dato quello che volevo, anche se avrei preferito avere qualche spiegazione in più sulla risoluzione del conflitto narrativo. 

I Cento Amori di Giulietta è molto fuori dalla mia comfort zone, eppure è una lettura che ho saputo apprezzare nonostante i piccoli problemi tecnici. È un libro agrodolce, con una struggente tenerezza di sottofondo che racconta di una storia d’amore che procede nonostante gli alti e i bassi della vita, non necessariamente tragici, e usa una storia particolare per raccontare sentimenti universali. Non è necessariamente verosimile, ma se cercate una storia che vi faccia bagnare gli occhietti da leggere in un paio di sere sotto le coperte penso che potrebbe essere il libro giusto.

mercoledì 9 ottobre 2024

The Cheerleaders

  • Titolo: The Cheerleaders
  • Titolo originale: The Cheerleaders
  • Autrice: Kara Thomas
  • Traduttore: Marco Astolfi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788809925533
  • Casa editrice: Giunti
Trama


Cinque ragazze hanno mentito. Cinque ragazze sono morte. Non è rimasta neanche una cheerleader a Sunnybrook. Prima c'è stato l'incidente stradale in cui sono morte due ragazze. Poco dopo, altre due sono state brutalmente uccise dal vicino di casa, ma la polizia ha ucciso il killer e nessuno saprà mai il movente. La sorella di Monica è stata l'ultima a morire, e dopo il suo suicidio la Sunnybrook High ha sciolto la squadra. È successo cinque anni fa, ma Monica non riesce a dimenticare: ci sono le lettere trovate nella scrivania del patrigno, un vecchio cellulare riapparso, uno strano personaggio che si aggira per la scuola… Qualsiasi cosa sia accaduta cinque anni fa, non è finita e adesso torna a bussare alla porta. Un thriller ingannevole, un puzzle i cui pezzi si ricompongono alla perfezione. Un'autrice di spicco nel panorama dei thriller YA, conosciuta in tutto il mondo ma mai pubblicata in Italia.

Recensione e commento

Dopo un periodo in cui ho letto solo libri bellissimi ma cervellotici e un po’ impegnativi come la Trilogia dei Corpi e La lunga Notte senza Luna mi ci voleva un bel thriller adrenalinico adattissimo a questa stagione.

The Cheerleaders è un thriller young adult che riguarda un cold case e, per quanto non sia un libro perfetto,  ha sicuramente molti elementi apprezzabili. Si gioca moltissimo sulla percezione di cosa sia successo secondo il punto di vista della protagonista, Monica, che è la sorella di una delle cheerleader morte cinque anni prima in circostanze misteriose. È subito intuibile che la persona a cui è stata addossata la colpa non sia il vero colpevole, eppure le viene detto di smettere di indagare e di farsi domande sulla morte della sorella proprio perché la comunità e la sua famiglia stanno cercando di andare avanti. Naturalmente, Monica sarà inamovibile e metterà a rischio la sua carriera scolastica per scoprire la verità. 

Eppure, se da un lato ho apprezzato moltissimo gli incastri della trama, la ricerca delle risposte e il fatto che non tutto sia come sembra, dall’altro lato qualche buchino di trama c’è, specialmente per quanto riguarda il movente narrativo, che secondo me è un po’ traballante: non c’è una motivazione forte per la quale Monica, di punto in bianco dopo cinque lunghi anni, decida di mettersi sulle tracce di un assassino e cambi addirittura personalità ancora prima che le indagini comincino. Infatti, la storia si apre quando il suo cambio caratteriale è già avvenuto e chiunque abbia a che fare con lei glielo fa notare di continuo, ma non avremo risposte a riguardo. 

Un altro aspetto che secondo me è un difetto che sto riscontrando molto spesso nella narrativa di questo periodo è l’improvviso cambio di forma narrativa quando fa comodo. Il libro è narrato tutto dal punto di vista di Monica attraverso l’uso della prima persona, ma all’occorrenza vengono inseriti dei flashback saltuari dal pov della sorella morta. Personalmente non sono un’amante di questa struttura perché mi sembra sempre che chi la utilizza non abbia sotto controllo al cento percento la sua storia. A volte basterebbe usare una forma immersiva con narratore onnisciente per risolvere certi problemi dovuti alla cambio di punto di vista, per cui non comprendo il motivo per cui questa struttura sia tanto in voga, dato in realtà è meno letterariamente raffinata.

Al di là di questo, il finale mi ha abbastanza soddisfatta, perché è stato  realistico quanto basta, nel senso che non tutte le risposte vengono trovate, le persone continuano a tenere parte dei loro segreti e la realtà è molto complessa per quanto, istintivamente, si tenda ad appiattirla.

