- Titolo: Tanti piccoli Fuochi
- Titolo originale: Little Fires everywhere
- Autrice: Celeste Ng
- Traduttrice: Manuela Faimali
- Lingua originale: inglese
- Codice ISBN: 978-8833935799
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
Trama
1998, Shaker Heights, Cleveland, Ohio. Una comunità fondata su un insediamento Shaker e popolata da una maggioranza di benintenzionati democratici e abbienti, seguaci, anche se non proprio rigorosi, delle drastiche regole di vita stabilite dai loro predecessori. E due protagoniste diversissime: Elena Richardson, quattro figli, perfezionista, impegnata in attività benefiche, ricca, che incarna la filosofia Shaker; Mia, madre single che ha scelto una vita itinerante fatta di lavori saltuari per dedicare tutto il tempo libero alla fotografia artistica, al momento occupata come domestica in casa Richardson in cambio di un piccolo alloggio. Mia ha una figlia adolescente, Pearl, che stringe amicizia con i ragazzi Richardson, si trova benissimo a Shaker Heights e convince la madre a metter fine al loro vagabondaggio. Ma presto quella che dovrebbe essere una svolta decisiva nella vita delle due donne diventa un problema. Quando un'amica dei Richardson cerca di adottare una neonata sinoamericana, Elena e Mia si ritroveranno schierate su due fronti opposti nella successiva battaglia per la custodia, che vede contrapposte la madre adottiva americana e la madre naturale cinese. Nella mente della democratica Mrs Richardson scatta il sospetto che Mia nasconda un passato torbido, ed è decisa a fare chiarezza. Ma la sua indagine ossessiva avrà un costo altissimo per tutti. Con uno stile fluido, paragonato dalla critica americana a quello di Elena Ferrante, Celeste Ng mette a nudo controversi, attualissimi, problemi sociali – immigrazione, povertà, razza, adozioni, e diffusa ipocrisia – e insieme esplora la natura di arte e identità, il peso dei segreti, la forza del legame materno. E il pericolo del credere che seguire le regole possa proteggerci dall'imprevisto.
Commento
Proverò a fare del mio meglio nel parlavi di questo libro, ma mi sembra giusto avvisarvi che non mi sento all’altezza: è un vero pezzo di letteratura e mi sto permettendo di recensirlo solo perché se n’è parlato troppo poco.
Prima di azzardarmi a mettere le mani sulla tastiera per scrivere la bozza di questo articolo ho letto Tanti piccoli Fuochi per due volte e ho preso una marea di appunti, e nonostante ciò non andrò nemmeno vicina a rendere la complessità di questo romanzo. Con Celeste Ng è sempre così: all’inizio sono perplessa e poco convinta, alla fine del libro mi esplode il cervello per la sua genialità. La seconda lettura, effettuata col senno del poi, mi ha consentito di vedere la maestria, invisibile a una prima occhiata, con cui l’autrice ha costruito Tanti piccoli Fuochi, che apparentemente si apre in modo noioso e ordinario, ma in realtà cela una stratificazione di interpretazioni e significati che ci vengono presentati sin dall’inizio senza che ne siamo a conoscenza.
La forza dei libri di Celeste Ng è proprio questa, lo era anche in I nostri Cuori perduti, ovvero il non offrire mai una risposta semplice a problemi complessi, non dare nulla per scontato. Celeste Ng non crea dicotomie, punta il dito sui fenomeni che osserva ma non dice chi abbia ragione anche quando ci sono due fazioni a fronteggiarsi. Ho amato questo romanzo per lo stesso motivo per cui ho amato I nostri Cuori perduti, cioè perché mostra le complessità dell’animo umano, crea dei personaggi talmente vividi e sfaccettati che sembra di conoscerli. In particolare, all’interno della trama troviamo varie questioni di natura economica e personale che le protagoniste, si troveranno ad affrontare. Ed è stato solo con la seconda lettura che mi sono resa conto che moltissime delle situazioni descritte fossero in realtà assimilabili, ma l’autrice è stata talmente abile nel creare contesti diversi, sfumature diverse, background diversi per le persone che interagiscono che a una prima occhiata non mi ero resa conto che stavano vivendo la stessa cosa in maniera diversa.
