Shizuka Satomi, leggendaria insegnante di musica, ha fatto un patto con un demone: per salvarsi l'anima, deve spingere sette virtuosi del violino a vendere le loro. Finora ne ha convinti sei. L'ultima potrebbe essere Katrina Nguyen, ragazza transgender in fuga dotata di un talento tanto incolto quanto prodigioso. Quando Shizuka la sente suonare per la prima volta, tira un sospiro di sollievo e sente già le porte dell'Inferno che si allontanano da lei. Sì, Katrina è l'ultima allieva che le occorre per essere salva. Anche se, forse… Il fatto è che, in un negozio di ciambelle lungo una superstrada nella San Gabriel Valley, in California, Shizuka ha appena conosciuto Lan Tran, capitana di navi spaziali, rifugiata interstellare e madre di quattro figli. Shizuka non ha certo tempo da perdere con gli appuntamenti al caffè, c'è in gioco il destino della sua anima immortale! Ma lo sguardo dolce e l'irresistibile sorriso di Lan la costringono a ridefinire la sua lista di priorità. E poi, chissà, anche una cosa piccola come una ciambella calda potrebbe rivelarsi abbastanza potente da spezzare una maledizione...
Recensione e commento
Lo so cosa state pensando: avete appena finito di leggere la trama di Luce dalle altre Stelle e adesso credete che sia un mapazzone pieno zeppo di cose che non hanno niente a che fare l’una con l’altra. Fantascienza, fantasy, ciambelle, musica. Troppa roba!
Invece, sono molto felice di contraddirvi, perché la lettura di Luce dalle altre Stelle è scivolata via velocissima e semplice, al tempo stesso immersiva e meditativa. È un libro talmente strano e originale che dovete provare per capire se faccia al caso vostro, ma che sia così o no, di sicuro vi lascerà qualcosa. È una storia in cui nulla viene mai lasciato al caso, tutto significa sempre qualcosa, con varie stratificazioni di significato e sono sicura di non averle nemmeno colte tutte, perché se sarete voi a leggere Luce dalle altre Stelle potreste vedere cose diverse dalle mie e molte altre ancora.
Tanto per cominciare, uno degli aspetti centrali di questo romanzo è la rappresentazione della transessualità, non edulcorata e mostrata spesso nelle sue parti peggiori: quelle della non accettazione da parte delle famiglie e da parte della comunità LGB stessa. T volutamente omessa, perché non tutte le persone che appartengono alla comunità queer sono necessariamente accoglienti verso tutt* e in Luce dalle altre Stelle si cerca di mostrare alcuni problemi intrinsechi alla comunità che spesso si finge di non vedere. Quella mostrata è la società in cui le persone transgender sono costrette a finire nel mondo della prostituzione o del sex working proprio a causa dello stigma sociale che le vede esclusivamente come fetish sessuali, mai come persone normali in grado di avere un lavoro qualsiasi. Per Katrina, il sex work è al tempo stesso l’unica strada che possa intraprendere, ma anche via di fuga dalla sua famiglia abusiva grazie all’indipendenza economica che riesce a ottenere in questo modo. Insomma, le difficoltà sociali delle persone transgender vengono trattate in modo realistico, incluse le circostante in cui la loro identità di genere viene utilizzata come token negli ambienti sociali conservatori, nei quali la diversità viene usata solo per essere messa in vetrina e strumentalizzata, anche quando Katrina non vuole viene spersonalizzata per essere contrassegnata esclusivamente come “la trans”. Aggettivo che diventa un’etichetta da appiccicarle addosso e che la priva di ogni sua caratteristica e sembra impedire a chi la ascolta di cogliere veramente il suo lato artistico, la sua anima.
In effetti, il discorso sull’anima è quello per il quale ho trovato più significati. Prendete qualcosa di caldo e sedetevi, perché staremo qui per un po’. Uno dei vari tipi di anima di cui si parla è quello classicamente inteso come lo spirito che abita un corpo e che è la sola cosa di cui dovrebbe importare quando si parla di arte. Qualsiasi tipo di arte, da quella figurativa, alla musica, all’artigianato, è il cuore delle cose, ciò che veramente è importante di noi, al di là della nostra etnia, del genere e dell’orientamento, del nostro corpo in quanto carne e basta; eppure non è così, dato noi esseri umani continuiamo a concentrarci su cose di nessuna importanza, come l’aspetto fisico o retaggi culturali vecchi di millenni. Anche se, purtroppo, è lo stesso tipo di anima che bisogna vendere al diavolo per avere successo in certi ambiti, specialmente quello dello spettacolo, costellato di arrivismo e glamour, ma ormai scevro d’arte nella sua accezione più pura. Qui l’autrice ci mostra il dietro le quinte: non solo la fatica dell’esercizio costante, ma l’autolesionismo, gli stati d’ansia, la rivalità malsana, il giudizio altrui basato sull'estetica e non sulla performance. E in un momento “vendere l’anima al diavolo” diventa letterale.
