mercoledì 25 settembre 2024

Starling House

  • Titolo: Starling House
  • Titolo originale: Starling House
  • Autrice: Alix Harrow
  • Traduttrici: Alice Casarini & Barbara Ronca
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 978880475799
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Rimasta orfana, Opal ha lasciato la scuola e ora lavora come commessa part time, sperando di guadagnare abbastanza per garantire al fratello Jasper una vita migliore. Una vita lontano da Eden, nel Kentucky, un luogo celebre solo per due cose: la sua sfortuna e la scrittrice E. Starling, autrice del romanzo Il Sottomondo, misteriosamente scomparsa cent'anni prima lasciando dietro di sé solo chiacchiere e un'antica dimora nascosta tra gli alberi. Tutti concordano su un fatto: meglio ignorare quella casa e il suo bizzarro, misantropo proprietario, Arthur Starling. Quasi tutti, a dire il vero. Perché Opal è ossessionata da Il Sottomondo fin da bambina. E così, quando si presenta l'occasione di entrare a Starling House - e di guadagnare qualche soldo extra per il "fondo Jasper" -, non sa resistere. Ma ci sono forze sinistre che scavano sempre più nei segreti sepolti tra quelle mura, e anche gli incubi di Arthur sono diventati fin troppo reali. Mentre Eden stessa sembra sprofondare tra i propri fantasmi, Opal capisce che potrebbe avere un buon motivo per restare in città. Perché adesso è giunta l'ora di lottare.


Recensione e commento

Starling House ha un sacco di difetti, non ha una grande trama e tecnicamente parlando è il romanzo più debole di Alix E. Harrow. E l’ho amato completamente.

Ma andiamo con ordine. La protagonista è Opal, per una volta non una ragazza adolescente bella impossibile ma con gli specchi di legno, anzi, Opal è una donna di 26 anni con i denti marci, il mento troppo appuntito e il suo aspetto esteriore nella media è uno dei motivi per i quali è automatico provare empatia per lei. Allo stesso tempo, Alix Harrow, da buona insegnante di Storia, è bravissima a cristallizzare i problemi di una generazione nel suo contesto: in Le Diecimila Porte di January si trattava dei problemi di passaggio tra un’epoca e un’altra, in Le Streghe in Eterno di capitalismo, lotta di classe e di genere. Qui abbiamo i problemi dei cosiddetti “millennial”, un’intera generazione senza prospettive sul lungo termine, senza stabilità e senza futuro, che riesce a malapena a sbarcare il lunario con dei lavori sottopagati, che ha smesso di avere dei sogni perché non ha la possibilità di realizzarli, così come non ha un posto da poter realmente chiamare casa, perché non esiste un luogo da sentire totalmente proprio. Una generazione che deve preoccuparsi di quello che è necessario, mai di quello che vuole, perché quelle precedenti hanno divorato tutto, sacrificato il futuro di chi sarebbe venuto dopo per il proprio tornaconto personale e per accumulare una ricchezza che oggi segna un enorme divario tra ricchi e poveri, avvelenando il mondo senza farsi troppi scrupoli. Harrow non ha risparmiato critiche al capitalismo, elemento che è particolarmente apprezzabile da parte di un’autrice americana. Insomma, Starling House ha toccato dei tasti abbastanza dolenti della mia anima e lo ha fatto spietatamente, senza fare sconti. 

Il problema di Opal non è comprendere se il bel tenebroso di turno ricambi i suoi sentimenti o meno, ma trovare un modo per finanziare i costosi studi di suo fratello minore. I suoi denti marci sono il sintomo di un Paese (gli Stati Uniti) in cui non ci si può permettere nemmeno di avere delle cure mediche decenti, in cui tutto deve passare in secondo piano per poter a mala pena stare a galla. Da qui iniziano i passaggi simbolici e metaforici ai quali Alix Harrow ci ha abituate, perché il sogno di un posto da chiamare casa diventa vero e proprio viaggio onirico quasi ossessivo, così come il tenersi a galla nella vita prende un significato letterale quando Opal ci racconta dell’incidente stradale in cui è finita nel fiume, quando è quasi morta. Ci sono anche altre stratificazioni di significato attraverso il consueto uso dei simboli dell’autrice (ci sono piante rampicanti note per aggrapparsi a qualsiasi cosa e per la loro tenacia, uccelli famosi per la loro capacità di adattamento, ma non starò qui a tediarvi, voi ci vedrete quello che vorrete).

