mercoledì 7 agosto 2024

Il Regno delle Ceneri

  • Titolo: Il Regno delle Ceneri
  • Titolo originale: Realm of Ash
  • Autrice: Tasha Suri
  • Traduttrice: Sofia Brizio
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788834744390
  • Casa editrice: Fanucci
Trama


L’Impero di Ambha si sta sgretolando. Una terribile guerra di successione si profila all’orizzonte. L’unica speranza di pace risiede nel misterioso regno delle ceneri, dove i mortali possono trovare ciò che cercano negli echi dei sogni dei loro antenati. Il prezzo per arrivarci è altissimo, ma Arwa è determinata a compiere il viaggio. Rimasta vedova in seguito a un brutale massacro, ha giurato di servire la famiglia imperiale fino alla fine. Non si sarebbe mai aspettata di essere affiancata da Zahir, il principe illegittimo e caduto in disgrazia che si è rivolto alla magia proibita nel tentativo disperato di salvare coloro che ama. Insieme, percorreranno il sanguinoso cammino del loro passato. E metteranno in discussione tutto ciò in cui hanno sempre creduto, compreso se valga o meno la pena di combattere per salvare l’Impero. Con "Il regno delle ceneri" si conclude la dilogia "I libri di Ambha".

Recensione e commento

Ho atteso Il Regno delle Ceneri praticamente da quando ho concluso L’Impero di Sabbia, un libro con una protagonista che era acqua cheta che corrodeva i ponti, non preda degli sbalzi d’umore di molte protagoniste ya, ma capace di mordersi la lingua e aspettare il momento giusto per agire.

Il secondo romanzo della dilogia non riguarda lei, ma la sorella minore, ad anni di distanza dalla partenza di Mehr. Sapevo già questo risvolto prima di iniziare la lettura, i problemi (perché ci sono stati dei problemi) non sono iniziati qui. Arwa avrebbe dovuto essere un personaggio fortemente empatizzabile, perché il romanzo si apre con lei appena rimasta vedova che si ritira in un monastero di sole donne per poter piangere il lutto. Questa era la parte che avrei voluto vedere di più, ma della sua interiorità, del suo dolore, conosciamo ben poco. Di suo marito sappiamo a stento tre cose: il suo nome, che era un militare e che aveva la barba. All’inizio del libro, il loro ci era stato presentato come un matrimonio d’amore, poiché secondo la cultura di quel regno le donne devono scegliere da sole il proprio sposo, ma durante tutto il libro questo concetto si è perso via via: il defunto marito viene raccontato sempre più come un errore e ho trovato la cosa molto triste. Per giustificare una nuova storia d’amore e renderla più frizzante è necessario renderla l’unica autentica della vita di una persona? Non ci si può innamorare più volte nella vita? Chiariamoci, questi non sono dei difetti oggettivi del libro, ma sono qualcosa che a me personalmente ha dato fastidio sul lungo termine proprio perché sembrava che l’idea di partenza fosse diversa da quella che è stata portata avanti e che il tutto fosse piegato a farci tifare per una ship che personalmente non ho apprezzato proprio perché il lutto non è stato vissuto fino in fondo e il sapore era un po’ quello di un chiodo che scaccia un altro chiodo. Sembrava che alla fine di questo marito ad Arwa interessasse poco, quando le premesse erano ben diverse. Avrei visto benissimo Arwa e Zahir come amici, ma a quanto pare ultimamente è obbligatorio che la love story ci sia per forza, anche se forzata e piena di problemi. 

Al di là di questa considerazione del tutto personale, che però potrebbe interessarvi se avete una sensibilità simile alla mia, il libro ha anche dei problemi oggettivi sia per forma che per contenuto. Innanzitutto, è chiarissimo che il libro dovesse essere più lungo, in origine,  e che siano stati fatti dei tagli senza adattare il contenuto. In questo modo ci sono delle parti in cui Arwa capisce delle cose assolutamente senza indizi, facendo dei salti cognitivi veramente pindarici e che spesso non stanno in piedi. È come se in questi stralci del romanzo intervenisse una voce esterna a spiegarci quello che tecnicamente avrebbe dovuto venirci cominciato tramite degli indizi che poi la protagonista dovrebbe mettere insieme, ma tutta questa struttura non c’è, per cui serve l’infodump per raccontarci tutto quello che la protagonista capisce da sola ma che non dovrebbe sapere affatto, rendendo il tutto estremamente macchinoso. In questi momenti, mi ritrovavo a voltare le pagine all’indietro per controllare di non essermi persa nulla, ma così non era, c’erano proprio dei tagli che portati avanti mi hanno confuso molto le idee su chi avesse detto cosa, cosa fosse stato scoperto da chi e così via. 

Una possibile conseguenza di questi tagli, oltre all’infodump e ai salti cognitivi, è anche che i personaggi siano disposti a cambiare idea su delle convinzioni che hanno avuto per una vita intera senza battere minimamente ciglio e senza avere bisogno di tempo per elaborare. Immaginate come vi sentireste se domani qualcuno vi dicesse che, esempio per assurdo non legato al libro, vostra madre in realtà è Diabolik. Rispondereste “Ah, ok” oppure avreste un attimo di negazione? Ecco, qui l’attimo di negazione non esiste mai, ed è ciò che mi ha lasciata maggiormente perplessa perché è come se non ci trovassimo davanti alle azioni di esseri umani ma di robot con una memoria sovrascrivibile solo perché la trama doveva andare in una direzione prestabilita.

Ma, nonostante complessivamente il libro non mi abbia per nulla convinta, se faccio un passo indietro e lo guardo da lontano per osservarlo nel suo complesso, non posso non ammettere che ha anche dei pregi, soprattutto nei temi trattati. Per quanto non mi abbia convinta, il tema del lutto è interessante, specialmente nel modo in cui esso deve essere vissuto da un punto di vista culturale e sociale. Inoltre, per quanto la coppia in sé e per sé non sia tra le mie preferite e io non abbia percepito chimica, ci sono comunque degli elementi apprezzabili, soprattutto nel suo essere non canonica, dato che abbiamo una protagonista già adulta e già sposata, di aspetto gradevole ma non bella impossibile e una controparte maschile fuori dallo stereotipo del bel tenebroso palestrato con la mascella squadrata. Zahir è minuto e pallido a causa del suo isolamento e sotto moltissimi aspetti è praticamente il corrispettivo magico di un nerd. Poi, c’è anche il tema molto spinoso di come si gestisce il rapporto con delle persone buone che però stanno dalla parte sbagliata o hanno creduto per tutta la vita in idee senza fondamento. Oltre a questo, chiaramente ci sono molti approfondimenti sull’identità e sul trovare la propria essenza in un mondo che ci plasma a sua immagine e somiglianza, anche raccontandoci bugie comode per proteggerci.

In conclusione, avevo altissime aspettative verso questo libro, che non è stato una delusione completa, eppure non ha nemmeno saputo soddisfarmi al cento percento. Amo la penna di Suri nel descrivere luoghi magici sospesi nel tempo, ma la storia traballa un po’ a causa della sua struttura instabile. Incrociamo le dita per La Spada di Oleandro, in uscita a ottobre.

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