mercoledì 27 marzo 2024

Damsel

  • Titolo: Damsel
  • Titolo originale: Damsel
  • Autrice: Evelyn Skye
  • Traduttrice: Valentina Zaffagnini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 988817182195
  • Casa editrice: Rizzoli 
Trama

Elodie non ha mai desiderato un palazzo sfarzoso o un principe affascinante. Cresciuta nel reame di Inophe, tra carestie e difficoltà, il suo più profondo desiderio è di aiutare il suo popolo a sopravvivere agli inverni. Quindi quando un delegato di un regno ricco e misteriosamente chiuso al resto del mondo arriva con un’offerta di ricchezze sufficienti a salvare Inophe in cambio del suo matrimonio, accetta senza alcuna esitazione. Nello scintillio della sua nuova casa, Aurea, Elodie è rapita dalla bellezza del reame – e da quella del suo promesso sposo, il principe Henry. Ma non appena hanno inizio i rituali per diventare principessa, il dubbio che non tutto sia perfetto come sembra s’insinua nella sua mente, e le prime crepe sull’apparentemente perfetta superficie cominciano a mostrarsi: una giovane donna scompare dalla torre del castello improvvisamente. Una parata di fiaccole si fa strada attraverso le montagne. Compaiono segni lasciati da una misteriosa “V”. Troppo tardi, Elodie scopre che la prosperità di Aurea è stata acquistata a un costo altissimo: ogni stagione del raccolto, il regno sacrifica le sue principesse a un drago affamato. E Elodie è la prossima. Ma le centinaia di donne che nei secoli hanno preceduto Elodie, non sono morte senza combattere. Il loro sangue pulsa di potere e memoria e la loro esperienza è la chiave per la sopravvivenza di Elodie. Costretta a combattere per la vita, questa damigella dovrà usare la sua intelligenza per sconfiggere un drago, scoprire il passato di Aurea e salvare non solo se stessa, ma anche il futuro del suo nuovo regno. Età di lettura da: 10 anni.

Recensione e commento

Allora, vi dico subito i difetti, così ci togliamo il pensiero e andiamo immediatamente a tutte le caratteristiche che mi hanno fatta scoppiare di entusiasmo per questo libro, non ci vorrà molto.

Il primo che mi viene in mente è qualcosa che vi dico principalmente per coerenza, perché lo dico sempre di ogni romanzo che fa la stessa cosa, ovvero che i capitoli sono narrati sempre con la focalizzazione interna di un personaggio e la protagonista, Elodie, ne copre il 90%, mentre di tanto in tanto spunta fuori un nuovo pov quando alla voce narrante serve dare qualche informazione che sfugge alla conoscenza della protagonista. Su questo punto torniamo dopo e vi spiego perché, per quanto oggettivamente io ve lo debba dire, questa volte mi ha dato molto meno fastidio di altre.

Il secondo e ultimo è che di tanto in tanto il mondo primario si intrufola nel worldbuilding facendo incrinare leggermente la sospensione dell’incredulità. Abbiamo modi di dire che fanno riferimento a un monoteismo verosimilmente assimilabile al cristianesimo e a quanto pare in questo mondo fantastico inventato si studia il latino. Basta. Difetti finiti, ora vi dico tuuuuutto quello che mi è piaciuto, preparate qualcosa da bere, perché questa parte, invece, è più ampia.

Cominciamo dall’inizio: la struttura del romanzo esula moltissimo da quella dei libri per lo stesso target di questo periodo. Infatti, mi sono accorta solo il giorno dopo aver concluso la lettura e averci dormito sopra che in Damsel non c’è romance. Non c’è per niente, anzi, si apre con un matrimonio che però è combinato e avrà conseguenze disastrose. È proprio da qui che è scaturito il mio interesse, perché quando la storia comincia apparentemente va tutto bene, queste nozze sembrano essere la soluzione a tutti i problemi della protagonista, una ragazza nobile solo formalmente perché regna su un territorio poco fertile in cui anche lei deve faticare ogni giorno per sopravvivere assieme al suo popolo. Il matrimonio con il principe Henry le porterebbe una ricchezza tale da poter facilitare la vita della sua gente e risolvere molti dei problemi del suo regno e non sarebbe esclusivamente un’unione di convenienza, dato che lui le piace, sembra l’uomo dei suoi sogni ed è gentile e galante. Apparentemente tutto va bene ed è questo il punto: sta andando tutto talmente bene che a un certo punto deve esserci la fregatura. La sensazione a questo punto è simile a quando si guarda un horror in cui tutti sorridono felici e contenti, ma la consapevolezza di stare guardando uno splatter fa aumentare l’angoscia perché si sa che da un momento all’altro tutto degenererà. 

