mercoledì 3 dicembre 2025

Katabasis

  • Titolo: Katabasis
  • Titolo originale: Katabasis
  • Autrice: R.F. Kuang
  • Traduttrice: Giovanna Scocchera
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804800101
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Alice Law ha sempre avuto un solo obiettivo: diventare una delle menti più brillanti nel campo della magia. Per realizzarlo ha sacrificato molto: l'orgoglio, la salute, l'amore e, soprattutto, la sua salute mentale. Tutto per lavorare a Cambridge con il professor Jacob Grimes, il più grande mago del mondo. Ma poi il professore muore in un incidente magico di cui lei è forse l'unica responsabile. Ora Grimes è all'Inferno e Alice si mette sulle sue tracce: una lettera di referenze di Grimes, infatti, è decisiva per il suo futuro accademico, e neanche la morte potrà costringerla a rinunciare ai propri sogni. Peccato che anche il suo rivale negli studi, Peter Murdoch, abbia avuto la stessa idea. Con i racconti di Orfeo e Dante a far loro da guida, una scorta di gessetti con cui tracciare i pentacoli degli incantesimi, e desiderosi di dare un senso al loro traumatico percorso accademico, Alice e Peter partono alla volta degli Inferi con un'unica missione: salvare un uomo che nemmeno amano. Ma l'Inferno non è come quello raccontato nei libri, la magia non è sempre la risposta a tutti i problemi, e c'è qualcosa nel passato di Alice e Peter che potrebbe trasformarli in alleati perfetti... oppure portarli alla rovina.

Recensione e commento


Che la si ami o la si odi, Rebecca Kuang si è sempre distinta nel mercato editoriale per essere un’autrice che mai è scesa a compromessi per coccolare il suo lettorato: andando completamente in controtendenza in un mondo governato dal fanservice, lei ha sempre cercato di scrivere i libri che voleva, più che quelli che pensava le venissero richiesti.

Katabasis si discosta parecchio rispetto a quanto detto qua sopra, perché per quanto non sia un romanzo intrinsecamente brutto, è anche vero che manca della stessa sfacciataggine e della stessa rabbia bruciante di Yellowface o della trilogia della Guerra dei Papaveri, dando vita a un risultato abbastanza nella media, per quanto oggettivamente non al di sotto di essa. La critica al mondo accademico è legittima e ben fatta, ci sono fatti agghiaccianti calati nella vita della protagonista che conosciamo attraverso i suoi lunghi flussi di coscienza, scopriamo lentamente quanto la sua mente sia stata plagiata da un professore narcisista che per saziare la sua sete di potere spostava gradualmente l’asticella della sopportazione di lei sempre più in là. Eppure, è tutto estremamente didascalico, non viene lasciato posto per l’interpretazione personale dei fatti, il messaggio a cui dobbiamo arrivare ci viene imboccato in modo fin troppo insistente, anche dove non c’è bisogno.

La catabasi della protagonista è anche una catarsi perché il suo viaggio negli inferi è funzionale anche alla sua crescita personale, con cui arriva a comprendere di non essere sempre e soltanto artefice del suo destino, ma anche, occasionalmente, vittima e carnefice. L’ambientazione che l’autrice sceglie di mettere in scena per questo viaggio ultraterreno è interessante ma si perde numerose buone occasioni: dovrebbe trattarsi di una sorta di deserto ibridato con i luoghi dell’università di Cambridge, ma l’ambientazione perde completamente d’importanza in certi punti del romanzo, così come il sistema magico, interessantissimo perché basato sulla matematica dei paradossi e sulla sua geometria, viene totalmente meno in molte parti, rendendo in troppe situazioni l’inferno un luogo noioso, più che terrificante. Inoltre, dichiaratamente, l’inferno (che poi non è un inferno, ma un oltretomba perché è un luogo di passaggio ed espiazione, non di dannazione eterna) dovrebbe rifarsi alla tradizione cristiana soltanto in parte, perché vorrebbe richiamare anche le leggende asiatiche, quelle greche e nordafricane dell’età del ferro e così via, solo che questo miscuglio culturale a cui si ambiva non si vede mai e troppo spesso sfocia in una forzata citazione del sommo poeta che nel nostro Paese abbiamo in mente così chiara che il paragone non può che farla uscire perdente, anche soltanto prendendo in considerazione le immagini terrificanti create da Dante paragonate al ritmo altalenante messo in scena da Kuang.

