mercoledì 17 aprile 2024

A cosa servono le Persone?

  • Titolo: A cosa servono le Persone?
  • Titolo originale: Leeva at Last
  • Autrice: Sara Pennypacker
  • Illustratore: Matthew Cordell
  • Traduttore: Paolo Maria Bonora
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788817183581
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama

A cosa servono le persone? Questa è la domanda a cui Mira Comanda Fiordispina è decisa a dare una risposta. «A diventare famosi» dice sua madre, la sindaca di Strambore. «A fare soldi» sostiene suo padre, il tesoriere della città. Ma Mira, che ha nove o dieci anni (non lo sa esattamente), non ci crede. Quando attraversa di nascosto la siepe di cinta del suo giardino e finalmente esce nel mondo esterno, scopre che non è proprio come dicono i genitori. Con l'aiuto di due bibliotecari, un cucciolo di tasso e un bambino in tuta protettiva, va in cerca di una risposta, provocando una catena di eventi che cambierà Strambore per sempre. Una storia tenera e molto divertente sull'amicizia e il potere delle storie, che ricorda Roald Dahl. Con manciate di biscotti fragranti e libri a volontà. Età di lettura: da 10 anni.

Recensione e commento

Se siete con me da un po’, sapere che Sara Pennypacker per me è una garanzia. Di suo ho letto i due romanzi dedicati a Pax e Qui, nel Mondo reale. Tutte le opere che ho citato si contraddistinguono per una struggente malinconia e un sudatissimo lieto fine.

In questo senso, A cosa servono le Persone? si distacca un po’ perché tratta sempre di temi molto delicati in modo pedagogicamente ineccepibile, ma questa volta il tono è più scanzonato, più cautamente ottimista e divertente. Lo stile di fondo mi ha ricordato quello del romanzo Matilda e in un certo senso anche Mira (Leeva in originale) assomiglia alla protagonista di Dahl. Si tratta, infatti, di una ragazzina trascurata dai genitori che guardano a lei solo in un’ottica utilitaristica, nella speranza che la loro figlia possa portare loro soldi o fama. Deve lavorare in casa tutto il giorno, non le è consentito uscire e non può andare a scuola, per quanto lo desideri. Ma per fortuna Mira trasgredisce e riesce a ricavarsi degli posti sicuri in cui crescere ed essere sé stessa all’insaputa dei genitori.

I suoi luoghi sicuri sono gli spazzi condivisi dalla comunità, come la biblioteca, il parco o il teatro e tutte le avventure della piccola protagonista sono funzionali a insegnare alla giovane mente che legge che non c’è grandezza nell’avere tutto per sé: la ricchezza è fatta per essere condivisa affinché chiunque possa stare bene. L’egoismo non porta lontano e nemmeno vivere le altre persone come mezzi per arrivare a un fine. In modo più semplice e diretto, con un lessico e una struttura adatti all’età a cui si rivolge, Pennypacker riassume il concetto kantiano che le persone sono già di per sé un fine, non devono fare nulla per meritarsi di esistere. Ciò è utile anche per ammonire i genitori, qualora leggessero questa storia assieme alle figlie o ai figli, spiegando che non è importante possedere più denaro o perseguire la vanità se non ci si occupa delle persone davvero importanti nella propria vita, ma anche che non le si può soffocare tenendole sotto una campana di vetro per paura che possa succedere qualcosa: le cose terribili possono capitare, ma anche quelle bellissime e non si può vivere in funzione del calcolo delle probabilità di tutto ciò che può andare storto. 

E sempre con delicatezza, con tatto, l’autrice insegna anche a chiedere aiuto nelle situazioni di abuso, come riconoscerle e dare ascolto alla voce interiore che ci dice che qualcosa non va, che c’è qualcosa di profondamente sbagliato quando chi ci sta intorno ci mente e ci tiene in gabbia e che, piano piano, bisogna trovare il coraggio di aprirsi con le persone giuste, in grado di accettarci, che ci aiuteranno a uscire da quel contesto terribile.

A livello di trama, poi, non ho trovato nulla che non andasse: ogni elemento è gestito con maestria e viene inserito solo ciò che a un certo punto sarà funzionale agli eventi raccontati. Non c’è superfluo, tutto quello che viene detto serve a qualcosa e non ho trovato buchi. Per me è davvero interessante questa caratteristica, perché mi capita spesso di riscontrarla nei romanzi per un pubblico tanto giovane (mi era successo anche con La Bottiglia dei Desideri, in cui tutto tornava e la verosimiglianza è stata tenuta fino alla fine), perché spesso nei libri per adulti o giovani adulti questo viene meno.

Non vi stupirete di sapere che consiglio A cosa servono le Persone? a chiunque. È una lettura adorabile, importante e divertente al tempo stesso. Il curriculum di Sara Pennypacker è impeccabile e non si smentisce nemmeno questa volta. Un romanzo adatto a genitori e prole.

mercoledì 3 aprile 2024

A Torch against the Night - Una Fiamma nella Notte

  • Titolo: A Torch against the Night - Una Fiamma nella Notte
  • Titolo originale: A Torch against the Night
  • Autrice: Sabaa Tahir
  • Traduttrice: Francesca Sassi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834744598
  • Casa editrice: Fanucci
Trama

In A Torch Against the Night: Una fiamma nella notte, ritroviamo Laia ed Elias in fuga dalla città di Serra. 
Diretti verso nord per liberare il fratello di Laia dagli orrori della prigione di Kauf, i due protagonisti sono braccati dai soldati imperiali, manipolati dalla comandante e perseguitati dal loro passato. Per sopravvivere, dovranno sconfiggere i loro nemici e affrontare la perfidia dei loro stessi cuori.Nel frattempo, Helene è costretta a obbedire alla volontà dell’imperatore Marcus, un uomo spietato e assetato di sangue. E quando la sua lealtà viene messa in discussione, Helene si ritrova ad affrontare una missione per dimostrare la sua fedeltà all’Impero, una missione che rischia di distruggerla: trovare Elias e ucciderlo insieme alla schiava che lo ha aiutato a scappare.

