mercoledì 5 aprile 2023

Le Impure

  • Titolo: Le Impure
  • Titolo originale: The Grace Year
  • Autrice: Kim Liggett
  • Traduttrice: Sara Brambilla
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804744498
  • Casa editrice: Mondadori
Trama


Nessuno parla mai dell'anno di grazia. È proibito. Nella Garner County, tutte le ragazze, al compimento del loro sedicesimo anno, vengono bandite dalla comunità e obbligate a vivere nella foresta per un anno, affinché sfoghino la loro magia nella natura selvaggia per poi tornare nella civiltà, sempre che sopravvivano, purificate e pronte per il matrimonio. Nella società patriarcale in cui sono cresciute, infatti, si è convinti che a quell'età le ragazze abbiano il potere di persuadere gli uomini ad abbandonare i loro letti coniugali, di far perdere la testa ai coetanei e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la loro stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l'essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne. Tierney James, però, non si sente potente. Né si sente magica. Ma, questo sì, sente che dietro l'esperienza che la attende si cela qualcosa di più spaventoso dei pericoli nascosti nella foresta o dei bracconieri pronti a rapire lei e le altre ragazze per ucciderle, farle a pezzi e venderle al mercato nero. La minaccia più grande e terribile potrebbe arrivare proprio dalle sue compagne di sventura, ma Tierney non è disposta a subire passivamente la sorte che le è stata assegnata... Con prosa tagliente e crudo realismo, "Le impure" racconta i complessi legami che uniscono tra loro le ragazze – e le donne che saranno – e la necessità di opporsi con forza a una società troppo spesso ancora misogina e patriarcale che impedisce loro di esprimere in totale libertà i propri talenti.


Recensione e commento

Ho letto Le Impure ben quattro volte per cercare di essere in grado di rendere l’idea di questo libro e ancora non sono sicura che riuscirò a inserire in questa recensione tutto quello che vorrei dire, ma farò del mio meglio.

In maniera preliminare, mi viene da dire che se Hunger Games e Le Streghe in eterno avessero fatto un figlio, sarebbe Le Impure, una distopia di stampo femminista con numerose stratificazioni di significato, una trama fuori dal comune e l’immancabile simbologia presente in ogni romanzo di qualità.

Partendo da quest’ultima, infatti, va detto che ci troviamo in una società con dei rigidissimi costumi e convenzioni sociali impossibili da aggirare, per cui, spesso, si fa affidamento ai fiori per comunicare in modo più efficace. Eppure, i fiori, presentissimi dall’inizio alla fine del romanzo, non hanno solo la funzione simbolica più diretta di mandare un messaggio specifico, ma nel loro complesso rappresentano anche ciò che ci si aspetta dalle donne: avere un aspetto gradevole, ma un’utilità limitata. Infatti, uno dei momenti più catartici di Le Impure ha al centro proprio dei semi di piante da frutto, da cui nasce qualcosa che nutre, più che qualcosa che ha funzione decorativa (antropologicamente parlando). Alle ragazze, costrette a lasciare la scuola intorno al decimo anno di età, viene consentito di imparare il linguaggio dei fiori, spesso velenosi più che curativi, ma non di avere conoscenze pratiche che sarebbero invece utili durante l’anno di grazia. Su questo aspetto non ho intenzione di dilungarmi più di così, perché la mia copia del libro sta ormai scoppiando di post it per tutti i piccoli simboli i significati metaforici utilizzati dall’autrice per raccontare qualcosa oltre il letterale, ci vorrebbe un articolo a parte per spiegarli tutti, sappiate solo che ci sono metamorfosi e catarsi raccontate nel modo tipico della narrativa classica e delle fiabe.

L’anno di grazia, appunto, è un periodo di tempo nel quale avviene un rito di passaggio da ragazze a donne, in cui viene chiesto alle giovani di “espellere la loro magia” in un luogo isolato e lontano dal resto della comunità. L’intera permanenza nell’accampamento sarà fonte di avventure, disavventure e riflessioni di varia natura. 

Partendo ancora prima del momento in cui comincia l’anno di grazia vero e proprio, noi conosciamo la protagonista, Turney, che ha un atteggiamento molto da “io non sono come le altre ragazze”, ma a differenza di molti altri young adult, il suo comportamento viene fortemente problematicizzato all’interno del romanzo e l’arco di crescita consisterà, fra le altre cose, anche nel prendere coscienza che sì, lei è come le altre e le altre sono come lei. Infatti, Turney deve rendersi conto che tra le oppresse lei è quella più privilegiata, poiché la sua famiglia le ha tarpato meno le ali, dandole la possibilità di percepire sé stessa ben oltre i canoni imposti, ha un padre che le insegna “cose da maschi” come aggiustare oggetti e andare a pesca, abilità che si riveleranno utili durante l’anno di grazia, e le ha anche fornito un’educazione basata sulla razionalità e sulla scienza fuori dalla portata delle altre che, come già detto, hanno smesso di andare a scuola a dieci anni. Inizialmente per lei è difficile considerarsi al pari delle sue simili, che spesso, con sufficienza, considera frivole e non abbastanza intelligenti da rendersi conto della propria condizione, ma con il tempo si renderà conto che lei stessa rispetto alle “altre” è “l’altra” e che quindi deve smettere di considerarsi di una pasta diversa. Molte di queste critiche, legittime, le verranno mosse da una delle sue antagoniste nel romanzo, una delle ragazze che le creeranno maggiore difficoltà durante l’anno di grazia, ma che a conti fatti è solo una ragazza spaventata e non altrettanto privilegiata, più che una nemica in senso stretto. Anche il rapporto con sua madre all’inizio ha delle criticità, perché per quanto Turney si consideri più sveglia delle altre nel rendersi conto della sua condizione di oppressa e pensi di aver capito tutto dalla vita (ma diciamocelo, quale adolescente non lo pensa?) tiene comunque maggiormente in considerazione ciò che dice suo padre, a discapito della madre che valuta, come al solito, frivola e di vedute ristrette. Chiariamoci, non è che Turney abbia torto, anzi, dato che è circondata da persone che decidono per lei e che pensano sempre di sapere cosa sia meglio per lei anche imponendo la loro volontà sulla sua, schiacciando la sua autodeterminazione, ma spesso manifesta le sue ragioni con delle modalità cieche e che sul lungo termine non porteranno a nulla, se lei stessa non è disposta a fare autocritica.

