mercoledì 3 dicembre 2025

Katabasis

  • Titolo: Katabasis
  • Titolo originale: Katabasis
  • Autrice: R.F. Kuang
  • Traduttrice: Giovanna Scocchera
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804800101
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Alice Law ha sempre avuto un solo obiettivo: diventare una delle menti più brillanti nel campo della magia. Per realizzarlo ha sacrificato molto: l'orgoglio, la salute, l'amore e, soprattutto, la sua salute mentale. Tutto per lavorare a Cambridge con il professor Jacob Grimes, il più grande mago del mondo. Ma poi il professore muore in un incidente magico di cui lei è forse l'unica responsabile. Ora Grimes è all'Inferno e Alice si mette sulle sue tracce: una lettera di referenze di Grimes, infatti, è decisiva per il suo futuro accademico, e neanche la morte potrà costringerla a rinunciare ai propri sogni. Peccato che anche il suo rivale negli studi, Peter Murdoch, abbia avuto la stessa idea. Con i racconti di Orfeo e Dante a far loro da guida, una scorta di gessetti con cui tracciare i pentacoli degli incantesimi, e desiderosi di dare un senso al loro traumatico percorso accademico, Alice e Peter partono alla volta degli Inferi con un'unica missione: salvare un uomo che nemmeno amano. Ma l'Inferno non è come quello raccontato nei libri, la magia non è sempre la risposta a tutti i problemi, e c'è qualcosa nel passato di Alice e Peter che potrebbe trasformarli in alleati perfetti... oppure portarli alla rovina.

Recensione e commento


Che la si ami o la si odi, Rebecca Kuang si è sempre distinta nel mercato editoriale per essere un’autrice che mai è scesa a compromessi per coccolare il suo lettorato: andando completamente in controtendenza in un mondo governato dal fanservice, lei ha sempre cercato di scrivere i libri che voleva, più che quelli che pensava le venissero richiesti.

Katabasis si discosta parecchio rispetto a quanto detto qua sopra, perché per quanto non sia un romanzo intrinsecamente brutto, è anche vero che manca della stessa sfacciataggine e della stessa rabbia bruciante di Yellowface o della trilogia della Guerra dei Papaveri, dando vita a un risultato abbastanza nella media, per quanto oggettivamente non al di sotto di essa. La critica al mondo accademico è legittima e ben fatta, ci sono fatti agghiaccianti calati nella vita della protagonista che conosciamo attraverso i suoi lunghi flussi di coscienza, scopriamo lentamente quanto la sua mente sia stata plagiata da un professore narcisista che per saziare la sua sete di potere spostava gradualmente l’asticella della sopportazione di lei sempre più in là. Eppure, è tutto estremamente didascalico, non viene lasciato posto per l’interpretazione personale dei fatti, il messaggio a cui dobbiamo arrivare ci viene imboccato in modo fin troppo insistente, anche dove non c’è bisogno.

La catabasi della protagonista è anche una catarsi perché il suo viaggio negli inferi è funzionale anche alla sua crescita personale, con cui arriva a comprendere di non essere sempre e soltanto artefice del suo destino, ma anche, occasionalmente, vittima e carnefice. L’ambientazione che l’autrice sceglie di mettere in scena per questo viaggio ultraterreno è interessante ma si perde numerose buone occasioni: dovrebbe trattarsi di una sorta di deserto ibridato con i luoghi dell’università di Cambridge, ma l’ambientazione perde completamente d’importanza in certi punti del romanzo, così come il sistema magico, interessantissimo perché basato sulla matematica dei paradossi e sulla sua geometria, viene totalmente meno in molte parti, rendendo in troppe situazioni l’inferno un luogo noioso, più che terrificante. Inoltre, dichiaratamente, l’inferno (che poi non è un inferno, ma un oltretomba perché è un luogo di passaggio ed espiazione, non di dannazione eterna) dovrebbe rifarsi alla tradizione cristiana soltanto in parte, perché vorrebbe richiamare anche le leggende asiatiche, quelle greche e nordafricane dell’età del ferro e così via, solo che questo miscuglio culturale a cui si ambiva non si vede mai e troppo spesso sfocia in una forzata citazione del sommo poeta che nel nostro Paese abbiamo in mente così chiara che il paragone non può che farla uscire perdente, anche soltanto prendendo in considerazione le immagini terrificanti create da Dante paragonate al ritmo altalenante messo in scena da Kuang.

Tuttavia, il messaggio di fondo che il romanzo vuole lasciare è molto bello: vivi, perché sei ancora su questa terra e non conta solo la tua mente. Ti preoccuperai di essere solo anima quando sarai solo anima, ma finché hai un corpo ha importanza anche quello e non devi maltrattarlo dimenticando di mangiare o smettendo di prendertene cura, perché le esperienze sensoriali hanno importanza quanto quelle mentali. Inoltre, il prezzo da pagare per compiere un viaggio all’inferno prima del momento della propria morte è quello di rinunciare a metà del tempo che rimane della propria vita, ma mentre leggiamo ci rendiamo conto che la protagonista, Alice, come la bambina a cui Lewis Carroll fa compiere un viaggio dentro la tana di un coniglio, e Peter, come il ragazzino che non voleva crescere e viveva in un luogo che non esiste, hanno già rinunciato a metà delle loro vite, non uscendo mai dai loro laboratori, non facendo niente per arricchire le proprie esistenze in altro modo se non studiando fino allo sfinimento perché considerano che la loro vita inizi e finisca con il mondo accademico. Loro hanno già vissuto in vita quello che dovrebbero sperimentare all’inferno e ciò agisce da monito più di tutto il resto (questo messaggio è veicolato piuttosto efficacemente dal libro Vita Nostra, altrettanto feroce nei confronti dei percorsi forzati della scuola e della mancanza di cura della persona nella sua interezza a cui ci si costringe per ottenere dei risultati accademici).

