lunedì 9 ottobre 2023

in memoriam

Ciao, bellezze! Per questa prima collaborazione con Garzanti, che ringrazio per la copia omaggio, non voglio indugiare nemmeno un secondo, per curi ringrazio Valeria per aver organizzato l’evento e cominciamo!


  • Titolo: In memoriam
  • Titolo originale: In memoriam
  • Autrice: Alice Winn
  • Traduzione di: Federica Merati & Roberta Scarabelli
  • Codice ISBN: 9788811008477
  • Casa editrice: Garzanti
Trama

Alla fine di tutto, per tutti, l'inverno diventa primavera. Quando ha ascoltato per la prima volta i versi di "In Memoriam" di Tennyson, Gaunt era all'ultimo anno di scuola. Ricorda perfettamente la voce baritonale del suo migliore amico Sidney mentre li recitava nel cortile del collegio, in un pomeriggio plumbeo. È stata una bella giornata, quella, pensa, sdraiato su una brandina cigolante, con la testa bendata e la mascella rigida. Rigida come la bocca spalancata del soldato che ha calpestato fuggendo per trovare riparo in trincea. Non riesce a toglierselo dalla testa e le uniche cose che lo tengono ancorato alla realtà sono Tennyson e le lettere che Sidney gli ha inviato dall'Inghilterra, dandogli notizie sui compagni, sulle lezioni, sugli studi. Gaunt darebbe l'anima per tornare a quei giorni, a discutere di metrica e poesia greca, invece di indossare la divisa. In collegio l'eco delle bombe e dei proiettili era pioggia, qui è tuono insondabile. Eppure ci sono quei versi. Eppure ci sono due braccia che lo stringono forte e un corpo caldo con cui condividere il misero spazio della brandina. Il respiro di Sidney, accanto a Gaunt, lo rassicura e, lentamente, lo rende consapevole del cuore che batte. D'altronde, la letteratura lo insegna: la tragedia della guerra non può annientare l'amore. Una storia che racconta ombre e luci dell'inizio del Novecento, attraverso gli occhi di due giovani uomini che trovano l'uno nell'altro la forza di superare l'insensatezza del conflitto e consolazione nell'immortale lezione dei classici, appresa tra i banchi di scuola.


Recensione e commento 

Il romanzo storico è uno dei miei generi preferiti, anche se non lo leggo spesso quanto mi piacerebbe, per cui non mi sono fatta sfuggire l’occasione di leggere In memoriam appena è stato pubblicato in italiano, dopo che la mia amica Valeria me ne aveva parlato così bene in privato.

Ho diverse cose da dire su questo titolo, alcune molto positive, altre meno, e a volte le une sfumano nelle altre. Ad esempio, ho apprezzato moltissimo la parte relativa alla ricostruzione storica della Pima guerra mondiale, ma molto meno quella relativa alla trattazione dell’omosessualità in quegli anni. 

Volendo sviscerare questo secondo aspetto, che è quello che troviamo proprio in apertura del libro, sono rimasta perplessa da come sia stato affrontato all’interno del contesto del collegio maschile degli anni Dieci. Se da un lato è vero, storicamente e sociologicamente attendibile che nei luoghi abitati da persone di un solo genere ci sia un alto tasso di rapporti omosessuali, come appunto i collegi o le carceri, è anche vero che spesso si tratta di rapporti puramente punitivi e soverchianti finalizzati alla dominazione, e nel contesto del romanzo nello specifico mi ha un po’ spiazzata vedere che all’interno della scuola ci fosse questo nonnismo che sfociava nella violenza sessuale (ripeto, anche in modo storicamente accurato), ma che ciò venisse riconosciuto come tale dalla voce narrante solo a posteriori, mentre sul momento diversi di questi rapporti venissero romanticizzati e mostrati sotto un occhio un po’ feticizzante, più che critico o quantomeno distaccato. 

Sempre relativamente a questo tema, ci sono state altre due occasioni che mi hanno fatto storcere il naso e sono strettamente legate alla guerra e alle sue dinamiche. Tanto per cominciare, per essere gli anni Dieci del Novecento, c’è stata un po’ troppa apertura mentale, nel senso che quando l’omosessualità dei due protagonisti saltava fuori, per un motivo o per l’altro, la reazione generale in soldoni era “ma sì, alla fine ciascuno è fatto a proprio modo”. In questo libro c’è un solo omofobo (passatemi il termine filologicamente poco accurato per un periodo in cui era la norma e non un fenomeno da combattere) e addirittura cerca di fare ammenda, mentre tutte le altre persone, soprattutto i soldati, hanno una reazione assolutamente moderna e invidiabile per quello che ai tempi era un crimine da corte marziale e pena capitale. Da qui il secondo elemento: sarebbe stato interessante, nel contesto tragico, assurdo, paradossale e logorante della guerra di trincea, vedere come un omosessuale avesse anche la preoccupazione di non farsi scoprire dai suoi stessi compagni, oltre che di non farsi uccidere dai nemici, mentre qui la preoccupazione, per quanto legittima, è quella di raggiungere l’altro e assicurarsi che stia bene.

