- Titolo: Zoo City
- Titolo originale: Zoo City
- Autrice: Lauren Beukes
- Traduttrice: Giorgia De Santis
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN: 9788834744713
- Casa editrice: Fanucci
Zoo City è stato il mio primo approccio con la prolifica penna di Lauren Beukes e ho tantissime cose da dire in merito a questo romanzo vincitore dell’Arthur C. Clarke award.
Iniziando dall’ambientazione, ho apprezzato tantissimo che l’intera vicenda prenda piede proprio in Sudafrica con tutto ciò che questa implicazione si porta dietro: il contesto multietnico, la cultura che ha subito influenze sia dall’Europa che dall’Africa crea un ambiente stimolante ma sfortunatamente non privo di ombre, perché la trama si sviluppa in un contesto di criminalità dovuta alle disparità mai risolte dopo l’apartheid. L’altissimo tasso di delinquenza, le droghe, i vari traffici illeciti proliferano in una società che ha degli evidenti problemi strutturali che peggiorano soprattutto quando si cerca di arginarli, come ad esempio quando i quartieri malfamati, nel tentativo di vivere una riqualificazione, subiscono invece la gentrificazione. Tutto questo, nel libro, si traduce anche nella ghettizzazione delle persone cosiddette bestianimante, ovvero quelle che, a seguito di un’azione abbietta, sono destinate ad avere sempre con sé un animale dal quale non possono separarsi e che ricorda loro per sempre il crimine che hanno commesso, ma che in cambio sviluppano poteri peculiari.
Il fenomeno dei bestianimati comincia con un virus che fa la sua comparsa a partire dagli anni Ottanta e, poiché colpisce più che altro criminali e persone che hanno una dipendenza, a me personalmente è sembrato un rimando all’AIDS e a tutta la retorica di cui era circondata quando ha fatto la sua comparsa. Metto mille mani avanti su questo punto, perché specifico che questo è quello che ci ho visto io, non ho trovato dichiarazioni dell’autrice che confermassero o smentissero questa ipotesi, l’unico articolo in cui mi sono imbattuta è quello di una blogger statunitense che ha notato la stessa concomitanza temporale che ho notato io. Ciò detto, i bestianimanti sono circondati dallo stesso stigma sociale che circondava le persone affette da AIDS: si pensava che fosse semplicemente il risultato di uno stile di vita dissoluto e peccaminoso e che, sostanzialmente, chi ne fosse affetto semplicemente se lo meritava. Si pensava, e nel libro si pensa ancora, che fosse qualcosa che non avesse nulla a che fare con “le brave persone”, che riguardasse sempre e solo “gli altri”, ma la società, la storia e la vita in generale non sono mai così semplici e dicotomiche, le sfumature sono infinite, inoltre certe diseguaglianze hanno origine nella struttura sociale.
Sono stata contenta di aver allargato le mie vedute come lettrice ed essermi approcciata a un’ambientazione diversa, una volta tanto. Per quanto questo libro nello specifico non mi abbia particolarmente coinvolta da un punto di vista emotivo, darò sicuramente un’altra opportunità a Lauren Beukes.
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