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Le protagoniste della serie TV (credetemi, la qualità non ha niente a che vedere con il libro…) |
Esattamente nello stesso modo in cui ogni protagonista pensa e agisce in modo diverso davanti allo stesso evento, così anche l’interpretazione della storia dipenderà dal vissuto di chi legge, dai suoi bias cognitivi e dal suo sistema di valori. Non c’è mai una risposta giusta o univoca quando si tratta di decidere a chi affidare una bambina, se alla sua madre biologica o a dei genitori affidatari abbienti in grado di darle una vita molto borghese. E in questo senso, mi sono resa conto che per alcune delle protagoniste della vicenda il privilegio è come lo spazio-tempo: ci sono immerse ma non ne hanno consapevolezza. Ad esempio Elena, una donna borghese che ha rinunciato alla carriera dei suoi sogni per inseguire la stabilità economica, giudica molto male chiunque abbia una vita diversa dalla sua e utilizza come metro di giudizio la sua esperienza anche quando si tratta delle vite altrui. Insomma, non si rende conto che non tutte nella vita hanno avuto genitori in grado di pagare loro il college e comprare loro una casa senza colpo ferire. Non riesce mai a cambiare prospettiva e comprendere che ci sono persone che sono state nelle condizioni di accettare dei soldi per fare qualcosa che nessuno al mondo vorrebbe mai fare perché, pur facendo tre lavori, non potevano pagare un semestre all’università. Eppure Elena interpreta le vite altrui sulla base delle scelte che ha fatto lei, non in base a condizioni di partenza diametralmente opposte. Io parlo di Elena perché il mio vissuto mi porta a essere in totale opposizione con lei in questa precisa fase della mia vita, ma se fossi una donna di quarant’anni con quattro figli probabilmente anche a me interesserebbe solo la stabilità economica. Vi dico che davvero tutto in questo libro è relativo a cosa pensate voi nel preciso momento della vostra vita in cui lo leggete. Per Elena le uniche cose che contano sono le regole, tranne nel momento in cui è lei a doverle forzare per il proprio tornaconto personale. E trova sempre un motivo per giustificarsi, per asserire di averlo fatto a fin di bene. Lei, dal suo pulpito, decide chi è persona perbene e chi no e per lei è davvero tutto questione di merito, anche la maternità. Per lei e per i personaggi fortemente borghesi come lei all’interno di Tanti piccoli Fuochi, desiderare ardentemente qualcosa e avere il denaro per comprarlo corrisponde ad averne diritto, anche quando si deve sottrarre qualcosa a chi a meno. In questo libro non c’è retorica, non ci sono moralismi né frasi a effetto, ma ci sarà chi cambierà un divano ogni due anni per rinnovare l’arredamento e chi non ne ha mai posseduto uno in vita sua, chi spende diecimila dollari come se nulla fosse e chi dà un’estrema importanza al denaro proprio perché non ne ha. C’è sempre chi prende senza chiedere e pretende con arroganza quando si sente rispondere un no, e chi dona senza nemmeno accorgersi, che non sa nemmeno di aver dovuto rinunciare a qualcosa, chi si illude di non essere razzista perché fa beneficienza e chi vive il razzismo sulla propria pelle tutti i giorni a causa di un sistema creato per tagliare fuori intere categorie.
Anche qui, come in I nostri Cuori perduti, è centrale il ruolo dell’artista. L’arte vissuta come fenomeno dirompente e scomodo, non come fenomeno estetico adatto a essere esposto in salotto. L’arte serve a mostrare, non a essere mostrata. È uno specchio per chi siamo davvero che ci restituisce la nostra immagine per come è, non come vorremmo che fosse.
Tanti piccoli Fuochi è un’infinità scala di grigi, è un libro che racconta una storia di ordinaria follia da osservare con la lente d’ingrandimento per coglierne le idiosincrasie. Celeste Ng critica senza giudicare, mostra senza prenderti per mano e non si prende la responsabilità di digerire il testo per chi lo legge. La sua bellezza consiste proprio nel fatto che dica “arrangiati, pensa quello che ti pare” e nel farlo sia di una delicatezza impossibile da descrivere in una recensione e impossibile da imitare.