Al di là di questo, non sono stata una grande fan del loro rapporto. Sia chiaro, non sempre (anzi, quasi mai) Kuang scrive protagoniste simpatiche, il più dee volte sono volutamente delle persone opinabili che giustificano l’ingiustificabile, ma in questo caso si è trattato più che altro di una relazione non ben chiusa. I due sono rivali accademici, o almeno così hanno pensato a causa dell’ambiente competitivo che porta tutto all’estremo in cui erano immersi, ma non c’è mai un momento in cui si chiariscono e si chiedono scusa per ciò che si sono fatti a vicenda, nonostante le occasioni non siano mancate. Io personalmente stavo aspettando un momento di confronto, che però non arriva mai, su una cosa specifica successa nel passato, nonostante la tensione narrativa ci faccia pensare che si giungerà a un punto in cui Alice e Peter dovranno parlarne, se vogliono risolvere la cosa. Anche il finale, per quanto sia narrativamente abbastanza sensato, non si caratterizza di quel coraggio tipico della scrittura di Rebecca Kuang, che ha sempre mantenuto ferree le regole del worldbuilding anche per la protagonista, che mai e poi mai è stata, fino a questo momento, provvista di plot armour. Un’altra precisazione, ma questa non è colpa di Kuang, è la gestione scorretta della consecutio temporum, in cui i congiuntivi latitano il 95% delle volte, quando al loro posto viene usato l’indicativo, elemento che purtroppo spezza la concentrazione spesso durante flussi di coscienza importanti. 

In conclusione, l’ultima fatica di Kuang non è un libro brutto, ma sicuramente manca dello sperimemtalismo a cui ha abituato il suo pubblico. Il messaggio di fondo viene un po’ smorzato dalla fiacchezza dell’ambientazione e delle dinamiche interpersonali, risultando quindi interessante ma con qualche occasione mancata.

mercoledì 19 novembre 2025

La Dieta termodinamica

  • Titolo: La Dieta termodinamica
  • Autore: Dario Bressanini
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 9788804806431
  • Casa editrice: Mondadori
Quarta di copertina


Perché ingrassiamo? Facile: perché mangiamo più di quanto consumiamo. Ma la vera domanda è: serve un libro per dimostrare questa semplice verità, sancita dalle leggi della fisica? Evidentemente sì. Dario Bressanini lo ha scoperto quando, quasi per scherzo, ha scritto sui social di essere dimagrito seguendo una «dieta termodinamica» e si è ritrovato sommerso da domande e molta incredulità. Incredulità che, invece, non viene riservata a chi propone formule prodigiose - poco scientifiche e per nulla efficaci - per perdere peso. Da lì ha capito che era ora di rimettersi a scrivere. In questo saggio, perciò, prende in esame le diete del momento, dal digiuno intermittente alla chetogenica, mettendone in luce gli apparenti pregi e i reali difetti. Lo fa dopo averle provate personalmente tutte, con fatti e cifre alla mano, ma anche con argomenti basati sulla logica anziché sulle mode e l'emotività. Il racconto parte da lontano, dai clamorosi fallimenti delle pillole dimagranti del passato, per arrivare fino al cuore del dibattito moderno sulla demonizzazione dei carboidrati, il ruolo controverso dell'insulina, l'oscuro mondo delle anfetamine e le nuove speranze per il trattamento dell'obesità. Un viaggio che ci porta a esplorare perché alcune diete funzionano (almeno all'inizio) e altre sono destinate a fallire, e perché quasi sempre si finisce per riprendere il peso perso. Con la sua verve ironica unita al rigore scientifico, Bressanini smaschera le teorie senza fondamento e riconosce gli approcci che, invece, hanno una solida base scientifica e possono funzionare, aiutandoci a capire come dobbiamo cambiare il modo di alimentarci dopo che siamo dimagriti, come dovremmo mangiare per vivere più a lungo e in salute e perché, quando si parla di peso e dimagrimento, non esistono formule - né pillole - magiche. Non uno dei tanti manuali che promettono miracoli, quindi, ma una bussola indispensabile per navigare il mondo delle diete con più consapevolezza e meno sensi di colpa.

Recensione e commento

TRIGGER WARNING: La Dieta Termodinamica è un saggio divulgativo sulla perdita di peso. Per quanto gli argomenti siano trattati con competenza, delicatezza e serenità, un pubblico sensibile potrebbe non trovarlo una lettura adatta a sé.

La Dieta termodinamica è l’ultima fatica del chimico fisico e divulgatore scientifico Dario Bressanini, non fatevi ingannare dal titolo (poi ci arriviamo), perché La Dieta termodinamica è un saggio che parla di tutte le diete, del loro funzionamento, partendo dalle basi fisiche e biologiche, per poi spiegare come mai alcune funzionino meglio di altre.

Per chi segue Bressanini sui social e su YouTube molti concetti non saranno nuovi, infatti sono numerose le tematiche già trattate sui suoi canali che qui amplia e spiega con dovizia di particolari, al punto che mi è sembrato di aver visto germinare questo libro sin dal primo momento, quando anni fa l’autore dichiarò di essersi messo a dieta per perdere qualche chiletto accumulato negli anni. Questo saggio racconta il suo viaggio sia dal punto di vista personale che scientifico, perché è cominciato mettendo in discussione tutto quello che pensava di sapere. “È solo termodinamica” aveva detto all’inizio convinto che creare un deficit calorico fosse tutto quello che era necessario fare per tornare in forma. “È termodinamica, ma non è  ‘solo’ termodinamica” è quello che dice alla fine, quando, dopo aver ripreso tutto il peso che aveva perso inizialmente, si rende conto che non aveva tenuto in considerazione tutti i meccanismi biologici, neurobiologici e psicologici che entrano in gioco quando si decide, per mille motivi, di voler perdere peso. Aveva, insomma “sferificato una mucca”, come si fa in fisica quando si crea un modello. Il rischio, però, è che con la “sferificazione delle mucche” si perdano molte variabili che cambiano la pendenza dell’ago della bilancia (pun intended). Da qui deriva il titolo provocatorio “Dieta ternidinamica”, perché in realtà tutte le diete che funzionano devono essere per forza termodinamiche, dato che intervengono sull’apporto energetico. 