Recensione e commento

In genere il compito di fornire gli strumenti per interpretare la realtà è attribuito alla fantascienza futuristica, raramente al fantasy, eppure parlando di A Torch against the Night - Una Fiamma nella Notte è esattamente questo che mi viene in mente. 

Infatti, ci sono stati vari passaggi in cui ho dovuto mettere momentaneamente mettere da parte la lettura perché ciò che stava accadendo nella trama era qualcosa di fin troppo simile alla realtà di questo periodo. Come ho già detto nella recensione dedicata al precedente libro qui, il worldbuilding ricalca il mondo arabo colonizzato durante il periodo delle conquiste romane in medioriente e l’occupazione militare ha indubbiamente diverse chiavi di lettura che si protraggono anche in questo secondo volume. Una delle parti più emotivamente sconvolgenti di questo libro, pubblicato per la prima volta nel 2016, è stata quella i cui viene dichiarato un vero e proprio genocidio, tanto che anche la divinità incaricata di traghettare le anime nel mondo dei morti ha bisogno di prendersi una pausa da tanta sofferenza perché non ha mai assistito a niente del genere. C’è stata una riga, in particolare, che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi in cui ci si domandava che cosa diventeranno un domani i bambini sopravvissuti a tanto dolore e quanta rabbia coveranno nei confronti di chi ha fatto loro del male. Questo libro mi è risuonato dentro in modo doloroso soprattutto perché mi ha fatto comprendere che, per quanto in un fantasy le implicazioni violente siano spesso utilizzate anche con cognizione di causa, la realtà è spesso molto più crudele e fuori da qualsiasi immaginazione.

Parlando del libro in sé, al di fuori di queste mie considerazioni personali, non capisco come mai varie persone mi abbiano detto che non mi sarebbe piaciuto. Non ho fiutato neanche un colpo di scena, anzi, spesso quando pensavo che la trama avrebbe preso una piega scontata perché si intuiva una determinata svolta, in realtà tutto è andato in modo totalmente imprevedibile. Anche il romance presente ha un peso nella trama, non soltanto nel senso che è ben calato nel contesto, ma proprio perché avrà delle reali conseguenze sul lungo termine. 

I personaggi sono complessi e sfaccettati e hanno avuto un reale arco di formazione rispetto al primo libro. Elias, che nell’incipit di An Ember in the Ashes era quello che mi convinceva meno, qui è stato uno dei miei preferiti. Anche Helene, l’incrollabile, indottrinata Helene comincia a traballare e a sentire le conseguenze di un mondo tanto violento e spietato che man mano le toglie tutto e non le dà mai nulla in cambio. I secondari, poi, sono veramente ben caratterizzati, buoni o cattivi che siano, e anche la stessa Laia ormai non è più la ragazzina ingenua e idealista che abbiamo conosciuto nel romanzo precedente. Inoltre, tutti gli intrighi sono sia di matrice terrena, ma lasciano comunque presagire che ci sia di mezzo del divino che si intrufola nelle faccende umane di tanto in tanto. Questo è qualcosa che avevamo già intuito dal primo libro, ma qui diventa più palese e strutturato, anche se ancora non si sa per certo con chi si abbia a che fare e come si possa combattere, insomma, la struttura è abbastanza originale e non ricalca i soliti cliché. Il soprannaturale in questo secondo libro entra a gamba tesa a più riprese e sono finiti i tempi in cui esso veniva ripudiato perché costituiva qualcosa di incomprensibile. La posta si è decisamente alzata.

Sono felicissima di aver finalmente recuperato questa serie, che per troppi anni ho ingiustamente snobbato, ma non è mai troppo tardi per redimersi. Ringrazio davvero Fanucci per avermi dato la possibilità di leggere i primi due volumi e non vedo l’ora che portino anche i prossimi. 

mercoledì 27 marzo 2024

Damsel

  • Titolo: Damsel
  • Titolo originale: Damsel
  • Autrice: Evelyn Skye
  • Traduttrice: Valentina Zaffagnini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 988817182195
  • Casa editrice: Rizzoli 
Trama

Elodie non ha mai desiderato un palazzo sfarzoso o un principe affascinante. Cresciuta nel reame di Inophe, tra carestie e difficoltà, il suo più profondo desiderio è di aiutare il suo popolo a sopravvivere agli inverni. Quindi quando un delegato di un regno ricco e misteriosamente chiuso al resto del mondo arriva con un’offerta di ricchezze sufficienti a salvare Inophe in cambio del suo matrimonio, accetta senza alcuna esitazione. Nello scintillio della sua nuova casa, Aurea, Elodie è rapita dalla bellezza del reame – e da quella del suo promesso sposo, il principe Henry. Ma non appena hanno inizio i rituali per diventare principessa, il dubbio che non tutto sia perfetto come sembra s’insinua nella sua mente, e le prime crepe sull’apparentemente perfetta superficie cominciano a mostrarsi: una giovane donna scompare dalla torre del castello improvvisamente. Una parata di fiaccole si fa strada attraverso le montagne. Compaiono segni lasciati da una misteriosa “V”. Troppo tardi, Elodie scopre che la prosperità di Aurea è stata acquistata a un costo altissimo: ogni stagione del raccolto, il regno sacrifica le sue principesse a un drago affamato. E Elodie è la prossima. Ma le centinaia di donne che nei secoli hanno preceduto Elodie, non sono morte senza combattere. Il loro sangue pulsa di potere e memoria e la loro esperienza è la chiave per la sopravvivenza di Elodie. Costretta a combattere per la vita, questa damigella dovrà usare la sua intelligenza per sconfiggere un drago, scoprire il passato di Aurea e salvare non solo se stessa, ma anche il futuro del suo nuovo regno. Età di lettura da: 10 anni.