E poi c’è la casa in sé. Un organismo vivo, che cambia forma, in grado di attrarre a sé la persona designata a diventarne guardiana e che in qualche modo porta i segni delle generazioni precedenti che l’hanno resa ciò che è, nel bene e nel male. È intuibile da titolo che il nucleo della narrazione sarà proprio lei. È il simbolo del passato che ci influenza e che si manifesta fisicamente nel presente con degli effetti a catena, con i suoi fantasmi e demoni. Un po’ come ne Il Giardino Segreto, anche qui il prendersi cura della casa è indice dell’inizio di un processo di guarigione interiore, ma che al tempo stesso contiene le stesse cose che consumano un’anima dall’interno.

Insomma, mi conoscete, datemi una catabasi e sono perdutamente vostra (semicit). Infatti, sul finale è necessario scendere fino alle fondamenta della casa, più in profondità possibile, per fare pace con il proprio passato, ma anche con quello delle proprie antenate, perdonare noi stesse e loro, perché anche le loro azioni ci hanno rese chi siamo per via di come ci hanno lasciato il mondo. Serve una guarigione completa dal trauma generazionale, un dolore che, quasi come i geni, viene tramandato alla propria stirpe. Alla fine, dentro ognuna di noi, alla base di qualsiasi azione, c’è solo una ragazzina ferita, fraintesa, che vuole solo un po’ di comprensione, vuole solo giustizia, per poter guarire e smettere di ferire a propria volta, cessando di avvelenare tutto. Nessuna di noi è una sola cosa: non siamo solo vittime e non siamo solo carnefici, una cosa può amalgamarsi nell’altra e ognuna di noi sta combattendo contro qualcosa che non è visibile dall’esterno.

Emotivamente è un romanzo che ho trovato ineccepibile, però per deontologia mi sembra giusto dirvi
anche i difetti. Per quanto il suo incipit e il tema centrale mi abbiano ricordato il mio adoratissimo Il Mare senza Stelle, Starling House ha dei problemini di struttura: tanto per cominciare c’è un’alternanza di due pov che ho trovato poco sensata. I capitoli da parte di Opal sono in prima persona singolare, quelli da parte di Arthur sono in terza persona e sono molto saltuari. Ho trovato questa divisione poco funzionale e non molto efficace. Inoltre, in alcune parti del libro ci sono delle note a piè di pagina, un po’ come in Le Diecimila Porte di January, che però si diradano via via e da un certo punto del libro in poi sono totalmente assenti. La parte fantasy, poi, appare solo dalla seconda metà del romanzo in poi, mentre per tutta la prima metà viene solo fatta intuire. Non sono sicura che questo sia un oggettivo difetto, ma di sicuro vi servirà per decidere se buttarvi su questa lettura, che potrebbe non fare al caso vostro in un periodo in cui avete voglia di un sistema magico caratterizzato e complesso.

