mercoledì 5 gennaio 2022

Pinocchio

  • Autore: Carlo Collodi
  • Illustratore: Iacopo Bruno
  • Codice ISBN: 9788817159388
  • Casa editrice: Rizzoli

Trama

Pinocchio, burattino birbante. Pinocchio, figliuolo scellerato. Pinocchio, bugiardo impenitente. Pinocchio, bambino tra i bambini, nato da un pezzo di legno. 

In un’edizione di straordinaria bellezza, il romanzo italiano più letto al mondo interpretato dallo sguardo sensibile e colto di un grande artista contemporaneo.

Commento e analisi

Pinocchio è una di quelle fiabe che tutt* conosciamo perché fa parte della tradizione comune e della cultura generale, ma spesso si fa più riferimento all’adattamento cinematografico della Disney, rispetto alla versione originale di Carlo Collodi, molto più complessa, cruda e decisamente più psicologicamente sfaccettata rispetto al film di animazione. 

Pinocchio è una fiaba che si presta alle interpretazioni più disparate perché contiene sia significati ancestrali validi per tutta l’umanità, sia, nello specifico, un messaggio per l’Italia unita: i destinatari di questa storia, che all’inizio non nasce come libro unico, ma come racconto a puntate sul giornale dei ragazzi tra il 1881 e il 1883, sono i giovani dei ceti disagiati che l’autore vuole invogliare a innalzarsi culturalmente per distaccarsi dall’analfabetismo, dalla povertà e dall’ignoranza delle generazioni precedenti. Pinocchio, infatti, per diventare un bambino vero deve affrontare delle prove che lo porteranno alla coltivazione delle proprie virtù e al distaccamento dal proprio desiderio egoistico e vizioso al fine di perseguire la conoscenza, l’unica cosa che rende veramente liberi. In questo, Collodi è chiaro in modo inequivocabile, dal momento che quando Pinocchio smette di studiare gli succedono le cose peggiori, diventa perfino un asino, destinato per sempre a servire come forza lavoro senza mai aspirare a più di questo. Sia chiaro, Collodi non mette in cattiva luce il lavoro di fatica, anzi, lo esalta, quando è finalizzato un obiettivo più alto, come aiutare il prossimo o mantenersi senza mendicare, eppure non deve essere quella l’unica condizione dell’umanità. Attraverso la cultura e l’intelletto Pinocchio non salva solo sé stesso, ma anche suo padre, quando, grazie a un lumicino, che rappresenta l’intelletto umano, riesce a fuggire dal ventre buio del pescecane. L’episodio in cui Pinocchio viene ingoiato dal pesce costituisce, all’interno della costruzione della storia, la seconda morte rituale, tipica delle favole, in cui il protagonista deve morire per poter rinascere migliore; la prima di queste morti, invece, avviene in modo molto crudo per impiccagione a causa del Gatto e la Volpe, i cattivi consiglieri e animali presenti in ogni tradizione con le caratteristiche di scaltrezza e intelligenza e sono i tentatori della mente e del corpo di Pinocchio. 

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Questa fiaba si discosta molto dai canoni classici e lo dimostra sin dall’incipit, poiché non comincia con una principessa in un castello o un prode cavaliere. Si apre con “C’era una volta…-Un re!- diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”. I significati, anche in questo caso, sono molteplici: alcuni critici ci vedono nel passaggio da pezzo di legno a bambino vero la transustanziazione della materia come la intendono i cristiani, e di fatti i simboli cristiani non mancano, Geppetto stesso è il diminutivo di Giuseppe, di cui esiste un famoso esemplare nella storia che faceva sempre il falegname e che quindi rappresenterebbe un dio plasmatore. Pinocchio deve quindi compiere un viaggio per passare dall’essere un pezzo di materia inanimata, al diventare un umano in carne, quindi tutta anima. In questa visione cristiana, la Fata Turchina può tranquillamente rappresentare la Madonna, anche se la sua fisionomia ricorda molto poco quella del film della Disney. La Fata nel libro, infatti, si presenta come una bambina dai capelli turchini, con il volto bianco e le mani incrociate sul petto; una bambina morta che per Pinocchio sarà una sorella e una madre e che rappresenta la morte stessa, poiché per essere umani bisogna incontrare la morte, prima o poi, a differenza degli oggetti inanimati. Sarà proprio la fata, dopo che il burattino si sarà deciso a seguire la diritta via, come avrebbe detto un altro toscano, e avrà posto sé stesso al servizio del prossimo, a trasformare Pinocchio in un bambino vero, facendo assimigliare tantissimo questo episodio al mito di Pigmalione, scultore della tradizione greca che si era innamorato a tal punto della propria scultura di donna che Afrodite decise di darle la vita. Allo stesso modo, Geppetto Ha amato un pezzo di legno come suo figlio al punto che questo è diventato reale. 

