martedì 12 ottobre 2021

La Corte dei Miracoli


Bentornat* sul blog, carissim*. La recensione di oggi, riguarda una nuova uscita per Mondadori, che ringrazio per la copia omaggio, così come ringrazio la mia amica Beatrice che ha organizzato questo review party. Sarà un articolo frizzantino, ormai avrete capito che più citazioni trash ci sono e meno il libro mi è piaciuto. E allora, senza indugi…

  • Titolo: La Corte dei Miracoli
  • Titolo originale: The Court of Miracles
  • Autrice: Kester Grant
  • Traduttrice: Sara Brambilla
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978-8804721482
  • Editore: Mondadori
Trama

Dopo il fallimento della Rivoluzione e l'uccisione di tutti i rivoluzionari, Parigi è una città divisa in due. Accanto al reticolo di viali severi, fiancheggiati da bossi e frequentati dall'aristocrazia, prospera infatti una giungla tenebrosa popolata da sciami di mendicanti, ladri ed emarginati, teatro di crimini e miseria, un luogo oscuro e senza leggi. Qui il potere è gestito dai Miserabili, una formidabile corte di criminali divisi in nove corporazioni, chiamata la Corte dei Miracoli. Membro della Corporazione dei Ladri, Nina Thénardier può rubare qualunque cosa a chiunque. La ragazza, soprannominata la Gatta Nera, ha sfidato la sorte così tante volte da essere quasi diventata una leggenda tra i Miserabili. Eppure questo non sembra contare molto quando, ancora una volta, la sua strada si incrocia con quella di Lord Kaplan, detto Tigre, feroce capo della Corporazione della Carne. L'uomo ha messo gli occhi sulla sorella della giovane ladra e, si sa, nessuno è mai riuscito a impedirgli di ottenere ciò che vuole. Non ci è mai riuscita la Corte dei Miracoli, come potrebbe farlo Nina, sveglia certo, ma comunque una ragazza, minuta per di più? Di due cose, però, Tigre non ha tenuto conto. La prima è una regola inviolabile per tutti i Miserabili: mai, mai rubare a una ladra. E la seconda è che, quando si tratta di proteggere chi amano, le gatte sono capaci di mostrare denti e artigli e di diventare decisamente pericolose... Ispirandosi a due capolavori della letteratura di tutti i tempi, "I miserabili" di Victor Hugo e "Il libro della giungla" di Rudyard Kipling, Kester Grant tesse un'ammaliante storia di crudeltà, passione e vendetta che, attraverso le vicende della protagonista, condurrà i lettori nel ventre più oscuro di Parigi, passando per la sfavillante corte di Francia per abbracciare l'alba di una nuova rivoluzione.

Recensione e commento

Citando Bruno…scusate, lo CHEF Bruno Barbieri, questo libro è un grande mapazzone: ambisce a essere un retelling dei miserabili, il titolo è preso da Notre Dame de Paris e prima di ogni parte in cui è suddiviso il libro ci sono delle citazioni del libro della giungla. Oltre al fatto che tecnicamente è ambientato nell’Ottocento, ma si vedono eventi successi nel Sei e Settecento, in una cornice storica completamente inventata. Se questa recensione l’avesse scritta Bastianich avrebbe detto subito “È come film di ororeh” perché veramente non si sa da quale parte cominciare a elencare i difetti.