A conti fatti, penso che questa volta Harrow abbia voluto concentrarsi maggiormente sulla sfera emotiva e scrivere un libro meno cervellotico e tecnico. Starling House è un libro che vi comprenderà e nonostante questo vi prenderà a calci, mi ha emozionata tantissimo ed è uno dei pochissimi romanzi a essere riuscito a farmi dimenticare di pensare troppo. 

mercoledì 18 settembre 2024

Gifts - I Doni

  • Titolo: Gifts - I Doni
  • Titolo originale: Gifts
  • Autrice: Ursula Le Guin
  • Traduttore: Stefano Andrea Cresti
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804786689
  • Casa editrice: Mondadori
Trama

Nelle aspre e selvagge Altelande, vivono uomini che possiedono un dono. È tramandato attraverso le generazioni, per via ereditaria, fin da quando se ne ha memoria. Sono doni meravigliosi, che permettono di evocare animali e mutare paesaggi... Ma sono anche terribili, perché possono ottenebrare le menti o infliggere malattie. Orrec appartiene alla famiglia dei Caspromant, tanto famosa quanto temuta per il dono del disfacimento: un potere distruttivo, in grado di annientare qualsiasi cosa o persona, con la sola imposizione dello sguardo. All'età di tredici anni, però, il giovane ancora stenta a manifestarlo. Finché un giorno, all'improvviso, Orrec devasta un'intera collina senza volerlo, e prende l'amara decisione di bendarsi per sempre, per il timore di causare danni a ciò che ama di più, come la dolce Gry, compagna d'infanzia e forse sua futura sposa, anche lei dotata di un potente e magnifico dono. Ribellandosi ai loro destini, i due giovani affronteranno insieme le sfide della vita, per andare alla ricerca di loro stessi e del loro posto nel mondo.

Recensione e commento

Precisamente, io che parole posso usare per parlarvi di un libro di Ursula K. Le Guin? Gifts - I Doni è un libro magistrale e per quanto io possa tentare di recensiverlo (cosa che sto per fare) inevitabilmente lo appiattirò e banalizzerò tutto quello che dice perché non sono degna. 

Nei romanzi di quest’autrice c’è sempre una capacità di leggermi dentro che mi spiazza ed è, come al solito, il libro capitato al momento giusto. Inizialmente mi sono domandata come mai fosse stato inserito nella sezione ragazzi e non in quella per adulti, vista la complessità dei temi, l’approfondimento e la prosa altisonante e fuori dal tempo, ma man mano che andavo avanti il motivo mi appariva sempre più chiaro: Gifts - I Doni è un romanzo sulla complessità dell’adolescenza, quello strano momento di cambiamento tra l’infanzia e l’età adulta. E non è soltanto una storia che prende per mano chi la legge proprio durante questo periodo, è anche una guida per i genitori che possono trovarsi spiazzati e non sapere come gestire questo momento di crisi.

La cecità di Orrec è autoinflitta affinché non possa usare il suo dono, che consiste nel “disfare”, nel distruggere in maniera incontrollata quello che guarda. Nel suo potere io ho visto (voi potreste vederci qualcosa di diverso) il timore adolescenziale di fare del male alle persone amate e allo stesso soffrire per la sofferenza che si causa senza comunque poter fare a meno di infliggerla. È un momento particolare dove un attimo prima viene trattato come un uomo adulto e quello dopo come un bambino, cosa che lo spiazza perché capisce di aspirare a essere una delle due cose, ma per quanto si sforzi non è ancora pronto e sente ancora il bisogno di essere protetto e amato come durante l’infanzia. 

A chi si trova nell’adolescenza, periodo bellissimo solo quando ci si pensa in retrospettiva, Le Guin dice “passerà, non ti preoccupare, questa solitudine non è permanente”. Ai genitori, invece, parla di altri doni: all’inizio pensiamo che “i doni” siano soltanto i poteri magici tramandati per linea ereditaria, ma andando avanti ci rendiamo conto che non sono solo quelli. Sono anche gli strumenti di crescita che vengono forniti al protagonista per interpretare il mondo, è la conoscenza che gli viene tramandata da sua madre, sono le storie che lo fanno sentire meno solo e gli fanno capire di avere altre abilità, meno distruttive, per le quali non serve che si autopunisca. A chi sta crescendo un* adolescente questo libro dice “educa, fornisci gli strumenti giusti e abbi fiducia in quello che stai insegnando, ma non ti aspettare che la persona che arriverà alla fine del percorso sia quella che vuoi tu o quella che ti aspettavi”.

