mercoledì 31 maggio 2023

Il Muro di Tempeste

  • Titolo: Il Muro di Tempeste
  • Titolo originale: The Wall of Storms
  • Autore: Ken Liu
  • Traduttore: Andrea Cassini
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804720324
  • Casa editrice: Mondadori
Trama 


Kuni Garu, ormai noto come l'Imperatore Ragin, governa il regno delle Isole di Dara, ma deve lottare per riuscire a rispondere alle esigenze del popolo e nello stesso tempo a mantenere la propria visione di progresso. Fino al giorno in cui un'armata del lontano popolo dei Lyucu invade le coste di Dara. Il panico diventa subito caos. Per difendere il suo ormai fragile regno dalla minaccia e al contempo preservare la pace costantemente messa a rischio dalle lotte tra fazioni rivali, l'imperatore Kuni si trova costretto a ricorrere all'aiuto delle uniche persone di cui si fida davvero: i suoi figli Timu, Phyro e Théra, ormai adulti. Fra sedizioni, traditori e false accuse, affronteranno i ribelli e gli invasori con la forza delle armi, della diplomazia e della geniale astuzia di Théra, pronti a lasciare il loro segno nella storia.


Recensione e commento

Ho atteso fin troppo a lungo prima di leggere il secondo capitolo della serie della Dinastia del Dente di Leone, ovvero il Muro di Tempeste. È criminale che questa serie, iniziata con La Grazia dei Re sia passata quasi sotto silenzio. 

Da un lato trovo comprensibile che non sia una lettura che intende abbracciare una larga fetta di pubblico, perché non si tratta di una storia che si legge per puro escapismo o per rilassarsi, dall’altra, però, la qualità oggettiva è così alta che mi sembra ingiusto che non abbia più visibilità.

Andando con ordine, Il Muro di Tempeste mantiene la tradizione iniziata dal primo libro di fare intervenire, almeno per parte della storia, le divinità del popolo di Dara, e in effetti era questo il motivo principale per il quale avevo definito La Grazia dei Re un po’ come un’Iliade raccontata in prosa (mamma mia, come passa il tempo e com’è cambiato il mio modo di scrivere!). Sebbene nel secondo romanzo gli dei intervengano meno, pur avendo un’enorme influenza nel momento in cui lo fanno, il libro si apre con un proemio con tanto di captatio benevolentia, il che già fa capire che il tono del romanzo sarà tendenzialmente aulico e sicuramente epico.

Rimanendo in tema di epica, un elemento che ho particolarmente apprezzato nella costruzione del worldbuilding è che Ken Liu abbia preso ispirazione da tantissime mitologie reali per caratterizzare questo o quel folklore, ma è in grado di mescolarle per rendere le varie culture uniche e non riconducibili a un unico popolo del regno primario. Mi spiego meglio: leggendo le tradizioni e le leggende dei popoli di Dara (e non sono) un occhio attento può vedere vari episodi storici o leggendari, ma mai appartenenti a una sola  mitologia, poiché per le stesse genti sono individuabili sia episodi di epica greca, sia di cicli nordici. Questo mix è così amalgamato che dà origine a qualcosa di totalmente nuovo e che può essere preso da sé, senza dover necessariamente andare a cercare il luogo da cui Liu ha preso ispirazione.

Vi starete chiedendo perché ho speso tante parole per specificare questo aspetto. Grazie per avermelo chiesto! Il paragrafo precedente ci torna particolarmente utile quando parliamo delle due fazioni che si contendono in questo libro. Per la prima metà, la trama si concentra tutta sulla fase di stasi che segue la caduta di un regime e dura fino a che il nuovo non ha ancora del tutto cementato il proprio potere. Quindi assistiamo a più di un decennio (come vi dicevo, non è una serie universalmente godibile, va presa con calma e con la consapevolezza che non succede tutto subito) in cui Kuni Garu deve fare i conti con i problemi del suo popolo, con le spinte di una fazione o dell’altra che vorrebbero accrescere il proprio potere. Insomma, si tratta di quasi quattrocento pagine di veri e propri problemi di governo, dilemmi morali sul potere e sul designare il successivo erede, ma soprattutto ci sono questioni sociali, trattate nell’arco dell’intera narrazione e che a volte ritornano, come ad esempio la questione di genere, il divario di possibilità lavorative e culturali tra i ceti, l’immigrazione, addirittura si parla di revisionismo storico e di attendibilità delle fonti, così come di innovazione contrapposta alla tradizione, insomma, le tematiche sono variegate e tutte trattate da ogni punto di vista possibile. Ken Liu è maestro di verosimiglianza, non esiste una sola persona overpowered nei suoi libri, chiunque può cadere in trappola o farsi ingannare e non esiste lieto fine perché la sola fine è la morte, non perché l’autore sia un sadico che si diverte a uccidere i nostri personaggi preferiti, ma semplicemente perché ci racconta tutte le loro storie dall’inizio alla fine, senza cristllizzare il racconto al momento in cui le cose vanno bene. Eppure, apprezzo particolarmente che non ricorra mai allo shock factor: Liu non mostra mai violenza gratuita o scene esplicite se non sono strettamente funzionali alla narrazione, persino nelle scene di battaglia non si perde in dettagli morbosi. 

