- Titolo: Hunger Games - L’Alba sulla Mietitura
- Titolo originale: Sunrise on the Reaping
- Autrice: Suzanne Collins
- Traduttrice: Simona Brogli
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN:
- Casa editrice: Mondadori
All’alba dei cinquantesimi Hunger Games, i distretti di Panem sono in preda al panico. Quest’anno, infatti, per l’Edizione della Memoria, verrà sottratto alle famiglie un numero doppio di tributi rispetto al solito. Intanto, nel Distretto 12, Haymitch Abernathy cerca di non pensarci troppo, l’unica cosa che gli interessa è arrivare vivo a fine giornata e stare con la ragazza che ama. Quando viene chiamato il suo nome, però, il ragazzo vede infrangersi tutti i suoi sogni. Strappato alla sua famiglia e ai suoi affetti, viene portato a Capitol City con gli altri tre tributi del Distretto 12: una ragazza che per lui è quasi una sorella, un esperto in scommesse e la ragazza più presuntuosa della città. Non appena gli Hunger Games hanno inizio, Haymitch comprende che tutto è stato predisposto per farlo fallire. Eppure qualcosa in lui preme per combattere... e far sì che la lotta si estenda ben oltre l’arena
Recensione e commento
Un’intera generazione è stata segnata dall’uscita della trilogia di Hunger Games. Si è trattato di una dirompente novità nel panorama ya di quel periodo che ha portato al risveglio politico di molte adolescenti in un momento cruciale della loro formazione.
Ho letto e amato quella serie proprio in quegli anni, quando era un fenomeno pop al suo apice, per cui capirete la trepidazione mista ad ansia con cui mi approcciai a La Ballata dell’usignolo e del serpente, pubblicato quando ormai ero adulta e rischiavo di trovarlo deludente. Temevo potesse trattarsi di un prodotto fanservice che non avrebbe avuto nulla da dire e invece, felicemente, dovetti ricredermi perché quel romanzo, politologicamente perfetto, raccontava di tutte le piccole scelte, dei bivi della vita che alla fine portano un cattivo a diventare tale, tramite una catena di eventi che lo conduce a commettere atti orribili e per essi autoassolversi.
Eppure, un po’ me lo sentivo che il libro su Haymitch non sarebbe stato all’altezza sia perché è successo quello che temevo inizialmente riguardo al romanzo su Snow, un po’ perché nonostante ci potessero comunque essere degli spunti interessanti da approfondire, restano comunque delle grandi occasioni mancate.
Già la premessa in sé è molto più traballante rispetto a ciò a cui l’autrice ha abituato il suo pubblico, perché di per sé scrivere un libro su Haymitch è già sintomo di un prodotto fanservice: noi sappiamo già tutto su di lui. Sappiamo che ha vinto gli Hunger Games, per cui viene tolta completamente la tensione che tiene incollate alle pagine, sappiamo persino le modalità attraverso le quali vince perché ci vengono raccontate il La ragazza di Fuoco, sappiamo che è diventato un alcolista a causa di tutti i ragazzini del suo distretto che ha visto morire anno dopo anno, senza poter fare nulla per salvarli. Sappiamo che Haymitch è un sopravvissuto che non è mai davvero uscito dall’arena nonostante tutta la sua voglia di vivere, e per quanto da un lato questo sia proprio l’aspetto che avrebbe dovuto essere maggiormente sfruttato, mostrandoci come Haymitch sia diventato l’Haymitch che conosciamo, dall’altro lato questo non solo non succede, ma addirittura resta un protagonista estremamente passivo.
L’Alba sulla Mietitura non rende omaggio a Haymitch perché cerca di fare qualcosa di diametralmente opposto ai libri che hanno Katniss come protagonista e nel farlo risulta parodistico, risulta la fanfiction di sé stesso, e sembra un’appendice attaccata a posteriori che non si incastra bene con la trilogia principale. Infatti, gli Easter egg sono forzati, i personaggi tanto amati della trilogia entrano in scena in maniera poco credibile, al punto da fare sembrare sia Capitol City, sia il Distretto 12 dei piccoli villaggi con pochissime persone, non degli Stati o delle grandi città. Questo crea dei problemi anche a livello di cifre, perché a un livello puramente matematico tutti i ragazzi e tutte le ragazze un anno o l’altro finirebbero sul palco del giorno della mietitura, proprio in virtù del numero ridotto, così come crea dei problemi il cast ridottissimo di personaggi di Capitol City. Le possibilità narrative per inserire personaggi secondari erano vaste, ma Collins ha creato delle situazioni inverosimili raffazzonate che altro non sono che fanservice.
