mercoledì 14 febbraio 2024

L’Enciclopedia delle Fate di Emily Wilde

  • Titolo: L’Enciclopedia delle fate di Emily Wilde
  • Titolo originale: Emily Wilde’s Encyclopedia of Faeries
  • Autrice: Heather Fawcett
  • Traduttrice: Alice Casarini*
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN:
  • Casa editrice: Mondadori
Trama 


Emily Wilde è brava in molte cose: è la massima esperta di fate; è una studiosa geniale, una ricercatrice meticolosa e sta scrivendo la prima enciclopedia al mondo dedicata alle leggende su queste creature. Ma Emily Wilde non è brava con le persone. E infatti, quando, nell'autunno del 1909, arriva nel remoto villaggio di Hrafnsvik, non ha alcuna intenzione di fare amicizia con i burberi abitanti. Né tanto meno le interessa trascorrere del tempo con l'altro nuovo arrivato: Wendell Bambleby, suo rivale accademico, in grado di ammaliare chiunque. Ma mentre Emily si avvicina sempre più ai segreti dei Nascosti, le fate più sfuggenti, si ritrova anche sulle tracce di un altro mistero: chi è davvero Bambleby? E cosa sta cercando? Per trovare la risposta, Emily dovrà sciogliere l'enigma più grande di tutti: il suo cuore.

Recensione e commento 

L’Enciclopedia delle Fate di Emily Wilde ha aspettato sulla mia libreria per almeno due anni, nella sua versione in lingua originale, anche se per leggerlo ho aspettato il gruppo di lettura creato da due bookstagrammer in occasione della sua uscita in italiano. Specifico il dettaglio del gdl perché è importante, dal momento che molte conclusioni che ho tratto sono proprio frutto di alcune delle discussioni avvenute lì.

Su questo romanzo si è detto tutto e il contrario di tutto e, nel mio piccolo e senza voler sminuire i pareri altrui, cercherò di mettere ordine e provare a elencare le caratteristiche per comprendere se possa fare per voi o meno.

Partiamo da un presupposto: questo libro non è un cozy fantasy. Lo so, è stato detto praticamente ovunque, ma il cozy fantasy ha delle caratteristiche ben precise per essere definito tale, non basta che si tratti di una storia priva di conflitto di natura violenta, altrimenti anche Il Sognatore di Laini Taylor sarebbe annoverabile nel genere. In L’Enciclopedia delle fate di Emily Wilde ci sono scene di violenza. Non sono al livello del genere grimdark, ma ci sono e questo già di per sé lo esclude dalla sottocategoria cozy (vi lascio qui il link dell’articolo Moedisia, ripostato anche dalla casa editrice Lumien, che spiega al meglio questo concetto). 

Inoltre, per quanto sui social network abbia notato tantissimo fermento per questo titolo, in realtà nel gdl i pareri sono stati tendenzialmente tiepidi, per quanto ci fossero anche opinioni ai due estremi dello spettro. Tra chi non trovava il romanzo storicamente accurato sebbene non venisse venduto come fantastorico e chi non è riuscita a empatizzare con i personaggi, in sostanza il problema era sempre e comunque la sospensione dell’incredulità. Ho cercato di ascoltare al meglio i pareri delle partecipanti e la mia opinione personale è che tutti i problemi derivino dalla forma. Ovvero, il romanzo promette di essere narrato in forma di diario, ci vengono fornite data di inizio e motivazione per la quale viene scritto, ma la promessa non viene mai mantenuta. Il fatto che sia una narrazione epistolare viene ricordato solo raramente, ad esempio quando una pagina non viene completata perché la protagonista è stata interrotta, ma finisce lì: per il resto del tempo, il novantanove percento, è un normale libro in prima persona singolare, per altro privo di flussi di coscienza. Ora, un diario che viene scritto con lo scopo di raccogliere le impressioni della protagonista, i suoi pensieri, congetture, ipotesi e considerazioni al fine di poterlo usare come materiale per la stesura della sua enciclopedia sugli esseri fatati non può essere privo di flussi di coscienza. Viene utilizzato più volte l’espediente del narratore inattendibile, addirittura la protagonista cela pezzi importanti a chi legge. Il punto è che la forma scelta per questa storia di per sé non dovrebbe consentire di mentire consapevolmente e perché mentire e celare a chi legge se si parte dal presupposto che a leggere dovrebbe essere proprio lei per le sue ricerche scientifiche? In pratica cela a sé stessa nei suoi appunti accademici (inoltre, anche l’introspezione è una caratteristica del cozy fantasy). Questo banale errore di editing è proprio quello che mi ha spezzato la sospensione dell’incredulità e mi ha messo nelle condizioni di abbandonare il libro. Non posso finire un romanzo se viene meno il contratto di veridizione, ovvero quell’accordo che stabilisce che chi legge crederà alla storia raccontata purché sia coerente con l’universo creato e le sue regole. A me personalmente è sembrato che questo patto sia venuto totalmente meno a un certo punto della storia, mentre per molte altre partecipanti del gruppo sembrava sempre che mancasse qualcosa, che non fosse sempre convincente al cento percento. Ecco, per me i problemi derivano tutti dalla forma.

