martedì 11 giugno 2024

Sheridan - La Profezia dello Straniero

  • Titolo: Sherden - La Profezia dello Straniero
  • Autrice: Melania Muscas
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 9788809937383
  • Casa editrice: Giunti
Trama


Nelle acque del Grande Verde sorge un'isola dominata da un antichissimo popolo: Sherden. Qui Arvara, sacerdotessa nelle cui vene scorre il sangue delle janas, le donne immortali che per prime hanno abitato queste terre, ha il dono di leggere nel futuro. E la profezia che annuncia è catastrofica: tre eventi rovinosi cancelleranno per sempre la civilità shardana. Parole ineluttabili, che fanno serpeggiare il panico tra le città del Nord e del Sud, spingendole le une contro le altre. Dopo l'avvento dell'Onda che sommerge l'isola, la prima parte della profezia è compiuta. Adesso ciò che scatena l'angoscia è la minaccia del “secondo nemico”, la conquista di Sherden da parte di uno straniero e della sua gente. Ma chi è davvero questo straniero? Uno di quelli che abitano l'isola, e contro cui la setta dei credenti, spinta da un odio cieco, sta ingaggiando una violenta epurazione? O forse qualcuno che arriverà da fuori? Cinque punti di vista, cinque personaggi di cui seguiamo il destino, e le cui storie finiscono inesorabilmente per intrecciarsi: Arvara, discendente della Profetizzante; Jabari, giovanissimo straniero esiliato; Felìtzi, maledetta dal tocco mortale di una delle cogas, creature malvagie e portatrici di sventura; Brennar, fratello del cabu al governo del Nord; infine, Thaeni, la guida della Resistenza, pronta a tutto pur di difendere il diritto degli stranieri ad abitare l'isola. La struttura e le atmosfere del Trono di Spade si fondono con gli elementi del folklore sardo, nel primo capitolo di una trilogia fantasy in cui la storia antica funge da ispirazione per creare un universo unico.

Recensione e commento

È relativamente difficile per me parlare di Sherden - La Profezia dello Straniero, perché penso che essere nata e cresciuta nei posti in cui questo romanzo è ambientato possa cambiare la mia percezione della storia. 

Infatti, molti dei luoghi che vengono descritti sono radicati nel mio cuore. Quella che vedrete qui non è la Sardegna delle cartoline o delle riviste per turisti: è quella selvaggia e spirituale. Quella di un popolo magari internamente diviso, ma accomunato dall’amore per la sua terra e che da essa trae nutrimento e forza. L’intento di Melania Muscas per me è chiarissimo ed è quello di ridare dignità a una civiltà - quella nuragica - che è sempre stata accusata di “non aver mi fatto nulla di importante”. I nuragici sono esistiti in uno dei momenti di massimo splendore per le civiltà mediterranee e avendo avuto contatti con le più importanti di queste, è impossibile che non abbiano fatto “nulla di importante”. È proprio in questo contesto che Muscas intesse la sua trama, prendendosi sicuramente delle licenze storiche, come racconta lei stessa nelle note finali, ma incastonando la finzione narrativa nel mito e il mito nella Storia. Per cui, moltissime delle personalità più conosciute della mitologia e dell’epoca agiscono ai margini dell’intreccio di Sherden - la Profezia dello Straniero, ma si fiuta benissimo che le loro azioni avranno (o hanno avuto in un passato che si perde nel tempo) delle ripercussioni inimmaginabili. Ai personaggi di Omero e Virgilio si amalgamano anche quelli storicamente esistiti che aiutano le cinque voci del romanzo a compiere le loro imprese.

Al mix di leggenda, mito e Storia, Muscas aggiunge un sistema magico basato sul folklore sardo: troviamo creature fatate come janas e cogas che in questo contesto sono proprio coloro che conferiscono poteri e immortalità. Spero vivamente che tutto questo, assieme all’ambientazione, che è ciò che ho preferito dell’intero romanzo per la sua solidità e originalità, possa invogliare più persone possibile a cercare di conoscere un luogo che viene considerato sempre e solo come meta per il turismo di massa.