Ho apprezzato molto la varietà di tematiche trattate, Monica non è una protagonista stereotipata, quanto una persona a tutto tondo in un momento di piena crisi. Questo la porta a riflettere sulla sua famiglia, sulle sue amiche dalle quali si sta allontanando a causa di un cambio di priorità, ma anche su quello che vuole veramente. Ci sono state delle scene che mi hanno spezzato il cuore tra lei e sua madre, che hanno un rapporto molto freddo dovuto al trauma di aver perso quella che per loro era una figlia e una sorella. Ci sono molte cose in sospeso e non dette tra di loro e infatti lo scioglimento comincia in concomitanza con il loro riavvicinarsi e la fine dei loro segreti. Penso che per una persona in piena crisi adolescenziale, come quella a cui è indirizzato The Cheerleaders, sia importantissimo sentirsi amata a prescindere da quanto turbolenta possa essere, al di là della trama è questa la cosa che mi è piaciuta di più.

The Cheerleaders è un libro molto veloce adattissimo a essere usato come intervallo tra letture più impegnative. Questo non significa affatto che sia allegro o frivolo, anzi, la vastità degli argomenti trattati e le atmosfere cupe non sono affatto da sottovalutare. Resta comunque un libro adrenalinico e stringato perfetto per l’inizio dell’autunno.

mercoledì 2 ottobre 2024

La lunga Notte senza Luna

  • Titolo: La lunga Notte senza Luna
  • Titolo originale: The spear Cuts through Water
  • Autore: Simon Jimenez
  • Traduttrice: Marinella Magrì
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804781455
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Anticamente, Luna e Acqua si amavano. In cerca di un modo per stare insieme, crearono il Teatro Riflesso, un luogo sospeso tra i mondi e nel tempo, a cui anche ai mortali è consentito l’accesso attraverso il sogno. Quando arrivi, sai già dove andare: ottava fila, posto centrale. Attratto da una forza sconosciuta, ti siedi e assisti al racconto di questa storia: un tempo, uno dei Primi Uomini scucì Luna dal cielo con la punta della sua lancia. Lei gli concesse quindi un desiderio: una discendenza investita di doni sovrannaturali che da allora ha regnato sull’Antica Patria, soffocandola, tuttavia, con la propria sete di potere e gettandola in un’oscurità sempre più profonda. Gli imperatori hanno tratto per secoli la loro forza da Luna, imprigionata nelle segrete del palazzo reale, ma una divinità non può essere rinchiusa per sempre... Mentre l’Ottavo Imperatore si prepara a un pellegrinaggio in cerca del segreto della vita eterna, e i suoi eredi, i Tre Terrori, tramano per prendere il suo posto, Luna convince Jun, figlio prediletto del Primo Terrore, ad aiutarla a scappare per rimediare al suo passato da feroce assassino. Durante la fuga, i due incontrano Keema, un giovane guerriero con un solo braccio e dalle misteriose origini, che si unisce a loro in questo pericoloso viaggio verso i confini più estremi del regno, alla ricerca di un modo per riportare la libertà e la luce nell’Antica Patria. Grazie a una capacità narrativa estremamente originale e stratificata, Simon Jimenez dà vita a un incredibile romanzo corale, che è allo stesso tempo un’avventura epica e una storia d’amore, un’esplorazione profonda dell’identità e del senso di appartenenza, e un tributo all’immenso potere delle storie e del racconto.

Recensione e commento

Ho lasciato sedimentare questa lettura per diversi giorni dopo averla conclusa, nella speranza che mi venissero le parole giuste parlarvene. Non sono sicura che questo sia successo, ma cercherò comunque di fare del mio meglio.

Penso sinceramente che La lunga Notte senza Luna sia uno di quei libri dei quali non si possa dire se siano belli o brutti, perché è così fuori dal comune e così particolare che solo voi, provando a leggerlo, potete decidere se vi piaccia o no. A me è sinceramente piaciuto, l’ho percepito un po’ come se N.K. Jamisin avesse scritto Il Mare senza Stelle, immaginatevi che trip.