Il violino stesso, per funzionare, ha bisogno di un’anima, che è letteralmente un pezzettino di legno collocato al suo interno e che rende unica la sua voce. Spostata di poco, l’anima cambia completamente il suono dello strumento e io mi sono emozionata ogni singola volta che l’autrice faceva dei parallelismi tra la musica e le persone, perché ho sentito tutto il suo amore e la sua passione per quello che voleva comunicare. Anche la parte fantascientifica del romanzo fornisce un’interpretazione sull’anima e pone un interrogativo con il quale le neuroscience sono alle prese: se si crea una IA a partire dalla mappatura cerebrale di una persona vera, allora quella è la sua anima, la sua coscienza? O serve necessariamente un corpo biologico da abitare perché una persona sia ritenuta tale? Le nuove frontiere tecnologiche potrebbero avere delle risposte interessanti.
Il rapporto che Katrina ha con il suo corpo avrà degli effetti anche in relazione con la musica e, in modo non così paradossale, dovrà imparare ad accettare anche le cose di sé che non le piacciono, se vorrà che la sua anima venga fuori come lei vuole dalla sua musica. E in tanti modi diversi, anche in questo senso, Ryka Aoki riesce a utilizzare un simbolo per dire qualcosa di molto profondo. Perché, esattamente come le persone, la musica non è sempre come ci si aspetta o come la si vuole, a volte ci sono note dove si vorrebbero silenzi e silenzi dove ci si aspetterebbe note, ma non ci si deve scusare della propria essenza, esattamente nello stesso modo in cui un pentagramma non si scusa della musica che ha scritta sopra. Sono i difetti, i pieni e i vuoti che ci rendono chi siamo. Lo stesso parallelismo si riesce a fare per quanto riguarda i violini, che hanno ognuno la propria voce e richiedono costanti cure e attenzioni, e le ciambelle dello Starrgate, che non hanno tanto successo quando escono da una catena di montaggio. Il segreto per farle buone, infatti, è che ci si metta cura, che siano prodotte seguendo dei tempi giusti per loro, che ciascuna sia leggermente diversa dall’altra. Ciò che rende speciale una ciambella è la piccola crosticina bruciata diversa dalla sua compagna di infornata, che magari ha qualche scaglietta di zucchero in più.
Le ciambelle non sono l’unico cibo presente nel romanzo, anzi, se lo leggerete di sicuro vi verrà fame, dato che i momenti conviviali hanno spesso come filo conduttore proprio il cibo. Nello stesso modo in cui Alessandro Manzoni apre I Promessi Sposi descrivendo nel dettaglio il paesaggio per mostrare quanto sia bella l’Italia, Ryka Aoki racconta tantissimi cibi di diverse tradizioni asiatiche proprio con l’intento di mostrare quanto questo continente sia vasto e bellissimo, e di quanto le accuse dell’Occidente che vede gli asiatici come automi tutti uguali e privi di anima siano infondate. Eppure, il cibo non ha solo lo scopo di mostrare momenti di intimità tra le personagge: ci sono addirittura figure che non interverranno mai nella trama, ma che verranno spesso nominate perché donano i frutti del proprio orticello ai vicini di casa. Insomma, il cibo rappresenta un senso di appartenenza comunitario sia in senso tradizionale, sia in senso più ampio, legato ai rapporti di quieto vivere e buon vicinato. È un prendersi cura delle cose e delle persone: le ciambelle lievitano se ricevono cure e tempo, così come le persone. Noi non vediamo mai Katrina condividere un pasto con la sua famiglia biologica, che abusa di lei e la ripudia, ma ne condividerà tantissimi con la sua insegnante di violino e la sua domestica, Astrid, una donna adorabile e materna che passa gran parte dello spazio che le viene dedicato nel libro a preparare manicaretti deliziosi per una protagonista che non ha mai ricevuto amore. Lo fa spesso trasformando i prodotti che ha a sua volta ricevuto da altri, in un circolo virtuoso che spezza il ciclo di abusi e trasforma l’amore in amore più grande.