Recensione e commento

Allora, vi dico subito i difetti, così ci togliamo il pensiero e andiamo immediatamente a tutte le caratteristiche che mi hanno fatta scoppiare di entusiasmo per questo libro, non ci vorrà molto.

Il primo che mi viene in mente è qualcosa che vi dico principalmente per coerenza, perché lo dico sempre di ogni romanzo che fa la stessa cosa, ovvero che i capitoli sono narrati sempre con la focalizzazione interna di un personaggio e la protagonista, Elodie, ne copre il 90%, mentre di tanto in tanto spunta fuori un nuovo pov quando alla voce narrante serve dare qualche informazione che sfugge alla conoscenza della protagonista. Su questo punto torniamo dopo e vi spiego perché, per quanto oggettivamente io ve lo debba dire, questa volte mi ha dato molto meno fastidio di altre.

Il secondo e ultimo è che di tanto in tanto il mondo primario si intrufola nel worldbuilding facendo incrinare leggermente la sospensione dell’incredulità. Abbiamo modi di dire che fanno riferimento a un monoteismo verosimilmente assimilabile al cristianesimo e a quanto pare in questo mondo fantastico inventato si studia il latino. Basta. Difetti finiti, ora vi dico tuuuuutto quello che mi è piaciuto, preparate qualcosa da bere, perché questa parte, invece, è più ampia.

Cominciamo dall’inizio: la struttura del romanzo esula moltissimo da quella dei libri per lo stesso target di questo periodo. Infatti, mi sono accorta solo il giorno dopo aver concluso la lettura e averci dormito sopra che in Damsel non c’è romance. Non c’è per niente, anzi, si apre con un matrimonio che però è combinato e avrà conseguenze disastrose. È proprio da qui che è scaturito il mio interesse, perché quando la storia comincia apparentemente va tutto bene, queste nozze sembrano essere la soluzione a tutti i problemi della protagonista, una ragazza nobile solo formalmente perché regna su un territorio poco fertile in cui anche lei deve faticare ogni giorno per sopravvivere assieme al suo popolo. Il matrimonio con il principe Henry le porterebbe una ricchezza tale da poter facilitare la vita della sua gente e risolvere molti dei problemi del suo regno e non sarebbe esclusivamente un’unione di convenienza, dato che lui le piace, sembra l’uomo dei suoi sogni ed è gentile e galante. Apparentemente tutto va bene ed è questo il punto: sta andando tutto talmente bene che a un certo punto deve esserci la fregatura. La sensazione a questo punto è simile a quando si guarda un horror in cui tutti sorridono felici e contenti, ma la consapevolezza di stare guardando uno splatter fa aumentare l’angoscia perché si sa che da un momento all’altro tutto degenererà. 

Infatti, Elodie è un po’ come una moderna Teseo, dato che a sua insaputa la sua vita dovrebbe essere sacrificata a quella di un drago che vive dentro un labirinto nel cuore della montagna e che consente al regno di Aurea di prosperare. Elodie è tantissimi archetipi classici in una volta sola e contemporaneamente non è nessuno: è la dimostrazione che nelle rappresentazioni del passato non è tutto da buttare, ma c’è anche tantissimo da aggiornare e attualizzare, ma quei modelli sono un innegabile punto di partenza. Elodie è Teseo nel labirinto, è Arianna che sa come uscirne, è Raperonzolo intrappolata nella torre, è la Sirenetta che deve immolarsi per il bene altrui ed è Biancaneve che parla con gli animali, ma di questi personaggi classici e immortali, iconici al punto da essere diventati stereotipi, lei ha solo delle piccole parti che messe tutte assieme la rendono unica e le consentono di compiere un viaggio interiore molto diverso da tutti gli altri archi di formazione. È qui il cuore della storia, quello di cui mi sono innamorata e che mi ha fatto piangere: non ci sono principi che verranno a salvarla e nemmeno sarà lei a salvarsi da sola. Tirarla fuori da lì sarà uno sforzo comune, suo indubbiamente, ma anche di sua sorella, di una ragazzina con la quale è stata gentile, della sua matrigna che, sì, è un po’ emotivamente stitica, ma ama lei e sua sorella come se le avesse partorite personalmente e si discosta anche lei dall’archetipo della matrigna fiabesca che riduce a serva la figliastra. Nonostante io non sia né madre né matrigna, il suo è stato il personaggio per il quale ho provato più empatia e anche se in proporzione compare pochissimo, è riuscita nell’impresa di farmi versare qualche lacrima. La strada per l’emancipazione di Elodie, sia dal labirinto che nella sua vita, passa partendo dai tasselli che hanno già messo le altre prima di lei, le donne sacrificate al drago che le hanno lasciato indizi su come sopravvivere, su come sia costruito il labirinto e quali siano le zone sicure. La sopravvivenza di Elodie è possibile grazie al sangue innocente delle sue sorelle versato prima di lei. Credetemi, mi si stanno bagnando gli occhi anche mentre scrivo queste righe. Tutto ciò implica che lei non sia una protagonista overpowered. Sicuramente ha tantissime capacità che dipendono dall’educazione che ha ricevuto, ma questa consiste più che altro nell’aver trascorso la vita all’aria aperta a lavorare nei campi che nell’avere capacità specifiche tipiche dell’eroina young adult come il combattimento o poteri magici che la rendono la prescelta. Elodie è solo fortunata nella sua sfortuna perché ha una rete di sicurezza sociale abbastanza solida e troppe donne prima di lei sono morte per concederle di sopravvivere. I. Brividi. 