Le Guin non ci racconta di cattivi genitori, ci racconta di genitori normali che come tali fanno errori comprensibili, che proiettano le proprie aspettative sui figli e sulle figlie, che pensano di sapere cosa sia meglio per loro. Non sempre è sbagliato pensarla così, ma va anche tenuto in considerazione che il mondo non è mai sempre uguale a sé stesso e non esiste nessuna strada prestabilita, niente è scritto sulla pietra e non è sempre necessario accettare le eredità - i doni - che ci vengono offerti.

Questo è indubbiamente uno dei libri migliori del 2024, e probabilmente uno dei migliori della mia vita (anche se potrei dire la stessa cosa di tutti i libri da cinque stelle di quest’anno, il livello è veramente alto). Potrei parlare anche del worldbuilding, del sistema magico, ma a che servirebbe? Stiamo parlando di un mostro sacro che ha una scrittura di livello così alto che la tecnica ci mette totalmente al servizio della storia che racconta e anche quando si vede l’uso di qualche figura particolare, essa è totalmente impalpabile e completamente assorbita dalla trama. Se cercate una lettura di qualità che trascenda genere e target, I Doni è una scelta sicura. 

mercoledì 11 settembre 2024

Gilded, Cursed




  • Titolo: Gilded, Cursed
  • Titolo originale: Gilded
  • Autrice: Marissa Meyer
  • Traduttrice: Maria Carla Dallavalle
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9788804741748  / 9788804758679
  • Casa editrice: Mondadori

Trama Gilded

Colpita dalla maledizione di Wyrdith, dio delle storie e della menzogna, Serilda ha sviluppato un incredibile talento per il racconto: quelle con cui incanta i bambini del villaggio sono vicende intriganti, bizzarre, e soprattutto non contengono un briciolo di verità. O almeno così credono tutti.
Ma una delle sue storie attira l'attenzione del mostruoso Erlking con i suoi cacciatori non-morti. E così Serilda si ritrova prigioniera in un luogo sinistro, dove si aggirano ghoul, fantasmi e ripugnanti corvi senza occhi. Chiusa nelle segrete del castello, la ragazza è costretta a dimostrare di saper trasformare la paglia in oro - come ha affermato - o sarà uccisa per aver mentito. Disperata, Serilda ha una sola possibilità: accettare l'aiuto di un ragazzo che le è misteriosamente comparso davanti. E che vuole qualcosa in cambio.
Presto Serilda si accorge che le vetuste mura del castello celano molti segreti, compreso un antico maleficio. Dovrà trovare il modo di spezzarlo se vuole riuscire a fermare il dispotico potere del re e la sua feroce Caccia una volta per tutte.

Trama Cursed

Serilda e Gild stanno provando a rompere l'incantesimo che intrappola i loro spiriti nel castello infestato di Adalheid; devono farlo prima della Luna Infinita, quando l'Erlking tenterà di catturare una delle sette divinità per costringerla a esaudire il suo desiderio: far tornare la sua amata Perchta dagli inferi. Ma Serilda pian piano scoprirà che la sete di vendetta dell'Erlking non si sazierà con un solo desiderio, e ciò cui mira davvero ha il potere di modificare il regno mortale per sempre. E diventa sempre più chiaro che non si tratta solo di liberare se stessi e i fantasmi tenuti in schiavitù dagli Oscuri, ma di salvare il mondo intero da una tirannia crudele e senza fine, e con il mondo il loro bambino non ancora nato. L'atteso seguito di "Gilded" narra il viaggio di Serilda per scoprire il proprio potere di donna, madre e cantastorie. Immaginifica rilettura di un classico dei fratelli Grimm, "Cursed" è una storia piena di romanticismo e avventura, perfetta per il pubblico di Marissa Meyer.


