mercoledì 26 marzo 2025

Ortica

  • Titolo: Ortica
  • Titolo originale: Nettle
  • Autrice: Bex Hogan
  • Traduttrice: Chiara Beltrami
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9791223200520
  • Casa editrice: Giunti
Trama 


In un regno fatato, una ragazza sfiderà creature potenti per salvare chi ama. Ortica non è una ragazza come le altre; da piccola è stata trovata in un cespuglio di ortiche, alle cui punture sembra immune. La donna che l'ha cresciuta e amata, e che lei chiama nonna, ora è malata. Per salvarla, Ortica si dichiara pronta a fare «qualsiasi cosa», incluso chiedere aiuto al capriccioso re delle fate, Locryn, che si dichiara disposto ad aiutarla se lei riuscirà a portare a termine tre incarichi apparentemente impossibili. È un'impresa che porterà Ortica a incontrare nuovi amici, un vero amore e grandi pericoli, perché là dove regna la magia nulla è come sembra.

Recensione e commento



Può accadere che il genere di libri a cui Ortica appartiene sfoci nel trito e nel prevedibile in modo scontato invece che rassicurante. Non mi sento di dire questo del romanzo in questione, perché per quanto il punto di arrivo della trama fosse abbastanza comprensibile fin dall’inizio, Ortica riesce in molte cose dove molti altri sbagliano.

Prima di tutto il numero di pagine: può sembrare una cosa di poco conto, ma in realtà il ridotto numero di pagine indica che la storia non è stata tirata per le lunge dove non ce n’era bisogno. Infatti, in questa fiaba moderna ci vengono presentati gli elementi della trama in modo stringato senza che vi sia mai il bisogno di dilungarsi in spiegazioni. Questo modo di sintetizzare senza banalizzare viene adoperato anche nelle dinamiche, che si inanellano una nell’altra in modo molto fluido e riescono a raccontare anche lassi di tempo relativamente lunghi in poche righe. Il tutto, messo assieme, riesce nell’intento di non annoiare mai e si ottiene una storia misurata che non fa mai il passo più lungo della gamba: Ortica fa esattamente quello che promette, senza cercare di essere di più, infilando tematiche che rischia di non trattare adeguatamente, come invece succede spesso a libri dello stesso tipo.

La solidità del romanzo è evidente anche nella costruzione dei personaggi, specialmente in quella della protagonista che, una volta tanto, è davvero sveglia e capace. Ortica chiede sì aiuto a un cast di altri personaggi ma mette sempre assieme da sola gli indizi senza che le vengano forniti. E a questo proposito, la quest è una delle più credibili che abbia mai letto, perché è fatta di lunghi tentativi infruttuosi prima che venga trovata una quadra e, come sappiamo sin dai tempi del Mago di Oz, lei aveva già con sé tutto ciò che le serviva.

È interessante vedere come alcuni degli elementi delle fiabe classiche siano presenti ma rivisitati. Ortica, infatti, ha il compito di creare un indumento fatto con la pianta di cui porta il nome, ma a differenza della fiaba dei cigni selvatici, lei non viene ferita dalle ortiche, anzi, è immune alle loro punture. Anche la protagonista stessa, che dapprima cerca una soluzione per salvare una vita che non è la sua, deve trovare un equilibrio per aiutare il prossimo senza sacrificarsi, trovando la propria strada senza annullarsi mai per nessuno. E in effetti, il finale stesso è misurato quanto il resto della storia, perché si tratta di una crescita per certi versi dolorosa, ma mai fatta di rinunce: l’accettazione di sé può essere un processo crudele, ma il risultato regalerà la serenità. 

Ortica è un libro coccola che è arrivato per me in un momento perfetto. Non è una storia grandiosa che racconta di imprese epiche in modo teatrale, ma un racconto molto individuale e personale. È un commovente ritorno a casa e un delicato romanzo sulla crescita e sullo spiegare le proprie ali ed è stata proprio la sua morigeratezza a emozionarmi. Se desiderate immergervi in una storia fatata dal ritmo incalzante che non faccia scivoloni e che vi accompagni in un periodo di sovraccarico mentale, la gentilezza di Ortica potrebbe fare al caso vostro.