Ritornando a noi, nelle prime quattrocento pagine l’autore mi aveva illusa, facendomi credere che la storia andasse a parare in modi a me comprensibili e prevedibili, fino a che non è arrivato il colpo di scena che ha dato una sterzata del tutto inaspettata. Non voglio dirvi troppo per non fare spoiler, sebbene sia qualcosa di scritto anche in quarta di copertina, ma se all’inizio pensavo che si sarebbe trattato di un romano sugli intrighi di corte meravigliosamente scritto ma a conti fatti noioso, alla fine ho chiuso il libro con la consapevolezza che andrà tra i migliori dell’anno e forse tra i preferiti della mia vita. Perché Ken Liu mette in scena due fazioni nemiche tra le quali c’è simmetria, poiché sono ad armi pari ed entrambe pensano di avere ragione, che si considerano vicendevolmente barbare per i motivi più disparati. Nella serie della Dinastia del Dente di Leone è sempre questione di punto di vista, i personaggi sono grigi non nel senso che non si capisce se le loro azioni siano buone o cattive, ma nel senso che la loro moralità cambia a seconda di chi li sta osservando, per cui si potrebbe giudicare il loro operato come positivo o negativo in base al tipo di conseguenze che ricade su di sé. Alla fine le vittime diventano carnefici e i carnefici vittime, cosa che spesso costringe a fare i conti con le proprie azioni passate e valutarle in prospettiva. Ed è anche qui che risiede la genialità di Ken Liu, perché non solo ha creato un mondo fantastico in bilico tra il fantasy e la fantascienza in cui tutto a parte le divinità è spiegabile razionalmente, non solo ha creato dei personaggi estremamente credibili e tridimensionali, ma per mostrare la simmetria che esiste tra un popolo e l’altro usa l’espediente di cui ho parlato prima: quello di mescolare le mitologia, per cui la cultura dominante non si riferisce solo al tipo di mitologia ritenuta “superiore” nel mondo primario e quella dominata non si rifà solo a un ciclo di leggende ritenuto “minore”. Ci ho messo un po’, ma sono arrivata al punto, scusate, sono un po’ gasata.