E poi c’è il drago. Il mostro. Insomma, io ormai quando leggo un libro penso “is this a critica al capitalismo?”  e me lo sono domandata anche in questo caso. Il drago, come Elodie, rappresenta tutte le cose che questo archetipo ha sempre rappresentato in letteratura e al tempo stesso nessuna di loro: rappresenta la cupidigia, ma quella altrui, non la propria. Rappresenta la fortuna e la protezione, ma non le proprie. La verità è che il drago non è il cattivo, il drago è soltanto il mezzo che i potenti usano per mantenere il loro privilegio basato sul sacrificio di sangue innocente. Il drago non è il vero cattivo della storia: è solo incompreso. Il drago è la rabbia di chi si vede strappare la propria terra, di chi viene ricacciato indietro dall’invasore e viene solo usato come un tramite per ottenere uno scopo. Il drago è la rabbia e la rabbia è un sentimento ingiustamente demonizzato: la rabbia va bene quando è correttamente indirizzata e non si può sovvertire uno status quo che opprime chi è debole senza - giustamente - arrabbiarsi. Elodie stessa deve imparare a tirare fuori e indirizzare questa emozione che per lei sarà di enorme crescita e fortemente funzionale per capire che spesso nella sua vita ha interpretato troppe cose in modo assolutistico senza coglierne le complessità.

Ho amato Damsel perché è un libro diverso. L’assenza di romance non ha tolto emotività: al contrario, ha aggiunto pathos e ha consentito di creare una storia davvero incentrata sul femminile, sulle sue sfumature e sul potere della vera sorellanza. La storia raccontata in Damsel punta a unire senza retorica o frasi fatte, senza porre due fazioni a scontrarsi quanto le persone coinvolte a venirsi in contro e comprendersi. È questo che mi aspetto dalla narrativa: voglio meno libri fatti con lo stampo e più storie intelligenti e innovative come quella raccontata in questo splendido romanzo che mi resterà nel cuore molto a lungo. 

Differenze tra libro e film

Qualche giorno dopo aver concluso di scrivere la prima bozza di questa recensione, ho deciso di guardare il film su Netflix. Ebbene, sto per dire una frase fatta: preferisco il libro. Lo so, lo so, lo si dice sempre, ma nonostante la trama sia grossomodo la stessa, il romanzo è ovviamente più approfondito su tantissime questioni perché ha più spazio. 

La prima differenza che mi è saltata all’occhio è il rapporto tra le donne della storia. Come ho detto nel corpo della recensione, questo non è un libro su una donna che si salva da sola, ma su tante donne che si salvano a vicenda ponendo le basi affinché le successive possano arrivare ancora più lontano. Tutto ciò, nel film è molto sullo sfondo e se non avessi letto prima il romanzo probabilmente non lo avrei capito. Infatti, il loro aiutarsi vicendevolmente nel film si limita a un disegno di una mappa, mentre nel libro è qualcosa di molto più ampio, internamente ed esternamente al labirinto. Evelyn Skye utilizza un espediente tramite il quale Elodie riesce a conoscere i ricordi di coloro che l’hanno preceduta, che consiste nel toccare il loro sangue e conoscere quello che è successo nelle loro vite, i loro flussi di coscienza e spesso il modo in cui sono morte, esattamente tutto ciò che le è utile per sopravvivere. Questo su Netflix va completamente perso, si limita a qualche sogno premonitore che potrebbe tranquillamente essere un’allucinazione da fame, sete o mancanza di sonno, più che un reale espediente integrato in un sistema magico organico. 

La solidarietà femminile nel libro è mostrata in tantissimi alti modi, anche nel cambio di punti di vista che ho messo in apertura di recensione come difetto, ma oggettivamente parlando è ottimo come espediente per mostrare che anche le altre donne presenti abbiano dilemmi interiori e si sforzino per aiutare Elodie, per quanto poi il grosso dell’azione si concentri all’interno del labirinto. I vari pov sono quelli delle altre principesse sacrificate, della sorella di Elodie, della sua matrigna e anche della regina, e tutti loro sono funzionali a comprendere meglio le psicologie di tutte le personagge presenti, le loro motivazioni e a non metterle semplicemente sullo sfondo rispetto alla protagonista, come invece accade nel film.

La seconda grande differenza sono gli uomini della storia. L’unico che resta invariato è il padre, mentre gli altri sono molto diversi. Il principe, ad esempio, è molto diverso non tanto nei due incipit, quanto nei due finali, perché ha reazioni completamente diverse e rappresenta modelli maschili quasi agli antipodi. Non posso dirvi di più per non farvi spoiler, prendetela così e se volete ne parliamo in privato su Instagram. Il re, invece, nel film è stato completamente eliminato, è la regina a tendere tutte le fila, anche se nel libro le cose sono molto più complesse e intrecciate di così. I nobili rappresentano la parte privilegiata della società che è disposta a sacrificare innocenti per mantenere lo status quo, questo resta uguale nel libro e nel film, cambiano proprio le motivazioni e le psicologie dei personaggi e per quanto questo possa sembrare marginale, in realtà nella cifra totale fa una grande differenza, perché c’è divario tra chi commette azioni malvagie e chi invece potendole impedire non lo fa.