mercoledì 19 marzo 2025

Gli Immortali di Meluha

  • Titolo: Gli Immortali di Meluha
  • Titolo originale: The Immortals of Meluha
  • Autore: Amish Tripathi
  • Traduzione: Maxidia Srl
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834746417
  • Casa editrice: Fanucci
Trama 


1900 a.C. L’area che gli indiani moderni associano erroneamente alla civiltà della valle dell’Indo, per gli abitanti di quell’epoca era la terra di Meluha, un regno quasi perfetto creato molti secoli prima dal signore Ram, uno dei più grandi re mai esistiti. Ma quell’impero, un tempo fiero e rigoglioso, e i suoi governatori suryavanshi furono costretti ad affrontare gravi pericoli poiché il loro fiume principale, il venerato Saraswati, si stava lentamente prosciugando. Non solo: erano costantemente sotto attacco a causa delle continue incursioni armate provenienti dalla terra dei chandravanshi, a est. L’unica speranza risiedeva in un’antica leggenda: “Quando il male raggiunge proporzioni epiche, quando sembra che tutto sia perduto e che i tuoi nemici abbiano trionfato, un eroe emergerà dalle tenebre.” Era il rozzo tibetano Shiva l’eroe di cui parlavano le leggende? Voleva davvero esserlo? Travolto da un destino improvviso, dal senso del dovere e dall’amore, avrebbe guidato la vendetta dei suryavanshi e distrutto il male? Un romanzo avventuroso che si basa sulla leggenda che ruota intorno al mito di Shiva, una lotta senza scrupoli tra bene e male sia nella profondità dell’anima che sul campo di battaglia.

Recensione e commento


In questi anni sto cercando di ampliare i miei orizzonti come lettrice e di non focalizzarmi solo sulla letteratura occidentale. Quando Fanucci editore mi ha proposto la lettura di Gli Immortali di Meluha ho subito colto l’occasione con entusiasmo e curiosità.

Ebbene, le mie aspettative sono state solo parzialmente rispettate perché, sebbene io abbia compreso gli intendi di Amish, non sempre, a mio avviso, è riuscito a portarli a compimento con efficacia. Questo accade principalmente perché non mi è stato ben chiaro il pubblico di riferimento: se il lettorato a cui si rivolge principalmente è quello indiano, allora ci sono troppe spiegazioni di fenomeni culturali a cui quella società è già abituata perché ci vive immersa, come il sistema castale e altre dinamiche religiose che conosce perché le vive quotidianamente; se il lettorato è quello occidentale, allora il tipo di narrazione non è adatto a raggiungere il pubblico di riferimento perché alcune strutture narrative sono un po’ superate, prima fra tutte quella dell’eroe che supera gli ostacoli senza alcuna difficoltà. Raccontare una storia epica con una figura mitologica che è diventata una divinità sicuramente non è semplice, il mio problema come lettrice non è stato tanto nella storia in sé, che ha tutti gli elementi che servono per essere memorabile, quanto nella mancanza di conflitto interno al personaggio. Infatti, la trama è legittimamente incentrata su intrighi politici e smottamenti sociali da risolvere, eppure, Shiva vacilla raramente. Certo, a parole rinnega spesso di essere un messia con la verità in tasca, ma nei fatti non sbaglia un colpo e tutto quello che tocca diventa oro, ha sempre delle idee che salvano la vita a chi in quel momento è in difficoltà anche quando qualcun altro avrebbe potuto arrivarci prima di lui. E in effetti, tenendo conto di tutto questo, immagino che sia proprio lo stile di scrittura il problema principale, più che la storia in sé, non tanto perché manca di immersività, dal momento che ho letto moltissimi libri bellissimi che non hanno uno stile di scrittura immersivo, quanto proprio per la caratterizzazione dei personaggi che è eccessivamente dicotomica per essere credibile.

Un altro problema che ho riscontrato è quello degli anacronismi, che anche in questo caso è ricollegabile a quello della confusione del pubblico di riferimento. Ci sono troppe spiegazioni scientificamente accuratissime che non possono essere credibili in un romanzo storico ambientato nel 1900 a.C., anche nel contesto della letteratura fantasy ci sono dei limiti alla sospensione dell’incredulità. Infatti, si parla di lunghezze d’onda, di ossidazione delle cellule e di tossine, tutti argomenti che, a spanne, sono stati studiati per secoli ma che hanno sicuramente avuto una chiusura almeno tre o quattromila anni dopo. Nei momenti in cui si discuteva dell’esistenza di un gas chiamato ossigeno o della natura dei colori, che esistono perché un oggetto respinge solo determinate lunghezze d’onda, la sospensione dell’incredulità veniva completamente meno perché è il contesto storico a far sì che sia così.