Eppure, quello che è semplice sulla carta non lo è nella pratica: i chili perduti a volte ritornano con gli interessi e il nostro cervello ci manda segnali di fame a tutte le ore perché va in allarme carestia. In questo saggio, che spiega i concetti in modo fruibile e pop, con tanto i struttura da manuale scolastico con specchietti a margine e riassunti a fine capitolo, lo scienziato parte dalle origini, spiega innanzitutto come funzionano i principi della termodinamica, poi parla di alcune dinamiche che entrano in gioco nel nostro corpo quando diminuiamo le dosi di cibo, in seguito ci parla, dati alla mano, delle diete più popolari nella Storia, di come sia andata a finire (a volte molto male, perché non sempre le pillole dimagranti sono innocue) e testa su sé stesso (tenendo ben fermo il che un singolo caso non fa statistica) alcune delle diete più popolari del momento, raccontando le sue sensazioni sia fisiche che psicologiche e del perché alcune possono funzionare soltanto sul breve termine, mentre altre, quelle che non tengono conto soltanto delle calorie, ma anche dell’apporto di fibre, vitamine e lavorano sul senso di sazietà, sono più sostenibili.

Il nostro amichevole
chimico di quartiere

Se cercate formule magiche e soluzioni semplici, dovete sapere che questo libro non ne offre: raramente la scienza lo fa. Quello che fa è fornire degli strumenti per difendersi dai guru che, facendo leva sulle nostre debolezze, cerano di vendere prodotti inutili, quando va bene, e pericolosi, quando va male, e per affrontare con consapevolezza un viaggio già difficile sulla carta, ma ancora di più nella realtà. Aiuta a capire meglio il proprio corpo e il perché a volte possa sembrare che ci remi contro, perché certamente “è la termodinamica, bellezza!”, ma sono anche “la biologia, la psicologia, la neurobiologia, bellezza”. 

Bressanini ha l’umiltà di ammettere di essere stato inizialmente spocchioso e superficiale e nel fare un passo indietro scopre che c’era un intero mondo dietro a quel “è solo termodinamica” (ricordo ancora quando lo diceva nelle sue storie su Instagram). La Dieta termodinamica è il frutto della di presa di coscienza individuale che può servire tantissimo anche alla collettività.







mercoledì 12 novembre 2025

Aftertaste - Una Ricetta per l’Aldilà

  • Titolo: Aftertaste - Una Ricetta per l’Aldilà
  • Titolo originale: Aftertaste
  • Autrice: Daria Lavelle
  • Traduttrice: Federica Aceto
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804786061
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Konstantin Duhovny ha perso il padre quando aveva dieci anni e da allora i fantasmi non hanno mai smesso di girargli intorno. Kostya non riesce a vederli, ma può percepire il sapore dei loro piatti preferiti. All’inizio a fargli visita sono i gusti di casa: fegato di pollo, cipolla, limone, gli ingredienti del pechonka, piatto preferito di suo padre. Ma, a poco a poco, sono altri sapori, inattesi, a solleticargli il palato: le pietanze preferite di persone che non sono più in vita. È un segreto che non ha mai rivelato a nessuno finché una notte, provando a ricreare uno di quei piatti, scopre di poter riunire per un’ultima volta chi non c’è più con chi è ancora vivo, almeno per il tempo necessario a consumare il cibo che ha cucinato. Da quel momento, tutto cambia e la sua missione diventa quella di aiutare le persone a incontrare chi hanno amato. Non importa se farlo significa aprire un ristorante clandestino con il suo migliore amico Frankie, chef esuberante e istrionico, e trascorrere il proprio tempo a cercare di riprodurre ricette improbabili e piatti sconosciuti, o mettersi in affari con un imprenditore russo dall’aria misteriosa. Mentre le sue abilità culinarie crescono insieme alla sua ambizione, Kostya è troppo impegnato per accorgersi di quello che sta scatenando nell’Aldilà. E intanto l’unica persona in grado di fermarlo, una bellissima ragazza che legge i tarocchi, si sta innamorando di lui. Ambientato nel rutilante mondo dei ristoranti newyorkesi e pieno di ricette sfiziose, "Aftertaste" è una storia d’amore travolgente, una commedia nera, un ricchissimo menu che divertirà, delizierà e farà riflettere anche il più esigente dei lettori.

Recensione e commento

Per citare uno dei più grandi critici gastronomici del nostro Paese, Valerio Massimo Visintin, “Il loro mestiere (degli chef nda) è dare da mangiare a dei clienti. Guarda caso lo chef non nomina mai i clienti, parla sempre e solo di sé stesso”. È questa la frase che mi è tornata in mente durante la lettura di Aftertaste - Una Ricetta per l’Aldilà, perché la storia che racconta va incredibilmente in controtendenza con tutto quello che in genere si dice dell’alta cucina.

L’idea di base è molto semplice ma efficace: dopo la morte di suo padre, Kostya inizia a sentire dei sapori fantasma e scopre che cucinare le ricette che vanno a trovarlo serve a evocare i morti che gliele hanno mandate, permettendo loro di avere un’ultima conversazione con chi sta piangendo la loro perdita. È un romanzo che mette totalmente al centro l’esperienza del lutto in rapporto con la vita, racconta di come l’assenza rischi di trascinarci a fondo con lei e per farlo usa l’espediente del cibo: qualcosa di così intrinsecamente legato alla vita e paradossalmente anche ponte con la morte perché fonte di ricordi (di qualsiasi tipo) passati con l’altra persona. Il cibo consumato in una determinata circostanza ci resta dentro, nella mente, e lo leghiamo a un evento per sempre, al punto di arrivare a evitare di mangiare alcune pietanze quando ancora non abbiamo elaborato la perdita non solo dell’altra persona, ma anche di chi eravamo noi quando eravamo insieme.