Purtroppo non finisce qui, perché i difetti continuano. L’elemento che più mi ha dato fastidio è la totale mancanza di merito nella sua vittoria. Katniss aveva vinto perché era una proverbiale tempesta perfetta: una persona con delle abilità specifiche in un luogo adatto alle sue esigenze, mentre Haymitch è un miracolato, non vince per ablità o scaltrezza, ma perché qualcuno dall’alto ha deciso così per motivi politici e questo espediente, tra l’altro, viene sfruttato pochissimo perché come espediente poteva non essere male, ma manca totalmente l’immersione. Haymitch non ha motivi validi per comportarsi come fa e le sue emozioni sono sempre troppo blande per essere credibili. Si presenta in gara già sconfitto, non deciso a sopravvivere e questo è un elemento che stride terribilmente con il personaggio che ci è stato presentato nella trilogia. Non ha senso che un vincitore che dà ai suoi tributi il solo consiglio di “restare vivi” una volta nell’arena sia un tale disastro nel voler portare a casa la pelle, ritenendosi quasi un agnello sacrificale per cause più grandi. Non funziona proprio a livello narrativo nell’ottica selle serie nel suo complesso, anche se poteva funzionare, a livello puramente teorico, se il romanzo fosse autoconclusivo. Haymitch doveva essere un vincitore, non un vincente: avremmo dovuto fare il tifo per lui sapendo già come sarebbe andata a finire, ovvero con lui alcolista e depresso, ma qui assistiamo a una persona eccessivamente idealista per farsi piegare, non vediamo, se non proprio sul finale tirato via, la persona che diventerà nella trilogia. Non ci viene raccontato un ragazzo che vince a dispetto delle probabilità, con le unghie e con i denti che che esce dall’arena senza che l’arena esca veramente da lui, ci viene mostrato un rivoluzionario a cui è andato male il colpo di stato e ciò è incoerente rispetto a ciò che sappiamo di lui dalla serie principale. Inoltre, sono moltissimi le contraddizioni rispetto ai libri su Katniss: stando agli eventi a cui assistiamo qui spesso Haymitch dovrebbe sapere delle cose che non sa, dire delle cose che non dice, avere delle opinioni che non ha. È questo che intendo quando dico che non è uno spin off che si sposa bene con la serie principale: la confuta in troppe occasioni.
Haymitch assomiglia a Katniss in tutte le cose sbagliate, in piccoli momenti citazionisti vuoti di significato, non in ciò che li ha uniti e consentito di capirsi anche nei silenzi. È come se Collins nel cercare di rendere la storia qualcosa di nuovo abbia in realtà stiracchiato tutto in modo tale da sfibrare la storia e renderla vuota e nel cercare di dire qualcosa di nuovo crea ridondanze dove non dovrebbero essercene.
Il messaggio che l’autrice intendeva mandare attraverso questo romanzo è la capacità dei media di manipolare le informazioni, creando delle narrazioni divergenti dalla verità e che rendono le persone coinvolte impotenti di raccontare la propria versione. Bello sulla carta, ma inefficace nell’esecuzione, che si perde in una storia talmente inverosimile, parodistica di sé stessa e a tratti barocca che rende la trama sopra le righe ma il contenuto troppo blando.
In conclusione, L’alba sulla mietitura è un libro scarico, privo del senso di critica dei suoi predecessori e che non ha molto da dire. È uno spin off che non rende omaggio al suo protagonista e gli fa fare brutta figura. Spero che Suzanne Collins si ravveda e riprenda a scrivere solo quando ha qualcosa da dire.
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