venerdì 5 agosto 2022

Maybe Someday

  • Titolo: Maybe Someday
  • Titolo originale: Maybe Someday
  • Autrice: Colleen Hoover
  • Traduttrice: Laura Liucci
  • Codice ISBN: 978-8833751856
  • Casa editrice: Leggereditore
Trama

Sydney Blake, ventenne aspirante musicista, ha una vita invidiabile: frequenta il college, ha un buon lavoro, è innamorata di Hunter, il suo meraviglioso ragazzo, e convive con la sua migliore amica Tori. Eppure tutto sembra andare in frantumi quando scopre che Hunter la tradisce proprio con lei. Mentre cerca di rimettere insieme i tasselli della propria esistenza, Sydney capisce di essere attratta da Ridge Lawson, il suo misterioso vicino di casa. Non può staccargli gli occhi di dosso e non può fare a meno di starsene ad ascoltarlo mentre suona la chitarra sul balcone della sua stanza. La sua musica le regala armonia e vibrazioni. E anche Ridge, malgrado il carattere schivo, non può far finta di ignorare che c’è qualcosa in Sydney: avrà finalmente trovato la sua musa? Una storia appassionata e romantica, di amicizia e amore, che vi farà vibrare il cuore come una musica ammaliante.

Recensione e commento

Era da un po’ di tempo che meditavo di allargare le mie vedute come lettrice e approcciarmi alla lettura in modo meno elitista. Sto cercando, insomma, di mettere un po’ in discussione quello che credo di sapere sui miei gusti e di non partire dal presupposto che qualcosa non mi piace solo perché è diverso da quello che leggo di solito. 

Tuttavia, devo dire che in questo caso, forse avevo ragione su quello che pensavo all’inizio, perché Maybe Someday, come romanzo in sé, mi è rimasto abbastanza indifferente. Eppure, mi rendo conto che con tutta probabilità è un mio problema. Non sono riuscita a empatizzare con i due protagonisti, Sidney specialmente, a mio parere avrebbe potuto essere tranquillamente Maria Rita da Cinisello Balsamo e sarebbe stata la stessa cosa. Ciò su cui, invece, mi sento più sicura nello spendere due parole, è la rappresentazione della disabilità in questo romanzo, dato che è qualcosa che mi tocca molto da vicino.

Da un lato, la rappresentazione è fatta bene, sotto certi aspetti, perché Ridge non è circondato da un’aura di pietismo e di infantilizzazione a cui spesso la società costringe le persone disabili. Lui è un ragazzo normale, autosufficiente, con un lavoro e perfettamente in grado di provvedere a sé stesso, con degli amici sinceri e una relazione romantica anche prima di conoscere la protagonista del libro. Non ci sono retoriche su quanto debba essere tragico trovarsi nei suoi panni, o di quanto gravi sulla famiglia (anche perché si mantiene da solo) .

Sotto altri aspetti, invece, ci sono delle problematiche: questa cosa che con la forza dell’ammmmore lui riesce ad agire da normodotato non mi è andata giù (è uno dei cliché tipici delle storie che hanno un* disabile come protagonista, sia nei libri che a Hollywood). Nella trama viene detto che lui è sordo eppure potrebbe parlare, ma decide di non farlo per motivi suoi. Ma alla fine parlerà solo per Sidney, perché lei è quella giusta e bla bla bla. Anche sul modo in cui Sidney si comporta con lui avrei qualcosa da dire: quando si sta assieme a una persona disabile è vero che non bisogna trattarla “da disabile”, eppure non ci si può dimenticare che quella persona ha delle esigenze diverse. Non si può trascurare la sua disabilità perché la sua disabilità è parte di quella persona ed è il motivo per il quale non si può pretendere che si conformi a degli standard stabiliti da una società che non è fatta a misura di disabile. Ebbene, Sidney è a conoscenza del fatto che Ridge sia sordo, eppure aspetta fino alla fine del libro per imparare qualche segno della lingua dei segni per poter comunicare con lui. In qualche modo, ci si aspetta sempre che sia lui a fare un passo verso la “normalità”, usando la voce, o gli sms per comunicare. Qualsiasi relazione umana presuppone un certo livello di interdipendenza, anche se si tratta di semplice supporto emotivo, eppure quando si parla di disabilità, quindi di una persona con bisogni diversi da quelli a cui si ha l’abitudine, si ha subito la percezione di trovarsi davanti a un’anomalia (vi lascio il link alla pagina Witty Wheels se volete saperne di più). Eppure, il migliore amico di Ridge, un personaggio che mi è piaciuto solo fino a un certo punto, ma che comunque si dimostra un ottimo amico, riesce a trattare Ridge in modo normale, avendo con lui una conversazione in LIS mentre vocalizza per le altre persone presenti. Quella tra i due coinquilini, forse è la relazione più sana all’interno del romanzo. Ok, non ci sono disfunzionalità di altro tipo, come rapporti abusivi o soverchianti, ma ho trovato il discorso sulla disabilità un po’ troppo disinformato, specialmente se devo prendere in considerazione la relazione che Ridge ha con Maggie, la sua ragazza precedente. Anche Maggie è disabile e nei suoi confronti Ridge si comporta esattamente nel modo in cui non ci si dovrebbe mai comportare con una persona disabile, esattamente nello stesso modo in cui lui dice più volte di non voler essere trattato (perdonate le ripetizioni, ma è un discorso complesso). A un certo punto della storia, salta fuori che lui ama sia l’una che l’altra ragazza (e personalmente avrei risolto con una relazione poli, ma sono gusti), ma a Maggie si sente legato soprattutto per via della sua malattia, perché lei ha bisogno di lui, manco fosse il suo infermiere e non il suo ragazzo. Nel loro rapporto, l’interdipendenza non è un riflesso del loro essere coppia, ma Ridge cerca di riversare del pietismo su Maggie. Pietismo che lei rifiuta.

