mercoledì 4 giugno 2025

Two Twisted Crowns

  • Titolo: Two Twisted Crowns
  • Titolo originale: Two Twisted Crowns
  • Autrice: Rachel Gillig
  • Traduttrice: Lucia Feoli
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788809979499
  • Casa editrice: Giunti
Trama


Nel capitolo conclusivo della dilogia, Elspeth deve affrontare il peso di ciò che ha fatto, mentre lei e Ravyn si imbarcano in una pericolosa missione per salvare il regno ormai in preda a un re tiranno e alla magia nera. Elspeth e Ravyn hanno raccolto la maggior parte delle dodici Carte della Provvidenza, ma l'ultima – e la più importante – resta da trovare: gli Ontani Gemelli. Per recuperarla prima del Solstizio e liberare il regno, dovranno attraversare l'oscura foresta avvolta dalla nebbia. L'unico che può guidarli è il mostro che abita la mente di Elspeth, l'Incubo, ma lui non sembra più disposto a collaborare…

Recensione e commento

Il verbo “spremere” è spesso utilizzato con accezione negativa. “Mi ha spremuto come un limone” si dice quando una situazione ci prosciuga le energie. Eppure, la spremitura di un frutto di per sé non serve a prosciugarlo, ma a trasformarlo in qualcosa di diverso, spesso di più raffinato ed evoluto e ciò vale sia per la spremuta d’arancia, sia per la spremitura dell’uva per fare il vino. 

In questo senso, Two Twisted Crowns non è stato spremuto. È rimasto un acino d’uva, potenzialmente brunello di Montalcino ma mai diventato tale. E la colpa di ciò non è esclusivamente di Rachel Gilling, che visibilmente mancava dell’esperienza necessaria per fare di meglio, ma anche di tutto lo staff che non l’ha adeguatamente accompagnata nella stesura di un romanzo che si accontenta di essere ciò che è e non di ciò che potrebbe essere.

Perché non è possibile che un* editor professionista non abbia colto tutte le contraddizioni che sin dalle primissime pagine si susseguono: flussi di coscienza di personaggi che credono, come nel più classico bipensiero orwelliano, che due cose contraddittorie possano essere contemporaneamente vere. Delle figure professionali avrebbero dovuto accorgersi che troppe volte le dinamiche delle scene non sono chiare, rimangono aleatorie e poco verosimili e spaziano dalle scene di combattimento in cui i persinaggi si feriscono in modi non identificabili, a scene che dovrebbero essere un po’ sensuali ma che inevitabilmente rompono il patto di veridizione quando un personaggio si sfila gli stivali dai piedi soltanto dopo essere già rimasto in biancheria intima. 

A Two Twisted Crowns mancano direzione e chiarezza di intenti e ciò è palese sin dall’inizio, perché se in One Dark Window la voce narrante corrispondeva al punto di vista di Elspeth, qui assistiamo a una sterzata improvvisa e vediamo un’alternaza di pov tra Ravyn, Elspeth ed Elm. Quest’ultimo è unicamente incentrato sulle paturnie amorose di Elm verso il suo interesse amoroso, mancando completamente il punto della narrazione: ci sarebbe una maledizione da spezzare, in teoria, ma questi due pensano solo ad accoppiarsi. I capitoli a loro dedicati sono quelli che occupano più spazio, eppure sono anche quelli meno interessanti perché non raccontano nulla che sia funzionale alla trama. Oltre a questo, a mio avviso la cosa più grave in assoluto è che il sistema magico venga costantemente piegato alle esigenze di trama. È un continuo fare eccezioni per l’uno o per l’altra che dovrebbero subire determinati effetti della magia ma questo non succede mai.  I motivi non ci sono dati sapere, ma è chiaro che tutto è funzionale a mantenere intatta l’impenetrabile plot armour del cast.

Allo stesso modo, non si contano nemmeno gli dei ex machina, in particolare, la quest che gli altri personaggi affrontano, quelli che non sono in balia dei propri ormoni, è totalmente senza senso: il risultato che si ottiene è lo stesso che si sarebbe ottenuto comunque, anche senza di essa, la qual cosa mi è sembrata una mancanza di rispetto nei confronti del tempo che ho speso per arrivare alla fine e scoprire che è stata tutta una presa in giro. Inoltre, la struttura stessa quella quest non tiene perché le tempistiche sono gestite male: per andare da A a B si impiega circa tre giorni, mentre da B ad A basta una mezza giornata. Di nuovo: ma l’editor?

Ennesimo vorrei ma non posso è tutta la parte dedicata a Elspeth, persa nella propria mente. Mi duole dire che questa sia stata la peggiore occasione sprecata di tutto il romanzo, perché avrebbe potuto essere un viaggio dentro sé stessa, alla ricerca del proprio io mentre affrontava i suoi demoni, i traumi, le sue paure. E invece resta lì e incontra gente, mentre aspetta passivamente che le cose accadano. E in questo senso, anche l’Incubo, un personaggio interessantissimo nel primo libro, perde tantissima potenza, rivelandosi per niente di più che l’ennesimo deus ex machina con dei poteri francamente ridicoli e che non fanno nessuna paura. Tutto ciò che nel primo volume era interessante ma in fase embrionale, qui non trova né sviluppo né risposte, confermando che, con tutta probabilità, la trama non è stata concepita in modo organico nell’ottica dei due volumi. 

Mi intristisce il pensiero di ciò che questa dilogia avrebbe potuto essere e invece alla fine si è rivelata una doppia mancanza di rispetto sia verso l’autrice, che non è stata aiutata professionalmente, sia verso di noi, che ci stiamo abituando a storie sempre più scadenti.

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