Anche l’interpretazione massonica data a Pinocchio non risulta forzata (e con questo si intende la Massoneria completamente spogliata di qualsiasi significato romanzato e complotti sta alla Dan Brown che possa esserle attribuito, ma basandosi unicamente sui testi che sono stati scritti a riguardo). Non vi sono prove che Collodi fosse un massone, ma ve ne sono che ne conoscesse diversi. Tanto per cominciare, lo stesso percorso di Pinocchio ricorda l’iniziazione di un membro della massoneria, come la stessa morte per rinascita tramite un rituale simbolico in cui, in genere tramite cappio al collo, l’iniziato lascia fuori le proprie spoglie mortali per elevarsi intellettualmente, staccando la mente dal proprio in inferiore, oltre a promettere di tacere gli insegnamenti che imparerà in Massoneria(la cravatta nasce proprio da questo rituale). I simboli sono numerosissimi, ad esempio Mangiafuoco stesso sembra il capo di una società verticistica che viene nominato “mastro Mangiafuoco”, richiamo al capomastro della loggia. Anche il grembiule di questo burattinaio è un simbolo a sé stante dell’ apprendista massone.

Vi è un episodio in cui il Gatto e la Volpe portano Pinocchio nel  cosiddetto Campo dei Miracoli o Campo delle Stelle e questo luogo ricorda tantissimo la volta stellata di un tempio massonico. Il Gatto entra sotto questa volta stellata zoppicando, proprio come accade al neofita massone, che entra anche bendato perché non ha ancora visto la luce. Non mancano anche i riferimenti numerologici, come il numero quattrocento: nel capitolo 29 la fata prepara duecento tazze di caffè latte e duecento panini imburrati, richiamo ai quattrocento melograni che sormontano le colonne Jachin e Boaz nei templi massonici (qui per saperne di più). 

I simboli massonici sono numerosissimi e non si esauriscono qui, mi sono limitata a fare alcuni brevi esempi, ma al di là di quest’analisi, il significato pedagogico di Pinocchio è fortissimo e contribuisce a rendere questa fiaba immortale soprattutto perché ogni ambito culturale può contribuire a fornire un’interpretazione diversa. Inoltre, è fuori discussione che sia una storia a tratti molto crudele, ma altrettanto commovente, poiché Geppetto e la Fata, pur cercando di insegnare l’obbedienza a Pinocchio, lo lasciano comunque libero di sbagliare. Non è l’obbedienza cieca e dovuta quella che domandano, ma si comportano da buoni genitori che non pretendono l’amore del figlio senza dare nulla in cambio per il solo fatto di averlo messo al mondo. Geppetto è un padre che si priva del cibo e dei vestiti pur di dare da mangiare e da studiare a suo figlio e la Fata lo perdona sempre finché Pinocchio non smette di sbagliare e non dà finalmente ascolto al Grillo parlante, la voce della sua coscienza, quella vocina che tutt* noi abbiamo in fondo alla nostra testa e che spesso cerchiamo di uccidere per metterla a tacere. 

Per tutti questi motivi, penso che conoscere questa fiaba solo tramite il film (bellissimo) che ne è stato tratto, sia riduttivo e non renda giustizia a una storia tanto sfaccettata e studiata, in grado di commuovere e insegnare tantissimo in pochissime pagine. Pinocchio non è solo una storia istruttiva, ma anche narrativamente appagante, non solo perché gli episodi raccontati sono molto fantasiosi, ricchi di animali parlanti e di soluzioni interessanti a problemi assurdi, ma anche perché, in un modo che ha plasmato la comicità italiana, riesce a strappare un sorriso in situazioni drammatiche, anche attraverso l’utilizzo del linguaggio a tratti dialettale di Collodi. Se poi desiderate anche un volume esteticamente appagante, non c’è edizione migliore di quella illustrata da Iacopo Bruno per Rizzoli.


Fonti:

Ambra Raza: Pinocchio esoterico

Le due colonne

La fata turchina 

13 commenti:

  1. Questa fiaba non è tra le mie preferite, ma l'apprezzo molto proprio perchè si discosta dalle altre. Trovo che abbia un significato più profondo

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    1. Sì, assolutamente, bellissimi significati nascosti

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  2. Bellissime tutte queste interpretazioni. Ovviamente apprezzo molto la parte educativa di questa storia

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    1. Sì, quella sull’istruzione è la mia parte preferita

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  3. Pinocchio è una storia che ai miei bimbi piace molto, e ammetto che anche io la apprezzo molto!

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  4. Hai fatto un'analisi spettacolare, non ho mai letto Pinocchio ma dopo questa recensione devo davvero recuperarlo!

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    1. Temo di averlo snobbato anche io per troppo tempo, è stato davvero un bel recuperone

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  5. Analisi molto interessante! Se ricordo bene,il romanzo d'appendice finiva male per Pinocchio ma furono proprio i lettori a volere che la storia continuasse 🤩

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    1. P.s. sono Angela. Non so perché non si veda il mio nome 😅

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    2. Ciao, Angela! Grazie di essere passata! Sì, i lettori non furono contenti della prima fine di Pinocchio

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  6. Ho già letto questo libro in una versione diversa. Mi è piaciuto molto il libro. Mi è piaciuto molto anche il sceneggiato televisivo di Comencini Le Avventure di Pinocchio

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    1. Penso di averlo visto anche io, ma non sono sicura. Adesso che mi sono appassionata recupererò sempre più versioni

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