A parte quest criticità, il romanzo in sé è abbastanza scorrevole, si legge in poco tempo anche perché non ci sono particolari fasi di stop in cui ci si potrebbe piantare, anche perché sono appunto gli eventi che si susseguono, tra alleanze, attacchi terroristici e complotti, a essere la parte interessante. Ho molto apprezzato anche le numerose critiche che l’autore muove verso il suo Paese, specialmente per quanto riguarda la misoginia. Infatti, si scaglia apertamente, anche nelle note alla fine, contro chi sostiene che la violenza di genere abbia un’origine riconducibile al periodo di cui lui scrive e spiega che questo sia un falso storico da combattere. Nel romanzo inserisce numerose donne in posizione di potere e/o istruite ai massimi livelli nella propria professione e non esita nemmeno a definire la violenza sessuale come una pratica abominevole che deve essere arginata al più presto. Potrebbe sembrare scontato, ma non lo è, dato che il tasso di stupri in India è allarmante, e si parla solo di quelli denunciati, per cui è encomiabile che un autore che ha raggiunto un pubblico tanto vasto abbia utilizzato il suo potere mediatico per denunciare un fenomeno che nella sua società viene criminalizzato ancor meno che nella nostra.

Concludendo, Gli Immortali di Meluha è un libro un po’ confuso per quanto riguarda i suoi intenti, ma che presenta degli aspetti interessanti che però non sono sufficienti a farne più che un libro di puro intrattenimento. È una piacevole lettura domenicale che magari vi aiuterà a scoprire qualcosa della cultura indiana e della sua Storia

mercoledì 12 marzo 2025

Il Mondo di Roccanon

  • Titolo: Il Mondo di Roccanon
  • Titolo originale: Roccanon’s World
  • Autrice: Ursula K. Le Guin
  • Traduttore: Riccardo Valla
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804762836
  • Casa editrice: Mondadori 
Trama

Ai confini della Galassia c'è un mondo abitato da tre razze umanoidi: gli Gdemiar, cioè il Popolo d'Argilla, che vivono sottoterra; gli eterei Fiia amanti della luce; e infine i Liuar, dei clan guerrieri che hanno istituito una sorta di società feudale. L'etnologo terrestre Rocannon, in una missione di studio per conto della Lega di Tutti i Mondi, raggiunge quel pianeta, dove anche i ribelli alla Lega hanno una propria base. Questi riescono a distruggere l'astronave dello scienziato e a ucciderne i compagni. Rimasto solo e senza possibilità di ritorno, Rocannon inizia un lungo cammino che lo porterà dove non avrebbe mai immaginato: nel cuore della leggenda. Primo libro del ciclo dell'Ecumene, Il mondo di Rocannon (1966) inserisce elementi tipici della fantascienza in uno scenario da Età del Bronzo eroica, dando vita a un mondo nel quale astronavi ultraluce si affiancano a destrieri del vento e il mantello dell'invisibilità diventa una tuta ipertecnologica. Un universo di meraviglia ispirato alla mitologia nordica, che nasconde una profonda riflessione sull'antropocentrismo e su cosa sia "l'altro".


Recensione e commento

Nonostante Il Mondo di Roccanon sia al momento il libro i Ursula K. Le Guin a essermi piaciuto meno (e questo la dice lunga) costituisce comunque un punto di partenza importante per cominciare a destreggiarsi nella produzione fantascientifica dell’autrice. 

Infatti, per quanto Le Guin abbia rinnegato questa definizione, questo romanzo è considerato il primo del ciclo dell’Ecuneme, ovvero una serie di romanzi che non sono, o almeno non sempre, collegati tra di loro, ma che sono ambientati nello stesso universo, quello della Lega di tutti i Mondi, la quale raccoglie sotto di sé tutti i pianeti in cui esiste l’umanità.