Il cibo è la più naturale delle esperienze, così come il lutto, e insieme vengono trattati in ogni loro forma, perché entrambi sono il riflesso delle relazioni umane. Entrambi possono essere vissuti in modo sano o tossico, specialmente il cibo che può essere tutto o niente, lasciarci con una sensazione di pienezza o di vuoto, può significare il mondo o non significare nulla. Possiamo averne in abbondanza o sopravvivere a stento. Kostya ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il cibo grazie a suo padre, un uomo che ha messo da parte le sue aspirazioni culinarie per fare un lavoro che gli consentisse di mantenere la famiglia. Perderlo ha portato Kostya allo sbando, eppure è proprio grazie alla relazione amorevole che avevano che il protagonista riesce a instaurare un forte legame con la cucina trovando non solo la tanto agognata accettazione, ma anche (e soprattutto) uno scopo nella vita, qualcosa che non solo gli riesce bene, ma che dà anche senso alla sua esistenza e fa stare bene gli altri. È proprio quando le cose cominciano a rimettersi in sesto che migliora la qualità del cibo che consuma e che cucina, perché con il cambio di prospettiva sulle sue ambizioni Kostya impara a essere anche più accogliente verso sé stesso e questo lo porta a consumare (e cucinare) cibo di gran lunga migliore rispetto a quello che era costretto a mandare giù quando poteva pensare solo a sopravvivere. Quello che chiunque di noi si mette nel piatto è indistricabilmente legato al tipo di persona che è e al contesto culturale in cui si trova e il protagonista di Aftertaste non fa eccezione: per riconnettersi con sé stesso deve ritornare alle sue origini anche tramite il nutrimento. Con lo scorrere delle pagine assistiamo alla sua crescita come persona, all’evolversi dei suoi rapporti umani, al migliorarsi della sua tecnica come cuoco e non possiamo fare a meno di fare il tifo per lui, anche quando la trama non fa sconti e decide di colpire forte quanto la vita vera.

E qui torniamo alla frase di apertura, quella del critico Visintin, perché se nel mondo reale è assolutamente vera (gli chef parlano sempre della loro idea, di cosa vogliono trasmettere e bla bla bla), qui è per forza di cose il pubblico in sala ad avere l’ultima parola dato che Kostya cucina perché siano le altre persone a poter mettere finalmente un punto e chiudere cerchi ancora aperti, perché spesso i fantasmi peggiori sono quelli che proprio noi rifiutiamo di lasciare andare

Aftertaste può non essere perfetto a livello di trama, ma sicuramente ha un messaggio interessante da raccontare. Per me è stata una lettura estremamente emotiva, al punto che non sempre sono riuscita a portarla avanti tutta di seguito e devo ammettere che il contenuto è sicuramente personale: per una persona con un vissuto diverso dal mio potrebbe essere un romanzo assolutamente irrilevante, ma vale comunque la pena dargli una possibilità anche solo per l’originalità.

mercoledì 29 ottobre 2025

The Stardust Thief

  • Titolo: The Stardust Thief - Il Ladro di Polvere di Stelle
  • Titolo originale: The stardust Thief
  • Autrice: Chelsea Abdullah
  • Traduttrice: Emanuela Foglia
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834746592
  • Casa editrice: Fanucci

Trama


Loulie al-Nazari è la Mercantessa di mezzanotte: una contrabbandiera che con l’aiuto della sua guardia del corpo jinn ricerca artefatti magici illegali per rivenderli. Quando utilizza un po’ di quella magia per salvare la vita di un principe codardo, attira l’attenzione del padre di lui, il sultano, che la ricatta affinché recuperi un’antica lampada prodigiosa capace di restituire fertilità alla terra, ma anche di distruggere tutti i jinn. Non avendo altra scelta se non ubbidire, pena la morte, Loulie si mette in viaggio alla ricerca del manufatto accompagnata da uno dei figli del sultano e da una dei suoi Quaranta ladroni, una giovane donna dal carattere indomito che detesta i jinn con ogni fibra del suo essere. Affiancati dalla guardia del corpo jinn, dovranno affrontare attacchi di ghul, una regina jinn assetata di vendetta e un malvagio assassino ricomparso dal passato di Loulie che porta alla luce un pericoloso segreto sulla famiglia reale, presagio di un futuro insanguinato per il sultanato; un destino che solo lei e il principe possono cambiare. Ma in un mondo in cui le storie sono realtà e le illusioni verità, Loulie scoprirà che il fardello che si porta dietro – il suo nemico, la sua magia, persino il suo passato – non è quello che sembra, e dovrà decidere che persona diventare nella nuova vita che il destino le ha riservato.


Recensione e commento

Sicuramente, nell’ondata di libri fatti ormai in catena di montaggio che stiamo vivendo, The Stardust Thief si discosta molto: non è un fantasy romance, non ci sono i soliti cliché, non è un romanzo ricco di violenza esplicita e non ci sono plot armour attorno a inattaccabili protagoniste.

Abbiamo parlato di ciò che non è, ora cominciamo a dire cos’è. Tanto per cominciare, l’autrice è una donna del Kuwait, il che è stato subito interessante per me, perché la sua conoscenza dell’immaginario a cui attinge è quella di una persona che vive immersa in quella cultura e pertanto non può certo fare i mischioni culturali che ha fatto la Disney con Aladdin, inoltre, la sua conoscenza della lingua è pazzesca, con un lessico vastissimo, sempre la parola giusta al posto giusto e una linearità di pensiero chiarissima e coerente.