Ma non mi fraintendete, ho speso fiumi di parole per dire quello che non ho apprezzato, ma il libro, nel suo complesso, mi è piaciuto e mi ha fatto molto riflettere. La parte relativa alla guerra, infatti, è costruita molto bene, è convincente ed è impossibile che lasci emotivamente indifferenti. Una pagina dopo l’altra viviamo sulla nostra pelle il massacro di un ragazzino dopo l’altro. Ragazzini, spesso minorenni, cresciuti con i classici Greci e Latini che dichiarano il falso pur di arruolarsi, che hanno gli occhi che brillano al pensiero delle gesta eroiche che compiranno in battaglia. Ragazzini che volevano essere Leonida e alla fine sono meno che carne da macello. Non mi viene in mente nemmeno un paragone, perché la carne da macello almeno serve a qualcosa, un animale, con tutte gli scrupoli etici che si può avere, muore per essere mangiato, mentre il muro di ragazzini, sporchi, denutriti, infreddoliti, scalzi, mandati a prendere proiettili in battaglia sono serviti solo a riempire le fosse di una guerra pretestuosa, stupida, che non è servita a niente e a nessuno se non a sventrare un impero troppo scomodo a spese di milioni di innocenti. Alice Winn è stata bravissima a far trasudare le pagine di rabbia e di senso di ingiustizia ed è riuscita a dipingere in modo impeccabile quanto tutta la società fosse impregnata da questo bellicismo interiorizzato: l’estetizzazione della guerra non riguardava solo i ragazzi che volevano andare in guerra per dimostrarsi uomini, ma anche le madri che domandavano loro di arruolarsi per trarne dei vantaggi sociali e le complete estranee che per strada davano dei codardi ai ragazzi intorno ai diciotto anni perché il culto della guerra, una guerra che è stata presa sotto gamba, che doveva essere veloce e indolore e portare gloria all’impero inglese, in qualche modo riguardava anche loro, come se spingere i ragazzi in guerra fosse parte del loro compito sociale. Ci sono scene che indignano al punto da voler quasi strappare il libro, come quando un superiore rimprovera ai soldati semplici di non aver lucidato i bottoni anche se sono appena usciti, traumatizzati e a mala pena in piedi, da una missione suicida. Sono le scene che ho trovato più significative, perché nella loro emotività fanno anche comprendere la grande insensatezza della guerra e la mancanza di scrupoli di chi sta in alto.

Ho molto apprezzato la scelta dell’autrice di non mostrare i tedeschi come dei mostri: anche loro sono profondamente umani, anche loro sono dei ragazzini, esattamente come gli inglesi, e anche loro sono in trincea a sprecare le loro giovani vite per una guerra inutile, pretestuosa e che non hanno chiesto. I soldati tedeschi saranno capaci di gesti di grande umanità, non in modo apologetico, non per mostrarli come pecorelle smarrite e incomprese, ma solo per mostrare quanto fossero persone capacissime dell’umanità normale, basica, che in questo inferno brilla come straordinaria. 

Per quanto il libro sia nel complesso pregevole, alcuni problemi sono derivati dalla traduzione in italiano, che nella prima parte è un po’ carente perché riporta male alcune età anagrafiche, con risultati grotteschi, cambia la punteggiatura dei periodi (e con essa il loro senso), oltre al fatto che alcune espressioni vengono rese in modo anacronistico, con dei termini non ancora esistenti in quel periodo. Tuttavia, a onor del vero, questo problema non si presenta nella seconda parte del libro. Giuro che ho controllato tutto prima di scrivere questo paragrafo, non linciatemi, ma giuro che ci sono stati dei momenti in cui la sospensione dell’incredulità è venuta meno proprio perché alcune cose non tornavano e andando a controllare in originale invece erano corrette.

Tirando le somme, In Memoriam è un bellissimo libro sulla Prima guerra mondiale, dal quale scaturiscono numerose riflessioni, mentre la parte relativa all’omosessualità è più che altro una love story in condizioni tragiche senza troppe implicazioni sociali. È una lettura che, nel bene o nel male, non può lasciare indifferenti.

1 commento:

  1. Ho questo libro nella mia lista dei 'forse' da prima che uscisse e non riesco a prendere una decisione sul da farsi.

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