Ultima importante diversità è proprio il drago e in come viene gestito. Evelyn Skye deve avere avuto molta libertà artistica nella costruzione del romanzo, perché nonostante questo parta dalla sceneggiatura del film, lei gestisce delle cose in modo molto diverso e più efficacemente. Il drago, che nel film viene un po’ buttato in caciara, qui parla proprio un’altra lingua che Elodie deve studiare e decostruire per poterla comprendere e così facendo entra in empatia con la creatura in modo graduale e credibile, mentre tutto ciò nel film, per legittime questioni di tempo, avviene in modo molto più repentino e frettoloso in chiusura.

Come ho già detto, io ho preferito il libro, ma nonostante questo e la differenza nel significato finale che ho percepito, il film non è brutto e si guarda volentieri.

Damsel è quello che mi aspetto dalla narrativa fantastica, non trame trite e ritrite, ma messaggi forti senza retorica ed emotivamente toccanti. 

mercoledì 20 marzo 2024

An Ember in the Ashes - il Dominio del Fuoco

  • Titolo: An Ember in the Ashes - Il Dominio del Fuoco
  • Titolo originale: An Ember in the Ashes
  • Autrice: Saba Tahir
  • Traduttrice: Francesca Sassi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834745106
  • Casa editrice: Fanucci
Trama

Laia è una schiava. Elias un soldato. Entrambi lottano per la libertà. Sotto l’Impero marziale, ogni atto di sfida o ribellione è punibile con la morte. Chi non consacra il proprio sangue e il proprio corpo all’imperatore rischia l’esecuzione della propria famiglia e la distruzione di tutto ciò che di caro possiede. Nonostante le estreme condizioni di povertà a cui sono costretti, Laila e la sua famiglia seguono le regole a testa bassa, perché sanno bene cosa succede a chi si oppone al regime. Ma quando suo fratello viene arrestato per tradimento, decide di unirsi a un gruppo di ribelli che promettono di salvarlo. In cambio, Laia farà loro da spia dall’interno della più grande accademia militare dell’Impero. Lì incontra Elias, il miglior soldato della scuola, ma, segretamente, anche il più riluttante a compiere il suo dovere. Il suo unico desiderio è liberarsi dalla tirannia che è stato addestrato a far rispettare. Ben presto, i due si rendono conto che i loro percorsi sono strettamente legati e che le loro scelte hanno il potere di cambiare il destino dell’Impero.

Recensione e commento

Sono sempre felice di rimanere stupefatta quando un libro supera le mie aspettative. Questo è successo con An Ember in the Ashes -  il Dominio del Fuoco, un romanzo che mi viene raccomandato da anni, ma che ho potuto recuperare solo con la riedizione di Fanucci.

Andando con ordine, prima di tutto mi tocca dire che la prima cosa che mi ha convinta è stata la scelta del periodo in cui leggerlo, perché sicuramente un worldbuilding che ricalca un mondo arabo occupato militarmente e colonizzato con la violenza non poteva che ricordarmi la situazione mondiale contingente, per cui la protagonista appartenente a un popolo oppresso che in una notte vede scomparire tutto ciò che ha al mondo e deve cercare di tenersi aggrappata al briciolo di vita normale che le resta mi è parsa quantomai credibile, anche nei momenti in cui peccava di ingenuità. In un certo senso sono stati proprio quelli a renderla credibile, perché per una volta abbiamo una diciassettenne che è sì protagonista attiva, ma anche fallibile e per niente overpowered, per quanto di tanto in tanto le cose le vadano fin troppo bene. Le ingenuità che commette la rendono credibile proprio perché non ha avuto nessun addestramento per la missione che le viene affidata e la sua antagonista, che invece è molto formata nel suo mestiere e ha tantissima esperienza in più, non si fa menare per il naso dalla prima ragazzina che arriva che pensa di cambiare il mondo con la forza dell’ammmmore. Insomma, per quanto apparentemente possano esserci degli spiragli per dei buchi di trama, questi appaiono in realtà parte dell l’intreccio e avranno delle conseguenze sul medio-lungo termine (per quanto qui e là ci saranno delle questioni che non avranno nessun particolare risvolto nella trama).

Se all’inizio trovavo molto credibile il punto di vista di Laia e molto poco quello di Elias, devo dire che sul finale anche lui ha saputo convincermi. In principio mi sembrava prosaico il fatto che un appartenente alla classe dei conquistatori addestrato a uccidere e deumanizzare il nemico, sottoposto a propaganda per tutta la vita avesse tanti dubbi e una coscienza mordace, ma con il progredire della storia ho via via imparato a comprenderlo e sentire tutta la sua nausea per la violenza a cui ha assistito, che ha subito e che ha inflitto negli anni. Ma soprattutto sono riuscita a sentire davvero il contrasto di emozioni che provava quando qualcuno a cui vuole profondamente bene, con cui è cresciuto e con cui ha condiviso ogni aspetto della vita, dimostra delle idee agli antipodi con la sua morale e si mostra in conflitto con lui per il modo in cui vorrebbe che le cose cambiassero. 