La sua abilità si riflette sia nell’ambientazione, che si dipana con vividezza, sia nella trama, che non presenta buchi. A questo proposito, già l’idea di partenza è interessante, perché il romanzo consiste in una sorta di sequel di Le Mille e Una notte: per quanto i nomi dei personaggi siano stati cambiati, ci troviamo in un mondo in cui Sherazade è ormai morta e suo figlio Mazen vive con lei e le sue storie nel cuore. Sono proprio i racconti della madre a dargli la chiave per sopravvivere in molte situazioni, dato che tutto il sistema magico è racchiuso in quelle parole, che spiegano luoghi, persone e oggetti incantati, ed è sempre grazie alle fiabe di sua madre che Mazen è diverso da molti altri protagonisti o coprotagonisti maschili. Sua madre gli ha insegnato l’empatia tramite i suoi racconti e ha cresciuto, fino al giorno della sua morte, un ragazzo sensibile e non incline all’odio o alla violenza, al punto da porsi moltissimi problemi di natura morale quando deve esercitarla per sopravvivere, fino a stare fisicamente male. In effetti, sia narrativamente che per quanto riguarda l'interpretazione del significato della storia in sé, è proprio il mettersi nei panni altrui a mandare avanti il libro, infatti, le tre voci protagoniste di Mazen, Loulie e Aisha, ognuna con il proprio pov dedicato, affrontano situazioni in cui si trovano fisicamente a vivere come un’altra persona: che si tratti di indossare un travestimento, munirsi di un oggetto magico che trasforma il proprio aspetto o rivivere l’interiorità altrui tramite una possessione, le loro idee granitiche sono messe a dura prova quando vedono il mondo attraverso occhi diversi.

È l’aspetto che più mi è piaciuto: non ci sono convinzioni scolpite nella pietra, il loro vissuto influenza fortemente il loro sistema di credenze e fa in modo che si orientino talvolta verso l’apertura, talvolta verso il pregiudizio. Il viaggio nel deserto, dopo molte peripezie che sono delle quest talmente ben strutturate e amalgamate nel testo da essere invisibili, è catartico ed è una scoperta di sé che può avvenire soltanto attraverso la scoperta dell’altrə, per quanto sul finale non manchino le promesse di violenza invece che verso la redenzione come fece Sherazade con il sultano. Ogni tappa del viaggio include tuttə e ciascunə di loro fa dei ragionamenti coerenti e sensati: non ci troviamo mai davanti a decisioni che noi nei loro panni non avremmo preso o che considereremmo stupide, anche quando sappiamo che sono sbagliate, per il semplice motivo che agiscono sempre in linea con ciò che hanno vissuto e quando c’è un cambiamento questo e graduale e altrettanto coerente.

Non solo la loro psicologia e approfondita e sempre fedele a sé stessa, ma anche l’intreccio è quasi sempre inattaccabile, i colpi di scena che in altre storie avrebbero dato fastidio perché calati dall’alto con il sacro martello del deus ex machina qui appaiono perfettamente credibili perché costruiti tramite antefatti che li anticipano e li preparano, il che non li rende necessariamente prevedibili, anche perché spesso prendono una direzione diversa da quella che si poteva pensare inizialmente.

The Stardust Thief non sarà il libro del secolo, ma sicuramente spicca nel maremagnum di letture tutte uguali e si distingue per la sua costruzione ferrea sia per quanto riguarda i personaggi che per la trama. L’ambientazione araba non è frutto di appropriazione culturale, ma anche in questo caso è un elemento identitario fortissimo e centrale. So perfettamente a chi regalerò questo romanzo per Natale.





mercoledì 22 ottobre 2025

L’ultimo carnevale

  • Titolo: L’ultimo Carnevale
  • Autore: Paolo Malaguti
  • Lingua originale: italiano
  • Codice ISBN: 9788828201847
  • Casa editrice: Solferino
Trama

19 febbraio 2080. Martedì grasso. C’è nebbia, sulla laguna deserta, i turisti non sono ancora arrivati. Affluiranno appena farà giorno, pagando il biglietto e passando dai tornelli: già, perché da quando Venezia è stata dichiarata non più agibile, evacuata e trasformata in Venice Park – la più pittoresca delle attrazioni italiane – non esistono più residenti. Solo il circo quotidiano dei visitatori e degli accompagnatori, oltre a un pugno di Resistenti che vorrebbe vederla tornare viva e abitata. In questo giorno d’inverno ci sono Michele e Sandro, guardiani che pattugliano la laguna. C’è Carlo, guida turistica appena promossa (e già in un mare di guai). C’è Rebecca, la combattiva attivista disposta a trasformarsi in assassina pur di non rassegnarsi alla morte della sua città. E c’è Giobbe, un vecchio che ha perso tutto: la moglie, la casa, la memoria... ma l’unica cosa che gli è rimasta, un segreto racchiuso in un mazzo di chiavi, può cambiare il futuro. Che infatti cambierà, nell'arco di un’indimenticabile giornata di Carnevale. Allucinazione e realismo, tenerezza e mistero sono le cifre di un romanzo storico diverso da ogni altro, capace di proiettare il passato in un futuro prossimo che somiglia vertiginosamente al nostro. La città d’arte più famosa al mondo fa da scenario a un’avventura dal passo di nebbia e di tuono, in cui si muovono quattro personaggi che in modi diversi dovranno scegliere tra se stessi e Venezia.


Recensione e commento

Ogni estate il copione è più o meno lo stesso, c’è la turista insoddisfatta delle spiagge sarde che lascia una recensione negativa su Google perché ha trovato troppi sardi al mare e a suo avviso avrebbero dovuto starsene a casa per lasciare spazio ai turisti; oppure in Sicilia, dove l’emergenza idrica esiste tutto l’anno, ma si corre ai ripari raffazzonando soluzioni solo in occasione della stagione turistica, con buona pace dei residenti; o di come a Bologna è diventato impossibile affittare una casa perché ogni appartamento vuoto viene riconvertito a bed and breakfast, rendendo la città sempre più difficile da abitare. Questo per dire che la storia che viene raccontata in L’ultimo Carnevale riguarda un territorio fragile nello specifico, ma si potrebbe applicare a tutti.

