martedì 16 maggio 2023

il Trono di Gelsomino

 Ciao, bellezze! La recensione di oggi riguarda un romanzo che ho atteso a lungo e che ho potuto leggere grazie all’evento organizzato dalla mia amica Franci e alla casa editrice che mi ha gentilmente fatto omaggio del libro. Bando alle ciance e ciance alle bande, cominciamo. 


  • Titolo: Il Trono di Gelsomino
  • Titolo originale: The Jasmine Throne
  • Autrice: Tasha Suri
  • Traduttore: Francesco Vitellini
  • Codice ISBN: 9788834743393
  • Casa editrice: Fanucci

Trama


Esiliata dal dispotico fratello, la principessa Malini passa le giornate tra le mura di un tempio in cui è tenuta prigioniera, sognando la sua vendetta. La giovane Priya, invece, tiene nascosta la sua identità e lavora come serva nella dimora dell’odiato reggente. Ma quando Priya viene assegnata alle stanze di Malini e quando quest’ultima scopre la vera natura dell’altra, i loro destini si intrecciano irrimediabilmente. Una principessa che vuole rubare il trono al fratello e una serva in possesso di una magia proibita che cerca disperatamente di salvare la propria famiglia. Insieme, metteranno a ferro e fuoco l’impero. The Jasmine Throne – Il trono di gelsomino dà inizio a una trilogia fantasy ambientata in un mondo ispirato alla storia e alle leggende indiane, in cui una principessa spietata e una potente sacerdotessa diventano delle improbabili alleate “in questo racconto ferocemente e sfacciatamente femminista” (S.A. Chakraborty).


Recensione e commento 

Fanart dal web

Aspettavo da più di un anno la pubblicazione italiana del primo romanzo della trilogia di Tasha Suri: L’Impero di Sabbia mi era particolarmente piaciuto, tanto da finire tra i migliori libri letti lo scorso anno, mi aveva conquistata per la sua atmosfera immersiva, ma soprattutto per la protagonista Mehr, che sentivo particolarmente affine a me (o a come vorrei essere).

Per cui è con un po’ di amaro in bocca che mi ritrovo a scrivere una recensione tendenzialmente tiepida per Il Trono di Gelsomino, che ha tanta carne al fuoco, con alcune cose fatte bene, altre molto meno.

Tanto per cominciare, partiamo con la struttura: cinquecentoventi pagine di cui troppe non necessarie. Nonostante io ami le ambientazioni che l’autrice è capace di creare e sebbene per me la lentezza in un romanzo sia un valore aggiunto che porta ad apprezzarlo a piccole dosi, in questo caso specifico mi sono ritrovata a pensare che fino a pagina trecento fosse confusionario e indeciso. Nello specifico, Il Trono di Gelsomino è un romanzo a focalizzazione variabile perché alterna i punti di vista dei personaggi, ma non tutti i capitoli sono funzionali. Infatti, Tasha Suri fa qualcosa che personalmente detesto perché denota pigrizia nella scrittura: fa saltare fuori un nuovo pov una tantum di punto in bianco a metà della storia e magari il personaggio appena introdotto muore in quello stesso capitolo. Avrebbe funzionato molto meglio farci arrivare determinate informazioni tramite lo sguardo delle principali oppure far accadere qualcosa fuori scena e raccontarlo successivamente in seconda o terza persona, senza frammentare la narrazione e le psicologie. Questo difetto era già presente nel precedente romanzo dell’autrice, ma qui appare addirittura esasperato e peggiorato, invece che limato fino a scomparire ed è il principale responsabile della sensazione di confusione che ho avuto fino a pagina trecento, momento nel quale ho dovuto fermarmi, mettere da parte il romanzo per due settimane e riprenderlo solo in un secondo momento, perché stavo rischiando un blocco del lettore che non potevo permettermi. E ripeto, il problema non è la lentezza in sé, che spesso serve a far crescere le dinamiche e prendersi il proprio tempo, è stato proprio un susseguirsi di dinamiche poco efficienti.

Salvo il libro più che altro per le ultime duecento pagine, che sono la parte che ha funzionato meglio sia per ritmo che per costruzione, anche perché naturalmente è quella in cui c’è una maggiore concentrazione di azione, oltre che di scene simboliche e catartiche. Inoltre, come forse è intuibile, vengono anche gettate le basi per il seguito, che leggerò sicuramente perché Tasha Suri merita un’altra occasione per stupirmi. 