Recensione e commento

In questa recensione dovrò, purtroppo, parlarvi dei libri che Gilded e Cursed sono, non di quelli che avrei voluto che fossero. Ci tengo a precisare che si tratta, una volta tanto di una recensione contenente spoiler, perché per entrambi i romanzi la sola parte che reputo rilevante è il finale, con i suoi alti e bassi. 

La dilogia di Marissa Meyer avrebbe potuto essere un’innovazione nel campo della letteratura young adult, ma non possiamo accontentarci solo delle buone intenzioni: serve anche che poi l’intento riesca. Il motivo per il quale la nuova serie dell’autrice delle Cronache Lunari avrebbe dovuto rappresentare un nuovo caposaldo è proprio la fiaba da cui prende ispirazione, infatti è pieno di retelling di Cenerentola o di La bella e la bestia, ma questa serie di libri si rifà invece alla fiaba di Tremotino, scritta dai Fratelli Grimm. Per cui, va da sé che l’eroina al centro della storia non è (o non dovrebbe essere) una fanciulla artemidea, ovvero l’archetipo su cui si basa la tipica protagonista young adult. La fiaba di Tremotino ruota attorno alla storia di una ragazza che promette il suo primogenito a una creatura che è in grado di salvarle la vita, ma a differenza delle fiabe sopraccitate questa non finisce con il matrimonio, anzi, prosegue fin dopo la gravidanza. 

Tenendo saldo questo punto, non è che io mi aspettassi o volessi una dilogia che ricalcasse per filo e per segno la trama originale, ma quantomeno, visto il finale del primo libro, in cui la protagonista Serilda scopre la sua non cercata ma benvenuta gravidanza, mi sarei quantomeno attesa che il secondo volume fosse ricco di adrenalina proprio dovuta all’ansia dovuta alla sua condizione di donna incinta tenuta prigioniera da un branco di demoni intenzionati a impossessarsi di tutto il mondo. Nonostante Gilded si concluda con il cliffhanger dell’annuncio della sua dolce attesa, questa non viene mai veramente mostrata in Cursed, anzi, per il 70% del libro non vediamo nulla, nemmeno da un punto di vista della trama. Serilda è la protagonista più passiva che abbia visto ultimamente, nonostante i presupposti per creare una storia ricca di azione ci fossero tutti. Non vediamo mai il pancione, non vediamo mai le caviglie gonfie, i mal di schiena. Ci viene fornita una spiegazione a riguardo, ma francamente l’ho trovata deludente anche perché ha tolto esattamente la sola cosa che mi interessava vedere all’interno del libro: ero qui per la rappresentazione di una donna incinta e non l’ho avuta.

Parto e travaglio sono stati altrettanto deludenti. Per una serie di motivi magici che non vi sto a spiegare, non è Serilda a portare al mondo la sua bambina, ma un demone che si impossessa del suo corpo e vive al suo posto l’esperienza che ci era stata promessa e allo stesso modo, in un certo senso le avventure di Serilda si concludono con la maternità, mentre sotto questo aspetto la fiaba originale è più all’avanguardia perché mostrava una madre che partiva per salvare suo figlio. Insomma, tutta l’esperienza della genitorialità è stata sottotono e purtroppo era tutto quello che mi interessava.

Ho trovato dei buchi anche nel sistema magico, durante la lettura mi ritrovavo spesso a pensare a delle soluzioni praticabili (che poi sono state messe in atto solo alla fine) ma che non venivano utilizzate solo per allungare inutilmente il brodo, così come troppe volte mi ritrovavo a pensare che nulla di quello che stavo leggendo avesse senso e che il modo in cui stavano agendo i personaggi sulla storia fosse illogico e non avesse senso nella coerenza interna. 

In generale, non è solo questo, non sono solo i difetti oggettivi il problema, mi è mancato anche completamente il trasporto emotivo: la chimica tra la protagonista e il suo interesse amoroso è totalmente inesistente, così come non c’è un briciolo di pathos nemmeno nelle scene che dovrebbero essere strappalacrime (a questo proposito, l’aver tirato come un elastico il 70% del libro per riassumere quella che avrebbe dovuto essere la vera trama dei due libri nel restante 30% ha sicuramente avuto il suo peso).