Tuttavia, il messaggio di fondo che il romanzo vuole lasciare è molto bello: vivi, perché sei ancora su questa terra e non conta solo la tua mente. Ti preoccuperai di essere solo anima quando sarai solo anima, ma finché hai un corpo ha importanza anche quello e non devi maltrattarlo dimenticando di mangiare o smettendo di prendertene cura, perché le esperienze sensoriali hanno importanza quanto quelle mentali. Inoltre, il prezzo da pagare per compiere un viaggio all’inferno prima del momento della propria morte è quello di rinunciare a metà del tempo che rimane della propria vita, ma mentre leggiamo ci rendiamo conto che la protagonista, Alice, come la bambina a cui Lewis Carroll fa compiere un viaggio dentro la tana di un coniglio, e Peter, come il ragazzino che non voleva crescere e viveva in un luogo che non esiste, hanno già rinunciato a metà delle loro vite, non uscendo mai dai loro laboratori, non facendo niente per arricchire le proprie esistenze in altro modo se non studiando fino allo sfinimento perché considerano che la loro vita inizi e finisca con il mondo accademico. Loro hanno già vissuto in vita quello che dovrebbero sperimentare all’inferno e ciò agisce da monito più di tutto il resto (questo messaggio è veicolato piuttosto efficacemente dal libro Vita Nostra, altrettanto feroce nei confronti dei percorsi forzati della scuola e della mancanza di cura della persona nella sua interezza a cui ci si costringe per ottenere dei risultati accademici).

Al di là di questo, non sono stata una grande fan del loro rapporto. Sia chiaro, non sempre (anzi, quasi mai) Kuang scrive protagoniste simpatiche, il più dee volte sono volutamente delle persone opinabili che giustificano l’ingiustificabile, ma in questo caso si è trattato più che altro di una relazione non ben chiusa. I due sono rivali accademici, o almeno così hanno pensato a causa dell’ambiente competitivo che porta tutto all’estremo in cui erano immersi, ma non c’è mai un momento in cui si chiariscono e si chiedono scusa per ciò che si sono fatti a vicenda, nonostante le occasioni non siano mancate. Io personalmente stavo aspettando un momento di confronto, che però non arriva mai, su una cosa specifica successa nel passato, nonostante la tensione narrativa ci faccia pensare che si giungerà a un punto in cui Alice e Peter dovranno parlarne, se vogliono risolvere la cosa. Anche il finale, per quanto sia narrativamente abbastanza sensato, non si caratterizza di quel coraggio tipico della scrittura di Rebecca Kuang, che ha sempre mantenuto ferree le regole del worldbuilding anche per la protagonista, che mai e poi mai è stata, fino a questo momento, provvista di plot armour. Un’altra precisazione, ma questa non è colpa di Kuang, è la gestione scorretta della consecutio temporum, in cui i congiuntivi latitano il 95% delle volte, quando al loro posto viene usato l’indicativo, elemento che purtroppo spezza la concentrazione spesso durante flussi di coscienza importanti. 

In conclusione, l’ultima fatica di Kuang non è un libro brutto, ma sicuramente manca dello sperimemtalismo a cui ha abituato il suo pubblico. Il messaggio di fondo viene un po’ smorzato dalla fiacchezza dell’ambientazione e delle dinamiche interpersonali, risultando quindi interessante ma con qualche occasione mancata.

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Katabasis

Titolo: Katabasis Titolo originale: Katabasis Autrice: R.F. Kuang Traduttrice: Giovanna Scocchera Lingua originale: inglese Codice ISBN: 978...