Maggie è il personaggio che sono riuscita a comprendere di più: non vuole qualcuno che stia con lei per i motivi sbagliati, qualcuno che non supporti le sue scelte. Avendo lei una durata di vita probabilmente ridotta a causa della sua malattia, intende comunque laurearsi, avere una carriera, viaggiare (rifiutando la retorica che prevede che le persone disabili di successo siano l’eccezione da cui prendere ispirazione), ma se fosse per Ridge vivrebbe sotto una campana di vetro, starebbe a casa a godersi la gioia delle piccole cose, facendosi soffocare dall’amore di lui, che dovrebbe essere abbastanza per farla felice. Questa cosa ha un nome e si chiama negazione del diritto all’autodeterminazione, fenomeno di cui le persone disabili sono spesso vittime perché la loro voce non viene mai ritenuta adatta a parlare per sé: Maggie sa cosa vuole e lui non la sta a sentire perché il suo rapporto con lei ruota attorno al fatto che lei è una ragazza malata, non attorno ai sentimenti che prova. Ridge ha un bias cognitivo: per lui tutte le persone disabili sono uguali, ma alcune sono più disabili degli altri (a Maggie tutta la mia stima, vai ragazza, ti meriti di meglio).

So di aver scritto tantissimo riguardo a questo tema, ma in realtà è l’unica cosa che ho da dire su questo libro e ci tenevo a farlo perché per alcune persone potrebbe essere un trigger e perché ho letto diverse recensioni in buona fede definire ottima questa rappresentazione. Ma personalmente, non posso farmela andare bene solo perché in genere l’asticella è posta persino più in basso di così.

Mi sarebbe piaciuto anche poter spendere qualche parola sul tema della musica, che assieme ai libri, è l’elemento attorno a cui ruota la mia vita, ma non è approfondito o tecnico come avrei pensato e temo, anche qui, di aver pagato il peso delle aspettative.

Per il resto credo di non avere davvero altro da dire. Mi è stato detto che si tratta di un classico del romance, ma essendo il mio primo non ho metro di paragone per valutarlo. Credevo che mi sarei sentita rappresentata da questa lettura, che avrebbe ritratto una parte di me, ma così non è stato. Al tempo stesso, temo che non sia davvero la mia tazza di tè, tema della disabilità a parte, sfortunatamente è una lettura che mi è rimasta indifferente e non ha lasciato segni nel mio cuore, forse proprio perché devo abituarmi di più al genere e temo di essere io il problema, quindi non credo di poter definire questa una recensione negativa, perché penso che il libro non sia da bocciare in toto e oggettivamente, penso di non fare parte del target per cui è stato scritto. Darò al romance un’altra possibilità con It Ends with us, che forse è più nelle mie corde, vi aggiornerò qui sul blog.


2 commenti:

  1. Mi spiace, ma come libro non è il mio genere. Ho cercato di leggerne alcuni per farmi un'idea, ma non credo siano letture adatte a me. Personalmente non riesco ad entrare in empatia con i personaggi
    Serena

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  2. Purtroppo la Hoover non rientra proprio nei miei generi e gusti. Alcune volte altri generi mi attirano con storie particolari ma le due trame, non mi attraggono

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