Fanart dal web

Un altro elemento che ho trovato assai poco convincente è quello della storia d’amore saffica, perché che ci sia o non ci sia non fa molta differenza nella cifra totale del romanzo. Il Trono di Gelsomino è stato pubblicizzato come chissà quale storia a sfondo LGBTQI+, ma a conti fatti è qualcosa di così marginale che ho trovato non solo trascurabile, ma addirittura poco convincente. Personalmente non amo le storie d’amore smielate, quindi anche in questo caso il problema non è che manchino scene struggenti o occhioni dolci vari ed eventuali, quanto il fatto che il sentimento nasca quasi di punto in bianco perché, nelle intenzioni, funzionale sul lungo termine alla trama. La natura del rapporto delle due donne in questione avrebbe potuto essere di qualsiasi tipo e non sarebbe cambiato granché. Insomma, manca un po’ di mordente e anche in questo caso un po’ di convinzione in più.

Non è tutto da buttare, naturalmente, perché l’idea di fondo è ambiziosa e interessante, sicuramente originale e apprezzo molto che, anche in questo caso come nel romanzo precedente, Tasha Suri non dia troppe spiegazioni in merito alla cultura che sta raccontando, non si fa carico di educarci, ma lascia a noi il compito di andare a cercare ciò che non conosciamo, il che potrebbe essere un difetto se cercate una lettura leggera e non troppo impegnativa, ma senza dubbio un pregio se volete una narrazione che non si dilunghi in spiegazioni (a me ormai viene l’orticaria con gli spiegoni). Anche il sistema magico, basato su varie religioni, viene scoperto e raccontato poco alla volta. Non voglio spiegarvi niente, perché non sono nella posizione di farlo, ma questa è una cosa che invece è riuscita molto bene nel connubio tipico asiatico privo di una religione confessionale che riesce a mescolare varie fedi, che riescono a coesistere ed essere tutte vere contemporaneamente, al culto della madre terra che dà la vita, ma che può anche uccidere e per cui si uccide. Aria, acqua, terra, fuoco, profezie e malattie magiche sono tutti elementi che possiamo ritrovare, ma reinventati e totalmente imprevedibili, fuori dai canoni proprio perché pensati per una cultura diversa. 

L’autrice
I personaggi sono croce e delizia, perché presentano sia grossi pregi, sia enormi difetti. Da un lato, non tutte le psicologie sono adeguatamente approfondite, alla fine del romanzo avremo la sensazione di conoscere alcune persone di più, altre meno, problema a cui si poteva ovviare togliendo i pov inutili e mostrando gli eventi solo attraverso lo sguardo di chi era importante per la storia, ma su questo mi sono già dilungata; al tempo stesso, però, la trama è mandata avanti dalle ultime, dalle minoranze, da chi in genere sta sul retroscena e da lì riesce a tirare le fila, senza farsi vedere. È davvero apprezzabile che ci siano serve, principesse, nobildonne, sagge, guerrieri, ribelli, saggi e monaci a mostrarci il loro punto di vista, ma che invece sia del tutto marginale chi crede di detenere totalmente il potere temporale, come imperatori, re, nobili. È una storia mandata avanti da chi in genere non ha voce e pertanto ha imparato a sfruttare a proprio vantaggio la sua invisibilità, anche indossando maschere, reali o metaforiche che siano, e giocando sugli stereotipi che si vedono appiccicati addosso. Tra l’altro, in Il Trono di Gelsomino, una delle protagoniste più attive è Bhumika, una nobildonna incinta per la totalità del romanzo e che sarà colei che prenderà in mano la situazione in numerosi punti della storia, grazie alla sua rete di benevolenza costruita con pazienza. Bhumika mi ha stupita più di tutte, più della principessa Malini, che mi è in più occasioni rimasta indifferente, o della serva Priya, perché le donne incinte, o madri, o qualcosa di simile, che sono effettivamente protagoniste attive, e non solo mezzo per partorire prescelti e poi morire, nei romanzi fantasy posso contarle sulle dita di una mano. Bhumika è decisamente la mia preferita, nel caso non si fosse capito, è pragmatica e machiavellica, mentre si finge agnello innocuo per la maggior parte del tempo. 

Nel complesso, non mi sento di bocciare Il Trono di Gelsomino, ma resto abbastanza tiepida perché sono sicura che Tasha Suri poteva fare di più, dato che lo ha già fatto. Resto comunque curiosa di leggere il seguito, nella speranza che alcuni difetti vengano corretti e che non soffra della sindrome del libro di mezzo. Non mi resta che aspettare.

1 commento:

  1. Ho sempre avuto difficoltà con i Fantasy con ambientazioni orientali, arabeggianti o indiane. Purtroppo parto già col piede sbagliato. Se ero indecisa però, ora mi hai messo più dubbi🤣

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