In ordine sparso, la protagonista, Nina, diminutivo di Éponine (perché diminutivo? I francesi mica li usano così. Boh..*), figlia del locandiere Thénardier, che in realtà è un ladro, diventa ladra a sua volta per potersi salvare da una vita in schiavitù. Definire Nina overpower è un eufemismo, dal momento che ogni singola volta riesce al primo tentativo e con una facilità che manco Oscean’s 11 in imprese e furti considerati impossibili fino a prima che arrivasse lei. Ad esempio, riesce a rubare un gioiello dal collo dell’erede al trono mentre lui dorme e non trova una guardia sulla porta manco a pagarla oro. Alla faccia del dormire sonni tranquilli perché ci sono i soldati che vigilano e ci proteggono! Questa mancanza di verosimiglianza viene trascinata per tutto il romanzo e, unita a un editing da mettersi le mani nei capelli, rende la narrazione molto scadente: ci sono dei passaggi spesso poco chiari, in cui, per esempio, la protagonista è dapprima sdraiata e poi si trova in piedi a lanciare coltelli senza che chi legge abbia la minima idea di cosa sia successo nel frattempo, oppure in una riga sta facendo un bagno e in quella dopo è vestita e si fa abbracciare da una folla adorante. Il susseguirsi degli eventi, inoltre, è un’accozzaglia di deus ex machina, deus ex machina, come se piovesse.
“Un pizzico, che so che a voi piace”. Di fatto, ogni incastro della trama avviene per via di qualche evento convenientemente studiato in modo tale da far andare avanti una storia con una protagonista mossa da motivazioni opinabili e senza reali abilità se non quella di essere overpower. Che poi una cosa bisogna dirla: l’idea della corte dei miracoli presa da Notre Dame de Paris è anche interessante, eh, solo che questi hanno più regole di un codice civile, alla faccia della vita ai margini della società e al di fuori della legge…Ma al di là di questo, perché è comunque relativamente vero che anche tra i delinquenti c’è un codice di condotta, questi prima dichiarano che le leggi della corte sono assolutamente inviolabili e non si possono rompere al fine di non inimicarsi i membri delle altre corti. Salvo poi infrangere le suddette regole proprio quando serve per esigenze di trama, facendo venire meno quel poco di coerenza interna che rimaneva. Un altro punto che avrebbe potuto essere pregevole, se adeguatamente sviluppato, è il rapporto tra le sorelle, Éponine e Azelma, solo che purtroppo non succede, dato che Nina si dimentica di Azelma non appena le fa comodo e agisce in modi che francamente non hanno senso cambiando spesso idea in maniera repentina pur avendo molto riflettuto (se così si può dire) sulla prima decisione presa. La traduzione, poi, non ha di sicuro aiutato: per qualche arcano motivo, i signori di ciascuna corte vengono chiamati “Lord” o “Lady”, il che non è un problema se si legge in lingua originale, poiché significano semplicemente “signore” e “signora”. Ma allora perché non tradurre appunto con “signore” e “signora” ed evitare che dei titoli inglesi non diano nell’occhio in una trama sviluppata a Parigi? Chi è che ha detto “sì, perrrrrrrrfetto, andiamo in stampa!”. Sembra di sentire il grande maestro René Ferretti che urla “SIGNORI, LA SCRIVIAMO”. Oppure sono stati gli sceneggiatori degli Occhi del Cuore a scrivere questo romanzo? Forse è più probabile quest’ultima opzione.