Se ci ragiono razionalmente so che non è tutto da buttare via. Tanto per cominciare, per quanto non mi abbia convinta, abbiamo comunque una donna incinta nel panorama fantasy young adult che non muore di parto solo per dare alla luce un prescelto, e già questo è positivo. Inoltre, il matrimonio non è visto come il traguardo ultimo, anzi, la protagonista ha un figlio da un uomo che non è suo marito e non subisce nessun tipo di biasimo sociale per questo motivo. Inoltre, la protagonista non è la solita bella impossibile irresistibile con gli specchi di legno, ma una ragazza normale se non fosse per dei poteri magici che non ha mai chiesto. 

In conclusione, credo che questa dilogia sia importante più che altro da un punto di vita di interesse accademico nel campo del fantasy. Ho sinceramente apprezzato il tentativo di fare qualcosa di nuovo, ma ho trovato la messa in pratica abbastanza scolastica e poco direzionata, un vero peccato ma penso che la terrò comunque sulio scaffale proprio per l'intenzione di fare qualcosa fuori dagli schemi 

mercoledì 4 settembre 2024

Juniper and Thorn

  • Titolo: Juniper & Thorn
  • Titolo originale: Juniper & Thorn
  • Autrice: Ava Reid
  • Traduttrice: Giorgia Demuro
  • Lingua originale: inglese
  • Codice ISBN: 9134567819087
  • Casa editrice: Ne/on
Trama

Marlinchen e le sue sorelle sono le ultime vere streghe di Oblya, una città in cui la magia sta lasciando posto all’industria. Considerate poco più che un’attrazione per turisti, trascorrono le giornate curando clienti con rimedi arcaici e incantesimi nostalgici, mentre tentano di ammansire il padre, uno stregone tirannico e xenofobo, che tiene le figlie rinchiuse nella casa fatiscente.
Di notte, però, riescono a sfuggire alla casa e al padre per godersi i palpiti della città, in particolare il teatro del balletto di nuova apertura, dove Marlinchen incontra un ballerino che le catturerà il cuore. A mano a mano che i loro incontri notturni si fanno più intesi e frequenti, però, la minaccia dell’ira del padre si fa più incombente.
E mentre la città prospera, qualcosa di mostruoso si cela nel suo ventre, nato dall’intolleranza e dal risentimento, soffuso del potere di un mondo antico.

Recensione e commento

Allora, partiamo subito con le cose negative, così ci leviamo subito il pensiero e passiamo alla ciccia, che è quello che ci interessa.

Juniper and Thorn è il secondo romanzo che leggo della produzione di Ava Reid, della quale ho amato A Study in Drowning. Il problema è che mettendo in relazione i due libri, determinate scene e determinati espedienti appaiono molto simili, non necessariamente nel tono, ma sicuramente nel significato e nella sua rappresentazione. Non voglio dilungarmi per il rischio di fare spoiler, ma ho la sensazione che determinate scene siano state scritte e riscritte dall’autrice per calarsi in una sorta di catarsi per elaborare qualcosa del suo vissuto personale e personalmente non sono il tipo di lettrice che ama rileggere la stessa storia scritta più volte. Allo stesso modo anche determinati simboli e la maniera in cui vengono usati sono simili, in particolare mi viene in mente quello dello specchio, che in A Study in Drowning era comunque più metaforizzato, meno dichiarato ed esplicito rispetto al modo in cui viene usato in Juniper and Thorn. Tuttavia, va anche detto che ciascun romanzo andrebbe preso singolarmente e ciò che ho detto fino a questo punto è valido esclusivamente mettendo in relazione due storie che non sono collegate e che io ho letto in ordine invertito rispetto alle date di pubblicazione. 