Il matrimonio di Bezos a Venezia si è svolto solo poche settimane  prima della stesura di questa recensione e nonostante la pubblicazione del romanzo risalga al 2020 non mi spingo a dire che sia stato profetico, quanto che Malaguti sia stato tanto abile nell’osservare la realtà che per parlarne ha solo dovuto inventare una trama da inserire in un contesto che non è affatto lontano come crediamo e che ha radici in eventi già accaduti. Ricordo un episodio specifico della mia giovinezza, quando una mia compagna di corso veneta mi aveva raccontato di quando, durante un lavoro estivo a Venezia, aveva avuto a che fare con una coppia di americani che le aveva chiesto quale fosse l’orario di chiusura. Sulle prime lei non capendo decise di approfondire la conversazione e saltò fuori che per i turisti Venezia non era una città qualsiasi, ma un parco a tema come Gardaland che a una certa ora avrebbe chiuso i cancelli e tutti a casa. In questo romanzo assistiamo all’avverarsi dell’episodio surreale che la mia amica mi aveva raccontato.

Venezia non è più sé stessa, ma la sua tassidermia: non ci sono più negozietti di quartiere, botteghe di artigianato, supermercati e nemmeno grandi catene di abbigliamento. Ci sono solo teche e monumenti messi sotto vetro da guardare a debita distanza, quando non direttamente ricostruiti da zero con materiali diversi che sembrano quelli originali, ma che originali non sono. Questa pantomima grottesca rende contenti gli investitori, i padroni del parco, le guide turistiche, le guardie di sorveglianza perché riescono a farci i soldi a palate, spennando cifre folli alla fiumana turistica che paga numeri astronomici per entrare in quella che non è più una città, ma l’ombra di sé stessa, esclusivamente per poter sfoggiare la propria presenza come status symbol. Non è tanto diverso da Bezos che per sposarsi ha devoluto una cifra per lui esigua al comune di Venezia, il quale non ha redistribuito ai suoi residenti per via dei costi personali che hanno dovuto sostenere, non potendo rientrare alle proprie abitazioni per questioni di sicurezza, anzi, non ne ha minimamente tenuto conto.

Anche nel romanzo è proprio la cittadinanza a non trarre alcun giovamento dal profitto generato dal flusso turistico. I residenti vengono gradualmente sfollati in nome di cedimenti strutturali (veri o pretestuosi) che guarda caso riguardano loro ma non i turisti. In quest’ottica, tutto ciò che non crea profitto diventa un atto di resistenza, comel’utilizzo del veneto come lingua viva e non come elemento folkloristico, il rifiuto di abbandonare la propria casa, il vivere il proprio patrimonio culturale in modo attivo e più in generale il lottare per non rendere la propria identità un’altra delle cose da osservare dal lato sbagliato di una vetrina, come animali in gabbia in uno zoo. Tuttavia, la struttura sociale così modificata rende sempre più difficile accedere ai servizi alla persona: beni di prima necessità diventano inaccessibili a causa dei prezzi folli e persino i gruppi di resistenza, che sulle prime protestano con foga, diventano sempre più moderati fino a perdere la voce delle proprie istanze. Tutto diventa a misura di turista, tanto che persino i luoghi vengono cambiati per accontentare chi non li abita nemmeno: sono gli spazi che cambiano per il turista, non è il turista a lasciarsi cambiare dal viaggio.

Così assistiamo alla fine di una città per la quale non è stato fatto abbastanza, che abbiamo lasciato morire per pigrizia o per aver accentrato il profitto nelle mani di pochi, invece di redistribuirlo a favore di chi, abitando in luoghi bellissimi ma complicati, ne vive il disagio tutti i giorni. Abbiamo ancora tempo per prendere provvedimenti in materia climatica, ma stiamo tergiversando ed è a causa di questa incertezza che Venezia e altri posti magici scompariranno. 

Tutti questi temi sono incastrati in una trama incalzante e ricca di avvenimenti, il cui tempo della storia è molto breve, circa le ventiquattro ore del giorno di carnevale, senza contare i flashback, ed è forse per questo che come romanzo è molto efficace: la precisione lessicale dell’autore gli consente di non usare mai due parole dove ne basta una sola e non ci sono storpiature per allungare inutilmente il brodo. Il segreto è proprio mostrarci come funzioni l’interazione delle quattro diverse voci protagoniste con la città, anche proponendoci degli interessanti ribaltamenti, come ad esempio mostrandoci situazioni in cui lo studio delle materie umanistiche sia la strada più diretta per accedere al mondo del lavoro, ma anche esse vengono ormai vissute in ottica utilitaristica e consumistica.

In questo piccolo gioiellino di climatic fiction ci viene mostrato su una realtà particolare l’effetto a lungo termine della nostra pigrizia in materia ambientale, del nostro tergiversare sulle cause politiche che contano davvero e della mancanza di lungimiranza sulle istanze sociali. L’Ultimo Carnevale si muove sulla falsariga di libri come Il Ministero per il futuro ed è un peccato che non se ne sia parlato di più.

mercoledì 8 ottobre 2025

Vertigine

  • Titolo: Vertigine
  • Autrice: Beatrice Mautino
  • Codice ISBN: 9788804803614
  • Casa editrice: Mondadori 
 Quarta di copertina