Anche la struttura in sé mi è parsa convincente, perché per quanto i capitoli a pov alternati siano ormai usualissimi, in questo caso sono pienamente sfruttati: non solo tutti gli indizi sono disseminati per il testo in modo tale che ci tornino utili più avanti senza che il tutto appaia palese, ma addirittura Elias e Laia non interagiranno dall’inizio, anzi, per il 70% del libro ciascuno dei due avrà il proprio conflitto interno da gestire e affrontare e anche il proprio interesse amoroso, tanto che i loro archi narrativi si toccano di tanto in tanto per intrecciarsi davvero solo sul finale quando i loro obiettivi convergeranno. Tutto ciò nella mia esperienza rappresenta una gradita novità e al di là di questo moltiplica anche in modo esponenziale ciò che può accadere, perché se prese singolarmente le due sottotrame possono apparire due young adult distinti, una volta che vengono messe assieme nella stessa storia creano delle diramazioni inaspettate. Personalmente, non ho fiutato nessuno dei colpi di scena, anche se ci ho provato. Forse sono fuori allenamento a causa di tutti i romanzi rivolti allo stesso target in cui Lui incontra Lei a pagina dodici e cambiano il mondo assieme attraverso una serie di quest con cattivone finale, e il fatto che qui nulla sia mai tanto palese mi ha reso la lettura piacevolissima.

Anche il worldbuilding ha i suoi pregi. Il 90% del suo essere fantasy consiste nell’essere ambientato in un mondo che non esiste ma anche se qui il soprannaturale è reale viene comunque ripudiato con scetticismo e resta sullo sfondo come una leggenda fino a quando non ci si sbatte il muso. La stessa introduzione del vero antagonista della storia avviene in questo modo, verso la fine, che fa presagire che ci sia molto ignoto da indagare nei prossimi volumi della serie e che le avventure dei protagonisti siano solo il preludio a qualcosa di molto più grande e probabilmente peggiore. 

An Ember in the Ashes - Il Dominio del fuoco è stata una lettura molto piacevole che riesce a trattare anche temi attualissimi mentre crea un intreccio credibile e fuori dai cliché. Questo libro è esattamente quello che mi aspetto dal fantasy young adult.

martedì 12 marzo 2024

Orfeo - Sogno e Morte

  • Titolo: Orfeo - Sogno e Morte
  • Autore: Luca Tarenzi
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 9788809930513
  • Casa editrice: Giunti
Trama


Mediterraneo orientale, XIII secolo a.C. Orfeo è il figlio illegittimo di un re della Tracia, cresciuto senza conoscere l'identità della madre, privo dell'affetto del padre e disperatamente innamorato della sorella acquisita, Euridice. Una notte, nel tentativo di sottrarsi a un matrimonio combinato, Euridice fugge dalla fortezza in cui abita. Orfeo la insegue e, poco dopo, i due si imbattono in una banda di satiri, uomini selvaggi che venerano il dio Dioniso. I satiri però non fanno loro del male: Marsia, il loro capo, è il fratellastro di Orfeo che anni prima ha abbandonato il padre e il titolo di principe. Tramite Marsia anche Dioniso si incuriosisce nei confronti di Orfeo, e ordina ai satiri di istruirlo nelle loro arti sciamaniche. Mentre Euridice viene rinchiusa nella fortezza dal re per impedirle di scappare ancora, Orfeo scopre un insolito talento per le arti soprannaturali e, tra i tanti prodigi, impara ad abbandonare il proprio corpo per entrare nei sogni di altri.

Recensione e commento

Quasi non mi riconosco più, ma non ho niente di negativo da dire sulla nuova fatica di Luca Tarenzi. E del resto, cos’altro potevo aspettarmi da un autore tanto affermato e tanto attento a certi temi? Potevo aspettarmi esattamente quello che ho trovato, ovvero un libro equilibrato e ben ritmato.

In effetti, la cadenza del libro è proprio una delle caratteristiche che ho trovato più piacevoli, perché nonostante il tema mitologico, che di per sé è già impegnativo, l’intera struttura delle frasi e della storia in sé è molto asciutta. Tarenzi non si perde in chiacchiere e, anche nelle situazioni in cui si rende necessario spiegare qualcosa a chi legge, non di dilunga in digressioni scolastiche, che in questo contesto sarebbero risultate più che altro uno sfoggio di cultura per accarezzarsi l’ego che una reale esigenza di trama. In questo modo, il retelling che dedica a Orfeo funziona sia che si conosca già molto bene la mitologia, sia che non la si conosca affatto, proprio perché l’autore, non anticipando mai troppe spiegazioni, riesce a intessere degli intrighi che possono essere sorprendenti per chi non conosce il mito originale e intriganti per chi ci ha già avuto a che fare. La trasposizione in romanzo è abbastanza fedele al mito, ma sono stati fatti i dovuti rimaneggiamenti al fine di renderlo godibile per il pubblico contemporaneo, anche per quanto riguarda il personaggio di Euridice, sul quale non voglio anticiparvi troppo perché rischierei di fare spoiler. 