Già solo la struttura è originalissima, la narrazione si sviluppa “a matrioska”, c’è una storia, dentro una storia dentro una storia, con un tono e uno stile che cambiano a seconda del lettore implicito. Lo so, è complicatissimo, ma è così: la narrazione si apre usando una seconda persona singolare, con un narratore onnisciente che si sta rivolgendo sia a noi, sia a un ascoltatore che sarà solo occasionalmente un personaggio attivo e mai protagonista. A noi e a lui viene raccontata la storia del Teatro Riflesso, in cui si può andare solo una volta nella vita, nei propri sogni. Ed è proprio qui che l’ascoltatore, che poi siamo noi, diventa personaggio e la maggior parte della sua attività consiste nell’assistere alla storia che viene messa in scena. La sua vita personale, quella del mondo da sveglio, si intrufola solo saltuariamente e la conosciamo a grandi linee (la guerra, i fratelli, il padre severo), la narrazione a cui viene riservato il novanta percento dello spazio è appunto quella che viene messa in scena nel teatro: è quella di cui sappiamo tutto, ambientazione, vita morte e miracoli dei personaggi, sistema politico etc. È il vero centro del romanzo e la chiave per interpretare tutto il resto perché è un po’ come se ci venisse fornito un racconto universale sulle nostre origini come individui e come popolo che è sepolto dentro di noi. Non sappiamo in modo consapevole che è lì, ma in qualche modo ci forma e ci definisce.

Riguardo alla storia che si svolge nel Teatro Riflesso, non so cosa mi aspettassi, ma non mi aspettavo quello che ho letto. E mi è piaciuto. È stata una storia epica spalmata su un periodo di cinque giorni in cui viene data la spinta finale a un impero che sta crollando e fin qui niente di strano, ma tutto questo avviene all’interno di un universo immaginifico incredibile, ci sono delle scene di una bellezza e di una fantasia che non saprei descrivere e che non mi verrebbero mai in mente. Non ve le racconto perché molte di loro sono spoiler, ma sono spesso delle situazioni così impensabili che la loro risoluzione e di per sé un colpo di scena. E contengono tutto, dalla brutalità della guerra alla bellezza poetica del mito che si perde nel tempo.

Generalmente amo sviscerare i significati nascosti, le metafore e quello che l’autore voleva veramente dire senza dirlo in modo esplicito, ma qui mi trovo completamente spiazzata, perché credo che sia un po’ una di quelle storie universali che potrebbero essere analizzate per secoli. È un romanzo che va avanti per archetipi che sono universali e non sono riconducibili a una sola mitologia, ma a tutte, poiché è collocata fuori dallo spazio e dal tempo. Anche in questo risiede l’originalità del libro, perché non sembra la rielaborazione di qualcos’altro e penso che sia uno dei rari casi in cui l’aggettivo “inimitabile” sia veramente calzante. Va da sé, non penso che l’originalità sia una valore assoluto, a volte basta solo narrare bene un bel racconto, ma in questo caso è un pregio proprio per il fatto che non è solo simulata, ma portata al suo apice, limata e cesellata. È indubbiamente anche un esercizio di maniera, ma mi ha anche lasciato qualcosa a livello emotivo, per quanto io non sappia ricondurre questa sensazione a un singolo elemento preciso, perché le tematiche contenute sono tantissime e non veicolano messaggi semplificati. Si parla di redenzione, di potenti che pensano a fare festini mentre arriva la fine del mondo (se vi ricorda qualcosa immagino che non sia casuale), di leggende che prendono vita, di ciò che ereditiamo dalla nostra famiglia, di poteri magici tramandati, di rinascita, di perdono e divinità che possono morire, il tutto mentre gli ingranaggi della trama si incastrano uno alla volta e il meccanismo continua a girare con un’armonia che vedo sempre più di rado. Infatti, a questo proposito, per quanto La lunga Notte senza Luna si apra con un incipit che sembra quasi un’allucinazione, quando si arriva alla fine lo si fa con la consapevolezza che nulla è stato lasciato al caso e ogni pezzo è andato al suo posto.

In questo viaggio attraverso l’acqua di Keema e Jun, potrete dare il significato che vorrete, poiché il significato è qualcosa che si dà, non qualcosa che si trova, esattamente come accade con le storie antiche del mito e delle fiabe. Siamo ancora qui a parlarne e a scrivere saggi su saggi a secoli di distanza per via degli echi che hanno lasciato. Per me La lunga Notte senza Luna ha esattamente la stessa potenza. Non so dire se sarà qualcosa che verrà studiato a scuola in futuro, ma sicuramente è il tipo di racconto che ha l’ambizione far rispecchiare in sé chi legge, più che di metterci davanti a una lavagna e spiegarci qualcosa in modo didascalico. Anche la storia d’amore, che in genere è il mio tallone d’Achille, per me è stata convincente proprio perché cresce poco alla volta e non appare forzata o infilata a forza nella trama perché deve esserci per forza. Ho sinceramente fatto il tifo per la ship e ho sperato fino all’ultimo che l’epilogo non fosse tragico.

