- Titolo: Il Pineta dell’Esilio
- Titolo originale: Planet of Exile
- Autrice: Ursula K. Le Guin
- Traduttore: Riccardi Valla
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN: 9788804798521
- Casa editrice: Mondadori
Trama
Su Werel, terzo pianeta del sistema di Gamma Draconis, le stagioni durano decine d'anni terrestri, e ora l'Autunno sta per finire. L'Inverno sarà una sorpresa per le generazioni più giovani, che non l'hanno mai conosciuto, e una dura prova per tutti. Ma le ostilità del clima non sono le sole contro cui gli abitanti devono combattere: ci sono anche i barbari Gaal e i mostruosi diavoli della neve. La contesa contro la natura avversa e i nemici esterni unisce le due razze umanoidi di Werel: i Nati Lontano, ultimi superstiti della colonia hainita che vivono nella città costiera di Landin, ormai isolati da oltre seicento anni dalla madrepatria, e i nomadi nativi del pianeta. È così che Jakob Agat Alterra, discendente degli "alieni" hainiti, conosce la giovane Rolery, figlia di un capo Clan nativo, e se ne innamora. Ma non sarà facile stabilire un'alleanza fra due razze che sembrano destinate all'eterna incomprensione. Pubblicato nel 1966, "Il pianeta dell'esilio" costituisce il secondo tassello del ciclo dell'Ecumene, un grandioso affresco della storia futura dell'umanità che Ursula K. Le Guin tratteggia con un'eccezionale abilità nel dare vita sulla pagina ad affascinanti mondi alieni.
Recensione e commento
Il Pianeta dell’Esilio è in ordine di cronologia interna il secondo libro del ciclo dell’Ecumene e, essendo stato scritto nel 1966, è precedente a quello che l’autrice stessa chiama “il suo risveglio femminista”.
Infatti, è proprio Le Guin stessa a fornirci la chiave di lettura di questo romanzo nell’introduzione che è stata pubblicata con l’edizione del 1978, dove racconta di non essere stata consapevole, fino a un certo punto della sua vita, di aver creato storie ricche di uomini che prendono il sopravvento e di donne che agiscono molto meno. Eppure, il suo avvicinamento alla filosofia taoista le ha consentito di creare una protagonista, Rolery, che agisce secondo il principio del wu Wei, l’agire tramite il non agire. Per questo motivo, il Pianeta dell’Esilio mi è risultato una lettura più piacevole rispetto a Il Mondo di Roccanon, ma meno di altri romanzi successivi, perché più maturi e consapevoli sotto il profilo femminista.
Eppure, i temi cari all’autrice qui ci sono tutti e sono narrati in una storia tutto sommato lineare ma complessa sotto il punto di vista dell’ambientazione e dell’approfondimento psicologico. Il mondo in cui ci troviamo è un pianeta in cui le stagioni cambiano una sola volta nella vita delle persone perché un singolo anno solare dura circa settanta dei nostri anni. Su Werel sono sbarcati gli hainiti da centinaia di anni terrestri e scopriamo numerose informazioni riguardo all’Ecuemene: ai suoi rappresentanti è vietato imporre sistemi culturali, tecnologici o religiosi sui pianeti di approdo per non sfociare in dinamiche colonialiste. Sfortunatamente ciò porta a uno stallo lungo generazioni perché gli hainiti restano incastrati nella memoria del passato, perdono conoscenze comuni nella loro casa di origine e dimenticano nozioni che nella loro vita attuale non hanno più utilità né importanza, sentendo di non appartenere né al mondo da cui provengono, né a quello in cui si trovano, il tutto mentre aspettano invano che le popolazioni locali sviluppino un grado tecnologico sufficiente a giustificare la loro entrata nella Lega di Tutti i Mondi. Questa storia, nonostante si concentri sulla guerra, parla di come due popoli che non riescono a mischiarsi né culturalmente né biologicamente, alla fine facciano tabula rasa per riuscire a creare qualcosa di nuovo.
Entrambi i popoli, sia l’approdato che il nativo, considerano sé stessi i veri umani e “alieno” chi non appartiene alla loro specie, nonostante i punti di incontro siano molteplici e prolungati nel tempo. Non è semplice creare qualcosa e in effetti Il Pianeta dell’Esilio si conclude con una speranza, con un punto di partenza più che di approdo, ed è un processo che la generazione corrente vive con sofferenza, perdendo molto mentre nasce qualcosa di nuovo, eppure per me è stato emblematico il modo in cui la vita riesce ad adattarsi a qualsiasi condizione e cambi costantemente, con ostinazione.
Come sempre, anche il livello della scrittura è altissimo, ma questa volta Le Guin si è spinta persino oltre, perché pur raccontando con narratore esterno mantiene una focalizzazione interna mobile che rende perfettamente la psicologia del personaggio in scena in quel momento, dai conflitti di interiori di Agat, alla costate perdita del filo del discorso da parte dell’anziano Wold, ormai alla fine dei suoi giorni.
Il Pianeta dell’Esilio è una storia di comprensione dell’altrǝ, di vicinanza e incontro specialmente nei momenti di crisi, di scegliere di vedere le somiglianze invece di evidenziare le similitudini. Le Guin è riuscita a emozionarmi un’altra volta.