- Titolo: Juniper & Thorn
- Titolo originale: Juniper & Thorn
- Autrice: Ava Reid
- Traduttrice: Giorgia Demuro
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN: 9134567819087
- Casa editrice: Ne/on
Juniper and Thorn è il secondo romanzo che leggo della produzione di Ava Reid, della quale ho amato A Study in Drowning. Il problema è che mettendo in relazione i due libri, determinate scene e determinati espedienti appaiono molto simili, non necessariamente nel tono, ma sicuramente nel significato e nella sua rappresentazione. Non voglio dilungarmi per il rischio di fare spoiler, ma ho la sensazione che determinate scene siano state scritte e riscritte dall’autrice per calarsi in una sorta di catarsi per elaborare qualcosa del suo vissuto personale e personalmente non sono il tipo di lettrice che ama rileggere la stessa storia scritta più volte. Allo stesso modo anche determinati simboli e la maniera in cui vengono usati sono simili, in particolare mi viene in mente quello dello specchio, che in A Study in Drowning era comunque più metaforizzato, meno dichiarato ed esplicito rispetto al modo in cui viene usato in Juniper and Thorn. Tuttavia, va anche detto che ciascun romanzo andrebbe preso singolarmente e ciò che ho detto fino a questo punto è valido esclusivamente mettendo in relazione due storie che non sono collegate e che io ho letto in ordine invertito rispetto alle date di pubblicazione.
L’altro elemento che è stato poco convincente è la ripetitività: in determinate fasi del libro c’è perfetta corrispondenza tra quello che la protagonista pensa e quello che dice immediatamente dopo nel discorso diretto, così come i suoi pensieri sono sempre gli stessi (che è brutta, insignificante e cosa vorrebbe fare al suo corpo che odia). Inoltre, la presenza delle similitudini rischia di diventare ingombrante: per quanto siano tutte molto belle ed evocative, a volte ce ne sono anche quattro nella stessa pagina e rischiano di appesantire troppo la prosa.
Finito con i difetti, passiamo all’analisi e al commento sui contenuti veri e propri.
Ava Reid utilizza il linguaggio della fiaba per raccontarci qualcosa che fiaba non è. Nelle fiabe le fanciulle sono bellissime e oneste, la bontà è premiata e l’altruismo ti salva. Qui abbiamo una protagonista, terzogenita, dall’aspetto insignificante (o così dice lei, dall’alto del suo essere una narratrice inattendibile) che ha la possibilità di salvarsi esclusivamente perdendo la sua ingenuità e concedendosi lo spazi di essere egoista. Questa parola, “egoista”, le viene rinfacciata ogniqualvolta desidera qualcosa per sé stessa che non sia essere la schiava del padre, che non sia nutrirsi delle briciole e degli avanzi: ogni volta che tenta qualcosa di più che sopravvivere viene accusata di essere egoista e di mettere in pericolo le sue sorelle, quando loro per prime non ricambiano la cortesia. In questo senso, meraviglioso è tutto il discorso sul cibo, che per tutto il romanzo racconta un rapporto di potere in cui chi è alla base della catena alimentare deve occupare meno spazio possibile mentre chi è in cima è ingombrante ma non si accontenta mai. Eppure, se da un lato è vero che il carnefice ha potere sulla vittima, in questo caso la manipolazione ha fatto in modo tale che la vittima non si renda conto di avere lo stesso potere su di lui.
Infatti, credo che il viaggio di Marlinchen sia un viaggio nella sua trasfigurazione tramite la rabbia, perché passa dall’essere una ragazza piagnucolosa, all’inizio del libro, quando vorresti solo darle una scollata e dirle di svegliarsi, all’essere sempre più infuriata per le ingiustizie che subisce quotidianamente. Il suo arco di trasformazione è mostrato anche graficamente tramite il suo abbigliamento, perché passiamo da un incipit in cui indossa un ingombrante abito pieno di balze, stecche e corsetti, a sempre più impalpabili vestaglie fino a essere mezza nuda verso la fine del libro, proprio per raccontare il suo passaggio da fanciulla, ingenua e in balia degli eventi, a strega padrona del suo potere e che non deve necessariamente perdonare per guarire, perché a volte per guarire serve spezzare qualcosa per sempre.
Altra cosa che mi sento di specificare: la storia d’amore non è centrale. È puramente funzionale allo sviluppo di Marlinchen come strega, ma non è assolutamente avvicinabile a quella di un fantasy romance, anche perché Sven è poco caratterizzato come coprotagonista. Non sono stata una grande fan della loro relazione, perché non mi sembra basata su degli ottimi presupposti, eppure non riesco a vederlo al cento percento come un difetto sia perché credo che la crudezza di tutto ciò sia perfettamente calata in quella del libro, sia perché appunto ho trovato evidente la funzione che ha avuto a livello simbolico. Ultima specificazione che faccio: il worldbuilding potrebbe apparire poco approfondito, ma ciò è perché, per quanto sia un autoconclusivo, è ambientato nello stesso universo di The Woolf and the Woodsman, che è stato pubblicato precedentemente.
Con le dovute precauzioni (leggete i TW) penso che Juniper and Thorn sia un libro solidissimo per trama e ritmo. È sicuramente una lettura che potrebbe non essere adatta a voi e la protagonista potrebbe non piacervi, ma sicuramente merita una possibilità.
TW:
Violenza domestica
Violenza sessuale
Violenza psicologica
Femminicidio
Disturbi alimentari
Dipendenze
Autolesionismo
Morte di animali
Torture su animali
Adoro come riesci sempre a esprimerti così bene, questa lettura mi è piaciuta moltissimo e la cosa che l'ha resa ancora più bella è stata leggerla insieme e soprattutto commentarla!
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