Si tratta del primo e si sente, a mio avviso, soprattutto perché in realtà segue moltissimi dei canoni del fantasy classico, soprattutto nel viaggio dell’eroe che viene trattato nel modo abbastanza tipico dell’ high fantasy. Infatti, per quanto la trama prenda piede su un pianeta sconosciuto, il protagonista, Roccanon appunto, incarna il trope del white saviour, e attorno a lui, eroe rimasto il solo della sua specie su un pianeta straniero, nascono miti e leggende da tramandare per generazioni. In linea con questo concetto, la prosa è epica, altisonante, risuonante e l’attrezzatura fantascientifica tecnologicamente avanzata si mescola a manufatti magici la cui origine si perde nel tempo.

Inoltre, anche elementi tipici del fantamedioevo, sotto certi aspetti, vengono mantenuti: sul pianeta senza nome sono presenti varie specie umanoidi con vari gradi di intelligenza che, sebbene in modo non esplicito, potrebbero fare riferimento a elfi e nani. Tutto ciò rende di fatto Il Mondo di Roccanon un romanzo fatto di commistioni di generi che tocca vari temi, dalla perdita, alla comprensione della diversità, alla redenzione. 

Sono curiosa di leggere nei seguiti, Il Pianeta dell’Esilio e La città delle Illusioni, dove porterà questa storia, nella speranza che anche i due romanzi successivi vengono ripubblicati nella stessa uniform edition che dà finalmente lustro anche nel nostro Paese a un’autrice tanto influente.


mercoledì 5 marzo 2025

Ritrovato e Perduto

  • Titolo: Ritrovato e Perduto
  • Titolo originale: The found and the lost
  • Autrice: Ursula K. Le Guin
  • Traduzione: Teresa Albanese, Pietro Anselmi
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804798514
  • Casa editrice: Mondadori

Trama

Popolazioni con misteriosi poteri magici in grado di plasmare il destino di intere civiltà. Realtà parallele nate nella notte dei tempi. Astronavi in preda al fanatismo religioso. Ritrovato e perduto è un viaggio attraverso mondi straordinari, dove la magia si intreccia con la scienza e l'umanità si rivela nei suoi lati più sorprendenti. Questo volume raccoglie i pluripremiati racconti lunghi (o novellas) di Ursula K. Le Guin, molti dei quali ambientati nei celebri universi da lei creati, quello di Terramare e quello dell'Ecumene. Ogni racconto è una finestra su una realtà nuova e unica: come Libellula, in cui una giovane donna, in nome del cambiamento e della libertà, sfida regole e pregiudizi tentando di entrare nella Grande Casa di Roke, tradizionalmente riservata agli uomini; o Herne, un testo lirico e malinconico che si concentra sulla memoria, le tradizioni e l'identità culturale di un popolo. O ancora Paradisi perduti, una narrazione di viaggio e scoperta, dove i personaggi, diretti verso un pianeta lontano, riflettono su ciò che significa trovare un luogo e chiamarlo casa. Tredici piccole gemme di un'autrice considerata una delle voci narrative più importanti del Novecento, non solo all'interno del genere fantastico e fantascientifico.


Recensione e commento



Non ho amato ogni singolo racconto o romanzo breve di questa raccolta, ma quelli che ho amato mi sono entrati indelebilmente dentro. Partiamo con ordine.

In quest’antologia si spazia tantissimo con i generi di cui Le Guin ha scritto: ci sono racconti storici, altri allegorici, allucinatori e deliranti, altri ancora, invece, sono tratti dalle Leggende di Terramare, mentre altri sono parte del ciclo fantascientifico dell’Ecumene per concludere con storie e romanzi brevi che non sono parte di nessuna saga.

Ciò che più ho preferito della scrittura di Le Guin, come sempre, è la capacità di approfondire e al tempo stesso esprimere i concetti con sintesi sconfinata. Ad esempio, in La Questione di Seggri avrebbe potuto essere molto più dicotomico se fosse stato scritto da un’altra penna, ma Le Guin è riuscita a trattare il ribaltamento dei ruoli di genere senza trasporre gli stereotipi di genere in modo simmetricamente invertito. Anzi, l’autrice riesce a raccontare di un mondo in cui il rapporto tra donne e uomini è di 16:1, per cui gli uomini sono rari, tenuti in gran conto per la riproduzione e per questo hanno tutti gli onori ma non tutti i privilegi. Non hanno libertà, dato che la libertà comporta scelte e responsabilità. Vengono chiusi in dei castelli in cui restano esclusivamente tra di loro fino al raggiungimento della maturità sessuale, ovvero il momento in cui sono venduti ai bordelli nella speranza di fecondare una donna e ricevere più soldi. In questo bellissimo racconto, in cui ci viene mostrata un’ambientazione approfondita con poche pennellate, e tramite il punto di vista individuale dei personaggi assistiamo a ciò che non è che l’inizio di una lotta che porterà alla parità tra i generi, un percorso lungo, faticoso e formato tappe da raggiungere nel corso dei secoli.