L’altro elemento che è stato poco convincente è la ripetitività: in determinate fasi del libro c’è perfetta corrispondenza tra quello che la protagonista pensa e quello che dice immediatamente dopo nel discorso diretto, così come i suoi pensieri sono sempre gli stessi (che è brutta, insignificante e cosa vorrebbe fare al suo corpo che odia). Inoltre, la presenza delle similitudini rischia di diventare ingombrante: per quanto siano tutte molto belle ed evocative, a volte ce ne sono anche quattro nella stessa pagina e rischiano di appesantire troppo la prosa.

Finito con i difetti, passiamo all’analisi e al commento sui contenuti veri e propri.

Per cominciare, è doveroso avvertirvi che ci sono numerosi trigger, cercherò di mettervene un elenco a fine articolo, non solo l’atmosfera è oscura, ma tutto ciò che viene raccontato è esplicito e grafico: i pensieri autolesionisti di Marlinchen sono raccontati con dovizia di particolari, così come le scene di sesso (a questo proposito, comunque non siamo davanti a un romance, perché il sottofondo di ciò che dovrebbe essere gradevole è che il pericolo sia sempre dietro l’angolo) e quelle di violenza.

Ava Reid utilizza il linguaggio della fiaba per raccontarci qualcosa che fiaba non è. Nelle fiabe le fanciulle sono bellissime e oneste, la bontà è premiata e l’altruismo ti salva. Qui abbiamo una protagonista, terzogenita, dall’aspetto insignificante (o così dice lei, dall’alto del suo essere una narratrice inattendibile) che ha la possibilità di salvarsi esclusivamente perdendo la sua ingenuità e concedendosi lo spazi di essere egoista. Questa parola, “egoista”, le viene rinfacciata ogniqualvolta desidera qualcosa per sé stessa che non sia essere la schiava del padre, che non sia nutrirsi delle briciole e degli avanzi: ogni volta che tenta qualcosa di più che sopravvivere viene accusata di essere egoista e di mettere in pericolo le sue sorelle, quando loro per prime non ricambiano la cortesia. In questo senso, meraviglioso è tutto il discorso sul cibo, che per tutto il romanzo racconta un rapporto di potere in cui chi è alla base della catena alimentare deve occupare meno spazio possibile mentre chi è in cima è ingombrante ma non si accontenta mai. Eppure, se da un lato è vero che il carnefice ha potere sulla vittima, in questo caso la manipolazione ha fatto in modo tale che la vittima non si renda conto di avere lo stesso potere su di lui.

Nelle fiabe le bugie sono una prigione, chi mente ne subisce le conseguenze. In Juniper and Thorn sicuramente ci sono delle bugie dette per manipolare, per imprigionare e far sentire in colpa, ma abbiamo anche quelle dette per salvaguardarsi, per plasmare la propria identità individuale e metterla al sicuro da chi ne approfitterebbe, perché se da un lato le spine feriscono, è anche vero che a volte si ferisce per difendersi. A differenza di ciò che succede nelle fiabe, qui non ci sono conseguenze tangibili se si torna a casa un minuto dopo il coprifuoco, non accade realmente nulla di male se si perde la propria verginità e che tutte queste bugie, smontate una dopo l’altra, fanno cadere la facciata di onnipotenza di un padre che vuole tenere sotto controllo ogni aspetto della vita delle sue giovani figlie, ma che ha un potere senza delle reali basi e che crolla per sempre, una volta sparito il terrore. Le menzogne di suo padre riguardano ogni aspetto della sua vita e di quella delle figlie, che cerca di tenere sempre sotto controllo. È un carnefice che si racconta vittima, si professa grande uomo e ridimensiona costantemente i pregi delle figlie, di cui si assume anche il merito, mentre non riconosce mai in sé stesso i difetti che vede negli altri e che trova imperdonabili. In questa storia, i mostri non sono quelli letterali, le creature mitologiche che abitano il giardino della casa stregata, ma uomini ordinari così come ordinarie sono le brutalità di cui sono capaci, in grado di essere tanto manipolatori da fare in modo che le prede non scappino anche quando non ci sono più le sbarre della gabbia. Di una cosa il padre ha il merito: ha instillato in tutte le sue figlie il seme della sua cattiveria, ciascuna di loro, inclusa Marlinchen, adotterà comportamenti manipolatori e passivoaggressivi all’occorrenza, perché il loro padre ha adottato alla perfezione il metodo divide et impera. Le sorelle sono messe le une contro le altre e servirà un enorme lavoro psicologico perché se ne rendano conto, si prendano cura di quella parte di sé per poterla lasciare morire con dignità, perché se non altro hanno potere sulla violenza che commettono, se non su quella che subiscono. Nella cifra totale, il padre è uno sfigato. È un uomo insignificante e inconcludente che non è riuscito a emergere per la sua mancanza di abilità, che ha dovuto imbrogliare per arrivare dov’è arrivato, che ha bisogno di schiacciare gli altri per emergere e che si comporta come se tutto ciò che di brutto gli è capitato fosse una disgrazia, non il frutto delle sue stesse azioni. La sua sola abilità è la manipolazione e con questa riesce a essere terrificante e invincibile, anche per chi legge.