Infatti, Elodie è un po’ come una moderna Teseo, dato che a sua insaputa la sua vita dovrebbe essere sacrificata a quella di un drago che vive dentro un labirinto nel cuore della montagna e che consente al regno di Aurea di prosperare. Elodie è tantissimi archetipi classici in una volta sola e contemporaneamente non è nessuno: è la dimostrazione che nelle rappresentazioni del passato non è tutto da buttare, ma c’è anche tantissimo da aggiornare e attualizzare, ma quei modelli sono un innegabile punto di partenza. Elodie è Teseo nel labirinto, è Arianna che sa come uscirne, è Raperonzolo intrappolata nella torre, è la Sirenetta che deve immolarsi per il bene altrui ed è Biancaneve che parla con gli animali, ma di questi personaggi classici e immortali, iconici al punto da essere diventati stereotipi, lei ha solo delle piccole parti che messe tutte assieme la rendono unica e le consentono di compiere un viaggio interiore molto diverso da tutti gli altri archi di formazione. È qui il cuore della storia, quello di cui mi sono innamorata e che mi ha fatto piangere: non ci sono principi che verranno a salvarla e nemmeno sarà lei a salvarsi da sola. Tirarla fuori da lì sarà uno sforzo comune, suo indubbiamente, ma anche di sua sorella, di una ragazzina con la quale è stata gentile, della sua matrigna che, sì, è un po’ emotivamente stitica, ma ama lei e sua sorella come se le avesse partorite personalmente e si discosta anche lei dall’archetipo della matrigna fiabesca che riduce a serva la figliastra. Nonostante io non sia né madre né matrigna, il suo è stato il personaggio per il quale ho provato più empatia e anche se in proporzione compare pochissimo, è riuscita nell’impresa di farmi versare qualche lacrima. La strada per l’emancipazione di Elodie, sia dal labirinto che nella sua vita, passa partendo dai tasselli che hanno già messo le altre prima di lei, le donne sacrificate al drago che le hanno lasciato indizi su come sopravvivere, su come sia costruito il labirinto e quali siano le zone sicure. La sopravvivenza di Elodie è possibile grazie al sangue innocente delle sue sorelle versato prima di lei. Credetemi, mi si stanno bagnando gli occhi anche mentre scrivo queste righe. Tutto ciò implica che lei non sia una protagonista overpowered. Sicuramente ha tantissime capacità che dipendono dall’educazione che ha ricevuto, ma questa consiste più che altro nell’aver trascorso la vita all’aria aperta a lavorare nei campi che nell’avere capacità specifiche tipiche dell’eroina young adult come il combattimento o poteri magici che la rendono la prescelta. Elodie è solo fortunata nella sua sfortuna perché ha una rete di sicurezza sociale abbastanza solida e troppe donne prima di lei sono morte per concederle di sopravvivere. I. Brividi. 

E poi c’è il drago. Il mostro. Insomma, io ormai quando leggo un libro penso “is this a critica al capitalismo?”  e me lo sono domandata anche in questo caso. Il drago, come Elodie, rappresenta tutte le cose che questo archetipo ha sempre rappresentato in letteratura e al tempo stesso nessuna di loro: rappresenta la cupidigia, ma quella altrui, non la propria. Rappresenta la fortuna e la protezione, ma non le proprie. La verità è che il drago non è il cattivo, il drago è soltanto il mezzo che i potenti usano per mantenere il loro privilegio basato sul sacrificio di sangue innocente. Il drago non è il vero cattivo della storia: è solo incompreso. Il drago è la rabbia di chi si vede strappare la propria terra, di chi viene ricacciato indietro dall’invasore e viene solo usato come un tramite per ottenere uno scopo. Il drago è la rabbia e la rabbia è un sentimento ingiustamente demonizzato: la rabbia va bene quando è correttamente indirizzata e non si può sovvertire uno status quo che opprime chi è debole senza - giustamente - arrabbiarsi. Elodie stessa deve imparare a tirare fuori e indirizzare questa emozione che per lei sarà di enorme crescita e fortemente funzionale per capire che spesso nella sua vita ha interpretato troppe cose in modo assolutistico senza coglierne le complessità.

Ho amato Damsel perché è un libro diverso. L’assenza di romance non ha tolto emotività: al contrario, ha aggiunto pathos e ha consentito di creare una storia davvero incentrata sul femminile, sulle sue sfumature e sul potere della vera sorellanza. La storia raccontata in Damsel punta a unire senza retorica o frasi fatte, senza porre due fazioni a scontrarsi quanto le persone coinvolte a venirsi in contro e comprendersi. È questo che mi aspetto dalla narrativa: voglio meno libri fatti con lo stampo e più storie intelligenti e innovative come quella raccontata in questo splendido romanzo che mi resterà nel cuore molto a lungo. 