Come ho già detto, non ho critiche da fare, quindi continuiamo con i punti a favore. Un (altro) di questi è Orfeo stesso: in questa rivisitazione è un adolescente che vive durante un’epoca spietata nella quale la violenza non è solo all’ordine del giorno, ma è addirittura auspicabile in talune situazioni. Orfeo cerca di mantenere intatta la sua innocenza, di non farsi mai coinvolgere dalla crudeltà e di condannarla sempre. È un protagonista che cerca di non risolvere mai le cose con aggressività e quando questa si rivela necessaria spesso fallisce nell’esercitarla. Anche in questo frangente ho apprezzato le scelte di Tarenzi, perché non ha uno sguardo morboso sui soprusi e le prepotenze che racconta, anzi, alcune volte avvengono fuori campo o vengono riferiti tramite i dialoghi. Ciò consente al chi legge di non sviluppare assuefazione verso la violenza, in modo tale che quando questa viene mostrata in modo diretto abbia effettivamente un forte impatto emotivo e non sia gratuita con il solo scopo di scioccare. Non era facile, ma Tarenzi è riuscito a mantenere lirico un contesto fortemente brutale. 

Forse, l’unica doverosa precisazione che devo fare è che non si tratta di un autoconclusivo. Il finale, infatti, arriva come una botta e sospende la narrazione sul più bello, terminando il primo capitolo di questa nuova trilogia con un cliffhanger.

Quindi, tirando le somme, Orfeo - Sogno e Morte è solo il secondo retelling mitologico che trovo di mio gradimento, dopo Lavinia. Nella mia testa, questo Orfeo si è trovato a rivaleggiare con l’Orfeo raccontato in Sandman di Neil Gaiman e capirete bene che essere nella stessa classifica di Gaiman e Le Guin non è cosa da poco, ma Tarenzi ci è riuscito. Non vedo l’ora di poter leggere i seguiti, spero di non dover aspettare troppo.

mercoledì 6 marzo 2024

Five Survive

  • Titolo: Five Survive
  • Titolo originale: Five Survive
  • Autrice: Holly Jackson
  • Traduttore: Paolo Maria Bonora
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788817179782
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


Sei ragazzi in camper viaggiano nella notte verso le agognate vacanze di primavera. A un tratto, una gomma a terra li costringe a fermarsi, ma quello che sembra un banale incidente di percorso, ben presto si trasforma in un incubo. Un puntino rosso si muove lungo la fiancata del camper. Un rumore sordo. Odore di benzina. Qualcuno ha sparato al serbatoio. Là fuori, nell’oscurità, è appostato un cecchino e loro non possono fuggire, né comunicare con l’esterno perché i cellulari non funzionano: il loro aggressore ha messo fuori uso le celle telefoniche e comunica attraverso un walkie talkie appeso allo specchietto del camper. Ma la scoperta più agghiacciante è capire che non sono vittime casuali: il killer li conosce ed è venuto a cercare proprio uno di loro… In quelle otto ore che li separano dall’alba, le più lunghe della loro vita, molti segreti verranno svelati e la tensione tra i sei amici raggiungerà livelli fatali. Alla fine di quella lunga notte saranno ancora tutti insieme?

Recensione e commento

D’ora in poi quando sentirò la frase “Ha fatto anche cose buone” penserò a TikTok che ha reso popolare Holly Jackson. 

Non era facile eguagliare la performance della serie precedente dell’autrice, quella di Come uccidono le brave Ragazze, eppure l’autrice è riuscita a scrivere qualcosa di nuovo e altrettanto intrigante. Infatti, Five Survive si discosta totalmente e non ha nulla in comune né nella forma, né nel contenuto, né nella struttura e questo è positivo perché dimostra la versatilità di Holly Jackson. Dopo Pippa, la protagonista dei romanzi precedenti che era una brava ragazza con una famiglia funzionale e ottimi voti, qui abbiamo Red, una ragazza piena di problemi anche di natura economica e una famiglia a pezzi. Eppure, le due ragazze hanno potuto avere archi di formazione diametralmente opposti proprio in virtù del fatto che loro stesse sono agli antipodi e se Pip diventerà via via sempre più moralmente ambigua, Red, invece si troverà a dover affrontare una situazione che può superare proprio grazie ai traumi che ha vissuto, che l’hanno preparata ad affrontare qualsiasi cosa, quando riesce a crederci abbastanza.

Fondamentalmente, tutto il suo personaggio ruota attorno al suo trauma, che le provoca mancanza di concentrazione e difficoltà a elaborare ciò che accade, eppure nel momento in cui capisce di essere in grado di adempiere a dei compiti diventa una protagonista attiva e si risolleva indirizzando correttamente la sua rabbia. 

Mentre leggevo Five Survive nella mia testa ricorreva spesso una frase del Joker di Heath Ledger “Appena le cose vanno male, queste persone ‘civili’ e ‘perbene’ si sbranano tra di loro”, perché in questo thriller sei ragazzi vengono intrappolati dentro al loro camper in mezzo al nulla da un cecchino che vuole scoprire un loro segreto e per questo in varie situazioni, invece di fare fronte comune e cercare una soluzione, saltano fuori tutti i piccoli problemi, ingigantiti dalla lente d’ingrandimento dell’angoscia, e quelli grandi e grandissimi. Sebbene ci vengano presentati tutti nel primo capitolo, non ho avuto problemi a distinguere i personaggi gli uni dagli altri, perché hanno psicologie distinte e ben costruite, tanto che i discorsi diretti sono facilmente attribuibili alla persona che parla anche senza le indicazioni della voce narrante.

Il trope del “so cos’hai fatto” può sembrare sfruttato fino all’osso, eppure ho azzeccato solo mezzo colpo di scena, in tutto il resto Holly Jackson semina indizi che ho pensato andassero interpretati in un modo, ma che alla fine andavano messi assieme in un modo diverso e molto più intrigante. Inoltre, il rimo serrato, scandito dal passare delle ore nel camper rende impossibile mettere giù il libro fino a che non si finisce. 