Fra, abbiamo capito che ti è piaciuto, ma quindi è perfetto?, mi chiederete. No, qualche piccolo difetto c’è, anche se è trascurabile nella cifra totale del romanzo. Innanzi tutto, il primo errorino che mi viene in mente è che i nomi di due personaggi sono troppo simili perché iniziano con la stessa lettera, hanno la stessa lunghezza e hanno circa le stesse vocali all’interno della parola; questo mi ha portata in un paio di occasioni a confonderli e dover tornare indietro di un paio di paragrafi per capire chi avesse fatto cosa. Inoltre, ho trovato un problemino nella rappresentazione di Keema, un guerriero a cui è stato amputato un braccio. Sebbene sia auspicabile la rappresentazione di corpi sempre diversi e mi abbia fatto piacere vedere per una volta un corpo con una disabilità dall’inizio alla fine, senza che per magia ricresca il braccio alla chiusura del libro, allo stesso tempo non ha nessuna delle difficoltà che realisticamente dovrebbe avere: si arrampica con un braccio solo senza mai un’esitazione, combatte senza che questo sia mai uno svantaggio e non ci viene mai spiegato come venga compensata la sua mancanza nello svolgimento delle azioni più complesse. Insomma, ci viene detto esplicitamente della sua disabilità, ma manca l’esperienza immersiva nella sua vita, anche perché non ha aiuti di altro tipo. E non penso che in questo caso l’autore volesse renderlo un super umano, credo, più che altro, che non ci abbia pensato e non si sia immedesimato a sufficienza nel suo protagonista da capirne la quotidianità al cento percento. In qualche modo, questo rovina un po’ la rappresentazione, proprio perché sotto questo aspetto è un lavoro fatto a metà. Ma questo è davvero tutto quello che ho da dire sui difetti.

La lunga Notte senza Luna è un romanzo che non è propriamente incasellabile. Non saprei a quale pubblico consigliarlo, perché è qualcosa di così originale e fuori dal comune che bisogna davvero provare e decidere in base al proprio gusto personale. Probabilmente, potrete apprezzarlo se avete amato libri come Vita Nostra o Il Mare senza Stelle. Io comunque credo che meriti un’opportunità anche solo per lo stile e la struttura inusuale.

mercoledì 25 settembre 2024

Starling House

  • Titolo: Starling House
  • Titolo originale: Starling House
  • Autrice: Alix Harrow
  • Traduttrici: Alice Casarini & Barbara Ronca
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978880475799
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Rimasta orfana, Opal ha lasciato la scuola e ora lavora come commessa part time, sperando di guadagnare abbastanza per garantire al fratello Jasper una vita migliore. Una vita lontano da Eden, nel Kentucky, un luogo celebre solo per due cose: la sua sfortuna e la scrittrice E. Starling, autrice del romanzo Il Sottomondo, misteriosamente scomparsa cent'anni prima lasciando dietro di sé solo chiacchiere e un'antica dimora nascosta tra gli alberi. Tutti concordano su un fatto: meglio ignorare quella casa e il suo bizzarro, misantropo proprietario, Arthur Starling. Quasi tutti, a dire il vero. Perché Opal è ossessionata da Il Sottomondo fin da bambina. E così, quando si presenta l'occasione di entrare a Starling House - e di guadagnare qualche soldo extra per il "fondo Jasper" -, non sa resistere. Ma ci sono forze sinistre che scavano sempre più nei segreti sepolti tra quelle mura, e anche gli incubi di Arthur sono diventati fin troppo reali. Mentre Eden stessa sembra sprofondare tra i propri fantasmi, Opal capisce che potrebbe avere un buon motivo per restare in città. Perché adesso è giunta l'ora di lottare.


Recensione e commento

Starling House ha un sacco di difetti, non ha una grande trama e tecnicamente parlando è il romanzo più debole di Alix E. Harrow. E l’ho amato completamente.