Anche Marlinchen mente a sé stessa quando si racconta che le sue sorelle le vogliono bene, che sono scaltre e intelligenti e che non la metterebbero mai in pericolo. Lei stessa deve in più occasioni guardare in faccia la realtà e attraverso questa rendersi libera, così come loro mentono a lei, quando decidono di omettere segreti che potrebbero aiutarla e caricandola di responsabilità che non dovrebbero essere le sue.

Infatti, credo che il viaggio di Marlinchen sia un viaggio nella sua trasfigurazione tramite la rabbia, perché passa dall’essere una ragazza piagnucolosa, all’inizio del libro, quando vorresti solo darle una scollata e dirle di svegliarsi, all’essere sempre più infuriata per le ingiustizie che subisce quotidianamente. Il suo arco di trasformazione è mostrato anche graficamente tramite il suo abbigliamento, perché passiamo da un incipit in cui indossa un ingombrante abito pieno di balze, stecche e corsetti, a sempre più impalpabili vestaglie fino a essere mezza nuda verso la fine del libro, proprio per raccontare il suo passaggio da fanciulla, ingenua e in balia degli eventi, a strega padrona del suo potere e che non deve necessariamente perdonare per guarire, perché a volte per guarire serve spezzare qualcosa per sempre. 

Altra cosa che mi sento di specificare: la storia d’amore non è centrale. È puramente funzionale allo sviluppo di Marlinchen come strega, ma non è assolutamente avvicinabile a quella di un fantasy romance, anche perché Sven è poco caratterizzato come coprotagonista. Non sono stata una grande fan della loro relazione, perché non mi sembra basata su degli ottimi presupposti, eppure non riesco a vederlo al cento percento come un difetto sia perché credo che la crudezza di tutto ciò sia perfettamente calata in quella del libro, sia perché appunto ho trovato evidente la funzione che ha avuto a livello simbolico. Ultima specificazione che faccio: il worldbuilding potrebbe apparire poco approfondito, ma ciò è perché, per quanto sia un autoconclusivo, è ambientato nello stesso universo di The Woolf and the Woodsman, che è stato pubblicato precedentemente.

Con le dovute precauzioni (leggete i TW) penso che Juniper and Thorn sia un libro solidissimo per trama e ritmo. È sicuramente una lettura che potrebbe non essere adatta a voi e la protagonista potrebbe non piacervi, ma sicuramente merita una possibilità.


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Violenza sessuale

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Ortica

Titolo: Ortica Titolo originale: Nettle Autrice: Bex Hogan Traduttrice: Chiara Beltrami Lingua originale: inglese Codice ISBN: 9791223200520...