Differenze tra libro e film

Qualche giorno dopo aver concluso di scrivere la prima bozza di questa recensione, ho deciso di guardare il film su Netflix. Ebbene, sto per dire una frase fatta: preferisco il libro. Lo so, lo so, lo si dice sempre, ma nonostante la trama sia grossomodo la stessa, il romanzo è ovviamente più approfondito su tantissime questioni perché ha più spazio. 

La prima differenza che mi è saltata all’occhio è il rapporto tra le donne della storia. Come ho detto nel corpo della recensione, questo non è un libro su una donna che si salva da sola, ma su tante donne che si salvano a vicenda ponendo le basi affinché le successive possano arrivare ancora più lontano. Tutto ciò, nel film è molto sullo sfondo e se non avessi letto prima il romanzo probabilmente non lo avrei capito. Infatti, il loro aiutarsi vicendevolmente nel film si limita a un disegno di una mappa, mentre nel libro è qualcosa di molto più ampio, internamente ed esternamente al labirinto. Evelyn Skye utilizza un espediente tramite il quale Elodie riesce a conoscere i ricordi di coloro che l’hanno preceduta, che consiste nel toccare il loro sangue e conoscere quello che è successo nelle loro vite, i loro flussi di coscienza e spesso il modo in cui sono morte, esattamente tutto ciò che le è utile per sopravvivere. Questo su Netflix va completamente perso, si limita a qualche sogno premonitore che potrebbe tranquillamente essere un’allucinazione da fame, sete o mancanza di sonno, più che un reale espediente integrato in un sistema magico organico. 

La solidarietà femminile nel libro è mostrata in tantissimi alti modi, anche nel cambio di punti di vista che ho messo in apertura di recensione come difetto, ma oggettivamente parlando è ottimo come espediente per mostrare che anche le altre donne presenti abbiano dilemmi interiori e si sforzino per aiutare Elodie, per quanto poi il grosso dell’azione si concentri all’interno del labirinto. I vari pov sono quelli delle altre principesse sacrificate, della sorella di Elodie, della sua matrigna e anche della regina, e tutti loro sono funzionali a comprendere meglio le psicologie di tutte le personagge presenti, le loro motivazioni e a non metterle semplicemente sullo sfondo rispetto alla protagonista, come invece accade nel film.

La seconda grande differenza sono gli uomini della storia. L’unico che resta invariato è il padre, mentre gli altri sono molto diversi. Il principe, ad esempio, è molto diverso non tanto nei due incipit, quanto nei due finali, perché ha reazioni completamente diverse e rappresenta modelli maschili quasi agli antipodi. Non posso dirvi di più per non farvi spoiler, prendetela così e se volete ne parliamo in privato su Instagram. Il re, invece, nel film è stato completamente eliminato, è la regina a tendere tutte le fila, anche se nel libro le cose sono molto più complesse e intrecciate di così. I nobili rappresentano la parte privilegiata della società che è disposta a sacrificare innocenti per mantenere lo status quo, questo resta uguale nel libro e nel film, cambiano proprio le motivazioni e le psicologie dei personaggi e per quanto questo possa sembrare marginale, in realtà nella cifra totale fa una grande differenza, perché c’è divario tra chi commette azioni malvagie e chi invece potendole impedire non lo fa.

Ultima importante diversità è proprio il drago e in come viene gestito. Evelyn Skye deve avere avuto molta libertà artistica nella costruzione del romanzo, perché nonostante questo parta dalla sceneggiatura del film, lei gestisce delle cose in modo molto diverso e più efficacemente. Il drago, che nel film viene un po’ buttato in caciara, qui parla proprio un’altra lingua che Elodie deve studiare e decostruire per poterla comprendere e così facendo entra in empatia con la creatura in modo graduale e credibile, mentre tutto ciò nel film, per legittime questioni di tempo, avviene in modo molto più repentino e frettoloso in chiusura.

Come ho già detto, io ho preferito il libro, ma nonostante questo e la differenza nel significato finale che ho percepito, il film non è brutto e si guarda volentieri.

Damsel è quello che mi aspetto dalla narrativa fantastica, non trame trite e ritrite, ma messaggi forti senza retorica ed emotivamente toccanti. 

1 commento:

  1. questa cosa della solidarietà femminile è bellissima! mi hai incuriosita tantissimo, cercherò il libro 🥰

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