In questo contesto, in quanto più illuminata delle altre (o almeno così pensa) è difficile per Turney presentarsi come voce fuori dal coro e portare un’idea diversa di convivenza, basata sulla sorellanza e sulla collaborazione, perché anche quando è per il meglio, il cambiamento viene sempre ostacolato. Serviranno numerosi tentativi perché non venga ostracizzata e azzittita quando cercherà di porsi come guida e mostrare che no serve essere le une contro le altre. Infatti, il pensiero generale che vige sia all’interno del villaggio in cui vivono, ma che verrà amplificato ed esasperato all’ennesima potenza durante il periodo nell’accampamento, è quello di doversi guardare le une dalle altre e che sia giusto che vivano le stesse identiche difficoltà delle ragazze che le hanno precedute e che verranno vissute da quelle che succederanno. Non esiste, insomma, il concetto di rendere la vita un po’ più semplice per chi verrà dopo, anzi, è un costante perpetrare lo circolo vizioso di abusi perché così è stato e pertanto così deve essere e sarà. Ciò avviene anche a causa del fatto che gli errori della singola ricadono sull’intera famiglia, specie dalle sorelle minori che vengono esiliate e destinate alla prostituzione, in modo che le ragazze si controllino a vicenda. Perché in effetti, esiste anche un modo sbagliato persino per morire: chi devia dal percorso, sia quello letterale che metaforico, non riceve onore e l’onta verrà pagata dalle sue sorelle, mentre morire in modo onorevole, soffrendo le pene dell’inferno come vittima sacrificale in nome del bene comune, porta onore e nessuna colpa da pagare. In questa società di stampo quasi castale basata sul meccanismo predatore-preda, in cui la mobilità tra una casta e l’altra è possibile solo andando verso il basso, non c’è da stupirsi che i pochi privilegi ottenuti siano guadagnati letteralmente sul sangue delle altre ed è anche per questo motivo che dall’anno di grazia si esce (se se ne esce) incattivite e infelici.

In tal senso, ho apprezzato tantissimo June, una delle sorelle maggiori di Turney, che per quanto resti molto sullo sfondo e appaia pochissimo, è invece centrale. June non si è fatta indurire, è rimasta gentile e generosa ed è colei che a conti fatti fornisce a Turney, in silenzio e in punta di piedi, protezione, rifugio e nutrimento, come dovrebbe sempre essere. E anche nei confronti della sorella Turney, inizialmente non risparmierà critiche e atteggiamento di superiorità, ma è proprio qui il bello: l’arco di trasformazione di questa eroina non ricalca quello dell’eroe. Si tratta di una crescita che esce dai canoni della protagonista mascolinizzata che deve imbracciare le armi da guerra per dimostrare il suo valore, ma anzi, che trova nella collettività e nel lasciare il mondo un posto migliore di come lo si è trovato la sua massima espressione. A piccoli passi, senza inverosimili rivoluzioni radicali dall’oggi al domani. 

Effettivamente, sul finale non tutto diventa rose e fiori, anzi, si poggia solo un primo mattone per il cambiamento del domani. Turney non solo comprende di essere parte di un mondo enorme e inconoscibibile, in cui ognuna delle persone attorno a lei contiene in sé stessa un intero universo, ma scopre anche di avere nemici dove pensava di avere amici e amici dove pensava di avere nemici, o addirittura in cui le due realtà possono coesistere nella stessa persona. 

Tengo a fare una precisazione: come ho detto all’inizio temo di non riuscire a rendere l’idea di cosa sia stato questo libro per me, per cui se vi sono sembrata fredda nell’elencarne i pregi, sappiate anche che in varie parti è riuscito a emozionarmi in modo genuino e senza mai dover vincere facile. È stata una lettura intellettualmente ed emotivamente appagante.

Il finale è andato molto vicino alla perfezione, dato che costituisce il coronamento di un arco di formazione femminile, ma a mio parere le ultime due righe (letteralmente) hanno sfilacciato una chiusura impeccabile trasformandola in un cliché, quando fino a quel momento il libro era rimasto scevro di stereotipi, unica nota dolente di un romanzo davvero unico.

Nel caso non si fosse capito, Le Impure, finito nella mia top 10 del 2022, è assolutamente da recuperare se amate le distopie e state cercando un libro dal messaggio femminista che non sfoci nel retorico, anzi, è un libro studiatissimo in ogni sua parte, tanto da essere quasi divulgativo. Vi farà male, in alcune parti, ma se lo vivrete come una lettura necessaria ne varrà la pena. 

1 commento:

  1. Questo è un titolo che ho messo subito in wishlist. Un genere che apprezzo ma che non sempre mi ha soddisfatto a pieno. Confido in questo

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