Quando la malattia bussa alla nostra porta, ogni certezza sembra vacillare. Anche chi ha sempre creduto nella scienza si trova improvvisamente attratto da soluzioni facili, promesse miracolose, vie alternative. Mantenere la rotta quando si è in balia della paura è difficile e, nonostante tutte le migliori intenzioni, il rischio di cadere nel baratro delle illusioni è alto. Beatrice Mautino, biotecnologa e divulgatrice scientifica, ci accompagna in un viaggio tra le pieghe del complesso rapporto tra medicina, speranza e cura. Partendo dalla propria storia - da un evento che l'ha costretta a confrontarsi con la paura, la frustrazione e il peso delle emozioni - intreccia racconti di casi reali per mostrare le sfide e i dilemmi che emergono nella pratica clinica. Ci guida così tra le crepe del sistema, affrontando temi estremamente attuali come la fecondazione in vitro, la ricerca per combattere i tumori rari e le promesse spesso fuorvianti dei farmaci contro l'obesità. C'è chi lotta per una terapia mai testata e chi affronta la burocrazia con la speranza appesa a un filo. C'è chi promette cure quasi magiche e chi lavora in silenzio con metodo, tra successi e fallimenti. E poi ci siamo noi, protagonisti o spettatori, ammalati o caregiver, divisi tra la voglia di credere e la necessità di capire. Dalla tentazione delle scorciatoie alla responsabilità delle decisioni pubbliche, questo libro ci ricorda che la medicina, con tutti i suoi limiti e difetti, resta il miglior strumento che abbiamo. Perché affidarsi alla scienza è una pratica quotidiana fatta di domande difficili, prove solide e scelte consapevoli. Affidarsi alla scienza significa camminare sull'orlo del dubbio, nonostante il senso di vertigine che sembra toglierci il respiro, trovando un equilibrio fragile ma necessario per non smarrire la direzione.


Recensione e commento

Nel 2024 preparai la mia bella valigia e presi l’aereo per andare al Salone del libro di Torino solo per un evento: Beatrice Mautino e Dario Bressanini moderavano la presentazione del libro Non è mai morto nessuno di Alessandro Mustazzolu, un loro collega divulgatore che si occupa di microbiologia. Avevo un malloppo di libri da fare autografare ai tre scienziati al firmacopie, li seguivo da anni e per me era un’occasione unica che non potevo perdere. In quella situazione fu proprio Mautino a sorprendermi, perché pur avendo letto quasi tutta la sua produzione di letteratura divulgativa mi rimase impresso quanto fosse simpatica, ogni cosa che diceva riusciva a strappare una risata al pubblico con il risultato di aver reso estremamente piacevole quell’incontro, tanto che Mustazzolu, verso la fine della presentazione, disse “Usciamo da qui e andiamo a fare stand up”.

Questo lungo cappello introduttivo, molto diverso dalla natura impersonale e obiettiva che cerco di tenere in genere quando scrivo le recensioni, mi serve per fare capire quanto sia stato un pochino doloroso per me leggere Vertigine, un libro in cui Mautino, sempre lucida e sul pezzo, indaga l’abisso in cui può cadere persino la più scettica delle persone di scienza nei momenti di fragilità. Se da un lato sono perfettamente consapevole che ci siano giornate buone e cattive per chiunque e che non si può sempre ridere e scherzare, dal punto di vista puramente umano mi ha fatto sussultare il contrasto tra la giornata istruttiva ma esilarante che ho vissuto a Torino e la malinconia di fondo che ho letto nelle pagine di Vertigine.

Vertigine non è un libro pessimista, anzi, è un saggio che indaga la speranza, la mappa, ma che al tempo stesso la tratta come quello che è: una cosina piccola e fragile che rischia o di spezzarsi facilmente o di trasformarsi in illusione, se non vengono tenuti fermi alcuni punti. La sua dolorosa esperienza personale come caregiver di una persona cara alle prese con un tumore è usata come punto di partenza per raccontare le lungaggini del sistema sanitario, le diseguaglianze perpetrate dalla politica e la facilità con cui anche chi, come lei, ha una formazione scientifica avanzatissima possa trovarsi in enorme difficoltà quando un problema umano come quello che sta affrontando arriva a bussare alla porta. Mautino scardina alla radice lo stereotipo della persona di scienza asettica e insensibile che parla dalla cattedra, e utilizza l’empatia come strumento per essere ancora più efficace (lo aveva detto anche a Torino, durante la presentazione, quando aveva affermato che nel rapporto con il pubblico sui social cercava sempre un punto di contatto dicendo “A sedici anni anche io allungavo il mascara con l’acqua del rubinetto perché non sapevo che fosse pericoloso”). Conoscere bene la nostra interiorità, osservare con cura le nostre emozioni è importante per difenderci da chi conta sulla nostra ondata di indignazione o illusione per venderci qualcosa: anche in questo senso notare la nostra emotività è importante perché accorgerci per tempo di un coinvolgimento personale può essere vitale per non cadere nell’abisso. La sua capacità di analisi non si ferma al fenomeno “malattia” in sé, ma va ben oltre, indagando anche ciò che prova chi fronteggia i suoi stessi problemi o come debba sentirsi chi non ha le sue stesse risorse e questo serve a porre la scienza non su un piano sopraelevato ad appannaggio di poch*, ma al servizio della comunità, perché la malattia del singolo è un problema collettivo e come tale va affrontato, senza lasciare indietro nessun*.

Attraverso storie di scienziate e scienziati, ciarlatani e pazienti, Mautino fa i conti con il suo stesso rapporto con la scienza: averla scelta come professione (e forse è una vera e propria vocazione) non le impedisce di sentirsi delusa da un punto di vista umano quando non c’è una soluzione facile e veloce pronta per lei, cosa che razionalmente accetta, proprio perché ha contezza di come funziona il mondo della ricerca, ma allo stesso momento non sempre chi ha un problema subito ha il tempo di aspettare che la scienza sputi fuori una soluzione che potrebbe richiedere anni. Gli aneddoti che racconta servono a mostrare tentativi riusciti di forzare il sistema per migliorarlo, ma anche di grosse cantonate che sono costate vite e milioni e come distinguere le due cose tramite il metodo scientifico (tendenzialmente, se la narrazione è quella dell’eroe solitario che combatte il sistema con una cura miracolosa economica e facile c’è da darsela a gambe.). Ci sono anche episodi importantissimi che mantengono intatta questa speranza, la coccolano e la riparano dal vento per fare in modo che non si spenga.