Ma andiamo con ordine. La protagonista è Opal, per una volta non una ragazza adolescente bella impossibile ma con gli specchi di legno, anzi, Opal è una donna di 26 anni con i denti marci, il mento troppo appuntito e il suo aspetto esteriore nella media è uno dei motivi per i quali è automatico provare empatia per lei. Allo stesso tempo, Alix Harrow, da buona insegnante di Storia, è bravissima a cristallizzare i problemi di una generazione nel suo contesto: in Le Diecimila Porte di January si trattava dei problemi di passaggio tra un’epoca e un’altra, in Le Streghe in Eterno di capitalismo, lotta di classe e di genere. Qui abbiamo i problemi dei cosiddetti “millennial”, un’intera generazione senza prospettive sul lungo termine, senza stabilità e senza futuro, che riesce a malapena a sbarcare il lunario con dei lavori sottopagati, che ha smesso di avere dei sogni perché non ha la possibilità di realizzarli, così come non ha un posto da poter realmente chiamare casa, perché non esiste un luogo da sentire totalmente proprio. Una generazione che deve preoccuparsi di quello che è necessario, mai di quello che vuole, perché quelle precedenti hanno divorato tutto, sacrificato il futuro di chi sarebbe venuto dopo per il proprio tornaconto personale e per accumulare una ricchezza che oggi segna un enorme divario tra ricchi e poveri, avvelenando il mondo senza farsi troppi scrupoli. Harrow non ha risparmiato critiche al capitalismo, elemento che è particolarmente apprezzabile da parte di un’autrice americana. Insomma, Starling House ha toccato dei tasti abbastanza dolenti della mia anima e lo ha fatto spietatamente, senza fare sconti. 

Il problema di Opal non è comprendere se il bel tenebroso di turno ricambi i suoi sentimenti o meno, ma trovare un modo per finanziare i costosi studi di suo fratello minore. I suoi denti marci sono il sintomo di un Paese (gli Stati Uniti) in cui non ci si può permettere nemmeno di avere delle cure mediche decenti, in cui tutto deve passare in secondo piano per poter a mala pena stare a galla. Da qui iniziano i passaggi simbolici e metaforici ai quali Alix Harrow ci ha abituate, perché il sogno di un posto da chiamare casa diventa vero e proprio viaggio onirico quasi ossessivo, così come il tenersi a galla nella vita prende un significato letterale quando Opal ci racconta dell’incidente stradale in cui è finita nel fiume, quando è quasi morta. Ci sono anche altre stratificazioni di significato attraverso il consueto uso dei simboli dell’autrice (ci sono piante rampicanti note per aggrapparsi a qualsiasi cosa e per la loro tenacia, uccelli famosi per la loro capacità di adattamento, ma non starò qui a tediarvi, voi ci vedrete quello che vorrete).

E poi c’è la casa in sé. Un organismo vivo, che cambia forma, in grado di attrarre a sé la persona designata a diventarne guardiana e che in qualche modo porta i segni delle generazioni precedenti che l’hanno resa ciò che è, nel bene e nel male. È intuibile da titolo che il nucleo della narrazione sarà proprio lei. È il simbolo del passato che ci influenza e che si manifesta fisicamente nel presente con degli effetti a catena, con i suoi fantasmi e demoni. Un po’ come ne Il Giardino Segreto, anche qui il prendersi cura della casa è indice dell’inizio di un processo di guarigione interiore, ma che al tempo stesso contiene le stesse cose che consumano un’anima dall’interno.

Insomma, mi conoscete, datemi una catabasi e sono perdutamente vostra (semicit). Infatti, sul finale è necessario scendere fino alle fondamenta della casa, più in profondità possibile, per fare pace con il proprio passato, ma anche con quello delle proprie antenate, perdonare noi stesse e loro, perché anche le loro azioni ci hanno rese chi siamo per via di come ci hanno lasciato il mondo. Serve una guarigione completa dal trauma generazionale, un dolore che, quasi come i geni, viene tramandato alla propria stirpe. Alla fine, dentro ognuna di noi, alla base di qualsiasi azione, c’è solo una ragazzina ferita, fraintesa, che vuole solo un po’ di comprensione, vuole solo giustizia, per poter guarire e smettere di ferire a propria volta, cessando di avvelenare tutto. Nessuna di noi è una sola cosa: non siamo solo vittime e non siamo solo carnefici, una cosa può amalgamarsi nell’altra e ognuna di noi sta combattendo contro qualcosa che non è visibile dall’esterno.

Emotivamente è un romanzo che ho trovato ineccepibile, però per deontologia mi sembra giusto dirvi
anche i difetti. Per quanto il suo incipit e il tema centrale mi abbiano ricordato il mio adoratissimo Il Mare senza Stelle, Starling House ha dei problemini di struttura: tanto per cominciare c’è un’alternanza di due pov che ho trovato poco sensata. I capitoli da parte di Opal sono in prima persona singolare, quelli da parte di Arthur sono in terza persona e sono molto saltuari. Ho trovato questa divisione poco funzionale e non molto efficace. Inoltre, in alcune parti del libro ci sono delle note a piè di pagina, un po’ come in Le Diecimila Porte di January, che però si diradano via via e da un certo punto del libro in poi sono totalmente assenti. La parte fantasy, poi, appare solo dalla seconda metà del romanzo in poi, mentre per tutta la prima metà viene solo fatta intuire. Non sono sicura che questo sia un oggettivo difetto, ma di sicuro vi servirà per decidere se buttarvi su questa lettura, che potrebbe non fare al caso vostro in un periodo in cui avete voglia di un sistema magico caratterizzato e complesso.