Insomma, sono contentissima che Holly Jackson sia tornata in pista con Five Survive, sul quale riponevo aspettative che temevo non fossero all’altezza. Invece, per una volta, l’hype è giustificato.

mercoledì 28 febbraio 2024

Canzone per un nuovo giorno

  • Titolo: Canzone per un nuovo giorno
  • Titolo originale: A Song for a new Day
  • Autrice: Sarah Pinsker
  • Traduttrice: Enrica Marchi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834743072
  • Casa editrice: Fanucci
Trama

Nel Prima, Luce Cannon era al vertice della sua carriera musicale. Ora, nel Dopo, gli attacchi terroristici e i virus letali hanno indotto il governo a vietare i concerti. Così il legame che Luce aveva con il mondo – la sua musica, il suo scopo nella vita – le viene precluso per sempre. Finisce quindi a esibirsi in concerti illegali per una piccola ma appassionata comunità. Rosemary Laws ricorda a malapena i tempi del Prima. Trascorre le sue giornate nel Cappuccio virtuale lavorando per il Servizio clienti della multinazionale Superwally, senza alcun tipo di contatto reale. Per caso, trova un nuovo lavoro e una nuova vocazione: scoprire musicisti straordinari e portare i loro concerti a tutti tramite la realtà virtuale. Ma per riuscirci, dovrà fare una cosa totalmente nuova: uscire in mezzo alla gente e frequentare i concerti illegali. Quando si accorge di come potrebbe veramente essere il mondo, ciò che ha sempre conosciuto fino a quel momento non le basterà più.

Recensione e commento

“Music was better when ugly people were allowed to make it”

Un tizio su Twitter

È di pochi giorni fa la notizia di un artista che al festival di Sanremo ha espresso un parere politico (e tuttavia pienamente condivisibile) che ha suscitato una forte reazione della classe politica, la quale lo ha sostanzialmente zittito dicendogli che i cantanti debbano occuparsi di cantare senza esprimere idee, come se la politica non riguardasse tutte le cittadine e tutti i cittadini e non ci fosse la Costituzione a garantire il diritto di esprimersi liberamente (sì, vale anche per chi di mestiere canta).

Canzone per un nuovo giorno parla anche di questo, di come, dopo una pandemia che porta via tante vite e costringe l’umanità a cambiare radicalmente stile di vita, il capitalismo abbia visto uno spiraglio per infilarsi e fare ancora più soldi a palate. Una delle due protagoniste, che sono separate da una generazione e pertanto vedono il mondo in modo diverso, ha il compito di ingaggiare nuove band da parte di un’etichetta che ha il monopolio della discografia. Rosemary non deve ingaggiare le band migliori, ma quelle più facilmente vendibili, di bell’aspetto, con un sound generico e in particolare che non esprimano alcun tipo di pensiero politico nei loro testi. Perché l’obiettivo è vendere, e qualcosa di divisivo si vende meno facilmente. E non è il solo ambito in cui il capitalismo la fa ormai da padrone, perché il nuovo modo di vivere delle persone, il fatto che debbano stare separate, distanziate, senza mai assembrarsi, è nuovamente un’occasione consumistica, perché fornisce la possibilità di propinare apparecchi per la realtà virtuale, il che aumenta esponenzialmente le vendite dei biglietti per i concerti in VR che potenzialmente possono essere infiniti, poiché non si deve più sottostare a regole di sicurezza per l’evacuazione del pubblico da luoghi reali in cui tutto può andare storto. 

In questo contesto, Luce è una musicista che ci tiene a essere anche artista, a comunicare qualcosa di più che un generico testo orecchiabile facilmente commercializzabile. Il suo lavoro, per quanto non sia quello che le consente di sbarcare il lunario, deve svolgersi in clandestinità, perché aggiunge l’elemento pubblico dal vivo in un mondo che, nonostante la pandemia sia passata, non può ancora assembrarsi. Al suo personaggio sono affidate le riflessioni sul ruolo dell’arte nella società, e sul fatto che non debba necessariamente essere un’esperienza estetica, soprattutto non esclusivamente tale.

Le interazioni tra le due protagoniste le porteranno a venirsi in contro, perché in nessuno dei due mondi tutto è da buttare via. Canzone per un nuovo giorno è un libro che insegna il valore del compromesso, che racconta l’importanza del mettersi nei panni altrui e che mostra tantissimi punti di vista diversi, perché attraverso i dialoghi con altri personaggi della storia, scopriamo che il discorso non è polarizzato da una parte o dall’altra, ma che veramente le persone stanno vivendo un momento storico di grande confusione in cui stanno cercando di fare il loro meglio. Ciascuna gestisce le cose nel modo più congegnale per sé, non c’è qualcosa di universalmente giusto o sbagliato e anche le esperienze sono autentiche in base alla propria percezione: l’averle vissute in realtà virtuale non le rende meno importanti, per quanto ci sia qualcosa di profondamente diverso nella realtà tangibile.

Canzone per un nuovo giorno mi è piaciuto in tutti i modi possibili, mi è entrato sotto la pelle e mi ha dato tantissimo con una delicatezza disarmante e senza fare mai la paternale. Non sono sicura di essere riuscita a riassumere quanto questo romanzo lineare e delicato sia in realtà complesso e stratificato, spero solo che gli darete un’opportunità.

A cosa servono le Persone?

Titolo: A cosa servono le Persone? Titolo originale: Leeva at Last Autrice: Sara Pennypacker Illustratore: Matthew Cordell Traduttore: Paol...