Alcuni racconti sono stati crudi e scioccanti, come Liberazione di una Donna, in cui viene affrontato il tema dello schiavismo e dell’ oppressione. Anche qui, i termini il tono sono tutto fuorché retorici: siamo a cavallo di una rivoluzione che, anche in questo caso, ci viene raccontata attraverso un punto di vista individuale. Infatti, tutto il contesto precedente al sovvertimento dello status quo è presentato tramite gli occhi dell’allora inconsapevole protagonista, nata schiava ma che tra le schiave è privilegiata poiché il suo aspetto canonicamente attraente le risparmia il lavoro pesante e la rende animaletto domestico della nobiltà. Grazie al suo flusso di coscienza magistralmente descritto ci rendiamo conto di quanto sia sbagliato quello che vive ogni giorno nella sua vita fatta di abusi che lei non percepisce come tali perché è talmente immersa in un mondo abituato allo schiavismo da non vederci nulla di male. La rivoluzione porta sì la consapevolezza, ma anche il dolore di perdere quel poco di privilegio che si aveva, quel briciolo di sicurezza e agio non tanto materialmente parlando, quanto in termini di vita conosciuta. Smettere di essere schiava e prendersi la propria libertà non è semplice perché non basta aprire le porte della gabbia per poter scappare: sopravvivere consiste nell’accontentarsi di essere oggetti, ma vivere davvero comporta un grado di sforzo difficile da accettare per l’intera fetta di popolazione che è stata assoggettata per generazioni. 

Le Guin non è mai banale nemmeno quanto scrive romanzi brevi su argomenti apparentemente abusati. Esistono, infatti, moltissime altre storie che raccontano di un seme di umanità che si chiude in una navicella spaziale in viaggio per secoli in attesa di approdare su un nuovo pianeta da abitare. Eppure, come sempre, il suo punto di vista mi ha stupita e ha mostrato lati della psiche umana che non avevo preso in considerazione. Paradisi perduti ci racconta di un’umanità che ha imparato a considerare il viaggio stesso lo scopo della sua esistenza, molto più della destinazione. È un romanzo sull’interrogarsi. In questa storia, la navicella spaziale su cui abitano gli umani è diventata il mondo intero, al punto che gli abitanti si domandano quanto abbia senso per loro portare a termine un viaggio che è stato pensato e programmato cinque generazioni prima. L’umanità che abita la Discovery comincia a considerare il viaggio l’essenza stessa dell’esistenza, che ha importanza inquanto tale, a prescindere dalla destinazione. Parla di un’umanità diversissima da quella che è coraggiosamente partita dalla Terra e che ha ormai paura di rischiare. La nuova sfida è reimparare ad avere a che fare con pericoli, incognite e dissensi, oltre al trovare la risposta di quale sia il senso della propria vita: se sia il viaggio un viaggio senza meta o la destinazione per cui tale viaggio è stato intrapreso. Questa è stata decisamente la storia che mi è piaciuta di più di tutta la raccolta e mentre ne scrivo ho già voglia di rileggerla. 

Se avrete la pazienza di aspettare, oppure deciderete di saltare i racconti che non vi convincono, poiché in una raccolta di tredici storie non tutte possono fare al caso vostro, troverete sicuramente qualcosa nelle vostre corde: la penna di Le Guin spazia in registri e generi al punto che Ritrovato e Perduto costituisce un catalogo delle sue abilità e saprà indirizzarvi verso le opere della sua produzione che vanno bene per voi.

The Spell Shop

Titolo: The Spell Shop Titolo originale: The Spell Shop Autrice: Sarah Beth Durst Traduttrice: Bendetta Gallo Lingua originale: inglese C...