A conti fatti, penso che questa volta Harrow abbia voluto concentrarsi maggiormente sulla sfera emotiva e scrivere un libro meno cervellotico e tecnico. Starling House è un libro che vi comprenderà e nonostante questo vi prenderà a calci, mi ha emozionata tantissimo ed è uno dei pochissimi romanzi a essere riuscito a farmi dimenticare di pensare troppo. 

mercoledì 18 settembre 2024

Gifts - I Doni

  • Titolo: Gifts - I Doni
  • Titolo originale: Gifts
  • Autrice: Ursula Le Guin
  • Traduttore: Stefano Andrea Cresti
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804786689
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Nelle aspre e selvagge Altelande, vivono uomini che possiedono un dono. È tramandato attraverso le generazioni, per via ereditaria, fin da quando se ne ha memoria. Sono doni meravigliosi, che permettono di evocare animali e mutare paesaggi... Ma sono anche terribili, perché possono ottenebrare le menti o infliggere malattie. Orrec appartiene alla famiglia dei Caspromant, tanto famosa quanto temuta per il dono del disfacimento: un potere distruttivo, in grado di annientare qualsiasi cosa o persona, con la sola imposizione dello sguardo. All'età di tredici anni, però, il giovane ancora stenta a manifestarlo. Finché un giorno, all'improvviso, Orrec devasta un'intera collina senza volerlo, e prende l'amara decisione di bendarsi per sempre, per il timore di causare danni a ciò che ama di più, come la dolce Gry, compagna d'infanzia e forse sua futura sposa, anche lei dotata di un potente e magnifico dono. Ribellandosi ai loro destini, i due giovani affronteranno insieme le sfide della vita, per andare alla ricerca di loro stessi e del loro posto nel mondo.

Recensione e commento

Precisamente, io che parole posso usare per parlarvi di un libro di Ursula K. Le Guin? Gifts - I Doni è un libro magistrale e per quanto io possa tentare di recensiverlo (cosa che sto per fare) inevitabilmente lo appiattirò e banalizzerò tutto quello che dice perché non sono degna. 

Nei romanzi di quest’autrice c’è sempre una capacità di leggermi dentro che mi spiazza ed è, come al solito, il libro capitato al momento giusto. Inizialmente mi sono domandata come mai fosse stato inserito nella sezione ragazzi e non in quella per adulti, vista la complessità dei temi, l’approfondimento e la prosa altisonante e fuori dal tempo, ma man mano che andavo avanti il motivo mi appariva sempre più chiaro: Gifts - I Doni è un romanzo sulla complessità dell’adolescenza, quello strano momento di cambiamento tra l’infanzia e l’età adulta. E non è soltanto una storia che prende per mano chi la legge proprio durante questo periodo, è anche una guida per i genitori che possono trovarsi spiazzati e non sapere come gestire questo momento di crisi.

La cecità di Orrec è autoinflitta affinché non possa usare il suo dono, che consiste nel “disfare”, nel distruggere in maniera incontrollata quello che guarda. Nel suo potere io ho visto (voi potreste vederci qualcosa di diverso) il timore adolescenziale di fare del male alle persone amate e allo stesso soffrire per la sofferenza che si causa senza comunque poter fare a meno di infliggerla. È un momento particolare dove un attimo prima viene trattato come un uomo adulto e quello dopo come un bambino, cosa che lo spiazza perché capisce di aspirare a essere una delle due cose, ma per quanto si sforzi non è ancora pronto e sente ancora il bisogno di essere protetto e amato come durante l’infanzia. 

A chi si trova nell’adolescenza, periodo bellissimo solo quando ci si pensa in retrospettiva, Le Guin dice “passerà, non ti preoccupare, questa solitudine non è permanente”. Ai genitori, invece, parla di altri doni: all’inizio pensiamo che “i doni” siano soltanto i poteri magici tramandati per linea ereditaria, ma andando avanti ci rendiamo conto che non sono solo quelli. Sono anche gli strumenti di crescita che vengono forniti al protagonista per interpretare il mondo, è la conoscenza che gli viene tramandata da sua madre, sono le storie che lo fanno sentire meno solo e gli fanno capire di avere altre abilità, meno distruttive, per le quali non serve che si autopunisca. A chi sta crescendo un* adolescente questo libro dice “educa, fornisci gli strumenti giusti e abbi fiducia in quello che stai insegnando, ma non ti aspettare che la persona che arriverà alla fine del percorso sia quella che vuoi tu o quella che ti aspettavi”.

