- Titolo: La Guerra dei Papaveri
- Titolo originale: The Poppy War
- Autrice: R.F. Kuang
- Traduttrice: Sofi Hakobyan
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN: 978-8804729747
- Casa editrice: Mondadori
Trama:
Già tre volte nella sua storia il Nikan ha dovuto combattere per sopravvivere alle sanguinarie Guerre dei papaveri. Il terzo conflitto si è appena spento, ma Rin, guerriera e sciamana, non può dimenticare le atrocità che ha dovuto commettere per salvare il suo popolo. E ora sta scappando, nel tentativo di sfuggire alla dipendenza dall'oppio e agli ordini omicidi della spietata Fenice, la divinità che le ha donato i suoi straordinari poteri. Solo un desiderio la spinge a vivere: non vuole morire prima di essersi vendicata dell'Imperatrice, che ha tradito la sua patria vendendola ai nemici. E l'unico modo per farlo è allearsi con il signore di Lóng, discendente dell'ultimo Imperatore Drago, che vuole conquistare il Nikan, deporre l'Imperatrice e instaurare una repubblica. Né l'Imperatrice, né il signore di Lóng, però, sono ciò che sembrano. E più Rin va avanti, più si rende conto che per amore del Nikan dovrà usare ancora una volta il potere letale della Fenice. Non c'è niente che Rin non sia disposta a sacrificare per salvare il suo paese, e ottenere la sua vendetta. Così si getta di nuovo nella lotta. Perché in fondo lottare è ciò che sa fare meglio.
Recensione e commento
La repubblica del Drago è il secondo libro dedicato alle avventure di Rin (trovate qui la recensione de La Guerra dei Papaveri) e tutto si può dire fuorché che questo volume soffra della sindrome del libro di mezzo. Al contrario, è un libro pieno di azione, che si concentra sulle dinamiche della guerra, più che sulle vicende personali della protagonista, dato che quelle sono già state approfondite nel primo volume. E tuttavia non mancano formazione e introspezione: la prosa, sempre snella e diretta, priva di fronzoli e che si limita a raccontare i fatti, senza imboccare lə lettorə di emozioni o pensieri, ci mostra una Rin sempre più umana e imperfetta, troppo concentrata sul proprio dolore per rendersi conto che le persone attorno a lei vivono le stesse vicende e le elaborano proprio come sta facendo lei. Rin è capace di vedere l’ipocrisia altrui, i comportamenti moralmente sbagliati e gli errori degli altri, ma non i propri, ma questo vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non la trave nel proprio, paradossalmente è esattamente ciò che la rende coerente perché esprime tutti i suoi limiti della sua umanità in una storia che coinvolge la divinità. Non sono questi gli unici difetti di Rin, poiché un’altra cosa interessante da notare è l’inadeguatezza al ruolo che ricopre per via della sua giovane età e della sua inclinazione personale; Rin ha sempre bisogno che sia qualcun altro a prendere le decisioni difficili al suo posto e ha bisogno di compiacere il potente di turno per sentirsi realizzata. Questa dinamica e la sua altalentante formazione rendono precarie tutte le possibili alleanze della guerra sulla base di chi sia più simpatico alla protagonista sul momento ed è precisamente questa la ragione per cui, nonostante il romanzo sia lineare e privo di inutili complessità, è davvero imprevedibile del dipanarsi della trama. Tuttavia, nonostante le azioni e i pensieri di Rin siano spesso e volentieri opinabili e difficilmente condivisibili, è comunque difficile non empatizzare con lei, perché nella sua situazione difficilmente sarebbe possibile agire in modo lucido, moralmente retto e non farsi accecare dall’odio e dalla rabbia: quando tutto si riduce a un “noi contro di loro” la disumanizzazione dell’altro è appena un passo dietro la soglia, sia da un lato che dall’altro, perché ciascuna fazione della guerra pensa semplicemente di rendere pan per focaccia alla controparte. Da un lato si aggredisce, sempre con la convinzione della giustezza delle proprie azioni, dall’altra si subisce e ci si vittimizza, deresponsabilizzandosi. In particolare, Rin non si fa problemi a odiare chiunque sia di etnia o nazionalità diverse dalle sue, ma si sente punta sul vivo, si sente vittima (giustamente, ma non senza ipocrisia) quando sono gli altri a farlo a lei. Nel fare questo, Kuang introduce magistralmente gli occidentali bianchi e colonizzatori in questo fittizio Oriente che ripercorre alcuni fatti reali, senza retorica e senza scusanti da nessuna delle due parti. È una guerra in cui nessuno ha ragione ma in cui ognuno ha le proprie ragioni, per quanto possano essere bislacche. I bianchi applicano la teoria darwiniana all’antropologia e si proclamano superiori sulla base di connotati fisici che, misurati con il metodo ciarlatano della frenologia, confessano qualsiasi cosa, persino che esistano esseri umani di serie dalla A alla Z. D’altro canto, Rin comprende che tutto quello che dicono e predicano dall’alto della loro religione monoteista sia falso, ma contemporaneamente si sente superiore a loro e la sua dissonanza cognitiva in tal senso non sembra colmabile.
In la repubblica del Drago, la formazione di Rin segue un percorso verosimile anche perché mostra l’aiuto che le viene dato dai suoi amici. Nello specifico spiccano Nezha e Kitay, due personaggi positivi che sono quasi il suo Grillo Parlante, la voce della ragione che lei non segue mai, preferendo una visione della verità sempre filtrata dai propri sensi e da quello che, secondo lei, è utilitarismo o giustizia.
Il romanzo si chiude in modo interessante, inaspettato e narrativamente interessante, senza mostrare in tutta la trama nemmeno una parvenza di romance, elemento assai apprezzabile in un libro che parla di un mondo plasmato da una guerra che non lascia spazio per i drammi adolescenziali.
Ci ritroveremo presto su questi schermi per parlare del terzo e ultimo libro, in uscita a febbraio. Nel frattempo, leggete i primi due, perché davvero, per quanto la piacevolezza vari a seconda del gusto personale, di sicuro è una serie molto diversa nel panorama young adult mondiale.
Purtroppo io ho difficoltà in generale con i fantasy a sfondo orientale 🙈 non mi attirano
RispondiEliminaMa me questo succede ad esempio con i libri sudamericani, perché a volte ci sono delle cose così culturalmente diverse da noi che o ci affascinano o non le comprendiamo
EliminaMe lo segno! Mi ha incuriosita molto :)
RispondiEliminaSpero possa piacerti
EliminaNon sono ancora riuscita ad approcciare il genere… prima o poi chissà
RispondiEliminaPenso che al di là del gusto personale, questa trilogia sia di qualità innegabile
EliminaAdoro come fai le analisi dei libri, io questa la trilogia l'ho amata, un fantasy diverso dal solito e che non ha tutti i soliti cliché!
RispondiEliminaAvevamo bisogno di un libro così fuori dai canoni
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