mercoledì 16 luglio 2025

Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina

  • Titolo: Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina
  • Autrice: Francesca Albanese
  • Codice ISBN: 9788817195324
  • Casa editrice: Rizzoli
Trama


Dieci storie che si legano alle vite di molte altre, ponendoci le domande a cui è doveroso dare risposta: quali sono le conseguenze dell'occupazione? Dov'è la casa di una persona rifugiata? In che condizioni vive il popolo palestinese? Fino a che punto può arrivare la crudeltà di un genocidio? Domande a cui non possiamo sottrarci, legate a personaggi e luoghi che ci permettono di capire cosa è stata la Palestina fino al 7 ottobre 2023 e cosa è adesso.
«È quando il mondo dorme che si generano i mostri. Di mostri ne abbiamo già parecchi, tra noi. Prima di tutto, la nostra indifferenza.»
Lo spirito di un luogo è fatto dalle persone che lo abitano, dalle storie che si intersecano nelle sue strade. E questo vale in modo particolare per la Palestina, custode di passaggi storici epocali e teatro di una delle più dolorose pagine di storia contemporanea. Francesca Albanese, la Relatrice speciale ONU sul territorio palestinese occupato, una delle persone più competenti e autorevoli sullo status giuridico e sulla situazione dei palestinesi - amata (o odiata) in tutto il mondo per l'integrità e la passione con cui si batte in favore dei diritti di un popolo troppo a lungo vessato - qui ci offre storie che intrecciano informazioni, riflessioni, emozioni e vicende intime. Un viaggio scandito da dieci persone che hanno accompagnato Francesca a comprendere storia, presente e futuro della Palestina. Hind Rajab, morta a sei anni sotto le bombe che hanno distrutto Gaza, ci apre gli occhi su cosa significhi essere bambini in un Paese dove i bambini non hanno un nido che li protegga e che rispetti le loro radici. Abu Hassan ci guida tra i luoghi di fatica e sofferenza ai margini di Gerusalemme; e George, amico stretto, di Gerusalemme ci mostra meraviglia e insensatezze. Alon Confino, grande studioso dell'olocausto, ci aiuta a comprendere i contrasti che possono albergare nel cuore di un ebreo che vede l'apartheid e ne vuole la fine. Ghassan Abu-Sittah, chirurgo arrivato da Londra per entrare nel vivo dell'orrore più inimmaginabile, ci racconta ciò che ha visto; e Malak Mattar, giovane artista che ha fatto il percorso inverso, condivide la storia di chi ha dovuto lasciare Gaza per potersi esprimere o per sopravvivere. E poi Ingrid Jaradat Gassner, Eyal Weizman, Gabor Maté fino a una delle persone più vicine a Francesca nella vita, così come nella ricerca di una consapevolezza capace di tradursi in azione.

Commento 

È difficilissimo parlare di Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina, perché è un libro di per sé necessario, intenso e pesato in ogni sua parola. Tentare di riassumerlo non gli renderebbe onore, per cui cercherò di parlarne sulla base dei contenuti.

Cominciamo col dire una cosa: Francesca Albanese è un tesoro nazionale e internazionale. La Relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, infatti, non è solo una giurista, una docente e una studiosa, ma una persona adattissima al ruolo che ricopre non per la sua superiorità intellettuale in merito alla materia di cui si occupa rispetto a noi comuni mortali, quanto perché riesce a usare tutte le sue conoscenze accademiche al servizio di chi ne ha più bisogno e nel farlo non lascia fuori la sua emotività. È questa la cosa che colpisce di più di Albanese: non ricopre il suo ruolo con distacco e scollandosi dalla realtà, ma usando la sua sensibilità al servizio del suo lavoro e, per quanto ciò possa essere un problema nella sua vita personale, che sicuramente ne risente, è anche vero che per un compito così delicato serve una persona che ci tenga davvero. E Albanese ci tiene davvero. 