Le Guin non ci racconta di cattivi genitori, ci racconta di genitori normali che come tali fanno errori comprensibili, che proiettano le proprie aspettative sui figli e sulle figlie, che pensano di sapere cosa sia meglio per loro. Non sempre è sbagliato pensarla così, ma va anche tenuto in considerazione che il mondo non è mai sempre uguale a sé stesso e non esiste nessuna strada prestabilita, niente è scritto sulla pietra e non è sempre necessario accettare le eredità - i doni - che ci vengono offerti.

Questo è indubbiamente uno dei libri migliori del 2024, e probabilmente uno dei migliori della mia vita (anche se potrei dire la stessa cosa di tutti i libri da cinque stelle di quest’anno, il livello è veramente alto). Potrei parlare anche del worldbuilding, del sistema magico, ma a che servirebbe? Stiamo parlando di un mostro sacro che ha una scrittura di livello così alto che la tecnica ci mette totalmente al servizio della storia che racconta e anche quando si vede l’uso di qualche figura particolare, essa è totalmente impalpabile e completamente assorbita dalla trama. Se cercate una lettura di qualità che trascenda genere e target, I Doni è una scelta sicura. 

mercoledì 11 settembre 2024

Gilded, Cursed




  • Titolo: Gilded, Cursed
  • Titolo originale: Gilded
  • Autrice: Marissa Meyer
  • Traduttrice: Maria Carla Dallavalle
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804741748  / 9788804758679
  • Casa editrice: Mondadori

Trama Gilded

Colpita dalla maledizione di Wyrdith, dio delle storie e della menzogna, Serilda ha sviluppato un incredibile talento per il racconto: quelle con cui incanta i bambini del villaggio sono vicende intriganti, bizzarre, e soprattutto non contengono un briciolo di verità. O almeno così credono tutti.
Ma una delle sue storie attira l'attenzione del mostruoso Erlking con i suoi cacciatori non-morti. E così Serilda si ritrova prigioniera in un luogo sinistro, dove si aggirano ghoul, fantasmi e ripugnanti corvi senza occhi. Chiusa nelle segrete del castello, la ragazza è costretta a dimostrare di saper trasformare la paglia in oro - come ha affermato - o sarà uccisa per aver mentito. Disperata, Serilda ha una sola possibilità: accettare l'aiuto di un ragazzo che le è misteriosamente comparso davanti. E che vuole qualcosa in cambio.
Presto Serilda si accorge che le vetuste mura del castello celano molti segreti, compreso un antico maleficio. Dovrà trovare il modo di spezzarlo se vuole riuscire a fermare il dispotico potere del re e la sua feroce Caccia una volta per tutte.

Trama Cursed

Serilda e Gild stanno provando a rompere l'incantesimo che intrappola i loro spiriti nel castello infestato di Adalheid; devono farlo prima della Luna Infinita, quando l'Erlking tenterà di catturare una delle sette divinità per costringerla a esaudire il suo desiderio: far tornare la sua amata Perchta dagli inferi. Ma Serilda pian piano scoprirà che la sete di vendetta dell'Erlking non si sazierà con un solo desiderio, e ciò cui mira davvero ha il potere di modificare il regno mortale per sempre. E diventa sempre più chiaro che non si tratta solo di liberare se stessi e i fantasmi tenuti in schiavitù dagli Oscuri, ma di salvare il mondo intero da una tirannia crudele e senza fine, e con il mondo il loro bambino non ancora nato. L'atteso seguito di "Gilded" narra il viaggio di Serilda per scoprire il proprio potere di donna, madre e cantastorie. Immaginifica rilettura di un classico dei fratelli Grimm, "Cursed" è una storia piena di romanticismo e avventura, perfetta per il pubblico di Marissa Meyer.


Recensione e commento

In questa recensione dovrò, purtroppo, parlarvi dei libri che Gilded e Cursed sono, non di quelli che avrei voluto che fossero. Ci tengo a precisare che si tratta, una volta tanto di una recensione contenente spoiler, perché per entrambi i romanzi la sola parte che reputo rilevante è il finale, con i suoi alti e bassi. 