Sempre in materia di verosimiglianza e di tridimensionalità psicologica, l’autore non mi ha delusa nemmeno per quanto riguarda gli archi di formazione delle eroine: ne esistono di vari tipi e una donna in Il Muro di Tempeste non ha solo la guerra come occasione di legittimazione sociale, sebbene anche quella sia un’opzione, ma esistono anche lo studio, la scienza, l’abilità nello scegliere la giusta fazione a cui allearsi o a cui dare supporto perché i piatti della bilancia pendano dalla parte desiderata. Anche in questo caso, buone e cattive si confondono e a seconda del punto di vista tutto diventa relativo, persino una guerrafondaia invasora può essere compresa e capita, persino ammirata quando cavalca un drago in battaglia pur essendo incinta. E in effetti sono pochissimi i libri di narrativa speculativa che mi è capitato di leggere in cui la figura della madre abbia tutto il peso, sia in positivo che in negativo, che ha in Il Muro di Tempeste. Non tutte le figure materne sono tenere, ma sicuramente c’è una rappresentazione variegata tra madri chioccia, madri un pochino castranti e machiavelliche disposte a tutto per far prendere il potere al proprio pargolo, ma anche figure più positive ed equilibrate. In questo senso, ancora una volta Ken Liu ha fatto i compiti, perché nella sua rappresentazione variegata dell’animo umano, mai sfocia nella banalizzazione o nella strumentalizzazione delle istanze di una minoranza: qualsiasi caratteristica di genere, orientamento o altro viene sempre trattata come intrinseca della persona, non come il solo particolare peculiare, per esempio è il caso della gamba menomata di Zomi che, pur creandole delle difficoltà oggettive, non la pone mai davanti a un limite e riesce a diventare una delle studiose più rinomate del continente; le sue idee sono così chiare e vivide che lei stessa sembra prendere vita dalle pagine, tanto che alla fine la sua gamba diventa solo una delle tante cose che sappiamo di lei. E non è sicuramente la sola ad essere così approfondita, perché nel popolo di Dara non mancano nemmeno le coppie omogenitoriali, o semplicemente omosessuali, a volte persino per motivi politici e l’autore è così bravo a rendere tutto organico e amalgamato che non dà mai, mai l’impressione di usare la loro rappresentazione come bandiera o specchietto per le allodole, anche perché, come ho scritto in apertura, questa serie non ha nessuna intenzione di accontentare una vasta fetta di pubblico. È questa la narrativa inclusiva che voglio vedere, senza personaggi macchiette o token, ma finalmente una storia raccontata in modo intelligente, organico e strutturato da parte di una persona che veramente sa dove mettere le mani per rinnovare un genere letterario che rischia di ristagnare.

E in effetti, anche nel campo della guerra Ken Liu risulta un innovatore, perché per quanto riesca a rendere verosimile il lungo percorso di ricerca e sviluppo per comprendere gli armamenti della fazione avversaria (diciamocelo, niente fa galoppare la scienza quanto una guerra imminente), anche qui non si tratta semplicemente di andare in battaglia e vedere chi stermina più persone, si tenta prima un accordo diplomatico e si cerca una soluzione non violenta, per quanto non sempre possibile. E anche in questo caso, l’autore affida spesso questa sfida dialettica alle donne del romanzo, anche se non tutte vi saranno simpatiche e non sempre darete loro ragione, perché nessuna di loro è un angelo del focolare. 

Così come in materia di ruoli di genere e archi di formazione, Ken Liu si dimostra maestro anche nella trattazione delle razze non umane nel fantasy: se da una parte abbiamo una lunga tradizione in cui nella narrativa fantastica le razze non umane erano perfettamente sacrificabili, per quanto dotate di coscienza o intelligenza equiparabili, non ci si faceva mai molti problemi a ucciderle e andare avanti con la storia senza troppi rimorsi. Ecco, questo è il punto in cui Ken Liu introduce il disequilibrio, perché una fazione ha ridotto in schiavitù i draghi e li costringe a combattere in guerra sotto coercizione, mentre l’altra potrebbe usufruire di un vantaggio tattico simile ma non lo fa, non perché sia migliore, ma perché in tutta onestà non ne ha la possibilità. Il problema della schiavitù delle razze viene problematicizzata all’interno del libro ed è uno dei momenti in cui si sente più empatia, assieme a quello in cui, quando si dà loro la possibilità di scegliere, spesso decidono di non voler entrare nelle questioni umane. Sono sicura che questo aspetto verrà ulteriormente approfondito nel prossimo volume, lo aspetto con trepidazione.

Come c’era da aspettarsi, ci saranno alcuni addii da dire, non saranno sempre facili, ma con il trascorrere dei decenni è normale che il vecchio faccia spazio al nuovo. È vero che sono ottocento pagine, ma potete avere la certezza che Ken Liu non chiude mai con il cliffhanger, perché esattamente come il primo libro, anche Il Muro di Tempeste è narrativamente concluso nei suoi tre atti.

Sono pochissime le serie che riescono a mantenere una qualità così alta che era già difficile da ottenere in partenza. Ken Liu è un grande autore che sa come si gestisce una trama, come si crea un cast interessante e come usare magnificamente la prosa. Sicuramente non è una lettura leggera, ma se siete in vena di una serie fuori dai canoni, ma sicuramente epica dovete iniziate questa serie.


2 commenti:

  1. Ho avuto per molto tempo il primo libro di questa storia in libreria,però poi l'ho dato via perché avevo perso interesse. Ora me ne pento 🤣

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  2. Sembra un libro molto bello. Per il momento inserisco nella lista, ma prima vorrei finire alcuni libri che attendono ormai da troppo tempo.

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