Potrei finire qui, ma ci altre cose da dire e penso che sia giusto dirle tutte, pure quelle che mi sono piaciute, anche se le troverete molto in fondo alla pagina.

Altra cosa che per quanto mi riguarda non ha funzionato è la coppia di protagonisti. Emily è una donna timida e introversa, probabilmente neurodivergente (e questo è positivo in termini di rappresentazione), che ama immergersi nello studio accademico, mentre Bambleby è un estroverso capace di incantare chiunque. Ah, ovviamente lui si porta a letto la qualsiasi, sotto l’indulgente sguardo di lei che invece non batte chiodo perché socialmente inetta, anche se in realtà, ovviamente, si amano. Quindi siccome si amano lui va con tutte e lei non dice niente. E naturalmente lui è bellissimo, altissimo, purissimo, levissimo, mentre lei è sciatta (o si sente tale). Per essere un libro che si poneva come obiettivo di decostruire molte delle strutture narrative stereotipate del fantasy ne ribadisce decisamente troppe. La solida idea di base è andata affievolendosi, perché mi piaceva tantissimo il presupposto che Emily andasse in giro per il mondo a catalogare esseri fatati per scriverne un’enciclopedia, ma lo studio scientifico passa totalmente in secondo piano rispetto alla storia d’amore, che fa anche agire la protagonista in modo totalmente antitetico rispetto a come viene costruita all’inizio, ovvero razionale, riflessiva e rigorosa. E ciò non avviene sotto forma di arco di formazione, quanto come cambio funzionale esclusivamente alla love story, tanto che una donna indipendente, colta e piena di risorse come Emily finisce con l’essere passiva e sempre salvata da altri.

Ci sono anche cose che mi sono piaciute. Come dicevo, non è sicuramente il libro peggiore che abbia mai letto, anche se il muro di testo che ho appena scritto potrebbe far sembrare il contrario, ma ormai lo sapete, sono una persona prolissa. L’idea di base, dicevo, mi è piaciuta, per quanto si sia persa per strada. Inoltre, anche Emily presenta dei pregi, soprattutto perché, per una volta, abbiamo come protagonista una donna trentenne e non una ragazzina ancora in età puberale. La storia d’amore, per quanto mi abbia emozionata quanto un manuale di trivellazione, non è basata sull’abuso, a differenza di moltissimi libri dello stesso genere (ormai the bar is on the floor).

Tutta questa fiumana di parole non era per demolire il libro, ma per cercare di fornire tutti gli strumenti per comprendere se possa fare per voi o meno. In sincerità, a me non è piaciuto, forse perché aveva tutte le caratteristiche perché lo amassi, incluso un cagnolone gigantesco, che alla fine sono state disattese,  ma oggettivamente non è nella stessa gara di tutti i libri senza arte né parte venduti come simili. In giro ci sono libri di gran lunga peggiori, problematici e scritti male. L’Enciclopedia delle Fate di Emily Wilde non è fra questi, il suo unico problema è quello di essere senza un’identità definita, di non mantenere le promesse e cercare di essere troppe cose senza essere davvero nessuna. Spero di esservi stata utile, alla prossima!

* Non mi pronuncio sulla traduzione, della quale si è fatto gran parlare, perché ho letto il libro in lingua originale. 

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