Ci sono varie diramazioni per quanto riguarda la questione asiatica, perché come ho già accennato uno degli intenti dell’autrice è proprio quello di mostrare le persone asiatiche come esseri umani uguali a tutti gli altri. Sembrerà pleonastico dirlo, ma visto il periodo storico in cui stiamo vivendo probabilmente non lo è. L’Asia viene considerata come una sorta di fabbrica, sia di prodotti di bassa qualità, sia di persone di bassa qualità. Non è così: il tema viene trattato tramite un cast di protagoniste asiatiche, dato che Shizuka, l’insegnante di violino, è giapponese, sia attraverso la stessa Katrina, che ha origini cinesi. Lo stesso violino che suona è un prodotto cinese, prima snobbato proprio a causa della sua provenienza e del suo relativo basso costo, ma che poi si rivela un prodotto migliore di quanto si pensasse, bastava solo credere e scommettere un po’ di più su questo strumento così come su Katrina: entrambi reietti ed entrambi con un enorme potenziale. Però, la questione asiatica non finisce qui, perché entra in gioco un espediente molto classico della narrativa fantascientifica e horror, ovvero quello di utilizzare gli alieni come rappresentazione degli immigrati. In slang americano, infatti, la parola “alien” denota gli immigrati senza documenti (e chiamandoli così è molto facile allontanarli dall’idea di sé e spersonalizzarli). Qui, ancora una volta, si fa il passaggio del figurato al letterale, perché Aoki introduce una famiglia aliena, fuggita da una guerra intergalattica e rifugiatasi sulla terra che assume sembianze asiatiche. La xenofobia e il razzismo contro gli asiatici non sono certo cosa nuova negli Stati Uniti (o nel resto dell’Occidente, se è per questo) e ha radici che affondano sin nell’Ottocento: c’è un motivo se questa o altre autrici (
clicca qui per I nostri Cuori perduti) hanno deciso di trattare il tema in questo preciso periodo storico, ricco di aggressioni xenofobe a causa del COVID-19 o altri problemi sociali per i quali si cerca un capro espiatorio.
Potrebbe non sembrare necessario approfondire il macrotema della musica, ma lo è, perché è (ovviamente) centralissimo e appassionato.
|
L’autrice |
Tanto per cominciare, l’autrice sa veramente di cosa sta parlando quando descrive lo strumento, le dinamiche, le melodie, la costruzione tecnica di un brano, la sua conoscenza è frutto di dimestichezza durata anni, non è una semplice parentesi che si apre dopo una breve ricerca su Wikipedia in cui si fa sfoggio di cultura. No. Lei sa cosa sta dicendo e ci tiene in modo viscerale, infatti le parti relative alla cura del violino, la sua storia, le lezioni per imparare a suonarlo, le discussioni sui pezzi trasudano amore per la materia e tanta dedizione. Ed è da qui che riesce a dare di più, perché con la musica come fil rouge ci spiega che, alla fine, la chiave di tutto è ascoltare davvero. La musica va ascoltata nel profondo, non va vissuta come un evento mondano a cui si va per sfoggiare un bell’abito appositamente comprato, così come va ascoltata Katrina quando dice di essere una donna o quando alza la sua voce di un paio di ottave per adattarla alla persona che vorrebbe essere; Shizuka stessa merita di essere ascoltata quando parla, profondamente ascoltata, non solo sentita per il piacevole timbro della sua voce. E anche qui torna il tema della genitorialità: le figlie non sono oggetti da mettere dentro uno stampo per farle della forma che si vuole, che obbediscano per forza, anche quando si chiede loro un sacrificio estremo. La chiave di tutto è ascoltare davvero la musica, anche quando è fatta di spigoli, irregolarità e vuoti nei posti sbagliati, un po’ come le persone che non rispettano le aspettative. E non per questo devono scusarsi, perché non c’è niente di male a essere sé stess*.
Alla fine la musica, in ogni sua forma, non necessariamente quella classica, perché non siamo qui per essere elitiste ed escludenti, ha anche (e oserei dire soprattutto) il ruolo di alleviare il dolore e portare a una risoluzione non violenta di un conflitto apparentemente irrisolvibile, anche perché Katrina stessa si salva grazie all’arte. Perché davvero la chiave di tutto era ascoltare.
So di aver scritto un commento interminabile, il che probabilmente farà sembrare Luce dalle altre Stelle un libro pretenzioso, pesante e intellettualoide, ma fidatevi, è stato incredibilmente semplice leggere questo romanzo. È una lettura che è scivolata via leggera, in cui le tematiche sono entrate l’una nell’altra con una naturalezza delicatissima.
Non è detto che sia una lettura adatta a voi, vista proprio la sua particolarità e la struttura un po’ fuori dai canoni, ma provate comunque a dargli un’occasione e ascoltarlo davvero.
Ho sempre qualche riserva nel leggere romanzi che ruotano intorno al,mondo della musica, in ogni forma, perché non sono una grande ascoltatrice di musica. Trovo però affascinante come alcuni autori riescano a incastrarlo alla perfezione dentro storie così elaborate. Rivalutare questo titolo
RispondiElimina