
- Titolo: Cadavere squisito
- Titolo originale: Cadáver exquisito
- Autrice: Agustina Bazterrica
- Traduttrice: Francesca Signorello
- Lingua originale: spagnolo
- Codice ISBN: 9791280495600
- Casa editrice: Eris
Marcos lavora nel mercato della carne da sempre, è un’attività di famiglia. Ma ora le cose sono cambiate, in modo radicale e irreversibile. Un virus ha attaccato gli animali, sia domestici che selvatici, per cui sono stati tutti sistematicamente abbattuti e la loro carne non può assolutamente essere consumata. Ora la carne che tratta è diversa, speciale, perché i governi di tutto il mondo hanno dovuto affrontare la situazione e hanno deciso di rendere legale l’allevamento, la produzione, la macellazione e la lavorazione della carne umana. Marcos si è dovuto adattare, cerca di non pensare a cosa fa per vivere, e fa del suo meglio per stare dietro a fornitori, clienti, ordini e consegne, perché deve pagare la casa di riposo in cui vive suo padre. E ora che sua moglie lo ha lasciato deve pensare a tutto da solo.
Recensione e commento
Quando si dice “breve ma intenso” si intende senza dubbio qualcosa di molto vicino a Cadavere Squisito, una lettura che sicuramente non suscita indifferenza e che difficilmente verrà dimenticata.
Tanto per cominciare, si tratta di una storia con più stratificazioni di significato delle quali quella letterale non è sicuramente trascurabile. Infatti, in questa Argentina del futuro gli animali non vengono più macellati e mangiati: sono gli esseri umani a venire allevati, ingrassati, uccisi e consumati. Improvvisamente, quando vediamo dei nostri simili nella posizione in cui noi mettiamo gli animali ci accorgiamo di quanto il sistema sia crudele e assurdo. Questa parte, quella letterale, è quella che mi ha scioccato di più ma non nel modo che pensavo: mi ha scioccato non essere rimasta scioccata più di tanto. Anche io, come chiunque altro sono talmente abituata alla violenza da non essere rimasta troppo toccata da un racconto in cui esseri umani come me e voi vengono letteralmente mangiati da altri umani. Mi ha fatto mettere in prospettiva la cultura in cui sono immersa ed è stato un bel colpo comprendere che non sono sensibile quanto pensassi.
Il livello metaforico, invece, si dirama su più livelli: sono soprattutto gli immigrati, i senzatetto, gli emarginati della società a essere vittime della prima ondata, ovvero quella in cui le persone vengono catturate e mattate, prima che venisse affinata la tecnica per sottomettere, rendere mansuete e controllate le nuove “bestie”. Anche all’interno del macello ci sono comunque “capi di bestiame” serie A e di serie B, ci sono i capi normali, allevati a mangimi pieni di ormoni e quelli che vengono cresciuti con cibi biologici solo per essere abbattuti mentre sono più sani possibile. In maniera quasi sfacciata, le femmine (che non sono vere e proprie donne proprio perché viene impedito loro di avere uno sviluppo cognitivo tale per cui possano dirsi persone adulte. In questo senso uso la parola “femmine”, perché non sono adulte cognitivamente, non perché intendo deumanizzarle) se la passano peggio dei maschi: costrette a gravidanze, arti tagliati per impedire loro di autolesionarsi, separate dai loro bambini e addirittura utilizzate come selvaggina a cui sparare mentre scappano per la propria vita mentre sono incinte, riescono comunque ad avere una condizione persino peggiore rispetto ai maschi che vengono allevati come stalloni che hanno più spazio e cibo migliore quasi fino alla morte. E non stupisce di certo vedere come chi ha più denaro e privilegio abbia anche il potere di fare del male impunemente. Come in un’estremizzazione neanche troppo eccessiva assistiamo a come il capitalismo, tramite i suoi esponenti al vertice della piramide, privi gli individui alla base delle libertà fondamentali, come sprema chiunque fino all’osso, come tutto, dalle interiora alla pelle venga utilizzato per essere venduto e trarne un profitto, e non c’è niente di nobile in questo: farsi spremere fino all’osso senza mai farsi domande e senza mai poter scendere dal nastro trasportatore è tutto fuorché glorioso, perché anche noi siamo prodotti da vendere.
Non sono nemmeno solo gli umani macellati le sole vittime del sistema, perché anche chi lavora nell’industria in un certo modo mi ha dato da pensare: nessuno vuole davvero fare quel mestiere, molti si sentono male, svengono e alla fine mollano, mentre i pochi che lo vogliono hanno degli evidenti problemi di sadismo: non puoi amare il tuo lavoro ed essere normale al tempo stesso, in un mondo così. Se non odi il tuo lavoro hai qualcosa che non va. Molti macellai fanno un lavoro che disprezzano solo per mantenere la famiglia e devono in qualche modo mettere un muro emotivo tra sé e quello che fanno per vivere, per non impazzire e non portare tanto dolore a casa, per quanto in una certa misura questo sia impossibile al punto che la nuova generazione è completamente desensibilizzata alla violenza e non ha più speranza di ricevere un contatto umano sano. Insomma, un po’ come in La fattoria degli animali di Orwell, la massa non ha consapevolezza del proprio potere, della forza del numero e vive senza nemmeno avere una voce in luoghi in cui viene allevata con il solo scopo di essere un prodotto e arricchire chi è già ricco, mentre chi deve sbarcare il lunario odia comunque il proprio lavoro e ha disgusto al pensiero di andarci tutte le mattine. Tutti detestano la propria vita e usano tantissimi termini edulcorati per raccontare un fenomeno agghiacciante in cui la maggior parte è vittima e pochi traggono profitto. La macellazione, poi, è anche la punizione per chiunque violi le norme sociali, perché alla fine siamo davvero sulla stessa barca e i ruoli possono invertirsi in un batter d’occhio, senza che si riesca davvero a rivoluzionare la situazione.
Lo stesso Marcos, il protagonista, ha un po’ lo stato d’animo di Winston di 1984, un individuo che sente una profonda insoddisfazione e un distaccamento tra ciò che pensa e ciò che dovrebbe pensare. Si rende conto delle idiosincrasie del sistema, delle sue contraddizioni ma sa di non poter combattere perché ha ancora troppo da perdere. E alla fine, senza nessuna speranza, anche lui amerà il Grande Fratello, appena trarrà il minimo vantaggio dall’oppressione altrui, dimenticando in un battito di ciglia quanto gli sia stato portato via dal sistema per avere in cambio un misero granello di soddisfazione. Il sistema che ci racconta è il nostro: quello in cui abbiamo così poco, ottenuto tramite modalità che odiamo e che è guadagnato su pile di cadaveri altrui.
Cadavere Squisito è un libro che schiaffeggia e fa male, che racconta di come ogni nostro successo sia in qualche modo basato sull’oppressione dei nostri simili e non risparmia nessuna parte della società dalle sue ferocissime critiche.
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