Poi, personalmente, ho preferito l’ultimo quarto del libro perché è quello maggiormente ritmato e dove si arriva al sodo. C’è un susseguirsi di eventi continuo e vengono tirate le fila di tutto ciò che è stato raccontato in precedenza. L’unica critica che mi sento di muovere è che in determinate situazioni si potesse snellire leggermente, ma per il resto l’autrice si pone sempre le domande giuste: trova sempre il modo di fornire un’informazione nel modo più funzionale possibile - quasi sempre tramite discorsi diretti credibili, dove davvero i personaggi devono parlare di qualcosa che non conoscono - e non ci sono flussi di coscienza macchinosi in cui la voce narrante si dilunga in spiegazioni che servono a chi legge ma che appesantiscono. In generale ho apprezzato tantissimo che la prosa non si perdesse mai in chiacchiere, riuscendo a essere diretta senza perdere morbidezza. Non bisogna necessariamente dilungarsi in manierismi per essere poetici.

L’organicità dell’opera nel suo complesso si traduce anche nella caratterizzazione dei personaggi. Su questo aspetto ho diverse precisazioni d fare, perché in un certo senso non c’è stata nessuna protagonista (o nessun protagonista) con cui io sia entrata in sintonia fino in fondo. Nel senso che talvolta concordavo con loro, ma altrettante volte invece avrei fatto totalmente l’opposto. Non c’è stat* nessun* che mi abbia completamente rubato il cuore, ma ciò di per sé non significa niente, racconta solo del mio rapporto con loro. Mi spiego meglio: non devo necessariamente trovare piacevole una protagonista o un protagonista per trovare che sia credibile. Ho seguito comunque con piacere e curiosità le loro avventure per quanto spesso non mi trovassi d’accordo con loro o con le loro ragioni proprio perché anche nel momento in cui agivano in modo totalmente opposto a come avrei fatto io, mi sembrano comunque delle persone reali degne del mio rispetto. Ho trovato apprezzabile anche che ci fosse varietà, perché tra di loro troviamo guerrieri, anziane, donne a capo di una rivolta e adolescenti.

A questo proposito, un’altra cosa che mi è piaciuta della penna dell’autrice è che non fa mai ricorso alla pornografia del dolore: nelle situazioni in cui un altro autore o un’altra autrice avrebbero fatto ricorso a qualcosa di scenografico e scioccante, Muscas sceglie la via difficile del raccontare il dolore in modo credibile. Le scene di battaglia sono cruente (perché come altro dovrebbero essere delle scene di battaglia?) e le ho trovate particolarmente convincenti, perché non ci sono imprese eroiche compiute a dispetto di agonie fisiche insopportabili: il dolore è dolore e come tale è invalidante e non ci saranno scene in cui verranno sollevati compagni moribondi pur avendo le braccia maciullate (torniamo al discorso che l’autrice si pone sempre le domande giuste su come essere verosimile). Nessun/a ha una plot armour, non c’è qualcun* che l’autrice preferisca al punto da essere tirata o tirato fuori dai guai per grazia divina solo perché deve salvarsi, e in questi tempi fatti di protagonist* coccolat* non è affatto scontato. 

Tirando le somme, penso che questo romanzo si capisca al meglio da una prospettiva isolana, perché moltissimi luoghi ricordano siti realmente esistenti che sono nell’immaginario del popolo sardo, così come il folklore alla base del sistema magico. Eppure, credo che allo stesso tempo Sherden - La Profezia dello Straniero sia un libro adattissimo a chiunque piaccia il genere perché è un ottimo libro, scritto con maestria e competenza. 

Per cui, se volete lanciarvi in un’avventura originalissima a base di nuraghi, intrighi e leggende, questo è sicuramente un titolo che non potete farvi scappare, vi aspettiamo a Sherden.


Ps. In genere utilizzo delle foto prese dal web. Questa volta ho preferito usarne alcune che ho scattato (o mi sono state scattate) durante qualche gita in famiglia. Questo per dire quanto sento miei questi luoghi.

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