La dilogia di Marissa Meyer avrebbe potuto essere un’innovazione nel campo della letteratura young adult, ma non possiamo accontentarci solo delle buone intenzioni: serve anche che poi l’intento riesca. Il motivo per il quale la nuova serie dell’autrice delle Cronache Lunari avrebbe dovuto rappresentare un nuovo caposaldo è proprio la fiaba da cui prende ispirazione, infatti è pieno di retelling di Cenerentola o di La bella e la bestia, ma questa serie di libri si rifà invece alla fiaba di Tremotino, scritta dai Fratelli Grimm. Per cui, va da sé che l’eroina al centro della storia non è (o non dovrebbe essere) una fanciulla artemidea, ovvero l’archetipo su cui si basa la tipica protagonista young adult. La fiaba di Tremotino ruota attorno alla storia di una ragazza che promette il suo primogenito a una creatura che è in grado di salvarle la vita, ma a differenza delle fiabe sopraccitate questa non finisce con il matrimonio, anzi, prosegue fin dopo la gravidanza. 

Tenendo saldo questo punto, non è che io mi aspettassi o volessi una dilogia che ricalcasse per filo e per segno la trama originale, ma quantomeno, visto il finale del primo libro, in cui la protagonista Serilda scopre la sua non cercata ma benvenuta gravidanza, mi sarei quantomeno attesa che il secondo volume fosse ricco di adrenalina proprio dovuta all’ansia dovuta alla sua condizione di donna incinta tenuta prigioniera da un branco di demoni intenzionati a impossessarsi di tutto il mondo. Nonostante Gilded si concluda con il cliffhanger dell’annuncio della sua dolce attesa, questa non viene mai veramente mostrata in Cursed, anzi, per il 70% del libro non vediamo nulla, nemmeno da un punto di vista della trama. Serilda è la protagonista più passiva che abbia visto ultimamente, nonostante i presupposti per creare una storia ricca di azione ci fossero tutti. Non vediamo mai il pancione, non vediamo mai le caviglie gonfie, i mal di schiena. Ci viene fornita una spiegazione a riguardo, ma francamente l’ho trovata deludente anche perché ha tolto esattamente la sola cosa che mi interessava vedere all’interno del libro: ero qui per la rappresentazione di una donna incinta e non l’ho avuta.

Parto e travaglio sono stati altrettanto deludenti. Per una serie di motivi magici che non vi sto a spiegare, non è Serilda a portare al mondo la sua bambina, ma un demone che si impossessa del suo corpo e vive al suo posto l’esperienza che ci era stata promessa e allo stesso modo, in un certo senso le avventure di Serilda si concludono con la maternità, mentre sotto questo aspetto la fiaba originale è più all’avanguardia perché mostrava una madre che partiva per salvare suo figlio. Insomma, tutta l’esperienza della genitorialità è stata sottotono e purtroppo era tutto quello che mi interessava.

Ho trovato dei buchi anche nel sistema magico, durante la lettura mi ritrovavo spesso a pensare a delle soluzioni praticabili (che poi sono state messe in atto solo alla fine) ma che non venivano utilizzate solo per allungare inutilmente il brodo, così come troppe volte mi ritrovavo a pensare che nulla di quello che stavo leggendo avesse senso e che il modo in cui stavano agendo i personaggi sulla storia fosse illogico e non avesse senso nella coerenza interna. 

In generale, non è solo questo, non sono solo i difetti oggettivi il problema, mi è mancato anche completamente il trasporto emotivo: la chimica tra la protagonista e il suo interesse amoroso è totalmente inesistente, così come non c’è un briciolo di pathos nemmeno nelle scene che dovrebbero essere strappalacrime (a questo proposito, l’aver tirato come un elastico il 70% del libro per riassumere quella che avrebbe dovuto essere la vera trama dei due libri nel restante 30% ha sicuramente avuto il suo peso).

Se ci ragiono razionalmente so che non è tutto da buttare via. Tanto per cominciare, per quanto non mi abbia convinta, abbiamo comunque una donna incinta nel panorama fantasy young adult che non muore di parto solo per dare alla luce un prescelto, e già questo è positivo. Inoltre, il matrimonio non è visto come il traguardo ultimo, anzi, la protagonista ha un figlio da un uomo che non è suo marito e non subisce nessun tipo di biasimo sociale per questo motivo. Inoltre, la protagonista non è la solita bella impossibile irresistibile con gli specchi di legno, ma una ragazza normale se non fosse per dei poteri magici che non ha mai chiesto. 

In conclusione, credo che questa dilogia sia importante più che altro da un punto di vita di interesse accademico nel campo del fantasy. Ho sinceramente apprezzato il tentativo di fare qualcosa di nuovo, ma ho trovato la messa in pratica abbastanza scolastica e poco direzionata, un vero peccato ma penso che la terrò comunque sulio scaffale proprio per l'intenzione di fare qualcosa fuori dagli schemi 

The Cartographers - I Cartografi

Titolo: The Cartographers - I Cartografi Titolo originale: The Cartographers Autrice: Peng Shepherd Traduttrice: Sara Marzullo Lingua orig...