Il chiaro e dichiarato intento di questo libro, che mescola la saggistica alla narrativa biografica, è quello di calare il diritto internazionale nella vita degli individui facendosi portavoce delle storie piccole e grandi di chi non ha un megafono per poterle raccontare: parte dagli antefatti, per aiutarci a comprendere il perché di determinate azioni o reazioni, racconta di esasperazioni e ingiustizie subite per decenni dal popolo palestinese, di accordi non rispettati, di bacchettate sulle mani mai date. E soprattutto racconta di ferite non curate, da una parte e dall’altra. Perché se da un lato abbiamo il popolo palestinese che sta vivendo sulla sua pelle un genocidio inenarrabile e per il quale, francamente, non c’è più nulla da dire perché abbiamo già visto imagini impensabili anche per un film horror, dall’altro abbiamo il popolo ebraico (non tutto israeliano e non tutto sionista) e il suo trauma generazionale non curato, un dolore che è passato dai sopravvissuti alle generazioni successive e nel rivendicare una sorta di giustizia riparativa che non è mai davvero arrivata ha trasformato la propria tragedia in quella di qualcun altro, come capita spesso in chi subisce abusi. Albanese è un’idealista e non è facile restare idealisti facendo il suo mestiere, a contatto con la violenza, con il dolore e con questioni enormemente più grandi di qualsiasi piccolo essere umano. Non cede mai alla tentazione di spersonalizzare il popolo palestinese ricorrendo esclusivamente a numeri e statistiche, che vengono usati a supporto di storie vere, mai il contrario: i numeri servono a tirare le somme delle tragedie umane che vengono raccontate, ma non si sostituiscono mai a esse, così come lei stessa fa da megafono per le voci altrui, raccontandoci quello che ha imparato lei stessa, senza mai mettersi in una posizione di superiorità né verso chi le ha raccontato le storie che ci riferisce, né verso di noi che le ascoltiamo.

Last night in Gaza,

dell’artista palestinese Malak Mattar

Quando il mondo dorme è un libro necessario non solo nel senso della questione specifica che tratta, quanto perché educa alla complessità. L’autrice ci mostra l’interconnessione di tantissimi fenomeni, di eventi storici e mentalità dure a morire e si spende nell’eroico tentativo di spogliarsi del suo sguardo occidentale eurocentrico. Non parla mai con accondiscendenza, anzi, cerca sempre di mettersi, e farci mettere, dalla parte opposta e vedere che immagine ci viene rimandata, usando, ancora una volta, l’empatia come arma per la risoluzione dei conflitti, invece di viverla come una debolezza. Ciò porta inevitabilmente a criticare il sistema di cui fa parte (che è lo stesso di cui facciamo parte noi): è feroce nel criticare l’Europa che non si prende le sue responsabilità, gli Stati Uniti che appiattiscono la questione trasformandola in una tifoseria da stadio dove bianco e nero si contrappongono (per lei, Trump è un Caligola moderno. Sipario*), l’ONU stessa, per cui lei lavora, che non riesce a farsi rispettare nelle sue decisioni né a inviare dei funzionari che abbiano abbastanza contatto con la realtà e integrità da non assecondare il fenomeno che sono stati chiamati a combattere.

My mother,
di Malak Mattar

Con la semplicità di chi ha fatto del tema di cui parla la propria ragione di vita, Albanese ci spiega, sempre calandole nel contesto e andando dalla storia particolare a quella generale, parole come “apartheid” e “genocidio” e mai e poi mai sminuisce le azioni dei singoli. Parla di come il boicottaggio sia l’arma migliore che abbiamo perché i regimi vanno colpiti al portafoglio per ferirli davvero e ci ricorda che la fine della segregazione in Sudafrica è cominciata proprio così: con i singoli che, una piccola azione alla volta, hanno fatto la differenza nell’opinione pubblica, costringendo la politica a porre fine a un fenomeno radicato. Pensate a quanto siano cambiate le notizie dei telegiornali rispetto al sette ottobre 2023, quando la narrazione era polarizzata, ma successivamente l’ondata di solidarietà verso la Palestina ha costretto persino i notiziari più conservatori a dare spazio anche a chi non è gradito a chi comanda. In questo senso, le parole di Francesca Albanese sono colpe di dolore, di stanchezza e lutto, ma anche di speranza e voglia di lottare, perché lei stessa dice che tutti i bambini del mondo meritano le stesse cose che hanno i suoi figli, con la loro spensieratezza e i loro bagni al mare. La dolcezza di questo pensiero è ciò che ci deve spingere a continuare a fare pressione per la pace, senza scoraggiarci o farci distrarre. E se da un lato è vero che i governi non stanno facendo niente è vero anche che stanno dimostrando di non essere lo specchio dei loro cittadini, i quali non dormono più anche per merito di questa donna che è una forza della natura.

Se siete insegnanti, Quando il mondo dorme - Storie, parole e ferite della Palestina è un libro che dovete far leggere nelle vostre classi perché ci educa alla complessità, ad andare alla radice dei problemi e a puntare il dito prima verso i potenti e anche verso di noi, spogliandoci del nostro sguardo privilegiato che è la lente che ci impedisce di vedere con chiarezza. Come si dice dalle parti di Francesca Albanese: facciamo ammuìna.

*Sto editando questa recensione nel giorno in cui gli USA hanno annunciato sanzioni contro di lei a seguito del suo report dove, senza battere ciglio, ha tirato fuori l’agendina con i nomi dei bambini monelli e ha fatto i nomi e i cognomi delle aziende che stanno facendo i soldi sul genocidio. Ineffabili artisti circensi.

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