mercoledì 27 settembre 2023

La Maledizione del Ragno

Ciao, bellezze! Sono eccitatissima per la recensione di oggi, quindi senza indugi ringrazio la mia amica Franci per aver organizzato questo evento e l’editore per la copia omaggio. Cominciamo.


  • Titolo: La Maledizione del Ragno
  • Titolo originale: Unraveller 
  • Traduzione di: Giuseppe Iacobacci, Annamaria Biavasco
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804771029
  • Casa editrice: Mondadori

Trama


Se volete recarvi nelle terre di Raddith, non fatevi cogliere impreparati: portate con voi una zanzariera e una coperta calda. E se da lì vi inoltrerete nelle foreste acquitrinose velate di ragnatele, i Meandri, indossate stivali robusti e munitevi di coraggio e ingegno. Alcuni abitanti di Raddith, quelli posseduti dal seme dell'odio donato loro da piccoli ragni, sono capaci di scagliare maledizioni contro i loro nemici. Perciò cercate di non farvi odiare da nessuno. Le maledizioni sono infatti capaci di rubare l'anima delle persone, di trasformarle in nuvole, api, uccelli. E solo un ragazzino, Kellen, è in grado di scioglierle. L'ha fatto per la sua migliore amica, Nettle, e lo farà per chiunque gli chiederà aiuto. Ma ora anche lui è stato maledetto, e una banda criminale di nome Salvezza sta radunando intorno a sé i maledicenti per usarli a scopo offensivo e stabilire un nuovo ordine. Se Kellen non riuscirà a liberarsi, niente potrà più essere salvato... Età di lettura: da 13 anni.


Recensione e commento 

La Maledizione del Ragno è il terzo libro di Frances Hardinge che mi capita di leggere, dopo L’Albero delle Bugie e Una Ragazza senza Ricordi, e nonostante io non possa vantare di aver letto l’intera produzione di questa autrice, posso affermare che questo sia al momento il mio preferito a mani basse. 

Andiamo con ordine. Tanto per cominciare, il sistema magico è tra i più originali che io abbia mai visto. Scordatevi poteri noiosi come controllare il fuoco, far volare cose e leggere nel pensiero, perché Kellen può sbrogliare i fili delle maledizioni che vengono scagliate, il che è fantastico, se non si considera che abbia come effetto collaterale la distruzione di qualsiasi cosa sia composta da fili e trame come coperte, vestiti, corde, arazzi. Penso che un potere tanto inaspettato avrebbe potuto essere pensato esclusivamente da Frances Hardinge che qui ha veramente tolto i freni alla fantasia. Se i primi due romanzi di sua produzione erano ambientati in un mondo molto simile a quello primario nell’età vittoriana, qui il worldbuilding è inventato di sana pianta, incluse le creature che lo abitano. Non è un mondo tenero e carino, ci sono creature che si staccano le mani per lasciarle in giro come trappola per catturare degli sventurati, o ancora creature magiche senza volto con le mani a forma di libro davanti alle quali non si può mentire. Frances Hardinge dà vita tutto questo in modo convincente e organico, nonostante la sua inventiva non ci sono mi dettagli inutili o che non torneranno utili nella trama al momento giusto. Inoltre, rispetto agli altri due romanzi, questo mi è sembrato meno “rigido”: sia in L’Albero delle Bugie che il Una Ragazza senza Ricordi Hardinge ha sentito l’esigenza di spiegare il messaggio in modo letterale e didascalico verso la fine di ciascuna storia, si percepiva proprio che non voleva essere fraintesa, per cui ha deciso di imboccare a chi leggeva la spiegazione di ciò che aveva davanti agli occhi. In La Maledizione del Ragno, invece, il messaggio va avanti da sé: è un libro sicuramente pensato, ma più rilassato nella messa in pratica.

E questo messaggio quale sarebbe? In realtà sono molteplici, perché con Hardinge ci sono sempre varie chiavi di lettura. Tanto per cominciare, nel suddetto worldbuilding sia il sistema religioso che quello di governo sono interamente basati sulle leggi di mercato. Il mercato è esso stesso religione e il governo si occupa esclusivamente di mercato, per cui io non potevo che vederci una critica al capitalismo e alla società della performance, anche in virtù del fatto che chiunque non sia utile al processo produttivo viene ostracizzato, incluso il protagonista, che con il suo dono di disfare maledizioni e tessuti non è di sicuro benvenuto in un villaggio di tessitori. Tutta la questione delle maledizioni, poi, è interpretabile in vari modi e le conclusioni a cui si giunge non sono sempre in linea con ciò che penso io come individuo, eppure questo è un punto a favore di questo romanzo, perché è riuscito a farmi vedere altre prospettive senza scadere in retoriche trite e ritrite. Su moltissime cose, invece, concordo: così come si critica la società della performance, viene criticato anche il sistema giudiziario basato sulla punizione non sulla riparazione. I maledicenti, che possono talvolta essere metafora della delinquenza, talvolta della malattia mentale, vengono semplicemente chiusi in un luogo in cui stiano alla larga dalle persone comuni, lontano dagli occhi e lontano dal cuore, ma i problemi non si risolvono così, infatti l’intera storia ruota attorno al riconciliare due fazioni che…hanno entrambe torto. Bisogna ricondurre alla ragione chi pensa che i problemi si risolvano escludendo e chi pensa di farsi accettare ricorrendo alla violenza, perché chiunque di noi, in circostanze diverse, è perfettamente in grado di essere sia vittima, sia carnefice. Hardinge è magistrale nel mostrare sia come le vittime possano non essere sante, sia come i maledicenti possano non essere mostri e come spesso queste due nature si confondano l’una nell’altra.

Per fortuna, proprio quando ho temuto che questo discorso potenzialmente interessante rischiasse di essere riassumibile in una frasetta motivazionale in stile Tumblr, la trama mi ha stupita prendendo una sterzata improvvisa che va sì verso l’abbracciare la propria natura, includendo sì il proprio lato oscuro, ma senza indulgervi, senza assecondarlo. Ho molto apprezzato come sia stata una storia che elogiasse la gentilezza e che mostrasse quanto questa sia in realtà frutto di un volontario sforzo quotidiano, faticosissimo e delicato.

A questo proposito, non so quanto fosse intento dell’autrice, ma in questo libro ho visto anche un discorso antispecista non solo perché ci sono dei personaggi animali, ma soprattutto perché vengono considerati alla stregua di umani, oppure c’è una critica quando non è così. Non voglio analizzare questo punto troppo nel dettaglio perché rischio di inciampare in uno spoiler, ma sappiate che moltissime maledizioni ruotano attorno al vivere esperienze traumatica in forma animale o nel subire le conseguenze di averne ferito uno. Il discorso antispecista non è solo in chiave negativa, c’è anche tantissimo amore nel considerare un gabbiano come proprio fratello o nell’ adorare dei ragni magici che possono fare praticamente qualunque cosa. È la prima volta che mi capita di leggere un libro simile e ne sono rimasta stupita. 

Per chiudere, come avrete capito, sono rimasta totalmente stregata da La Maledizione del Ragno, una lettura profondissima che mi ha commossa sul finale, una storia che insegna il valore del compromesso senza mentire sulle difficoltà dell’essere persone buone. Vi sconsiglio la lettura esclusivamente nel caso in cui soffriste di aracnofobia o ornitofobia.

2 commenti:

  1. Credo che il world buildin così originale e completamente nuovo sia un grande punto a suo favore! Sembra davvero un fantasy di quelli che potrebbero piacere a me

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