In sostanza, da un punto di vista contenutistico Vertigine non è molto diverso da altri saggi: ci sono fatti, dati, spiegazioni a supporto di tesi e confutazioni varie. È il suo tono a differenziarlo da tutto il resto, perché grazie alla vicinanza che esprime con il pubblico diventa imperdibile per raccontare la scienza come materia umanissima e al servizio della società, senza mai cadere nel paternalistico, perché non c’è una sola persona nell’universo che sia immune dalla spietatezza dell’universo. Vertigine è breve ma intensissimo, inaspettatamente commovente e assolutamente da recuperare. 

giovedì 2 ottobre 2025

Il Fuso scheggiato & Lo Specchio rammendato




  • Titolo: Il Fuso scheggiato
  • Titolo originale: A Spindle splintered
  • Autrice: Alix E. Harrow
  • Traduttrice: Alice Casarini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804757979
  • Casa editrice: Mondadori



  • Titolo: Lo Specchio rammendato
  • Titolo originale: A Mirror Mended
  • Autrice: Alix E. Harrow
  • Traduttrice: Barbara Ronca
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804757986



Trama il Fuso scheggiato

Zinnia Gray sta per compiere ventun anni. Un compleanno davvero speciale, anche perché è l'ultimo della sua vita. Rimasta vittima di una contaminazione chimica è affetta dalla nascita da una sindrome rara e misteriosa, la Malattia Generalizzata di Roseville. Se ne sa poco, se non che nessuna delle persone che ne hanno sofferto è arrivata ai ventidue anni. La sua migliore e unica amica, Charm, vuole che l'ultimo compleanno di Zinnia sia indimenticabile e le sta preparando una festa sensazionale, tutta in tema "Bella Addormentata" - la sua passione da sempre -, con tanto di torre e arcolaio. Ma quando Zinnia si punge il dito, succede qualcosa di totalmente inaspettato e la ragazza si trova catapultata in una serie di mondi paralleli, con un'altra bella addormentata desiderosa quanto lei di sfuggire a un destino che sembra già scritto.

Trama Lo Specchio rammendato


Zinnia Gray, di professione riparatrice di fiabe, ha finito di correre in aiuto di principesse addormentate. Dopo aver salvato decine di donzelle in pericolo, arso una cinquantina di arcolai, e dopo essersi ubriacata con decine di fatine buone e aver limonato con membri di famiglie reali di ogni ordine e grado, comincia a desiderare che tutte quelle fanciulle si diano una mossa e inizino a occuparsi da sole dei loro problemi di trama. Ma proprio quando pensa di non voler soccorrere nessun'altra principessa, si guarda in uno specchio e vede di rimando un volto che la fissa: è il viso del Male che la chiama. Perché ci sono tante persone intrappolate in storie che non hanno scelto: la Regina Cattiva di Biancaneve ha appena scoperto come si conclude la sua favola e ha disperatamente bisogno di un lieto fine. Ha bisogno che Zinnia la aiuti prima che sia troppo tardi per tutti. Ma cosa farà Zinnia? Accetterà la velenosa proposta della regina, risparmiando a entrambe la tortura delle scarpe di ferro arroventate, o tenterà un'altra strada?

Recensione e commento


In queste novelle di Alix Harrow troviamo alcune delle sue caratteristiche più famose e altre sperimentali, più o meno riuscite.

Le due novelle vanno lette in ordine perché sono cronologicamente collegate. Nella prima, Il Fuso scheggiato, la protagonista, Zinnia, convive con una malattia degenerativa incurabile che fa in modo che si immedesimi particolarmente con la protagonista de La Bella Addormentata e, per un caso fortuito, scopre che esistono infinge versioni della fiaba e che lei è una di esse. Aprendo un portale interdimensionale, finisce in un mondo secondario che ricalca l’immaginario disneyano in cui conosce la sua omologa di quell’universo e la aiuta a cambiare il corso degli eventi della sua storia. Nello strampalato viaggio che compiono assieme, le due ragazze imparano a conoscersi e volersi bene e interagiscono anche con la fata cattiva, colei che ha scagliato la maledizione su Primrose e qui appare chiaro che l’autrice aveva l’intento di dare una rivisitazione femminista alla trama: forse non tutte le maledizioni vengono per nuocere, a volte sono scagliate perché sono il male minore.
Nella seconda novella, Lo Specchio rammendato, invece, Zinnia aiuta la matrigna di Biancaneve a compiere un arco di redenzione e le dà la possibilità di tratteggiare sé stessa, scegliersi un nome ed essere altro oltre a “la matrigna-strega cattiva”. In questo secondo capitolo c’è moltissimo più ritmo e qualche inaspettato colpo di scena, perché anche Zinnia compie un arco che la porta a mettere in prospettiva la sua vita. 

Da un punto di vista puramente teorico sono tutte ottime idee e parzialmente sono riuscite: Zinnia è una protagonista scanzonata, ironica e sagace che grazie alla sua laurea in folklore ha gli strumenti per valutare la situazione fantastica che sta vivendo. Si parla di autodeterminazione e di cambio di paradigma nell’interpretazione dei comportamenti delle personagge, eppure, qui arriva anche qualche piccolo difetto, perché se da un lato la forma è stata adattata al contenuto più moderno, usando una prosa estremamente informale e cercando di tratteggiare i personaggi con una caratterizzazione più sfaccettata, dall’altro lato il contenuto straborda un pochino rispetto allo spazio che gli è stato dato. Infatti, le novelle assomigliano per struttura a dei romanzi, ma non c’è un numero adeguato di pagine per far sì che ogni elemento venga sviluppato adeguatamente. È un po’ come se la brevità fosse al tempo stesso un punto di forza e di debolezza perché sicuramente rende la lettura veloce e fruibile, ma anche troppo compressa per essere sempre confortevole.

In conclusione, Il Fuso scheggiato e Lo Specchio rammendato contengono messaggi importanti, qualche scena commovente e una prosa divertente e ironica. Qualche piccolo punto a sfavore c’è ma sono comunque libri disimpegnati da leggere in una piovosa domenica pomeriggio. 

Katabasis

Titolo: Katabasis Titolo originale: Katabasis Autrice: R.F. Kuang Traduttrice: Giovanna Scocchera Lingua originale: inglese Codice ISBN: 978...