L’impressione generale che si ha, dopo aver terminato questa lettura, è che l’autrice abbia visto solo il film dei Miserabili poiché vi sono numerose inesattezze, anche storiche (non ha senso dire che la Rivoluzione Francese sia fallita, dato che siamo in periodo di Restaurazione, manco la Storia delle superiori, mamma mia…) che non sono imputabili a un normale stravolgimento della trama dovuto appunto alla stesura di un retelling. Ci si domanda, a questo punto, cosa sia un retelling e quando abbia senso scriverne uno. Di fatto, La Corte dei Miracoli avrebbe potuto avere qualsiasi altro titolo, poiché i nomi dei personaggi sono il solo richiamo al capolavoro (e qui possiamo dirlo) di Victor Hugo. Nemmeno i legami di parentela sono rispettati, a parte Azelma, Nina e il loro padre. Il messaggio di fondo di questo retelling è che sia giusto cercare vendetta, mentre Hugo, che era uno che, forse più di Orwell, credeva davvero nel potere della letteratura per avere un mondo migliore, utilizza I Miserabili per mostrare quanto la miseria e la povertà siano spesso la causa della delinquenza e che la redenzione non è fuori portata per nessuno, né per la prostituta Fantine (che qua non compare nemmeno), né per il galeotto Valjean e nemmeno per lo spietato Javert. Forse un retelling dovrebbe avere il compito di rinnovare e rinfrescare il messaggio di fondo che un capolavoro del genere aveva l’intento di fare arrivare, anche se forse in questo caso, la penna dell’autrice non era all’altezza dell’opera a cui si accostava. I personaggi creati nel retelling sono macchiettistici, piatti e nessuno di loro è insostituibile, anzi, spesso se mancassero, la trama non ne risentirebbe. Hugo, invece, aveva la capacità di parlare persino di una figura come Napoleone e di umanizzarla, di renderla una persona più che una riga su un libro di Storia, di descrivere la battaglia di Waterloo come un un’esperienza umana più che come un’azione meccanica avvenuta nel passato. Ecco, un’opera del genere, forse dovrebbe scoraggiare chiunque dal voler provare a migliorarla o a scriverci una specie di fan fiction.

Tutto sommato, comunque, per quanto questo libro sia un agglomerato di difetti, quantomeno si fa leggere in fretta e in poche ore. Potrebbe piacere a chi riesce a non prendere sul personale certe grosse inesattezze storiche o stravolgimenti del messaggio originale, perché è una lettura molto leggera e veloce, per quanto non lasci il segno una volta che il libro si chiude.


*I soprannomi di Éponine e Azelma utilizzati da Victor Hugo nel romanzo originale sono “Ponina e Zelma” e sono dei nomignoli affibbiati da Cosette che, essendo molto piccola, ha difficolatà a pronunciare i nomi al completo. L’autrice, per altro, utilizza un diminutivo anche per la stessa Cosette, che è già diminutivo, dato che il suo vero nome è Euphrasie. Fate vobis.

12 commenti:

  1. Il mio falegname con 30.000 lire faceva un retelling migliore. Non ha nemmeno le unghie!

    RispondiElimina
  2. Si può amare una recensione più di così? Perché la tua recensione mi ha convinta a 1) non leggere questo libro e 2) a leggere, invece, quello di Victor Hugo. Due recensioni con un solo post del blog: un affare!
    Ps. Approvo La biblioteca di Zosma versione MasterChef!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Victor Hugo è una garanzia e se lo leggerai voglio essere costantemente aggiornata

      Elimina
  3. Fra, sto ridendo da quando ho iniziato a ridere. Un grande applauso a te per questa recensione esilarante e al tempo stesso precisa e attuale.
    Per rimanere in tema, ora vado a sentirmi qualcosa dalla discografia di Gigi Finizio.

    RispondiElimina
  4. Peccato per la delusione, ma ogni tanto capita...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In questo 2021 sta capitando troppo spesso, purtroppo

      Elimina
  5. Se c'è una cosa che non sopporto è quando in un libro i protagonisti sono sempre impeccabili, super dotati e riescono al primo colpo in imprese impossibili. Ma il realismo?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In questo caso proprio non pervenuto. Così come non è pervenuto il retelling, dato che è completamente una storia diversa

      Elimina
  6. Le recensioni "cattivelle" sono sempre le migliori da leggere! XD
    Comunque, da come ne parli sembra tanto una fanfiction e accozzaglia di roba presa a caso. 🤔

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Voglio che sia sempre chiaro che quando scrivo le recensioni cattive non lo faccio mai per piacere, anzi, quando sono cattiva è perché ci tengo e mi sono sentita tradita e derubata del mio tempo

      Elimina

Apprendista cercasi

Titolo: Apprendista cercasi Titolo originale: Apprentice to the villain Autrice: Hannah Nicole Maehrer Traduttrici: Cecilia Pirovano & ...