martedì 17 novembre 2020

Fiorirà l'aspidistra


Quando ci si approccia a un romanzo orwelliano, bisogna essere preparati a ricevere un pugno allo stomaco. 
Ogni. Singola. Volta. 
Con George Orwell difficilmente si incappa in metafore o similitudini perrché, secondo il suo pensiero artistico, gli eugemismi servivano a celare la verità. Eric Arthur Blair eliminava una parola ogni volta che era possibile, non ne utilizzava mai una lunga al posto di una corta o una straniera se esisteva un corrispettivo nella sua lingua. Il risultato di queste regole, che egli stesso è pronto a infrangere qualora si riveli utile per scrivere qualcosa di decente, è uno stile estremamente diretto e tagliente, finalizzato a rendere impossibile fraintendere il messaggio che l'autore vuole veicolare.
Sebbene questo romanzo sia ancora lontano dalla piena maturità di 1984, gli intenti dell'autore e le sue capacità sono già lì, sotto gli occhi di tutti. Se si legge questo libro dopo il saggio Lettaratura palestra di libertà, in cui l'autore non solo racconta parte della sua vita, ma anche cosa significhi per lui la scrittura, l'approccio a questo libro è quasi doloroso, poiché i tormenti del protagonista, soprattutto dal punto di vista economico, sono quelli che l'autore, come essere umano, ha vissuto veramente. Infatti, è ragionevole ritenere che i flussi di coscienza di Gordon, che pensa a quanti soldi ha in tasca, a quanto debba farseli durare e cosa debba fare per riuscirci, siano quelli di uno squattrinato, giovane Orwell.
Conoscendo la biografia di Eric Blair si scopre che è stata proprio la sua condizione di indigenza, iniziata negli anni trascorsi in Birmania, ad aver plasmato il suo pensiero e i suoi nuclei tematici come autore. Non è solo questo che traspare da Fiorirà l'aspidistra, perché George Orwell riversa anche il suo disprezzo per l'ipocrisia e le menzogne, in modo quasi embrionale rispetto a quanto farà successivamente: in questo romanzo denuncia la schiavitù del denaro, a cui volenti o nolenti tutti gli esseri umani sono soggetti e di come il compito di un artista sia anche quello di fallire, quello di farsi dire "no" dagli editori perché il libro non è vendibile, ma è proprio così che si diventa artisti, perché il compito dell'artista è quello di fare arte anche quando nessuno vuole stare a sentire. In particolare, si vede che Eric Artur Blair si scaglia contro il materialismo che investe anche il campo della letteratura, dal momento che per lui, scrivere e leggere non sono esperienze eclusivamente estetiche (anche, ma non solo), ma talvolta, e soprattutto, politiche, ovvero con l'intenzione di spingere il mondo verso una determinata direzione, come sottolinea anche in Letteratura palestra di libertà. George Orwell è un autore che ha davvero creduto in un mondo migliore reso possibile dalla letteratura e che ha preso il suo suo ruolo di scrittore seriamente, ma qui (e in altri scritti) non è sicuro che la letteratura vada di pari passo con il denaro: possedere un libro materialmente non significa averlo assorbito, perché per lui non è un mero oggetto, ma qualcosa da vivere, un fine per raggiungere un mezzo, più che qualcosa da impilare e accumulare, perché ha un valore intrinseco che prescinde da quello economico. Negli anni in cui, come il suo personaggio, Orwell ha lavorato in libreria, ha perso la passione per i libri, vedendo quante persone effettivamente appassionate vi fossero; quasi a nessuno interessava il libro inquanto opera, per il suo contenuto. Era sempre un regalo per qualcun altro o un oggetto di arredamento, da esporre, il che privava il libro del suo valore intriseco, della potenza della storia che conteneva. Su questo Orwell è stato profetico tanto quanto lo è stato in altri romanzi, poiché il capitalismo non è di certo andando migliorando col tempo e col senno di poi mette ancore più tristezza leggere questa storia, perché basta fare un giro sui social network per constatare quanto il materialismo sia più che mai vivo e vegeto, anche quando si parla di letteratura. Fa molto riflettere il suo pensiero diguardo ai libri: lui, uno degli scrittori che hanno lasciato un segno nella storia, preferisce farsi prestare i libri, piuttosto che possederli. Preferisce avere il loro contenuto, più che la loro forma e non si fa mai abbindolare dall'estetica, sia stilistica che esteriore. Il modo in cui Orwell riesce a essere profetico anche in questo campo è quasi agghiacciante. Chi sa cosa avrebbe pensato della comunità bookstagram (di cui fa parte anche chi sta scrivendo questo articolo), in cui spesso un libro è un mero oggetto decorativo in una bella foto. Non bisogna tuttavia pensare che all'interno di Fiorirà l'aspidistra il protagonista sia un eroe dedito alla vita monastica per nobiltà o che sia guidato da buoni sentimenti verso il prossimo, anzi. Gordon prova tantissimo risentimento verso una società materialista, da cui si sente abbandonato ma dalla quale vuole, al tempo stesso, estraniarsi.
Più si parla di questo autore e più si trovano nuovi spunti di discussione. Leggetelo e basta, leggete Orwell perché è un autore che cambia la visione che il lettore ha del mondo. 



2 commenti:

  1. Sono sempre più incuriosita e ho apprezzato molto il pensiero su bookstragram. E' vero che molto spesso il libro è solo la decorazione di una bella foto ed è molto triste. Tu sei invece una delle persone che ha sempre portato dei bellissimi contenuti e questo post lo dimostra!

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    1. Devo ammettere di aver apprezzato il paradosso tra Orwell che critica i libri trattati come oggetti e la bella edizione di un libro suo curato esteticamente a cui io stessa non sono riuscita a rinunciare

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